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..............................................RECENSIONI
DISCHI
. ....................................................Estate
2007 |
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SAMHAIN
“Violent Identity” CD (Aliens/Audioglobe distr.)
Anche i polacchi
cercano di modellare la materia elettronica. Progetto confuso,
nato più di dieci anni fa e poi suddivisosi in diverse
branchie, ora riassemblato sotto il marchio IDM senza incidere
la pelle a fuoco, solo solleticandola. Il lato brillante (c’è!)
non è semplice da scovare, si nasconde sotto macchie
di “grasso” poco propenso a lasciare intatta questa musica.
La classica via di mezzo, un piede nell’EBM, un altro nell’IDM
e la testa confusa. Se ne renderanno conto? Prima di fare un
disco certa gente ci pensa due volte? O cerca solo di racimolare
qualche spicciolo per andare avanti? Bisognerebbe tutti farsi
un esame di coscienza, soprattutto quelle band che pensano di
poter prendere per il culo noi poveri electromani affamati di
samples e rumori di fabbrica. Non siamo tutti stolti (per fortuna)
e se io vi parlo di questo disco non è perché
sono meglio di voi, semplicemente perché vi faccio da
filtro, sono come un depuratore: la sporcizia non ve la faccio
entrare nelle vostre vene (o tubature…). Il vocal distorto sulla
base IDM potrebbe essere un tentativo di rivitalizzazione dei
generis, il lavoro di keyboard si limita a creare un tappeto
cupo senza imprimere. Il rischio (grave) è di non fare
in tempo ad ascoltare una traccia ed essere già a quella
successiva per far trascorrere velocemente oltre un’ora di “sperimentazioni”
andate a male. (Pinhead)
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SEVEN PINES
“Histoire
de l’ours” CD (Le Cluricaun/Audioglobe distr.)
Realizzato
nel 2002 ed ideato come colonna sonora per il lungometraggio
“Blue fire” ad opera della regista americana Chia Hui Gao, non
fu poi ritenuto all’altezza e quindi scartato. Così recitano
laconiche le poche note nel retro copertina di quest’opera partorita
dal folle ingegno di Éric “Gae Bolg” Roger. Devo ammettere
che non conosco la regista originaria di Taipei, men che meno
ho avuto occasione di vedere il film in questione, che narra
le vicissitudini del ventiseienne Jack Chen, e del suo periodo
a New York – Chinatown, dove giunge dopo una delusione amorosa
appena patita nel paese natale. Devo però ammettere che
non faticherei ad immaginare questi 13 coraggiosi quadretti
sonori di Eric – a metà tra sperimentazione elettronica
e suoni da bazar di Shangai – a mo’ di soundtrack per un film
bizzarro e psicotico, magari di un qualche sconosciuto regista
in cerca di affermazione. Evidentemente la Hui Gao non la pensa
come me… (Oflorenz)
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SEVEN
PINES
“Le
Cri” CD (Le Cluricaun/Audioglobe
distr.)
Ecco a noi, dal
Regno di Fand, una nuova geniale follia sonica ad opera del
transalpino Éric Roger, a molti noto anche nei panni
eroici di Gae Bolg. Colpisce l’assoluta originalità del
disco, che sopraggiunge a tre anni dall’ultima release ufficiale
“Nympholept”. Impossibile una qualsiasi catalogazione, e se
proprio devo guidarvi nell’incredibile mondo di “Le Cri”, l’unico
paragone che mi sovviene è quello con i fantastici Gong
del folletto Daevid Allen e della compagna Gilly Smith, che
nei primi ‘70 dipinsero alcune delle pagine più affascinanti
ed allucinate della scuola prog-psichedelica anglo-francese.
La Chiesa di Fand come il Planet Gong e la sua Teiera Volante?!
Andatevi a rispolverare “Camembert Electrique” o magari “Angel’s
Egg”, e poi ditemi chi è il più folle tra Eric
e Daevid!! (Oflorenz)
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S.I.N.A.
“Nie
und immer” CD (Hands)
Ci
sono sempre più donne intente a dire la loro nel mondo
electro-ebm-industrial, e l’intraprendente cantante degli PzychoBitch
Sina Hubner (alias S.I.N.A.) è una di quelle. Questo
nuovo cd contiene 10 brani uno più tirato dell’altro,
in balia dell’electro-industrial più serrato, assieme
a crossover di contaminazioni drum’n’bass breakbeats e loop
sincopati, con la voce di Sina ad emulare l’harsh maschile più
violento. Il disco è pubblicato dalla Hands, tanto per
capirci sul tipo di suoni che il progetto (ri)produce. Molto
interessante “Antagonist”, che appena un po’ rallentati i fragorosi
ritmi, risulta essere un brano dark anche orecchiabile, sempre
comunque intriso di noise a volontà (come del resto l’intero
album); mentre “Listen to the sound” ha anche momenti di tribal-dark-ambient
che tanto terreno fertile hanno trovato in questi anni in quel
del Belgio e dintorni… (Anialf)
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SIVA SIX
"Black will" CD (Decadance rec./Audioglobe distr.)
Ritorna il duo
electro-industrial greco, con il suo secondo album, prodotto
sempre dalla romana Decadance. Già la prima traccia,
"See the six", è una lunga cavalcata massiccia di beat
elettronici, che piacerà certamente agli amanti di Hocico,
Amduscia e Suicide Commando, e tra i migliori brani risalta
pure l'oscuro "Now it's dark". Il duo dimostra quindi che non
ha niente da invidiare ai gruppi più altisonanti del
genere. (Nikita)
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SNAKE SKIN
"Canta'tronic"
CD
"Bite
me / Eterna" CD single (Hallo of Sermon./Audioglobe distr.)
Secondo album per
il side-project di Tilo Wolff (Lacrimosa). Non avendo ascoltato
mai il primo CD non posso fare paragoni fra i due lavori. Ammetto
che mi aspettavo un nuovo album più "zarro", avendo letto
recensioni non esaltanti del primo, ma questa mia aspettativa
fortunatamente non viene confermata con "Canta'tronic". Si parte
subito con un brano danzereccio, "Eterna", in cui la voce lirica
di Kerstin Doelle si intreccia con il recitato di Tilo, ed anche
se la ritmica è un po' banale, il brano non stanca. La
forza dell’album è che alterna tracce più danzanti
ad altre più d'ascolto. Infatti la seconda, "Stone cold
hands", potrebbe stare benissimo in un album dei Lacrimosa,
se non fosse "inquinata" da pattern elettronici, cosa che al
gruppo madre viene a mancare. Altro brano da dancefloor è
"Bite me", presente anche come bonus-track in una versione club-mix.
Ma le tracce che mi colpiscono di più sono quelle più
tranquille ed intime, come "La force". Comunque l’album mi ha
colpito parecchio nell’insieme, sia per l'equilibrio fra le
songs proposte che per la validità delle stesse.
Per quanto riguarda
il singolo dedicato ai djs, esso contiene, oltre le versioni
album dei due brani, anche un'altra versione destinata ai clubs
oscuri. Personalmente preferisco le versioni originali. (Nikita)
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ERIC STARDUST
“Automatik”
CD (Euterpe Musica)
Fallito in parte
l’esordio discografico del tastierista romano Graziano Corrado.
Forte del successo underground del singolo “Kalt Tanzen Nacht”,
il nostro si perde in preziosismi stilistici poco efficaci,
rimandi elettronici sofisticati e poco amichevoli se paragonati
al sound catchy del singolo stesso. Un male, un bene? Siamo
sempre al solito discorso. Se il suo esordio assoluto strizzava
l’occhio alla ricerca di consensi, il nuovo lavoro allontanerà
la gente che fin dal principio lo aveva seguito. Inutile prendere
in giro per poi ripiegare sulle proprie volontà da sperimentatore
acido e volutamente distaccato dal mondo commerciale, è
bene chiarire subito quali sono le proprie intenzioni. E la
pochezza della maggior parte dei brani stona troppo con la brillante
ma ambigua esecuzione di “Kalt Tanzen Nacht”, “Automatik”, “Ich
Bin Der Mann” e “Wir Tanzen”, anarchici riferimenti di natura
electro. Indefinito il sound, indefinibile il percorso musicale
di questo artista nonostante tutto promettente. Il rimando all’altra
mia recensione è fondamentale per capire l’approccio
sonoro, prettamente elettronico di impronta kraftwerkiana. Ogni
parola in più potrebbe ledere all’immagine offuscata
di 3ric *dust. (Pinhead)
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STEREOMOTION
“Resistance: 2012” CD (E-Noxe/Masterpiece)
Apocalisse, martirio,
fine dei giorni, inizio del buio eterno, causa di tutto ciò
l’uomo, la sua tecnologia o chissà quale altra causa
concatenata. Detto ciò, ho già concluso l’analisi
sul songwriting, difficile poter capire quanto tempo ci abbia
impiegato, ho riflettuto a lungo e credo che Nikita possa essere
la causa di questa distruzione, lui e la sua opera di darkizzazione!
(eheh). Chi è Florian Jäger? L’autore di tale oscenità
ma soprattutto la voce diabolica capace di far sorridere anche
un neonato (forse l’intenzione è questa). Diventa improduttivo
per me, per voi, per noi tutti, soffermarsi sulla catarsi, parlare
di aberrazione, discernere sulla curiosità statistica
della gente che balla questa roba. Se noi tutti ci ribellassimo
al dj di turno che tenta di farsi largo proponendo Stereomotion,
una resistenza al contrario per salvarci dal virus di questa
distruzione musicale. Se ci basta una cassa, un bassone-industrial,
un vocione cupo ed una sexy diavolessa in tanga (figlia di Pinhead)
per farci saltare le budella (ed il corpo che le circondano)
non potremo mai cambiare le carte in tavola. Le label fanno
soldi grazie alla clientela, se questa decide che un genere
fa schifo, la label cambia indirizzo e si ritrova o all’inferno
o nel purgatorio, a seconda di cosa abbia deciso di produrre.
Stacchiamo quindi la spina e cerchiamo un altro disco nello
scaffale degli orrori deliziosi, questa fastidiosa nenia non
fa per noi. (Pinhead)
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STORMFAGEL
"Eitberg au fasa" CD (Cold Meat Industry/Audioglobe distr.)
Secondo lavoro
per il progetto ethereal folk di Andreas Neidharot. Come già
mi ero espresso nella recensione del CD di debutto "Den Naikande
Stormen", anche qui il loro folk è troppo di maniera
e scontato, inoltre la vocalist è al limite dell'intonato.
Questo nuovo CD non fa che confermare quanto il progetto abbia
poco da dire, vista la scarsa personalizzazione del sound, che
stanca subito all'ascolto e dà l’impressione di trovarsi
di fronte ad un gruppo anonimo. (Nikita)
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SUMERLAND
“Imaginary ways” CD (Middle Pillar Presents)
A
diversi anni dal buon debutto “Sivo”, ecco il secondo lavoro
per la formazione americana scoperta dalla sempre accorta Middle
Pillar. Anche questo nuovo album riecheggia il precedente, con
le sue ballate quiete, bucoliche, sognanti e al contempo concrete,
il tutto legato dalla profonda voce del cantante (e leader del
gruppo) Dorien Campbell. In certi passaggi si odono richiami
ad un tipo di post punk che potremmo definire ‘ritualistico’,
in altri il suono si fa più minimalista e con vari richiami
al ‘dreampop’ dei tempi che furono. Forse l’insieme può
risultare un po’ monocorde se ascoltato tutto d’un fiato, specie
per la voce di Campbell che, per quanto avvolgente, rischia
di essere ripetitiva. (Anialf)
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TECHNOIR
“Deliberately
Fragile” CD (Alfa Matrix/Audioglobe)
La vera resurrezione
dell’istinto technopop dei cari anni ’80 inevitabilmente attinge
linfa vitale dallo spirito germanico. Terra di potenza elettronica,
non passa decennio senza una new wave di beats dall’alto voltaggio,
la passione per il battito lega queste terre in modo indissolubile.
Non è un caso se la freddezza, il potere decisionale
(atto a stravolgere da sempre il movimento elettronico mondiale)
e l’energia generatrice di materiale innovativo, abbiano trovato
fissa dimora in terra tedesca. La culla del rinascimento tecnologico
(basti pensare al materiale bellico “rubato” dagli americani,
oltre a diverse menti illustri emigrate a forza all’estero per
compensare il gap neuronico) passa anche per la musica, dai
Kraftwerk ad oggi il materiale partorito dalla madre terra coprirebbe
l’intera superficie di Marte. Se vogliamo indagare più
a fondo, la stessa madre terra primeggia nell’interesse dei
popoli germanici fin dai primi secoli di vita umana sul nostro
suolo: statuette raffiguranti la fertilità, il legame
forte col battito della terra non è casuale. Detto ciò,
un po’ per distrarvi dalla solita recensione sul disco dell’anno
(che non è), il nostro duo “fragile” sintetizza il sound
retrò, lo attualizza in chiave dance-pop, ne elimina
l’aspetto fanciullino (nonostante l’atmosfera non richiami teatrali
concerti alla Scala) e appesantisce il basso avvicinandolo all’ebm
(per caratterizzare il sound ed allontanarlo dalla concezione
“sempliciotta” di eurodance). Il primo album uscì ben
cinque anni fa, una pausa di riflessione che ha portato Julia
a canticchiare per Rotersand, Melotron e In Strict Confidence,
mentre Steffen si è sbizzarrito con Plastic Noise Experiences.
Risulta evidente la mistura scaturita da questa unione idilliaca:
lei ci mette il vocal-lollipop, lui la base musicale. “Manifesto”
e “Dying Star”, seppur con notevole ritardo, si piazzano tra
i capolavori technopop di sempre. (Pinhead)
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TEARWAVE
s/t
CD (Projekt./Audioglobe distr.)
Il
buon vecchio caro Sam Rosenthal centra l'ennesimo colpo producendo
l'album di esordio di questa nuova formazione americana. Siamo
dalle parti del dreampop etereo con accenni di suoni shoegazer,
anche se la definizione di nuovi Lush o Slowdive che si legge
sul sito della Projekt non mi sembra che calzi molto. Piuttosto,
le chitarre che si intrecciano con la piena e limpida voce di
Jenn, accompagnate da suoni eterei e tappeti di synth, li fanno
propendere maggiormente verso una versione evocativa e piuttosto
oscura dei Love Spirals Downward (il cui canto somiglia notevolmente)
o ai Mira. Qua e là accenni di trip-hop, specie nell'introduttiva
"Lotus Flower", ed arrangiamenti cureggianti come in "Trial
by fire" o "Pointless savior". Termina il cd la corposa "Nightingale",
che assieme a tutte le altre formano quasi un concept-album
(fra un brano e l'altro, difatti, c'è soluzione di continuità,
come a lasciar intendere che, come del resto è vero,
il disco si possa ascoltare sì brano per brano, ma che
soddisfa pienamente anche se sentito come una sola entità.
Sublimi ed energici allo stesso tempo. (Anialf)
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TEATRO
SATANICO
“Muzakiller”
CD (Sottomondo Edizioni)
Penso che il Teatro
Satanico sia un progetto da vedere rigorosamente dal vivo, e
questa mia convinzione si rafforza oltremodo all’indomani della
spettacolare performance di questa primavera a Prato, in occasione
del festival organizzato da Old Europa Cafe. Il diabolico cabaret
di deviLs g. e Kundalini, sotto la spinta di un fantastico supporto
visuale, non teme rivali in campo italo-industriale; peraltro
su cd la proposta dei due si appiattisce leggermente, risultando
forse troppo ripetitiva e priva di spunti che riescano a tenere
alta l’attenzione. A conferma di ciò, l’episodio più
convincente del disco è proprio l’mpeg “Piccina”, dove
l’ambient malato e le immagini di un cartone animato raccapricciante
ci raccontano la storia di una diabolica bimbetta capace di
sterminare, senza destare sospetti, l’intera propria famiglia
e chiunque si occuperà di accudirla. Povera bambina,
piccina piccina…! Episodio imbattibile, dal vivo come su supporto
video, per le tracce audio invece un pizzico di originalità
in più non guasterebbe. Info:
www.sottomondo.com (Oflorenz)
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TEHNI
“Maaaet”
CD (Prophecy)
Il
lontano freddo della Finlandia ci avvolge nuovamente grazie
all’ennesimo capolavoro dei Tehni, in questo album ancora più
protesi a trasmettere il loro malinconico messaggio invernale,
in qualunque stagione lo si ascolti. La lingua madre a noi europei
così estranea, sembra lei stessa una litania proveniente
da un mondo ‘altro’, e si confonde con gli archi onnipresenti,
le chitarre acustiche ed il basso intenti a dare a ciascun brano
l’atmosfera che merita. Noi lo potremmo definire anche ‘neo-folk’,
però per chi non conosce la formazione scandinava, questa
definizione potrebbe trarre in inganno; in realtà brani
come l’incantevole ‘Shapeless’, dove il pianoforte ricama una
nenia dolce e notturna che poi prende man mano più energia,
o “Lithe in lilac”, quando le chitarre aprono solitarie la strada
agli altri strumenti, sfuggono a qualunque classificazione,
risultando solo una cosa: struggenti all’ennesima potenza. E
tanto basta per far amare anche questo album, da conservare
con cura così come con tanta cura è stato creato.
(Anialf)
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TEMPLE OF TWILIGHT
“All
The Believers” Mini CD (Equilibrium/Masterpiece distr.)
L’aspetto inquietante
da metal-goth band nasconde un cuore rock dalla tinte pop-dark
per nulla deludente. Questo maxi-cd segue “Moon Attraction”,
il lavoro di precisione non sembra eccelso, nonostante i quattro
brani scorrano piacevolmente accarezzati dalla melodia generata
dalle tastiere. Il rock anni ’70 trasportato nella nostra era
funziona quanto la tecnica adottata nel nuovo millennio per
una costruzione di origini “piramidali”: la tecnica convince
nonostante qualche imperfezione. “On Your Knees” è tutto
ciò, basso lieve, batteria a dettare il tempo, vocal
morbido, tastiere di geometrica impostazione, chitarre simil-goth
a completare il quadretto. “All The Believers” gioca tutta sulla
melodica intro tastiere-chitarra, una rivisitazione moderna
di chiaro stampo 70’s con intrusioni electro di efficacia progressive.
“Through The Rain” introduce al piano una ballad, sempre sul
filone progressive, ma indirizzata verso un pop acustico con
richiami di violino. “Graveyard” si installa nel software di
nostalgia-rock forzando sulla ritmica, mantenendo un piacevole
distacco dal baritonal-voice caro a tante altre band del genere.
Per finire “Away”, dolce ballad al violino con ricami vocali
melodici. Una band sicuramente da seguire con interesse per
trascorrere sereni attimi di musica difficilmente reperibile
in epoca moderna (a meno che non si peschi nel passato).
(Pinhead)
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THELEMA
“Burnt
memories” CD/2LP (Small Voices/Audioglobe Distr.)
Dopo una decade ritorna uno dei progetti italiani di culto,
con questo nuovo album uscito in contemporanea con la ristampa
su CD di “Tantra” per la In The Nightime. Dato che in quel periodo,
a metà degli anni ’80, il combo emiliano si adagiava su
atmosfere post-punk, ho preferito ascoltare parecchie volte “Burnt
Memories” ed aspettare di togliermi dalla mente le atmosfere di
“Tantra”, per evitare che una mia recensione di questo nuovo lavoro,
che si sposta verso orizzonti neofolk, potesse essere troppo compromessa.
Infatti riesco ad apprezzare solo ora i brani presenti nel CD:
un neofolk che apre in alcuni punti ad arrangiamenti pop new-wave,
senza essere troppo “talebano”, nel senso che i brani vengono
plasmati magnificamente, senza essere troppo “chiusi” nel genere.
Di questo lavoro esiste anche una versione in doppio vinile con
qualche traccia in più, ovviamente in edizione limitata.
Ben ritrovati Massimo Mantovani e Giorgio Parmigiani! (Nikita) |
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TOR LUNDVALL
“Empty
City” CD (Strange Fortune)
Attenzione: non
ci si deve aspettare il Tor Lundvall delle collaborazioni con
artisti dell’area chiamiamola convenzionalmente ‘neo-folk-atmosferico’
(vedi ad esempio lo split cd “Autumn calls” realizzato assieme
a Tony Wakeford, o il brano creato con gli Harvest Rain). Qui
l’artista statunitense propone lucide composizioni in puro stile
ambient, con i suoni sintetici che, sviluppandosi a partire
da ben precisi sampler, si piegano a tramare affreschi che ben
starebbero come colonne sonore delle sue opere pittoriche, piuttosto
apprezzate soprattutto in patria (un po’ meno qui da noi). In
alcune interviste emerge spesso la comparazione con il David
Sylvian di album quali “Gone to Earth”, ed in effetti lo stile
è assai simile. È bene sottolineare che il rigore
sonoro dell’ambient è ben rappresentato, in tutti i brani
nessuno escluso, e questo potrebbe essere un deterrente per
chi non ascolta abitualmente questo genere, in quanto ben presto
le composizioni si assomigliano un po’ tutte… (Anialf)
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TRAJE DE SALIVA
/ CHAOS CONDENSED
"Ciertos
animales de costumares discretas" CD-Split (Caustic / Masterpiece
Distr.)
Due band spagnole
si dividono questo album, che potrebbe benissimo essere stato
eseguito da una sola, data l’uniformità delle esecuzioni.
I due gruppi sperimentali presentano separatamente quattro tracce
a testa, mentre altre due sono eseguite da entrambi assieme.
Nei brani, strumenti classici come violino e sax soprano sono
utilizzati in modo inusuale ed accompagnati da synth, ma più
che nella musica è nella recitazione la vera sperimentazione,
la cui unione con l’apparato sonoro rende tutto molto teatrale
ed affascinante. Il connubio tra i due gruppi riesce a creare
un buon disco, che soddisferà tutti gli amanti dell’avanguardia.
(Nikita)
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TROUBLE FAIT
"Sub
Lumina prima" Mini-CD (Rumors tiway)
Ci è arrivato
in redazione il mini di questa band francese. Le prime due tracce
sono un gothic classico '80, senza arte né parte, privo
di qualsiasi personalità. Solo nella terza traccia, "The
relief man", riescono a proporre qualcosa di accettabile, un
brano tirato post-punk. Si cambia totalmente atmosfera e genere
con un brano lento in spagnolo, “Los dio de la noches", ma ancora
non colgono il segno, per cui anche questa traccia è
anonima. Segue la pseudo-medioevale "Tenebranum angeli" con
suoni di flauti celestiali e un cantato che a volte "stecca",
per cui risulta la peggiore del mini. Chiude finalmente "Tazemat",
brano d'atmosfera con percussioni afro e voce in sottofondo,
ma anche questo è anonimo, come l'intero lavoro. (Anialf)
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THE
UNFAITHFUL
“Lullaby
Tears” Mini CDR (autoprodotto)
Ho
ascoltato le malinconiche note di ”Infedele” in occasione dell’uscita
dello split con Vidi Aquam di qualche tempo fa, proposto con
il n. XXXI della nostra rivista. Questo mini dall’eloquente
titolo “Lullaby Tears” riprende il discorso iniziato proprio
con quello split, con la semplicità scarna e minimale,
eppure efficace, di un folk adatto a narrarci fiabe tristi e
senza tempo. Ascoltate l’attacco di “The Hill of the life” a
titolo d’esempio: qualcuno ha parlato di neofolk raccontando
di questo dischetto, io parlerei semplicemente di poesia. Info:
www.theunfaithful.net (Oflorenz)
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UNTER
NULL
“Sacrament/Absolution”
CD-EP (Alfa Matrix/ Audioglobe distr)
Lady Vendetta si
lecca il sangue delle ferite, dopo un tour estenuante in giro
per l’Europa, toccando Italia, Germania, Russia, Grecia, Olanda,
Francia, UK. Notevole il successo dopo il debut-album “The Failure
Epiphany”, meritato se andiamo a spulciare da buoni critici
ogni piega del lavoro di questa donnina minuta e paffuta dall’aspetto
satanico. L’ombra di Len Lemeire è ovunque ed anche qui
delinea a dovere un progetto dagli ottimi propositi; a conferma
di ciò è uscito questo doppio EP, ricco di episodi
di notevole impatto. “Prophecy” e “This Is Your End” accelerano
tra incroci industrial-ebm e “disgraziate” lunghe melodie trance,
incappando in ululati strazianti. Erica Dunham guida una Porsche
con lame di ferro a tagliare il vento e chiunque le capiti sotto
tiro. Forte e determinata a farsi valere in un mondo di uomini
o donne dalla sola apparenza cattiva ma prive di quello “sfogo”
vocale degno di un demone (maschio) del circuito harsh-ebm.
“Watch You Die” si avvale di un synth efficacissimo fin dai
primi vagiti, sinuoso e viscido, trascinante come nella vera
tradizione ebm. Gli elementi industrial dettano il ritmo, non
vivacchiano passivi solo per far “rumore”, altra caratteristica
rilevante dal doppio significato: sporcare il sound e destinarlo
ad un pubblico ben preciso. “Playing The Fool” si adagia con
la stessa grinta sopra un mantello di electro-pop dal quale
(come in ogni brano) scorre quella melodia e quel sapore ferroso
dettato dal vocal mai domo. “Endtime” si inserisce nel contesto,
vibrando come un arpa metallica in ogni sua versione (ben 5,
col remix di Inure e XP8), generando fumo e pozze di petrolio
nell’attesa di essere “riscaldate”. La parabola U.N. è
tutta in discesa, gli ostacoli sembrano mattoni di plastica
e a noi ci piace la donna con le palle! (Pinhead)
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VARSOVIE
“Neuf
Millimetres” Mini CD (Autoprodotto)
Mini
album d’esordio per questi transalpini che si muovono fra post-punk
e rock di qualità, composto da cinque ballate in accordi
minori che personalmente mi rimandano in qualche modo a diversi
gruppi loro compatrioti, dagli storici e disciolti Lucie Cries,
ai contemporanei Joy Disaster, fino ai più noti – in
ambito mainstream – Noir Desire (da noi noti più che
altro per un tormentone di qualche anno fa, e per le successive
vicende penali del loro vocalist). Il suono scarno e primitivo
rimanda anche alla scuola Warsaw/Joy Division, sebbene questa
componente rimanga minoritaria nell’insieme. Quello che più
mi ha colpito dei Varsovie è la spontaneità e
l’autenticità della proposta, a cominciare da un’estetica
parca e ben adatta ad una musica sincera e fatta con il cuore,
indipendentemente dalle etichette che si vogliano dare ad essa.
Se poi siete dei cultori del cantato in francese, questo è
il disco che fa per voi. Info: www.varsovie-propaganda.c.la
(Fabio Degiorgi)
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VILLA VORTEX
“Incertitudes”
CD (Autoprodotto)
Avevo
parlato molto positivamente due anni fa dei francesi Villa Vortex,
in occasione del loro promettente mini cd d’esordio. Li ritrovo
ora con il primo cd a lunga durata, anch’esso autoprodotto,
e sempre caratterizzato da un post-punk abrasivo in lingua madre,
con chitarre quasi metal ed inserti pianistici ad addolcire
in certi momenti la durezza del muro di suono. I brani che ho
preferito sono la iniziale “Voies du silence”, la title-track,
e le conclusive “Retour a Gethsemani” e “Neuromode”. In generale,
vale anche per i V.V. quello che ho detto per i Varsovie, nel
senso che si tratta di una musica onesta e sincera, inoltre
apprezzo moltissimo lo sforzo dei gruppi che si autoproducono
senza seguire le mode del momento, tanto più in un’epoca
di download selvaggi e proliferazione impazzita di uscite. Se
vi piacciono i giri di accordi malinconici e tristi, procuratevi
il cd e supportate la band. Info: www.villavortex.com
(Fabio Degiorgi)
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VIOLET
TEARS
“Cold
Memories & remains” CD (Fossil Dungeon/Masterpiece distr.)
Il combo pugliese riesce finalmente a debuttare per l’etichetta
americana che produce i Mephisto Walz e i Soil Bleed Black. Il
quintetto è dedito ad un ethereal dark onesto e senza fronzoli,
caro a label come la decana 4AD. I brani presenti nell’album,
abbastanza omogeneo, ricamano dolci melodie che faranno sognare
gli amanti del genere. Belli gli intrecci vocali di Carmen De
Rosas e Claudio Contessa in "Polvere", unico brano cantato in
italiano, mentre le restanti tracce sono cantate tutte in inglese.
Certamente il loro stile è molto ortodosso e senza nuove
innovazioni, ma quello che producono lo fanno con il cuore, per
cui bisogna ammettere che riescono a colpire l'ascoltatore amante
di certe atmosfere.
I Violet Tears
all'uscita di questo album avevano già pronto il master
di un altro lavoro, presumibilmente in rilascio sempre per la
label americana, ma siccome la Fossil è lenta nelle uscite,
dato che ovviamente preferisce curarne bene ognuna, dovremo attendere
un bel po’ per ascoltarlo. (Nikita) |
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VOICES OF MASADA
“Another
Day” CD (Strobelight/Masterpiece)
Piacevoli e delicati
nel loro brit-goth. Ottimo soprattutto il lavoro alle chitarre,
decisamente il punto cardine di una machiavellica operazione
strutturale. Già dal primo brano “Alive” si respira quest’aria
decisamente brit, ma è nella successiva “Uncertain” che
il lato goth-acustico emerge in tutto il suo candore-dark, con
quella chitarra brit e quel basso di una cupezza leggiadra.
Il lavoro vocale è convincente, la forzatura verso il
basso non sembra ledere la creatura, credo sarebbe stato difficile
accostarle una differente impostazione che avrebbe deriso pacchianamente
entrambi i volti della band. In equilibrio tra due mondi, i
V.O.M. stupiscono positivamente (senza far gridare all’avvento
divino) sebbene si adattino ad un ascolto pomeridiano da cielo
coperto. Bellissime le lande distese “fotografate” dalla chitarra,
così come l’intro delicatamente “trotterellante” del
giro di basso in “Walk Away”, spinta al massimo (insieme al
drumming) in “Wondering”: brit-wave al servizio del mondo dark.
L’apoteosi si raggiunge con “Looking Back”, nuovamente un’intro
magica (il brano si perde un poco nel proseguo), la chitarra
raggiunge vette di assoluta perfezione ritmica-melodica come
un carillon in estasi terrena. 50 minuti esatti di sognanti
e desolanti paesaggi, con l’intermezzo “Taken”, ballad decadente-acustica
(tutto un lavoro di precisione sulla guitar) di assoluta perfezione.
Stesso discorso dicasi per “Never Again” e la title track in
chiusura: leggiadre cavalcate su terriccio bagnato, senza sforzi
né movimenti bizzarri, un lungo tappeto ben definito.
Alla partenza è ben chiaro il punto d’arrivo. (Pinhead)
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VOLTAIRE
“Zombie
Prostitute…” Mini CD (Projekt)
Buon
vecchio Voltaire, sempre il solito istrione, sempre rivolto
a prendersi in giro ed a prendere in giro chiunque sia troppo
serioso a livello musicale (e non solo). In questo mini cd,
oltre al brano che gli dà il titolo, troviamo due brani
dal vivo veramente irresistibili, ed una versione “à la Voltaire”
di “China Girl” di David Bowie… Per definire il lavoro basterebbe
il suo sottotitolo “Zombie Prostitute… and other ooky-spooky
hits”, intendendo probabilmente prendersi gioco di tutte quelle
band che si definiscono horror-gothic, con tanto fumo e pochissima
sostanza… Invece il Nostro prosegue la sua carriera creando
brani fondati come sempre su violini e fisarmoniche tzigane,
che ben si presterebbero ad un film di Kusturika e che ricordano
un po’ Goran Bregovic, accanto a brani di puro stile country
come “Cantina” o “Hell in a hand basket”, aggiungendo stravaganza
alla stravaganza. Insomma, Voltaire va preso per quello che
è, sempre irriverente e sopra le righe in tutto ciò
che sa creare, sicuramente più per piacere personale
che per accontentare gli ascoltatori. (Anialf)
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JOHN
WATERMANN
“Calcutta
gas chamber” CD (Cold Spring)
Un
viaggio del 1990 a Calcutta fu un’esperienza che segnò
indelebilmente l’australiano Watermann. La visita alle camere
a gas costruite dal governo indiano già anni prima,
e fortunatamente poi mai messe in funzione su larga scala,
ha scatenato nell’autore il morboso desiderio di effettuare
delle registrazioni direttamente in loco, con l’inattesa autorizzazione
delle autorità locali (nessun turista aveva nemmeno
mai avuto il permesso di scattare delle fotografie fino ad
allora). I nastri lì registrati costituirono poi la
base per le successive rielaborazioni compiute più
tardi in Australia, per la precisione 2 anni dopo in una centrale
elettrica dismessa a Brisbane. Le otto tracce portano tutte
il nome di Shudder, in italiano “brivido”, e il loro ascolto
è davvero un’esperienza da brivido! Anche le industrial-heads
di più vecchia data troveranno pane per i loro denti,
e per quanto mi riguarda ammetto di aver faticato a portare
a termine l’ascolto dell’intero disco. Consigliato solo ad
estremisti sonori minimal-intransigenti, oppure nel caso vogliate
semplicemente approfondire la misconosciuta storia delle camere
a gas indiane… (Oflorenz)
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WHITE ALIEN
"Albatron"
CD (Mousemen)
"L'alieno
bianco" ci propone un'elettronica "nervosa", certamente non
banale ma forse troppo ricercata nei suoni e troppo poco nell'originalità
della struttura. Alla fine dell'ascolto non rimane nulla e il
tutto svanisce, per cui l'intento di colpire l'ascoltatore fallisce.
Qualcosa non ha certamente funzionato, forse un po' di anima
in più e meno ricercatezza avrebbe giovate al lavoro.
(Nikita)
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WYNARDTAGE
“Evil
Mind” CD (Rupal/Masterpiece)
Arnold (non quello
del telefilm) è un ragazzaccio che odia tutti (come nel
miglior stile harsh-ebm). Il secondo disco di Kai Arnold è
il solito concentrato di bellica sfacciataggine dedito al culto
demoniaco-maniacale del “all against the church!”. Parafrasando
Suicide Commando, il sound si muove con disinvoltura nel marciume
industrial, con rintocchi pesanti di bass-line e linee melodiche
sporche ed essenziali, sputate dalle tastiere, a dettare il
tempo. Non mancano gli organetti (“The Sin”) e le pause trance-zzate
(“Fade”), buone performance di grande impatto on the dancefloor.
Spazio per divagazioni ethereal-marcettose (“Calling From Silence”)
e distillati grandguignoleschi molto ben architettati (“I’m
Not Your God”). Le immagini mariane dell’artwork nascondono
un “amore” per la spiritualità (seppur possa ritenersi
contorta) e per lo schizzo pittorico artistico, molto interessanti
agli occhi di un preparato adulatore della forma arte (efficace
il volto scrostato della statua sul retro). Tornando alla musica,
a metà disco (ben 16 tracce!) si avverte un leggero senso
di malessere causato dalla ripetitività sonora: il brano
“Suicide” d’altronde non ci trasmette un segnale incoraggiante.
Ed invece la “riapertura” di “Cold Featuring Cyber Whore”, dai
tappeti electropop, dai sussurri bambineschi e dall’atmosfera
dark, ricopre il volto macchiato di una Maria Maddalena, come
a purificare i suoi peccati. Il ritorno del bass-line-industrial
con “Lost Your Life” (con gli stessi stratagemmi sonori del
brano precedenti, ma accelerati) ci riporta nella dimensione
più consona al personaggio, rallentando (rispetto alla
prima parte) il battito. Prosegue su questo filone il resto
del disco, con punte frenetiche nel finale ed una decisa virata
verso la percussione lenta-potente. Decisamente apprezzabile
e di esclusiva competenza notturna alla luce dello strobo. (Pinhead)
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