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...........................................RECENSIONI
DISCHI (ESTATE 2010)
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ART
LEXUS
"Blendergod"
Download CD (Movimento Flaneur)
Quarto lavoro per il bergamasco Armando Greco, che sforna un
album di musica sperimentale difficilmente classificabile per
la sua alta variabilità, ben simboleggiata dal frullatore in
copertina, e contaminata da frequenze difficili da digerire,
con un approccio tipicamente Einsturzende Neubauten, che fu
prima ancora dei Nurse With Wound in forma decisamente più estrema
e improvvisata. Per capirci, passiamo da pezzi strumentali in
chiave noise a rock lo-fi. Le tracce appaiono come nate da qualche
suono recepito così per caso, risultando talvolta accattivanti
e quasi orecchiabili, come nel caso di "Every other step", o
quasi un mantra in "Noise and catharsis", mentre a volte invece
vanno a cercarsi rogne con momenti harsh noise, meno digeribili
ma sicuramente ancora lontani
dagli estremismi dei maestri giapponesi come Merzbow o di Karmanik
(Brighter Death Now). Sicuramente un disco interessante fatto
da un amante del rumore.
Sito web: www.myspace.com/lexusmusician
(M/B'06)
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ARGINE
"Umori d'autunno"
CD (Ark Records)
Ritorna
il progetto napoletano con il loro quarto CD. Gli Argine sono
rimasti fermi per sei anni dopo la pubblicazione di "Le Luci
Di Hessdalen" (2004) in cui avevano deciso per melodie più rock.
Durante questi anni di assenza dalle scene hanno riflettuto
su che direzione prendere. Hanno scelto di fare un passo indietro
verso le atmosfere folk. Infatti in "Umori d'autunno" i brani
sono semplici, essenziali e scarni negli arrangiamenti. Questa
delicatezza farà sicuro piacere ai fan della banda legata alle
sue prime sonorità. A parer mio invece arrangiamenti più complessi
avrebbero giovato all'album, infatti trovo che brani come "Pioggia"
e "Dicembre", decisamente più “forti”, dimostrino che gli Argine
sono una band di notevole impatto. L'aspetto nervoso è quello
che mi piace più di loro pur rispettando la loro svolta cantautorale.
Comunque sia sarà il responso del pubblico di vecchie nuovi
fan a giudicare questa nuovo disco degli Argine. (Nikita)
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BEATA
BEATRIX
"In the garden of ecstasy"
CD (Wave records)
L'album di esordio dei Beata Beatrix "In the garden of ecstasy",
pubblicato dalla Wave records, etichetta brasiliana , e distribuito
da Hellion Records ltdo, non smentisce la linea musicale seguita
dalla band di Massa in demo precedenti e che la colloca nel
dark anni '80 e '90 tributario della wave con incursioni nella
musica elettronica soft che in alcuni pezzi riecheggia le sonorità
dei Clan of Xymox, come in "My mother is like a stereo ". Le
16 tracce partono da "The water",intro un po' folle e bizzarra
in cui l'acqua scrosciante fa da sottofondo ad una risata ambigua
che sembra passare dalla gioia al pianto,e terminano con la
traccia The death , drammatica conclusione di un itinerario
fra arte , non si dimentichi l'ispirarsi del gruppo ai pittori
Preraffaelliti, e quotidiano, che scaturisce da un sentimento
estetizzante e simbolista della natura. Bellissimi alcuni brani
storici della band toscana come "My little Elisabeth" interpretata
dalla voce di Hatrìa in maniera sublime , così come sono da
ascoltare attentamente gli accenti ironici e drammatici con
cui la cantante affronta nel brano "My mother is like a stereo
" o la malinconia di "In An art studio" . Nel cd s'incontrano
anche due brani, " Senti" e "Il tempio delle rose",in cui siè
optato per una scelta coraggiosa: trasferire su una partitura
tipicamente electro dark testi in italiano. Non si può non citare
anche il virtuosismo vocale della cantante nel brano che dà
il nome all'album. Bravi i musicisti Crowley, il cui basso energetico
si accompagna alla chitarra rock o al sinth un po' ossessivo
e ritmico di Ricy Trix in " Love must die " e in "They crucified
my Woe". E comunque l'elemento unificatore è la voce estremamente
duttile e carismatica di Hatria , capace di coinvolgere e trascinare
chi ascolta attraverso musica e recitativo in un crescendo che
in alcuni momenti ricorda le intense tonalità delle migliori
interpreti della musica Goth. In conclusione un album vario,
piacevole, ben interpretato musicalmente e vocalmente, tutto
da ascoltare e anche da ballare.
(Gabydark)
Primo
lavoro ufficiale che raccoglie i 3 demo precedenti (Elisheba
(2000), Delirium & Love (2003) e Malinconica Autunno (2008))
per i toscani Beata Beatrix, autori di un album che si colloca
nel filone gothic/EBM, con un tocco che definirei "gioioso"
ed un approccio melodico e rifacentesi alla darkwave anni '80,
il tutto trascinato dall'istrionica Hatria. La band, nata nel
2000, trae il nome dal dipinto di un certo Dante Gabriel Rossetti,
scrittore e pittore londinese di origini italiane, che rappresenta
una delle pietre miliari del simbolismo pittorico: il collegamento
non è casuale in quanto cavalca la tematica decadente e romantica
di amore e morte, in questo caso di un quadro, nato conseguentemente
ad una doppia morte (della moglie per suicidio conseguente alla
perdita del figlio di Rossetti), ma generatodall'amore per essi.
Senza entrare nel dettaglio delle singole canzoni, alcune delle
quali in italiano, posso dire che stiamo parlando di una band
di ottimi professionisti che arrivano da esperienze molto particolari
e differenti, dalla musica lirica e sacra al rock progressivo
e che hanno avuto la bravura di fondere tutto questo in un amalgama
coerente di canzoni decisamente accattivanti per i fan del genere.
Vedremo dove arriveranno, ma i numeri ci sono tutti per emergere.
Sito web: www.myspace.com/beatabeatrixgroup
(M/B'06)
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BLOOD
AXIS
"Born Again"
CD (Storm Records/Tesco)
La
breve intro di “Invocatio” basata su di un verso in latino tratto
dalla “Metamorfosi” di Publio Ovidio ci conduce in quella “Song
of the Comrade” che istantaneamente spazza via ogni timore possiamo
aver maturato in questi ultimi, lunghissimi, 15 anni dall’ultimo
lavoro in studio di Blood Axis: la creatura di Michael Moynihan
è sempre viva, anzi vivissima. Lo splendido testo è rielaborato
dal cileno Miguel Serrano e tratto da una poesia di Menzel,
mentre la melodia scalda il cuore e non lascia scampo, imprimendosi
indelebilmente nelle nostre menti dopo solo un paio di ascolti.
La lunga e rituale “Mâdhu”, basata su anonimi testi in inglese
arcaico risalenti all’anno 1000, ci ipnotizza grazie ai suoni
ancestrali di bodhràn e corno inglese, ed alla voce calda e
profonda di Michael: bellissimo anche in questo caso il refrain.
Ma l’inizio di “Wulf and Eadwacer”, sempre ispirata ad antichi
manoscritti britannici, riesce a superare vette liriche anche
superiori, aiutandoci a comprendere come mai Moynihan, Ferbrache
e Annabel Lee abbiano atteso così a lungo prima di partorire
questo nuovo, attesissimo, capitolo della loro storia: per ottenere
l’ispirazione, quella musa speciale che assai raramente investe
un artista con tale forza e purezza. Il disco di Blood Axis
mantiene per tutta la sua durata un livello lirico di assoluta
eccellenza, e non posso non citarvi ancora gli stupendi violini
di “Churning and Churning”, gli arpeggi acustici e le percussioni
marziali di “Erwacken in der Nacht” (le parole questa volta
sono di Herman Hesse), e le splendide vocals di Annabel nell’emozionante
“The Path”. Cristalline trame neo-folk, influenze celtiche,
musica popolare ed episodi di matrice quasi ambient (le soffuse
trame pianistiche di “The Vortex”) possiedono un comune denominatore
che eleva questo disco al di sopra di ogni produzione partorita
dall’area neo-folk (intendete questo termine in senso lato)
nell’ultimo lustro e oltre: la melodia, cui aggiungerei quel
tocco di maestosa sacralità che contraddistingue i rari dischi
destinati a passare alla storia. Dedicato alla memoria di Betty
Ferbrache, mamma di Robert defunta nel 2008, e forte di un package
a tinte rosse e nere dalle superbe fattezze, “Born Again” non
solo fa fede al suo stesso titolo sancendo il ritorno in grande
stile dell’imprescindibile progetto statunitense, ma pone una
pietra miliare destinata ad essere ricordata negli anni a venire.
Sito web: www.myspace.com/bloodaxisofficial
(Oflorenz)
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CCCANDY
"Lonesome Berlin"
LP (Avant!)
Dopo
il 7'' di debutto su Eat! e il tape su Neue Strassen, esce il
primo LP di questo tedesco, limitato a 300 copie. Dodici nuove
canzoni, vinile bianco, copertina serigrafata, inserto con testi
e art work stampato su carta spessa. Si parte con un approccio
darkwave minimale, freddo e marziale, ma che oserei definire
quasi allegro, che permane per buona parte dell'album, con vocals
fortemente distorte ed ovattate, e trae spunto da gruppi come
The Normal e Dark Day e si aggancia a gruppi come Cold Cave,
Former Ghosts e Blessure Grave. Questo clima si interrompe di
colpo nell'ultima traccia in cui sprofondiamo nell'abisso, "Blood
and guts" davvero potente, malata ed oscura, che vale l'album
da sola anche si distacca dalla proposta musicale finora ricevuta.
Sito web: /www.myspace.com/cccandy3
(M/B'06)
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CINETECA
MECCANICA
"Cinema muto, deviazioni mentali e vecchie tecnologie"
Promo CDR (Autoprodotto)
Debutto
per i "Cineteca meccanica", progetto milanese che nasce sul
finire del 2009 dall'incontro tra Alessandro Ruberto e Davide
De Santis (Der blaue Reiter) con lo scopo di mettere in musica
poesie e brani letterari, utilizzando sonorità elettroniche
ispirate a band come i primi Decibel, Neon e Diaframma. Questa
demo è solamente un assaggio dell'album già in lavorazione,
che avrà il medesimo titolo. Appena inizia la prima traccia
si piomba a metà degli anni 80, e sembra di risentire soprattutto
nelle parti cantate, i Litfiba di Desaparecido, gruppo che aveva
così bene coniugato la wave al rock, per poi ridursi nello stato
pietoso in cui si trova oggi. Musica d'altri tempi, risente
dell'età, ma si fa ascoltare piacevolmente soprattutto la traccia
"16 gennaio". Attendiamo il full-lenght speranzosi...
Sito web: www.myspace.com/cinetecameccanica
(M/B'06)
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CORPOPARASSITA
/ DYSKINESIA
CD Split
(Frohike Records)
Bizzarra
accoppiata questa degli alessandrini Corpoparassita con i piacentini
Dyskinesia, portatori sani del famoso ed oramai ipercitato doom/drone
metal che ha avuto la sua esplosione con i Sunn O))). Bizzarra
perché apparentemente i rispettivi generi musicali suonati si
toccano, ma non si sposano. I Corpoparassita infatti oscillano
tra il glitch/noise (i famosi clicks & cuts) e l'ambient/industrial,
a tratti black hole in stile Loki Foundation. L'effetto è quello
di avere due generi distinti che si alternano per tutto il cd
che, così breve (circa 30') lascia notevolmente inappagata la
voglia di ascoltare i due gruppi. Detto questo, siamo di fronte
a due ottime band, che per fortuna usano ancora l'italiano nei
loro album, anche se credo pressoché esclusivamente nei titoli
dei brani, ma che peccano in originalità della proposta. I primi,
in particolare, a tratti mi ricordano un po' i primi "Ain Soph",
"Mariae Nascenti" nonché gli "In Death's Throes". Davvero originale
invece il confezionamento, che si compone di due parti: la prima
è una bustina di cotone grigio serigrafata , mentre la seconda,
il supporto del disco, è composto da carta riciclata a cui è
attaccato un quadrato di sughero inciso a fuoco, che riporta
un tondino di plastica che fissa il cd al supporto. L'edizione
è limitata a 300 copie.
Siti web:
www.corpoparassita.tk
www.myspace.com/dyskinesiaeutanasia
(M/B'06)
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"DAEMONIA
NYMPHE / Corde Oblique / Djaima : Live at La Nuit des Fées"
DVD DIGIPACK Prikosnovenie)
Magari
è valsa la pena continuare a stressare Frédéric Chaplain affinché
chiunque avesse problemi di spostamento e non avesse mai potuto
partecipare al suo Festival, potesse averne dei passaggi su
dvd da vedere e rivedere. Ok non è lo stessa cosa che essere
presenti ad una manifestazione così affascinante, ma tant'è.
E dopo Ashram, Irfan, Antrabata, Luigi Rubino, Crista Galli,
Collection d'Arnell-Andrea, Misstrip e Maple Bee, ora tocca
ai Daemonia Nymphe essere 'immortalati' nella loro apparizione
alla Nuit des Fées del 2009. Il dvd come sempre è curatissimo
nella grafica e nel dettaglio qualitativo sia sonoro che visivo:
il live dei Daemonia Nymphe ovviamente la fa da padrone, con
quasi un'ora di atmosfere di altri mondi e soprattutto altre
ere. Gli strumenti (che, lo ricordo anche a costo di stressare,
sono ricostruiti dal duo greco con un'assoluta fedeltà agli
originali dell'epoca, seguendo gli scritti arrivati sino a noi…)
soprattutto quelli percussivi, sono come sempre intessuti alle
voci prevalentemente femminili (sono ben tre le cantanti che,
a volte da soliste, a volte in crescenti corali, raffinano il
colto andamento musical-culturale della performance. Con una
mascherina a celare parzialmente il loro volto, Evi e le sue
compagne, vestali rarefatte ma anche energiche nell'accompagnare
Spyros e gli altri musicisti nelle di certo difficili rappresentazioni
di brani come "The Bacchic Dance of the Nymphs", "Tyrvasia",
"Divined by Trophonios": una ritualità e sacralità senza alcun
confine, in attesa di uno (spero) imminente nuovo album in studio.
Straordinario è poi il videoclip di "Divine Goddess of Fertility"
tratto dal cd "Krataia Asterope" che narra la piccola avventura
di un bambino-viandante in una landa piena di nebbia, dove pochi
colori appaiono per sottolineare strade invisibili, persone
immateriali, mentre Evi e Spyros in una semigrotta, accompagnano
con la loro musica e voce celestiale il percorso ancestrale
del 'bambino' (che può benissimo essere l'animo di ciascuno
di noi): alla fine, il mondo confuso e in bianco e nero si apre
in una natura colorata, rigogliosa e soprattutto decontaminata,
ricca di alberi multicolori (e anche qui i simbolismi sono assolutamente
personali). Ma non finisce qui: ecco i 20 minuti dei Corde Oblique,
dove la chitarra di Riccardo Prencipe si fa accompagnare per
l'occasione, fra gli altri, da amici del calibro di Alfredo
Notarloberti e la sempre più brava Claudia Sorvillo. Ci sono
brani anche dai Lupercalia, una sognante improvvisazione solistica
di Notarloberti, e alla fine la riproposta di "Flying" degli
Anathema, ovviamente alla maniera energica ma sempre abbondantemente
incantevole di Prencipe. Davvero una grande apparizione. Infine,
un progetto di cui ignoravo ancora l'esistenza: Djaima, una
violoncellista cantante attrice teatrale bulgara (e tante altre
qualità artistiche ben descritte nel suo bel sito www.djaima.com)
che, assieme a musicisti di diversa estrazione, propone dei
virtuosismi folkloristici che ad esempio possiamo ritrovare
nei Rajna (per esempio) dove l'etnico si tramuta in trascinante
ballo tzigano; ma è col secondo brano "Mamo" che Djaima esprime
un inquieto ma tranquillo etereo-folk sfiorato qua e là dal
suo violino, dalla tromba, dal violoncello. Ammaliante, sensuale
ma anche vivace e briosa la sua voce: insomma, da tener d'occhio
in futuro. Ah, mi raccomando, oltre a procurarvi al più presto
il dvd perché è un bellissimo ricordo, guardate anche l'interessante
mini-documentario dedicato appunto al Festival, alle sue iniziative,
che coinvolgono i grandi ma che interessano tantissimo anche
i più piccini (sia a livello musicale che pittorico ecc.), il
tutto inframmezzato da paesaggi fluviali da fiaba (e che cos'è
la Prikosnovenie se non la casa delle Fate?)
Sito web: www.prikosnovenie.com
(Anialf)
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DAWNFINE
"Imperfect thoughts"
CD (Hybrido)
Debutto per questi brasiliani che ci portano un album synth-electro-pop
basato su gruppi come Depeche Mode, Kraftwerk e New Order fino
ad arrivare agli And One e i De/Vision. Riecheggiano i fasti degli
anni 80 per tutta la durata dell'album che risulta piuttosto anonimo
anche se ben fatto, poco o per nulla innovatore, con le canzoni
sono forse un po' troppouguali l'una all'altra e piuttosto meditative.
Assolutamente inutile l'extended version di Sheltered in coda
all'album, vizio che oramai ha contagiato pressoché tutto il mondo
electro-pop.
Sito web: www.myspace.com/dawnfine
(M/B'06) |
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DELEYAMAN
"Fourth, Part One"
CD (Equilibrium Music)
Soprendenti,
deliziosi e squisiti nel loro pallore/tepore contemporaneo che
sa di stanza marrone, grondante mobili antichi e fronde boschive.
Normanni, giunti al quarto lavoro, cuciono dark-ambient e neo-folk
a passo di danza tropicale, sperduti nelle lande di Kurtz (Apocalypse
Now) dove la riflessione/perdizione prende il sopravvento su
qualunque genere di cose si presentino all'ingresso dei mondi
interiori. Dead Can Dance (per i gorgoglii vocali di Beatrice
Valantin), Nick Cave (per il gioco specchiato di Aret Madilian)
e chissà quante altre reminescenze hanno coperto lo strato spolverato
di questa "libreria dei mondi sotterranei", quasi silenziosa
nel suo vagare perenne sulle giostre nuvolose dell'annullamento.
Undici brani che sembrano uniti da un filo invisibile, conduttore
di sospiri e speranze, come un'unica traccia lunga ore e ore,
vogliosa di farsi ingoiare dalla bocca degli ascoltatori, vogliosa
di introdursi senza chiedere il permesso e di non uscire più.
(Matteo "Pinhead" Chamey)
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