Rivista e Web-zine di musica, cultura, arte e tutto l'universo oscuro
..........................................RECENSIONI DISCHI
. .............................................Autunno 2008
AA.VV. “Bats From Europe - Volume 1”
CD (Thin Man Entertainment)


Assemblata da Alex e Silvia di Ascension Magazine, questa compilation edita dalla californiana T.M.E. offre un interessante spaccato dell’attuale scena europea a cavallo fra deathrock, post-punk e gothic rock, con brani tratti dagli album dei vari partecipanti, versioni live e parecchi inediti, tutti dignitosi e ben scelti. Si nota subito una buona presenza di nomi italiani, circa un terzo del totale, segno che la label ha dato fiducia ai compilatori ed è stata consapevole della non marginalità del nostro paese almeno in questo ambito. Non potevano quindi mancare gli Ordeal By Fire, i Chants Of Maldoror, con l’inedito “Young Recruit”, i redivivi Thanatos, anch’essi con un inedito (“Four Shadows Part 2”), come già fecero per “Ascension Magazine Sampler”, i livornesi Scarlet & The Spooky Spiders, decisamente punk e artefici di un bellissimo EP d’esordio due anni fa, che qui ci propongono pure loro un brano nuovo e ancora inedito. Strana ma non totalmente fuori luogo la presenza dei Bahntier, nel senso che il loro sound elettronico si lega in qualche modo al resto del cd dando anche uno stacco all’ascoltatore. Passando invece al contingente straniero, parto dal fondo con gli storici Ausgang, per incontrare a ritroso vari esponenti del cosiddetto “deathrock” europeo di derivazione californiana, come Eat Your Make Up, All Gone Dead (ormai disciolti, lasciano un inedito in eredità), Bloody Dead & Sexy, Deadchovsky (questi ultimi mi piacciono particolarmente, nonostante siano spesso paragonati a quei Cinema Strange che non ho mai potuto soffrire). Gli altri partecipanti sono i Quidam, con un inedito gradevolissimo, The Last Days Of Jesus, Solemn Novena (una piacevole scoperta!), Chris Reed Unit, Voices Of Masada e Catastrophe Ballet. Nonostante l’avvento di internet e il suo utilizzo cannibalesco, come fosse un juke box universale, penso che le compilation ben selezionate abbiano ancora fascino e utilità, soprattutto per chi è rimasto affezionato ai supporti fonografici tradizionali. Ne è un esempio proprio questa “Bats From Europe”, la quale, per la natura descritta all’inizio, è un cd direi fondamentale per tutti coloro che seguono queste sonorità.
Info: www.thinmainentertainment.com
www.myspace.com/thinmanentertainment
(Fabio Degiorgi)
AA. VV. “Capture & Tension”
CD (Rupal Records/Masterpiece)


La Rupal confeziona i suoi pupilli come una Laura Palmer da smerciare. Con gusto, con tatto, con palpabile odore di polpetta non avvelenata ma impreziosita da quell’aroma stuzzicante che fa venire l’acquolina in bocca senza sbavare. Cibandoci di questi 16 brani, scopriamo il potenziale di davaNtage, Wynardtage, Animassacre, Acylum e dei loro remixer di fiducia: Dismantled, Painbastard, Suicidal Romance tra gli altri. La carne al fuoco (al contrario delle feste dell’unità) si assapora come un tempo, dark-electro ed ebm a tinte fosche e luccicose per i davaNtage, solidificazione delle fondamenta, tormenti dal groove pompato e pizzicori accattivanti. “Translate My Heart” ha sostanza pur non puzzando di bastardaggine e conferma l’unico aspetto positivo dell’intera compilation. Wynardtage invece spacca le fondamenta, rompe i tubi e fuoriescono putridi liquidi dal femminino riecheggiar. Vocal stile trance, ahimè non supportato da adeguate attrezzature melodiche. Risultato: poca sostanza ed esperimento mal riuscito di ebm-trance che sprofonda sempre quando dovrebbe alzare le levette. Da Animassacre cosa ci si potrebbe aspettare? Una ninna nanna? Sono antipatici, schizzinosi, tamarri e acidissimi. Il “meglio” dell’ebm graffiata trash harsh e chiamatela come volete. La vera sorpresa si chiama Acylum,? No, cioè come frullare gli ingredienti sopra presentati, in un unico piatto verdognolo al limite del peggio. La rovina dell’ebm passa anche da queste parti e la bava purtroppo ce la dobbiamo deglutire tutta!
(Matteo “Pinhead” Chamey)
AA.VV. "Fairy World IV"
CD (Prikosnovenie)


Il motto della label francese, che troverete scritto anche sulla copertina di questa compilazione, è: “un mondo immaginario di musica sensibile", degna frase per le produzioni made in Prikosnovenie. Giunta al quarto capitolo, "Fairy World" vede partecipare 17 bands, tra le quali citerei: Caprice, Corde Oblique, Irfan, Lys, Olen'k, Luigi Rubino, Collection D'Arnell Andrea. Il libretto A5 allegato contiene 20 pagine dedicate alle uscite dell'etichetta d'oltralpe, la quale divide le proprie produzioni in quattro "fiori musicali", a cui dà nomi come "Solaris" per i dischi Female Heavenly voices e world music, "Lunae" per quelli più dark, malinconici e romantici, "Supernove" per atmosfere electro, pop, etno e rock, ed infine "Mandalia" dedicato alla musica per il rilassamento e zen. Quattro modi di creare musica che scoprirete soltanto acquistando questa bella compilation.
(Nikita)

AAVV Old Europa Cafè OEC 100
Box Antologico 7 CD (Old Europa Cafè)


Questo splendido Box di 7 cd – commemorativo per il venticinquennale e la centesima uscita della label pordenonese – è la vera e propria “Treccani” della Grey Area. I 101 progetti della scuderia di Rvdolf Protti donano alla causa un brano inedito nuovo di zecca od in taluni casi una new version di un vecchio pezzo, per un viaggio infinito attraverso le molteplici sfaccettature della “non conventional music” a tutto tondo. Basta premere “Play” sul primo dischetto per rendersi conto della varietà delle sonorità dell’opera, tra industrial, dark ambient, noise, lounge-cabaret malatissimo e contaminazioni varie, il tutto dedicato ad una tematica tanto cara all’etichetta del Nord-Est: l’Europa, con la sua storia, la sua bellezza, la sua cultura. Nel corso delle 7 ore circa di musica, sappiate che troverete tutti, ma proprio tutti, i gruppi che in passato hanno inciso, che stanno lavorando, e che usciranno prossimamente per l’OEC: da Ain Soph a Camerata Mediolanense, passando per Folkstorm, Knifeladder, MMM e Nordvargr. Un’imperdibile chicca per i cultori e collezionisti storici della label o anche solo per chi volesse possedere, con una spesa davvero onesta, tutto lo scibile del verbo industriale racchiuso in un piccolo scrigno dalla grafica essenziale eppure così accattivante. La figura femminile - dal sapore vagamente fetish - che ci fissa dalla cover in b/n (opera di Mass Inc.) sembra non lasciarci scampo: Take me or Die!
Info: www.oldeuropacafe.com
(Oflorenz)

ADAM X
“State Of Limbo” CD (Rustblade/Masterpiece distr.)


Adam bazzica nella techno come un bimbo appena nato nel liquido amniotico, con la differenza che il bimbo vuole uscirsene al più presto mentre Adam vuole rimanerci soffocato in eterno. Continua il sodalizio industrial-techno dell’ex leggenda americana dei ’90, oggi alle prese con le angosce berlinesi (dove vive) ed il noise breakkato della sua electro a tratti minimale. Un bel concentrato di sperimentazioni organiche, lontane dalle scene della ribalta harsh a volte sfiancante. Muri noise contro cui sbattere la propria testa malata o troppo influenzata dalle oscenità quotidiane, il muro del pianto, il muro dell’autodistruzione e dello sfogo interiore. Rigenera l’organismo Adam, a colpi di trivella in slow-motion (“Ritual Behavior”), scosse elettriche (“Shapes Take Form”) e perforazioni sottocutanee (“Steel Shredder”). Una lavorazione di due anni per un disco pregno delle atmosfere palpabili dei locali in cui si è esibito, appiattimento dell’arroganza per un concentrato sonoro determinato e umile. “Intermission On The Congo” è shoegaze electro, è devozione pura per il “wall of sound”, per quelle operazioni a cuore aperto di “State Of Limbo”, dove ci sguazzerebbe il buon Cronenberg, tra mente, sangue e odore del corpo. L’involucro della nostra vera essenza, il solo abito di un monaco perverso in cerca di redenzione, la redenzione non per i peccati ma per il dilagante buonismo che fuoriesce da ogni parte del cervello. Adam irrobustisce il terreno sui cui camminiamo, ci fa sentire sicuri e galanti nel nostro procedere a passo deciso verso lidi più sicuri, forse quei pochi rimasti sulla faccia della terra.
(Matteo “Pinhead” Chamey)
AA.VV. "The Projekt 2008 Sampler"
CD (Projekt rec.)


Si arricchiscono di un nuovo capitolo le innumerevoli compilation della gloriosa label americana ma con il cuore europeo, erede degna della mitica 4AD. Ovviamente la maggior parte delle bands presenti sono i gruppi della scuderia, e qualche ospite "esterno". Ben quattro i generi presenti: l'ethereal, il dark cabaret, il dark folk e l'ambient. A far da padrona all'intero sampler è l'atmosfera eterea, con la presenza, oltre delle stupende Mirabilis, anche di Tearwear, Autumn’s Grey Solace, Arcana, i Chandeen e i nostri All my Faith Lost. Per il dark cabaret ci sono gli interessanti Revue Noir e l'eclettico Voltaire, con il suo sound poco oscuro e poco consono sia al sampler che alla maggior parte delle bands Projekt, un menestrello pop dei nostri tempi, ma che trovo poco originale e easy. Per l'ambient due nomi storici, l'italiano Alio Die, che fa coppia con Martina Galvagni, la cui bella voce impreziosisce il brano, e Steve Roach, con due lunghe tracce di circa 10 minuti cadauna. Per il dark folk solo una traccia presente, quella dei Lux Interna. Un sampler molto variegato e di classe che vi consiglio di acquistare, ma non scaricatelo mi raccomando, visto anche il ridicolo prezzo di vendita, circa 4 dollari!
(Nikita)
L’AGE D’OR
“The Spiral...And The Return” CD
(Autoprodotto)

Ai limiti del cantato barocco, il duo romano solidarizza con la drum machine ed il piano-organo, le chitarre acustiche e le tastiere dense. Poeti ed incantatori, si rifanno alle atmosfere e alla teatralità di Fassbinder e Carmelo Bene (il testo dell’ultimo brano è tratto da “Nostra Signora Dei Turchi” del compianto genio italiano). Non si eccede nel barocchismo, non si sprofonda nelle facilonerie decadenti, saranno quei ricami acustici e a volte morbidi che livellano la cupezza di molti passaggi, sarà un vocal tetro ma non “suicida”, L’Age D’Or al secondo capitolo conferma le buone soluzioni stilistiche, evidenti in “Like Roses Flow”, dove il piano e le tastiere ricreano arazzi autunnali ed una disperazione da lacrimuccia dipinta, come la trasposizione teatrale di un disagio occultato. La francese “The Bed” prosegue esattamente allo stesso modo, Carmelo Bene respira tra queste note e con lui l’omaggio ad un mondo armonico ed essenziale, spoglio quasi nudo tra le foglie ingiallite del tempo. E poi è bellissimo, si proprio così, sentire l’intro di “In Our Holes” con la sola chitarra acustica ed il sospiro della voce adagiarsi sui tappeti melodici in levare. Un abbraccio “selvaggio” a Rrose Sèlavy e Kissed.
Info: http://www.myspace.com/lagedormusic
(Matteo “Pinhead” Chamey)
AISLENG irish & scottish folk
"The story of Will the Sailor" CD (Curzweyhl/Masterpiece distr.)


E' il caso di dire: benvenuti nel "Mondo dei Sogni" degli Aisleng, che ci propongono in questo nuovo lavoro qualche novità a livello strumentale, inserendo tastiere e stumenti elettrificati. Nonostante questo la loro musica non sì può certo definere Neofolk. L'apparizione di questi nuovi strumenti è appena percettibile e la loro musica è in perfetto stile Folk Celtico, con atmosfere che vi spediscono dritti in Scozia trà vento, birra e tradizioni con la voce maschile del gruppo, mentre il cantato femminile vi porta in un clima decisamente favolesco. La produzione è ottima e seppur questo gruppo non si distingua certo per originalità, mi sento di consigliarlo a chi ama la musi
ca tradizionale folk, pura. (Sul loro myspace potete ascoltare una traccia dal penultimo lavoro e 3tracce anche scaricabili di quest'ultimo)
Info: www.aisleng.de
www.myspace.com/aisleng
(Nacht)
APOPTYGMA BERZERK
"Sonic Diary" 2 CD (Gun Records)


Tempo di raccolte anche per il noto progetto elettronico norvegese, oramai addentrato in sonorità più rock nelle ultime uscite discografiche. In questo doppio CD, di cui uno di soli remix, non troverete i brani che hanno fatto diventare il progetto di Stephan Groth una band di culto nell'elettronica degli anni '90, perché si tratta di un’antologia diversificata rispetto alle moltitudini di "the best" che inondano il mercato discografico. Qui troverete solo cover a cui gli A.B. hanno dato nuova veste nei vari album. Ascolterete ad esempio "Electricity" (cover del celebre brano degli OMD), "Fade to black" (dei Metallica), "A strange day" (The Cure), ma anche tre tracce mai edite, che vi lasceremo scoprire da soli...
(Nikita)
ARDITI
"Omne Ensis Impera" CD/LP (Equilibrium music)


.H. Moller e M. Bjorkman, già attivi con i progetti Puissance e Algaion, rispolverano il loro progetto parallelo, gli Arditi, rilasciando il nuovo album, quarto della serie, il quale esce sia in formato CD che in un'edizione limitata a 500 copie in vinile 12", più un'altra edizione in box limitatissima a sole 100 copie, dedicata ai collezionisti. Il mastering e l'aggiunta di soundscapes addizionali vedono ospiti speciali: MZ 412 e Toroidh a dare un tocco in più al sound del duo svedese, le cui atmosfere marziali e neoclassiche sembrano uscite da una colonna sonora di un ipotetico film dedicato ai drammatici ideali del XX secolo, che hanno portato alla quasi distruzione del mondo. Le tematiche, ed è tipico per il genere trattato, sono piuttosto scontate e prevedibili, la musica è buona ma gli manca quel tocco in più che la renda personale. Ovviamente per i fans ortodossi del genere il disco risulterà appetitoso
Info: www.myspace.com/arditisweden www.equilibriummusic.com
(Nikita)
ATTRITION
"All mine enemys whispers: The story of Mary Ann Cotton" CD (Projekt)


Lo storico progetto di Martin Bowes, oramai giunto a più di 25 anni di carriera (attivo dal 1982), esce con questo nuovo CD dedito a sonorità più ambient oscure, che vede la presenza di molti ospiti, come Emilie Autumn, violino e voce in "The gates of eternity", Erica Mulkey al cello e Ute Mansell al sassofono, solo per citare alcuni dei partecipanti alla registrazione di quest'album dedicato a Mary Ann Cotton, famosa serial killer inglese di fine 800, che uccise (per quanto si sappia) più di una ventina di bambini, ed anche la propria famiglia (il marito e figli), e fu poi arrestata da un avo di Martin Bowes: il sergente Tom McCutcheon. La prima edizione limitata a 1000 copie include quattro cartoline vittoriane. Un concept oscuro per una band che, purtroppo, in tutta la sua lunga carriera rimane ancora sconosciuta ai più, ma che nonostante questo ha avuto il coraggio di credere in se stessa, superando le difficoltà di chi non ha mai accettato compromessi o mode del momento.
http://www.attrition.co.uk
(Nikita)
AUTUMN’S GREY SOLACE
“Ablaze” CD (Projekt)


Il tempo vola, un altro decennio è quasi al capolinea e l’ormai affermato duo della Florida è arrivato alla soglia del quinto album, dopo aver percorso con la giusta gradualità il suo cammino verso un suono sempre più pop nell’alveo di quel tipico ethereal alla Cocteau Twins, che molti figli ha generato dagli anni ’90 in poi. Niente di particolarmente nuovo ed originale quindi, ma un altro centro di casa Projekt, in grado di coinvolgere l’ascoltatore grazie ai suoi ingredienti sì prevedibili, ma sempre gradevoli per il palato. E per ingredienti non intendo solo l’angelica voce di Erin Welton, sulla quale già si è detto tutto, bensì anche l’enorme lavoro strumentale costruito da Scott Farrell, il quale, con un muro di chitarre di ogni genere (a 6, 7, 12 corde, baritone, mandolini), riesce a dare al disco una ricchezza e una pienezza come se ci fosse un’intera orchestra. Un altro elemento positivo di “Ablaze” è che, nei suoi undici brani, viaggia fra una certa gamma di umori: le tracce iniziali ad esempio le trovo veramente troppo leggere nelle loro armonie, segue poi una sorta di nucleo centrale dell’album, costituito da “Immortal Muse”, “Tusk”, “Eternal Light”, “The Moon Nocturnal”, dove la componente pop si fa da parte per lasciare pieno spazio ai toni malinconici, e questa è per mio gusto la parte migliore di tutto il cd. “A Rythm That Writes” mi ricorda terribilmente i Faith & The Muse, sia per il cantato sia per i suoni, ma è comunque molto bella. Chiudono tre brani completamente diversi fra loro, dove svetta la magnifica “Sea Of Honesty”, retrò, acustica e perfetta colonna sonora per un tramonto di fine estate, circondata da una “Imaginary” e “Angelspeak” più in linea con gli umori tristi del blocco centrale. Assolutamente consigliato.
(Fabio Degiorgi)
AVANT-GARDE
“Iron In Flesh” CD (In The Night Time)


È un piacere vedere che un gruppo come gli Avant-Garde sia ancora più attivo che mai dopo molti anni, e sia pure riuscito, con le giuste pause, ad arrivare al traguardo del secondo album a lunga durata (traguardo che in Italia non è così facile da raggiungere, anzi, spesso non si arriva neanche al primo). Ero stato catturato dapprima dal mini LP in vinile del 1999, e non solo per il formato insolito, poi avevo apprezzato il primo cd “Cyanure”, pur trovandolo un po’ acerbo nel complesso. Con “Iron In Flesh” invece il terzetto capitolino ha raggiunto la piena maturità, donandoci un disco stupendo di pura dark-wave dove ogni brano cattura e procura i brividi necessari che si vorrebbero da ogni capolavoro di questo genere. Lo stile riconoscibilissimo degli A-G non è radicalmente cambiato rispetto ai lavori precedenti, si notano subito la voce molto new wave ’80 di Alessio Schiavi, il suo modo di arpeggiare la chitarra, la drum machine saltellante, perfino il suono del basso. Ma sono decisamente migliorati gli arrangiamenti e la scrittura, per cui si può parlare di evoluzione e salto di qualità. Molto belli anche i testi, perfettamente adatti alle musiche, come pure all’immagine volutamente scarna che il gruppo da di sé. Impossibile citare delle tracce migliori di altre, questo è un album che si ascolta tutto dall’inizio alla fine. E nel suo ambito, è il mio preferito fra quelli usciti in Italia negli ultimi anni.
Info: www.avant-garde.co.uk
www.myspace.com/avantgarde1994
(Fabio Degiorgi)
BAUHAUS
"Go Away White" CD/LP (Cooking Vinyl)


Avrei preferito non recensire un nuovo album del mio gruppo preferito, soprattutto dopo i capolavori che ha prodotto nella prima parte della propria carriera. E' stato stupendo vedere Murphy e soci dal vivo nella reunion del 1998, è stato bello rivederli ancora sul palco nel 2006, ma questo disco potevano evitarlo, già a partire dalla brutta copertina si nota che c'è qualcosa che non và. Brani col sapore dei '70, ma mal creati e arrangiati, con la registrazione priva di quel pathos che i Nostri hanno sempre trasmesso in passato. Un disco stanco e inutile. Dopo poche settimane dalla sua uscita è già finito nel dimenticatoio, ci sarà un perché? Io vado a riascoltarmi all'infinito "In the flat field" e "Mask".
(Nikita)

CHRISTIAN DEATH
"American Inquisition" CD (Season Of Mist)

E' dai tempi di "All the love / All the hate" che Valor e i suoi Christian Death si sono addentrati in sonorità dark metal, ma qui finalmente ci ricordano che prima erano stati fautori di un certo gothic rock creato con maestria, come negli album "Atrocities" e The scriptures". Ora cercano di riscoprire finalmente quelle radici, ovviamente senza che escano idee eccellenti. In ogni caso non me la sento di stroncare quest'album, sia per il tentativo di distaccarsi da certe malsane sonorità, sia per un confronto con tutte quelle nuove band che si dicono "figlie" di Rozz Williams ma non fanno altro che riciclare brani ideati da altri più di 25 anni fa. Valor almeno riesce a fare meglio di loro, e non è poco.
Info: http://www.christiandeath.com/
(Nikita)

THE CURE
"4:13 dream" CD (Geffen)

For my part I know nothing with any certainty .. but the sight of the stars makes me dream” (Van Gogh). Sono queste le parole che, poste tra i credits, anticipano il lavoro. E, allora, anche noi siamo pronti per schiacciare play e sognare. Finalmente! Dopo quattro anni arriva il successore di “The Cure”. “4:13 dream”, secondo disco pubblicato per l’etichetta Geffen, mette in evidenza la mania di Robert Smith per il numero 13. Come sappiamo, l’album di inediti è stato anticipato dall’uscita di quattro graziose canzoni e da “Hypnagogic states”, un EP che racchiude i singoli, attraverso dei coraggiosi remixes, realizzati da artisti d’eccezione. Tutte pubblicazioni che avevano, come data della release, il 13 di ogni mese (a partire dal 13 maggio, primo giorno disponibile per acquistare “The only one”). I cure di “4:13 dream” sono l’affiatato quartetto che, con convinzione, suona insieme dall’estate del 2005. Accanto al capitano troviamo il fidato Simon Gallup, Porl Thompson e Jason Cooper. I cure di questa nuova era rimangono orfani di un tastierista di ruolo, riuscendo a sopperire alla mancanza delle keyboards solo attraverso la bravura ed il tecnicismo di Porl Thompson. “Non c'è alcun bisogno di avere tastiere quando hai Porl alla chitarra. Lui può creare praticamente qualsiasi suono tu voglia. Ha riportato un senso di necessità e ora abbiamo di nuovo un taglio rock” (Robert Smith, intervistato dal New Musical express nel 2006). Come si diceva sopra, sono quattro gli anni che separano questo nuovo lavoro dal precedente di inediti. Periodo di tempo che ormai è diventato una costante tra l’uscita di un album cure ed il suo successore. È, infatti, dal 1992 (“Wish”) che Robert Smith e soci attendono così tanto tempo prima di deliziare i palati dei fans con nuove canzoni inedite. Ed è quanto accaduto anche in questa occasione, nonostante la maggior parte delle canzoni fosse già abbozzata alla fine dell’estate di tre anni fa. Responsabile della copertina è, ancora una volta, la Parched art di Porl Thompson. L’immagine stilizzata di due uomini spicca su uno sfondo bianco, mentre, intorno ai visi, sono presenti sagome e figure che simboleggiano parole e note musicali: ovvero l’arte dei cure. Chi conosce il gruppo di Robert Smith è al corrente di come il brano d’apertura sia uno dei migliori del disco (quando non il migliore in termini assoluti). A questa regola non si sottrae “4:13 dream” che con “Underneath the stars” regala un vero e proprio portento. I circa sei minuti di “Underneath the stars” si riveleranno i migliori di un disco che, senza difficoltà, possiamo definire eccellente. La voce di Robert Smith che diventa quasi un sussurro e la poesia che sta dietro le parole del leader, fanno di questo brano il degno successore di “Plainsong”. È talmente bella e coinvolgente “Underneath the stars” che, senza indugi, gridiamo alla nascita di un altro classico. L’album, dalla seconda canzone, cambia immediatamente faccia, deviando per il pop. “The only one”, il primo singolo estratto per questo nuovo lavoro, è una tipica canzone cure virata al versante più easy. Certo non è facile succedere al quel colosso del primo brano, ma “The only one” se la cava benone, per un pezzo in cui si evidenzia tutta l’arte melodica del leader. Analogo discorso vale per “The reasons why” (forse leggermente più epica sul finale) in cui le cose migliori sono date dalla voce di Robert Smith e dal basso di Simon Gallup; un brano che risulta molto poco cure in quei coretti posti durante il ritornello (attenzione, però, …… non stiamo parlando delle scontatissime backing vocals che Mike Mills propone in tutte le canzoni dei R.E.M.). “Freakshow” è uno dei pezzi più indovinati dell’album; è qualcosa più di una pop song (Cure style) che, ormai, Robert Smith potrebbe scrivere ad occhi chiusi. Di fatto “Freakshow” è quella canzone leggera, ma assolutamente folle, in cui si possono vedere gli antenati nelle celebri “Why can’t I be you”, oppure nell’ancor più datata “Let’s go to bed”. Il ritmo incalzante e sincopato del brano, unitamente alla voce di Smith, ne garantiscono la sua durata nel tempo. “Sirensong” è un altro eccellente brano in cui, questa volta, Robert & co. attingono direttamente da loro stessi. Nell’incedere, infatti, la melodia ricorda la “Jupiter crash” di “Wild mood swings”, anche se proposta con strumenti diversi. Dall’anteprima che i cure fecero a piazza San Giovanni in Roma, infatti, abbiamo potuto apprezzare Porl Thompson con la chitarra hawaiana; il connubio tra il suono quasi svolazzante creato dallo strumento di Thompson e quello più classico della chitarra di Smith crea un momento importante all’interno degli equilibri sonori di “4:13dream”. “The real snow white” si apre con la frase ripetuta più volte “You’ve got I want”, in cui Robert Smith ritorna a raccontare la frustrazione per la mancanza delle cose desiderate (per liriche, quasi un secondo episodio di “Want” – 1996) e, in un clima in bilico tra il serio e lo scanzonato, prosegue con “The hungry ghost”, capitolo leggermente meno d’impatto rispetto agli altri proposti in questo 2008. “Switch” inizia con l’assolo di chitarra di Porl Thompson in stile sixties (quasi un omaggio a Jimi Hendrix). È un pezzo energico in cui Robert Smith snocciola le parole con velocità incredibile, quasi gareggiando con le chitarre in una rincorsa al traguardo finale. “The perfect boy” è l’ultimo dei quattro singoli estratti per “4:13dream”. È un brano pop in perfetto stile cure, in cui, all’interno di un’ottima linea melodica, si nasconde un retrogusto malinconico, tipico di vecchi successi passati (leggi “High” – 1992), mentre “This. Here and now. With you” propone una canzone solare, perfettamente il linea con le migliori dell’album. Da questo momento, “4:13dream” è pronto a chiudere con il botto, attraverso le ultime tre tacce che ci confermano l’enorme qualità dell’intero lavoro. “Sleep when I’m dead” è stato il migliore tra i singoli estratti. È il brano che, più degli altri colleghi a “quarantacinque giri”, esce dal canone della pop song, per entrare in un clima sonoro più oscuro e teso. La chitarra con l’effetto wah-wah di Thompson è il costante dolce rumore di sottofondo che fa da corollario all’imponente trama sonora dettata dalla sessione ritmica, mentre il grande guru canta divinamente tra il sofferto e l’infuriato. Con le parole solo sussurrate dal leader si inizia l’ascolto di “The scream”, brano ipnotico, capace di catturare fin dal primo ascolto. Nell’intreccio chitarristico creato da Smith e Thompson, ci sembra di rivivere le atmosfere lisergiche ed ipnotiche di “The top” (1984); un viaggio allucinante in cui la collera di Robert Smith cresce verso il finale, per liberarsi in urla strazianti. È la giusta preparazione per il finale. La conclusione è per “It’s over” (inizialmente titolata “Baby rag dog book”), uno dei vertici assoluti di tutto il lavoro. Quando venne proposta in anteprima durante il 4tour 2008 capimmo immediatamente di trovarci di fronte ad una canzone (per caratteristiche melodiche la più somigliante a “Sleep when I’m dead”) con quel piacevole qualcosa in più. La sessione ritmica si supera creando un sound in grado di far crescere progressivamente ritmo e tensione; quando poi arrivano le chitarre di Smith e Thompson e l’immancabile cantato siamo ancor più certi che “It’s over” sia la migliore conclusione di un album veramente ispirato. L’estenuante attesa per la lunga gestazione di “4:13dream” è stata ripagata da un altro album appassionante. Possiamo già affermare che, con il successore di “The Cure”, Robert Smith e soci abbiano fatto “tredici”, creando, se non un capolavoro, quanto meno un album credibile e godibile in ogni sua parte. Per ciò che concerne l’inevitabile domanda se questo “4:13dream” sia migliore rispetto alle precedenti prove del complesso, possiamo solamente deviare il quesito, suggerendo, piuttosto, di rimettere la puntina sulla prima traccia, e poi ancora, e poi ancora, e poi ancora. Again and again and again. Questa è, probabilmente, l’unica risposta che darebbe Robert Smith e l’unica che ci sentiamo di suggerire.
Info: http://www.thecure.com
(Gianmario)

THE CURE
"Hypnagogic States" CD (Universal Music)


A quattro anni da quel “The cure” che aveva segnato l’esordio discografico dei cure per l’etichetta Geffen, il gruppo di Robert Smith torna con nuove incisioni, dopo che un estenuante world tour 2oo8 aveva già dato, nella primissima parte dell’anno, alcuni assaggi delle freschissime composizioni. Questo “Hypnagogic states”, in realtà non è la continuazione sulla lunga distanza del sopraccitato album omonimo, rappresentando solo alcune pillole del futuro “4:13 dream”, previsto in uscita il 13 ottobre. Ecco, allora, che nell’”Hypnagogic states” EP ci sono i quattro singoli usciti a partire dal 13 maggio 2oo8. Da allora, infatti, con cadenza mensile la band ha pubblicato dapprima “The only one”, poi “Freakshow”, “Sleep when I’m dead” ed infine “The perfect boy”. L’EP in questione, tuttavia, non è una raccolta dei singoli del futuro “4:13 dream”, essendo le versioni contenute nell’”Hypnagogic states” stravolte per opera di remixatori d’eccezione. La copertina, ancora una volta splendidamente eseguita dalla Parched art di Porl Thompson, vede una sintesi dei quattro singoli apprezzati nei mesi scorsi: il profilo di “The only one”, il pesce di “Freakshow”, la mano minacciosa di “Sleep when I’m dead” ed il cuore (stile “Friday I’m in love”) di “The perfect boy”. Essendo questo EP un’opera di remix, le versioni proposte si accomunano per essere maggiormente ballabili, dance ed elettroniche, rispetto elle originali. È “The only one” che apre il lavoro. Il remix dei 30 seconds to mars ci propone una dance song in cui è affascinante la campana che, quasi in sottofondo, all’inizio sembra scandire il tempo alla canzone. I 30 seconds to mars sono abili a non mettere in seconda fila la voce di Smith, vero elemento portante del brano. Di “Hypnagogic states”, “Freakshow” è probabilmente la canzone più stravolta dal remix di Jade Puget (AFI). Ne viene fuori un pezzo da discoteca truzzo e pazzo insieme in cui, questa volta, la voce di Smith è relegata in sottofondo. “Sleep when I’m dead” è il miglior singolo tra quelli usciti in questo 2oo8. Il remix ad opera di Gerard Way (MCR) e Julien-K non ne cambia radicalmente l’andamento musicale, reinterpretandola unicamente in chiave dance. “The perfect boy” ha un inizio che ci porta immediatamente il ricordo a “Close to me”. Il gioco batteria basso, nel remix di Patrick Stump/Pete Wentz (FOB) è molto simile a quanto la sessione ritmica incise nel celebre brano contenuto in quel “The head on the door” del 1985. “Exploding head syndrome” è l’appendice dell’EP; nel carattere epico del brano (una summa dei quattro singoli) si riconosce la mano del gruppo che per tutto il 4Tour 2oo8 ha avuto l’onere (e l’onore) di aprire i concerti ai cure La voce di Smith è in sottofondo ed artefatta, mentre le note malinconiche di un piano anticipano l’ottimo remix (forse il migliore) dei 65days of stastic. Le note di copertina ci dicono che tutti i diritti d’autore per questo “Hypnagogic states” saranno devoluti alla Croce Rossa Internazionale. Se avevamo ancora qualche dubbio, questo è un altro ottimo motivo per acquistarlo.
Info: http://www.thecure.com
(Gianmario)

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