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..............................................RECENSIONI DISCHI
. ....................................................Estate 2007

SAMHAIN
“Violent Identity” CD (Aliens/Audioglobe distr.)

Anche i polacchi cercano di modellare la materia elettronica. Progetto confuso, nato più di dieci anni fa e poi suddivisosi in diverse branchie, ora riassemblato sotto il marchio IDM senza incidere la pelle a fuoco, solo solleticandola. Il lato brillante (c’è!) non è semplice da scovare, si nasconde sotto macchie di “grasso” poco propenso a lasciare intatta questa musica. La classica via di mezzo, un piede nell’EBM, un altro nell’IDM e la testa confusa. Se ne renderanno conto? Prima di fare un disco certa gente ci pensa due volte? O cerca solo di racimolare qualche spicciolo per andare avanti? Bisognerebbe tutti farsi un esame di coscienza, soprattutto quelle band che pensano di poter prendere per il culo noi poveri electromani affamati di samples e rumori di fabbrica. Non siamo tutti stolti (per fortuna) e se io vi parlo di questo disco non è perché sono meglio di voi, semplicemente perché vi faccio da filtro, sono come un depuratore: la sporcizia non ve la faccio entrare nelle vostre vene (o tubature…). Il vocal distorto sulla base IDM potrebbe essere un tentativo di rivitalizzazione dei generis, il lavoro di keyboard si limita a creare un tappeto cupo senza imprimere. Il rischio (grave) è di non fare in tempo ad ascoltare una traccia ed essere già a quella successiva per far trascorrere velocemente oltre un’ora di “sperimentazioni” andate a male. (Pinhead)

SEVEN PINES
“Histoire de l’ours” CD (Le Cluricaun/Audioglobe distr.)

Realizzato nel 2002 ed ideato come colonna sonora per il lungometraggio “Blue fire” ad opera della regista americana Chia Hui Gao, non fu poi ritenuto all’altezza e quindi scartato. Così recitano laconiche le poche note nel retro copertina di quest’opera partorita dal folle ingegno di Éric “Gae Bolg” Roger. Devo ammettere che non conosco la regista originaria di Taipei, men che meno ho avuto occasione di vedere il film in questione, che narra le vicissitudini del ventiseienne Jack Chen, e del suo periodo a New York – Chinatown, dove giunge dopo una delusione amorosa appena patita nel paese natale. Devo però ammettere che non faticherei ad immaginare questi 13 coraggiosi quadretti sonori di Eric – a metà tra sperimentazione elettronica e suoni da bazar di Shangai – a mo’ di soundtrack per un film bizzarro e psicotico, magari di un qualche sconosciuto regista in cerca di affermazione. Evidentemente la Hui Gao non la pensa come me… (Oflorenz)

SEVEN PINES
“Le Cri” CD (Le Cluricaun/Audioglobe distr.)

Ecco a noi, dal Regno di Fand, una nuova geniale follia sonica ad opera del transalpino Éric Roger, a molti noto anche nei panni eroici di Gae Bolg. Colpisce l’assoluta originalità del disco, che sopraggiunge a tre anni dall’ultima release ufficiale “Nympholept”. Impossibile una qualsiasi catalogazione, e se proprio devo guidarvi nell’incredibile mondo di “Le Cri”, l’unico paragone che mi sovviene è quello con i fantastici Gong del folletto Daevid Allen e della compagna Gilly Smith, che nei primi ‘70 dipinsero alcune delle pagine più affascinanti ed allucinate della scuola prog-psichedelica anglo-francese. La Chiesa di Fand come il Planet Gong e la sua Teiera Volante?! Andatevi a rispolverare “Camembert Electrique” o magari “Angel’s Egg”, e poi ditemi chi è il più folle tra Eric e Daevid!! (Oflorenz)

S.I.N.A.
“Nie und immer” CD (Hands)

Ci sono sempre più donne intente a dire la loro nel mondo electro-ebm-industrial, e l’intraprendente cantante degli PzychoBitch Sina Hubner (alias S.I.N.A.) è una di quelle. Questo nuovo cd contiene 10 brani uno più tirato dell’altro, in balia dell’electro-industrial più serrato, assieme a crossover di contaminazioni drum’n’bass breakbeats e loop sincopati, con la voce di Sina ad emulare l’harsh maschile più violento. Il disco è pubblicato dalla Hands, tanto per capirci sul tipo di suoni che il progetto (ri)produce. Molto interessante “Antagonist”, che appena un po’ rallentati i fragorosi ritmi, risulta essere un brano dark anche orecchiabile, sempre comunque intriso di noise a volontà (come del resto l’intero album); mentre “Listen to the sound” ha anche momenti di tribal-dark-ambient che tanto terreno fertile hanno trovato in questi anni in quel del Belgio e dintorni… (Anialf)

SIVA SIX
"Black will" CD (Decadance rec./Audioglobe distr.)

Ritorna il duo electro-industrial greco, con il suo secondo album, prodotto sempre dalla romana Decadance. Già la prima traccia, "See the six", è una lunga cavalcata massiccia di beat elettronici, che piacerà certamente agli amanti di Hocico, Amduscia e Suicide Commando, e tra i migliori brani risalta pure l'oscuro "Now it's dark". Il duo dimostra quindi che non ha niente da invidiare ai gruppi più altisonanti del genere. (Nikita)

SNAKE SKIN

"Canta'tronic" CD

"Bite me / Eterna" CD single (Hallo of Sermon./Audioglobe distr.)

Secondo album per il side-project di Tilo Wolff (Lacrimosa). Non avendo ascoltato mai il primo CD non posso fare paragoni fra i due lavori. Ammetto che mi aspettavo un nuovo album più "zarro", avendo letto recensioni non esaltanti del primo, ma questa mia aspettativa fortunatamente non viene confermata con "Canta'tronic". Si parte subito con un brano danzereccio, "Eterna", in cui la voce lirica di Kerstin Doelle si intreccia con il recitato di Tilo, ed anche se la ritmica è un po' banale, il brano non stanca. La forza dell’album è che alterna tracce più danzanti ad altre più d'ascolto. Infatti la seconda, "Stone cold hands", potrebbe stare benissimo in un album dei Lacrimosa, se non fosse "inquinata" da pattern elettronici, cosa che al gruppo madre viene a mancare. Altro brano da dancefloor è "Bite me", presente anche come bonus-track in una versione club-mix. Ma le tracce che mi colpiscono di più sono quelle più tranquille ed intime, come "La force". Comunque l’album mi ha colpito parecchio nell’insieme, sia per l'equilibrio fra le songs proposte che per la validità delle stesse.

Per quanto riguarda il singolo dedicato ai djs, esso contiene, oltre le versioni album dei due brani, anche un'altra versione destinata ai clubs oscuri. Personalmente preferisco le versioni originali. (Nikita)

ERIC STARDUST
“Automatik” CD (Euterpe Musica)

Fallito in parte l’esordio discografico del tastierista romano Graziano Corrado. Forte del successo underground del singolo “Kalt Tanzen Nacht”, il nostro si perde in preziosismi stilistici poco efficaci, rimandi elettronici sofisticati e poco amichevoli se paragonati al sound catchy del singolo stesso. Un male, un bene? Siamo sempre al solito discorso. Se il suo esordio assoluto strizzava l’occhio alla ricerca di consensi, il nuovo lavoro allontanerà la gente che fin dal principio lo aveva seguito. Inutile prendere in giro per poi ripiegare sulle proprie volontà da sperimentatore acido e volutamente distaccato dal mondo commerciale, è bene chiarire subito quali sono le proprie intenzioni. E la pochezza della maggior parte dei brani stona troppo con la brillante ma ambigua esecuzione di “Kalt Tanzen Nacht”, “Automatik”, “Ich Bin Der Mann” e “Wir Tanzen”, anarchici riferimenti di natura electro. Indefinito il sound, indefinibile il percorso musicale di questo artista nonostante tutto promettente. Il rimando all’altra mia recensione è fondamentale per capire l’approccio sonoro, prettamente elettronico di impronta kraftwerkiana. Ogni parola in più potrebbe ledere all’immagine offuscata di 3ric *dust. (Pinhead)

STEREOMOTION
“Resistance: 2012” CD (E-Noxe/Masterpiece)

Apocalisse, martirio, fine dei giorni, inizio del buio eterno, causa di tutto ciò l’uomo, la sua tecnologia o chissà quale altra causa concatenata. Detto ciò, ho già concluso l’analisi sul songwriting, difficile poter capire quanto tempo ci abbia impiegato, ho riflettuto a lungo e credo che Nikita possa essere la causa di questa distruzione, lui e la sua opera di darkizzazione! (eheh). Chi è Florian Jäger? L’autore di tale oscenità ma soprattutto la voce diabolica capace di far sorridere anche un neonato (forse l’intenzione è questa). Diventa improduttivo per me, per voi, per noi tutti, soffermarsi sulla catarsi, parlare di aberrazione, discernere sulla curiosità statistica della gente che balla questa roba. Se noi tutti ci ribellassimo al dj di turno che tenta di farsi largo proponendo Stereomotion, una resistenza al contrario per salvarci dal virus di questa distruzione musicale. Se ci basta una cassa, un bassone-industrial, un vocione cupo ed una sexy diavolessa in tanga (figlia di Pinhead) per farci saltare le budella (ed il corpo che le circondano) non potremo mai cambiare le carte in tavola. Le label fanno soldi grazie alla clientela, se questa decide che un genere fa schifo, la label cambia indirizzo e si ritrova o all’inferno o nel purgatorio, a seconda di cosa abbia deciso di produrre. Stacchiamo quindi la spina e cerchiamo un altro disco nello scaffale degli orrori deliziosi, questa fastidiosa nenia non fa per noi. (Pinhead)

STORMFAGEL
"Eitberg au fasa" CD (Cold Meat Industry/Audioglobe distr.)

Secondo lavoro per il progetto ethereal folk di Andreas Neidharot. Come già mi ero espresso nella recensione del CD di debutto "Den Naikande Stormen", anche qui il loro folk è troppo di maniera e scontato, inoltre la vocalist è al limite dell'intonato. Questo nuovo CD non fa che confermare quanto il progetto abbia poco da dire, vista la scarsa personalizzazione del sound, che stanca subito all'ascolto e dà l’impressione di trovarsi di fronte ad un gruppo anonimo. (Nikita)

SUMERLAND
“Imaginary ways” CD (Middle Pillar Presents)

A diversi anni dal buon debutto “Sivo”, ecco il secondo lavoro per la formazione americana scoperta dalla sempre accorta Middle Pillar. Anche questo nuovo album riecheggia il precedente, con le sue ballate quiete, bucoliche, sognanti e al contempo concrete, il tutto legato dalla profonda voce del cantante (e leader del gruppo) Dorien Campbell. In certi passaggi si odono richiami ad un tipo di post punk che potremmo definire ‘ritualistico’, in altri il suono si fa più minimalista e con vari richiami al ‘dreampop’ dei tempi che furono. Forse l’insieme può risultare un po’ monocorde se ascoltato tutto d’un fiato, specie per la voce di Campbell che, per quanto avvolgente, rischia di essere ripetitiva. (Anialf)

TECHNOIR
“Deliberately Fragile” CD (Alfa Matrix/Audioglobe)

La vera resurrezione dell’istinto technopop dei cari anni ’80 inevitabilmente attinge linfa vitale dallo spirito germanico. Terra di potenza elettronica, non passa decennio senza una new wave di beats dall’alto voltaggio, la passione per il battito lega queste terre in modo indissolubile. Non è un caso se la freddezza, il potere decisionale (atto a stravolgere da sempre il movimento elettronico mondiale) e l’energia generatrice di materiale innovativo, abbiano trovato fissa dimora in terra tedesca. La culla del rinascimento tecnologico (basti pensare al materiale bellico “rubato” dagli americani, oltre a diverse menti illustri emigrate a forza all’estero per compensare il gap neuronico) passa anche per la musica, dai Kraftwerk ad oggi il materiale partorito dalla madre terra coprirebbe l’intera superficie di Marte. Se vogliamo indagare più a fondo, la stessa madre terra primeggia nell’interesse dei popoli germanici fin dai primi secoli di vita umana sul nostro suolo: statuette raffiguranti la fertilità, il legame forte col battito della terra non è casuale. Detto ciò, un po’ per distrarvi dalla solita recensione sul disco dell’anno (che non è), il nostro duo “fragile” sintetizza il sound retrò, lo attualizza in chiave dance-pop, ne elimina l’aspetto fanciullino (nonostante l’atmosfera non richiami teatrali concerti alla Scala) e appesantisce il basso avvicinandolo all’ebm (per caratterizzare il sound ed allontanarlo dalla concezione “sempliciotta” di eurodance). Il primo album uscì ben cinque anni fa, una pausa di riflessione che ha portato Julia a canticchiare per Rotersand, Melotron e In Strict Confidence, mentre Steffen si è sbizzarrito con Plastic Noise Experiences. Risulta evidente la mistura scaturita da questa unione idilliaca: lei ci mette il vocal-lollipop, lui la base musicale. “Manifesto” e “Dying Star”, seppur con notevole ritardo, si piazzano tra i capolavori technopop di sempre. (Pinhead)

TEARWAVE
s/t CD (Projekt./Audioglobe distr.)

Il buon vecchio caro Sam Rosenthal centra l'ennesimo colpo producendo l'album di esordio di questa nuova formazione americana. Siamo dalle parti del dreampop etereo con accenni di suoni shoegazer, anche se la definizione di nuovi Lush o Slowdive che si legge sul sito della Projekt non mi sembra che calzi molto. Piuttosto, le chitarre che si intrecciano con la piena e limpida voce di Jenn, accompagnate da suoni eterei e tappeti di synth, li fanno propendere maggiormente verso una versione evocativa e piuttosto oscura dei Love Spirals Downward (il cui canto somiglia notevolmente) o ai Mira. Qua e là accenni di trip-hop, specie nell'introduttiva "Lotus Flower", ed arrangiamenti cureggianti come in "Trial by fire" o "Pointless savior". Termina il cd la corposa "Nightingale", che assieme a tutte le altre formano quasi un concept-album (fra un brano e l'altro, difatti, c'è soluzione di continuità, come a lasciar intendere che, come del resto è vero, il disco si possa ascoltare sì brano per brano, ma che soddisfa pienamente anche se sentito come una sola entità. Sublimi ed energici allo stesso tempo. (Anialf)

TEATRO SATANICO
“Muzakiller” CD (Sottomondo Edizioni)

Penso che il Teatro Satanico sia un progetto da vedere rigorosamente dal vivo, e questa mia convinzione si rafforza oltremodo all’indomani della spettacolare performance di questa primavera a Prato, in occasione del festival organizzato da Old Europa Cafe. Il diabolico cabaret di deviLs g. e Kundalini, sotto la spinta di un fantastico supporto visuale, non teme rivali in campo italo-industriale; peraltro su cd la proposta dei due si appiattisce leggermente, risultando forse troppo ripetitiva e priva di spunti che riescano a tenere alta l’attenzione. A conferma di ciò, l’episodio più convincente del disco è proprio l’mpeg “Piccina”, dove l’ambient malato e le immagini di un cartone animato raccapricciante ci raccontano la storia di una diabolica bimbetta capace di sterminare, senza destare sospetti, l’intera propria famiglia e chiunque si occuperà di accudirla. Povera bambina, piccina piccina…! Episodio imbattibile, dal vivo come su supporto video, per le tracce audio invece un pizzico di originalità in più non guasterebbe. Info: www.sottomondo.com (Oflorenz)

TEHNI
“Maaaet” CD (Prophecy)

Il lontano freddo della Finlandia ci avvolge nuovamente grazie all’ennesimo capolavoro dei Tehni, in questo album ancora più protesi a trasmettere il loro malinconico messaggio invernale, in qualunque stagione lo si ascolti. La lingua madre a noi europei così estranea, sembra lei stessa una litania proveniente da un mondo ‘altro’, e si confonde con gli archi onnipresenti, le chitarre acustiche ed il basso intenti a dare a ciascun brano l’atmosfera che merita. Noi lo potremmo definire anche ‘neo-folk’, però per chi non conosce la formazione scandinava, questa definizione potrebbe trarre in inganno; in realtà brani come l’incantevole ‘Shapeless’, dove il pianoforte ricama una nenia dolce e notturna che poi prende man mano più energia, o “Lithe in lilac”, quando le chitarre aprono solitarie la strada agli altri strumenti, sfuggono a qualunque classificazione, risultando solo una cosa: struggenti all’ennesima potenza. E tanto basta per far amare anche questo album, da conservare con cura così come con tanta cura è stato creato. (Anialf)

TEMPLE OF TWILIGHT
“All The Believers” Mini CD (Equilibrium/Masterpiece distr.)

L’aspetto inquietante da metal-goth band nasconde un cuore rock dalla tinte pop-dark per nulla deludente. Questo maxi-cd segue “Moon Attraction”, il lavoro di precisione non sembra eccelso, nonostante i quattro brani scorrano piacevolmente accarezzati dalla melodia generata dalle tastiere. Il rock anni ’70 trasportato nella nostra era funziona quanto la tecnica adottata nel nuovo millennio per una costruzione di origini “piramidali”: la tecnica convince nonostante qualche imperfezione. “On Your Knees” è tutto ciò, basso lieve, batteria a dettare il tempo, vocal morbido, tastiere di geometrica impostazione, chitarre simil-goth a completare il quadretto. “All The Believers” gioca tutta sulla melodica intro tastiere-chitarra, una rivisitazione moderna di chiaro stampo 70’s con intrusioni electro di efficacia progressive. “Through The Rain” introduce al piano una ballad, sempre sul filone progressive, ma indirizzata verso un pop acustico con richiami di violino. “Graveyard” si installa nel software di nostalgia-rock forzando sulla ritmica, mantenendo un piacevole distacco dal baritonal-voice caro a tante altre band del genere. Per finire “Away”, dolce ballad al violino con ricami vocali melodici. Una band sicuramente da seguire con interesse per trascorrere sereni attimi di musica difficilmente reperibile in epoca moderna (a meno che non si peschi nel passato).
(Pinhead)

THELEMA
“Burnt memories” CD/2LP (Small Voices/Audioglobe Distr.)

Dopo una decade ritorna uno dei progetti italiani di culto, con questo nuovo album uscito in contemporanea con la ristampa su CD di “Tantra” per la In The Nightime. Dato che in quel periodo, a metà degli anni ’80, il combo emiliano si adagiava su atmosfere post-punk, ho preferito ascoltare parecchie volte “Burnt Memories” ed aspettare di togliermi dalla mente le atmosfere di “Tantra”, per evitare che una mia recensione di questo nuovo lavoro, che si sposta verso orizzonti neofolk, potesse essere troppo compromessa. Infatti riesco ad apprezzare solo ora i brani presenti nel CD: un neofolk che apre in alcuni punti ad arrangiamenti pop new-wave, senza essere troppo “talebano”, nel senso che i brani vengono plasmati magnificamente, senza essere troppo “chiusi” nel genere. Di questo lavoro esiste anche una versione in doppio vinile con qualche traccia in più, ovviamente in edizione limitata. Ben ritrovati Massimo Mantovani e Giorgio Parmigiani! (Nikita)

TOR LUNDVALL
“Empty City” CD (Strange Fortune)

Attenzione: non ci si deve aspettare il Tor Lundvall delle collaborazioni con artisti dell’area chiamiamola convenzionalmente ‘neo-folk-atmosferico’ (vedi ad esempio lo split cd “Autumn calls” realizzato assieme a Tony Wakeford, o il brano creato con gli Harvest Rain). Qui l’artista statunitense propone lucide composizioni in puro stile ambient, con i suoni sintetici che, sviluppandosi a partire da ben precisi sampler, si piegano a tramare affreschi che ben starebbero come colonne sonore delle sue opere pittoriche, piuttosto apprezzate soprattutto in patria (un po’ meno qui da noi). In alcune interviste emerge spesso la comparazione con il David Sylvian di album quali “Gone to Earth”, ed in effetti lo stile è assai simile. È bene sottolineare che il rigore sonoro dell’ambient è ben rappresentato, in tutti i brani nessuno escluso, e questo potrebbe essere un deterrente per chi non ascolta abitualmente questo genere, in quanto ben presto le composizioni si assomigliano un po’ tutte… (Anialf)

TRAJE DE SALIVA / CHAOS CONDENSED
"Ciertos animales de costumares discretas" CD-Split (Caustic / Masterpiece Distr.)

Due band spagnole si dividono questo album, che potrebbe benissimo essere stato eseguito da una sola, data l’uniformità delle esecuzioni. I due gruppi sperimentali presentano separatamente quattro tracce a testa, mentre altre due sono eseguite da entrambi assieme. Nei brani, strumenti classici come violino e sax soprano sono utilizzati in modo inusuale ed accompagnati da synth, ma più che nella musica è nella recitazione la vera sperimentazione, la cui unione con l’apparato sonoro rende tutto molto teatrale ed affascinante. Il connubio tra i due gruppi riesce a creare un buon disco, che soddisferà tutti gli amanti dell’avanguardia. (Nikita)

TROUBLE FAIT
"Sub Lumina prima" Mini-CD (Rumors tiway)

Ci è arrivato in redazione il mini di questa band francese. Le prime due tracce sono un gothic classico '80, senza arte né parte, privo di qualsiasi personalità. Solo nella terza traccia, "The relief man", riescono a proporre qualcosa di accettabile, un brano tirato post-punk. Si cambia totalmente atmosfera e genere con un brano lento in spagnolo, “Los dio de la noches", ma ancora non colgono il segno, per cui anche questa traccia è anonima. Segue la pseudo-medioevale "Tenebranum angeli" con suoni di flauti celestiali e un cantato che a volte "stecca", per cui risulta la peggiore del mini. Chiude finalmente "Tazemat", brano d'atmosfera con percussioni afro e voce in sottofondo, ma anche questo è anonimo, come l'intero lavoro. (Anialf)

THE UNFAITHFUL
“Lullaby Tears” Mini CDR (autoprodotto)

Ho ascoltato le malinconiche note di ”Infedele” in occasione dell’uscita dello split con Vidi Aquam di qualche tempo fa, proposto con il n. XXXI della nostra rivista. Questo mini dall’eloquente titolo “Lullaby Tears” riprende il discorso iniziato proprio con quello split, con la semplicità scarna e minimale, eppure efficace, di un folk adatto a narrarci fiabe tristi e senza tempo. Ascoltate l’attacco di “The Hill of the life” a titolo d’esempio: qualcuno ha parlato di neofolk raccontando di questo dischetto, io parlerei semplicemente di poesia. Info: www.theunfaithful.net (Oflorenz)

UNTER NULL
“Sacrament/Absolution” CD-EP (Alfa Matrix/ Audioglobe distr)

Lady Vendetta si lecca il sangue delle ferite, dopo un tour estenuante in giro per l’Europa, toccando Italia, Germania, Russia, Grecia, Olanda, Francia, UK. Notevole il successo dopo il debut-album “The Failure Epiphany”, meritato se andiamo a spulciare da buoni critici ogni piega del lavoro di questa donnina minuta e paffuta dall’aspetto satanico. L’ombra di Len Lemeire è ovunque ed anche qui delinea a dovere un progetto dagli ottimi propositi; a conferma di ciò è uscito questo doppio EP, ricco di episodi di notevole impatto. “Prophecy” e “This Is Your End” accelerano tra incroci industrial-ebm e “disgraziate” lunghe melodie trance, incappando in ululati strazianti. Erica Dunham guida una Porsche con lame di ferro a tagliare il vento e chiunque le capiti sotto tiro. Forte e determinata a farsi valere in un mondo di uomini o donne dalla sola apparenza cattiva ma prive di quello “sfogo” vocale degno di un demone (maschio) del circuito harsh-ebm. “Watch You Die” si avvale di un synth efficacissimo fin dai primi vagiti, sinuoso e viscido, trascinante come nella vera tradizione ebm. Gli elementi industrial dettano il ritmo, non vivacchiano passivi solo per far “rumore”, altra caratteristica rilevante dal doppio significato: sporcare il sound e destinarlo ad un pubblico ben preciso. “Playing The Fool” si adagia con la stessa grinta sopra un mantello di electro-pop dal quale (come in ogni brano) scorre quella melodia e quel sapore ferroso dettato dal vocal mai domo. “Endtime” si inserisce nel contesto, vibrando come un arpa metallica in ogni sua versione (ben 5, col remix di Inure e XP8), generando fumo e pozze di petrolio nell’attesa di essere “riscaldate”. La parabola U.N. è tutta in discesa, gli ostacoli sembrano mattoni di plastica e a noi ci piace la donna con le palle! (Pinhead)

VARSOVIE
“Neuf Millimetres” Mini CD (Autoprodotto)

Mini album d’esordio per questi transalpini che si muovono fra post-punk e rock di qualità, composto da cinque ballate in accordi minori che personalmente mi rimandano in qualche modo a diversi gruppi loro compatrioti, dagli storici e disciolti Lucie Cries, ai contemporanei Joy Disaster, fino ai più noti – in ambito mainstream – Noir Desire (da noi noti più che altro per un tormentone di qualche anno fa, e per le successive vicende penali del loro vocalist). Il suono scarno e primitivo rimanda anche alla scuola Warsaw/Joy Division, sebbene questa componente rimanga minoritaria nell’insieme. Quello che più mi ha colpito dei Varsovie è la spontaneità e l’autenticità della proposta, a cominciare da un’estetica parca e ben adatta ad una musica sincera e fatta con il cuore, indipendentemente dalle etichette che si vogliano dare ad essa. Se poi siete dei cultori del cantato in francese, questo è il disco che fa per voi. Info: www.varsovie-propaganda.c.la (Fabio Degiorgi)

VILLA VORTEX
“Incertitudes” CD (Autoprodotto)

Avevo parlato molto positivamente due anni fa dei francesi Villa Vortex, in occasione del loro promettente mini cd d’esordio. Li ritrovo ora con il primo cd a lunga durata, anch’esso autoprodotto, e sempre caratterizzato da un post-punk abrasivo in lingua madre, con chitarre quasi metal ed inserti pianistici ad addolcire in certi momenti la durezza del muro di suono. I brani che ho preferito sono la iniziale “Voies du silence”, la title-track, e le conclusive “Retour a Gethsemani” e “Neuromode”. In generale, vale anche per i V.V. quello che ho detto per i Varsovie, nel senso che si tratta di una musica onesta e sincera, inoltre apprezzo moltissimo lo sforzo dei gruppi che si autoproducono senza seguire le mode del momento, tanto più in un’epoca di download selvaggi e proliferazione impazzita di uscite. Se vi piacciono i giri di accordi malinconici e tristi, procuratevi il cd e supportate la band. Info: www.villavortex.com (Fabio Degiorgi)

VIOLET TEARS
“Cold Memories & remains” CD (Fossil Dungeon/Masterpiece distr.)
Il combo pugliese riesce finalmente a debuttare per l’etichetta americana che produce i Mephisto Walz e i Soil Bleed Black. Il quintetto è dedito ad un ethereal dark onesto e senza fronzoli, caro a label come la decana 4AD. I brani presenti nell’album, abbastanza omogeneo, ricamano dolci melodie che faranno sognare gli amanti del genere. Belli gli intrecci vocali di Carmen De Rosas e Claudio Contessa in "Polvere", unico brano cantato in italiano, mentre le restanti tracce sono cantate tutte in inglese. Certamente il loro stile è molto ortodosso e senza nuove innovazioni, ma quello che producono lo fanno con il cuore, per cui bisogna ammettere che riescono a colpire l'ascoltatore amante di certe atmosfere.
I Violet Tears all'uscita di questo album avevano già pronto il master di un altro lavoro, presumibilmente in rilascio sempre per la label americana, ma siccome la Fossil è lenta nelle uscite, dato che ovviamente preferisce curarne bene ognuna, dovremo attendere un bel po’ per ascoltarlo. (Nikita)

VOICES OF MASADA
“Another Day” CD (Strobelight/Masterpiece)

Piacevoli e delicati nel loro brit-goth. Ottimo soprattutto il lavoro alle chitarre, decisamente il punto cardine di una machiavellica operazione strutturale. Già dal primo brano “Alive” si respira quest’aria decisamente brit, ma è nella successiva “Uncertain” che il lato goth-acustico emerge in tutto il suo candore-dark, con quella chitarra brit e quel basso di una cupezza leggiadra. Il lavoro vocale è convincente, la forzatura verso il basso non sembra ledere la creatura, credo sarebbe stato difficile accostarle una differente impostazione che avrebbe deriso pacchianamente entrambi i volti della band. In equilibrio tra due mondi, i V.O.M. stupiscono positivamente (senza far gridare all’avvento divino) sebbene si adattino ad un ascolto pomeridiano da cielo coperto. Bellissime le lande distese “fotografate” dalla chitarra, così come l’intro delicatamente “trotterellante” del giro di basso in “Walk Away”, spinta al massimo (insieme al drumming) in “Wondering”: brit-wave al servizio del mondo dark. L’apoteosi si raggiunge con “Looking Back”, nuovamente un’intro magica (il brano si perde un poco nel proseguo), la chitarra raggiunge vette di assoluta perfezione ritmica-melodica come un carillon in estasi terrena. 50 minuti esatti di sognanti e desolanti paesaggi, con l’intermezzo “Taken”, ballad decadente-acustica (tutto un lavoro di precisione sulla guitar) di assoluta perfezione. Stesso discorso dicasi per “Never Again” e la title track in chiusura: leggiadre cavalcate su terriccio bagnato, senza sforzi né movimenti bizzarri, un lungo tappeto ben definito. Alla partenza è ben chiaro il punto d’arrivo. (Pinhead)

VOLTAIRE
“Zombie Prostitute…” Mini CD (Projekt)

Buon vecchio Voltaire, sempre il solito istrione, sempre rivolto a prendersi in giro ed a prendere in giro chiunque sia troppo serioso a livello musicale (e non solo). In questo mini cd, oltre al brano che gli dà il titolo, troviamo due brani dal vivo veramente irresistibili, ed una versione “à la Voltaire” di “China Girl” di David Bowie… Per definire il lavoro basterebbe il suo sottotitolo “Zombie Prostitute… and other ooky-spooky hits”, intendendo probabilmente prendersi gioco di tutte quelle band che si definiscono horror-gothic, con tanto fumo e pochissima sostanza… Invece il Nostro prosegue la sua carriera creando brani fondati come sempre su violini e fisarmoniche tzigane, che ben si presterebbero ad un film di Kusturika e che ricordano un po’ Goran Bregovic, accanto a brani di puro stile country come “Cantina” o “Hell in a hand basket”, aggiungendo stravaganza alla stravaganza. Insomma, Voltaire va preso per quello che è, sempre irriverente e sopra le righe in tutto ciò che sa creare, sicuramente più per piacere personale che per accontentare gli ascoltatori. (Anialf)

JOHN WATERMANN
“Calcutta gas chamber” CD (Cold Spring)

Un viaggio del 1990 a Calcutta fu un’esperienza che segnò indelebilmente l’australiano Watermann. La visita alle camere a gas costruite dal governo indiano già anni prima, e fortunatamente poi mai messe in funzione su larga scala, ha scatenato nell’autore il morboso desiderio di effettuare delle registrazioni direttamente in loco, con l’inattesa autorizzazione delle autorità locali (nessun turista aveva nemmeno mai avuto il permesso di scattare delle fotografie fino ad allora). I nastri lì registrati costituirono poi la base per le successive rielaborazioni compiute più tardi in Australia, per la precisione 2 anni dopo in una centrale elettrica dismessa a Brisbane. Le otto tracce portano tutte il nome di Shudder, in italiano “brivido”, e il loro ascolto è davvero un’esperienza da brivido! Anche le industrial-heads di più vecchia data troveranno pane per i loro denti, e per quanto mi riguarda ammetto di aver faticato a portare a termine l’ascolto dell’intero disco. Consigliato solo ad estremisti sonori minimal-intransigenti, oppure nel caso vogliate semplicemente approfondire la misconosciuta storia delle camere a gas indiane… (Oflorenz)

WHITE ALIEN
"Albatron" CD (Mousemen)

"L'alieno bianco" ci propone un'elettronica "nervosa", certamente non banale ma forse troppo ricercata nei suoni e troppo poco nell'originalità della struttura. Alla fine dell'ascolto non rimane nulla e il tutto svanisce, per cui l'intento di colpire l'ascoltatore fallisce. Qualcosa non ha certamente funzionato, forse un po' di anima in più e meno ricercatezza avrebbe giovate al lavoro. (Nikita)

WYNARDTAGE
“Evil Mind” CD (Rupal/Masterpiece)

Arnold (non quello del telefilm) è un ragazzaccio che odia tutti (come nel miglior stile harsh-ebm). Il secondo disco di Kai Arnold è il solito concentrato di bellica sfacciataggine dedito al culto demoniaco-maniacale del “all against the church!”. Parafrasando Suicide Commando, il sound si muove con disinvoltura nel marciume industrial, con rintocchi pesanti di bass-line e linee melodiche sporche ed essenziali, sputate dalle tastiere, a dettare il tempo. Non mancano gli organetti (“The Sin”) e le pause trance-zzate (“Fade”), buone performance di grande impatto on the dancefloor. Spazio per divagazioni ethereal-marcettose (“Calling From Silence”) e distillati grandguignoleschi molto ben architettati (“I’m Not Your God”). Le immagini mariane dell’artwork nascondono un “amore” per la spiritualità (seppur possa ritenersi contorta) e per lo schizzo pittorico artistico, molto interessanti agli occhi di un preparato adulatore della forma arte (efficace il volto scrostato della statua sul retro). Tornando alla musica, a metà disco (ben 16 tracce!) si avverte un leggero senso di malessere causato dalla ripetitività sonora: il brano “Suicide” d’altronde non ci trasmette un segnale incoraggiante. Ed invece la “riapertura” di “Cold Featuring Cyber Whore”, dai tappeti electropop, dai sussurri bambineschi e dall’atmosfera dark, ricopre il volto macchiato di una Maria Maddalena, come a purificare i suoi peccati. Il ritorno del bass-line-industrial con “Lost Your Life” (con gli stessi stratagemmi sonori del brano precedenti, ma accelerati) ci riporta nella dimensione più consona al personaggio, rallentando (rispetto alla prima parte) il battito. Prosegue su questo filone il resto del disco, con punte frenetiche nel finale ed una decisa virata verso la percussione lenta-potente. Decisamente apprezzabile e di esclusiva competenza notturna alla luce dello strobo. (Pinhead)

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