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DEATH IN JUNE + Argine + Solar Lodge
@Qube, Roma, 20 Ottobre 2011

Testo e foto by Oflorenz

Death in June ritornano in Italia dopo parecchi anni, nell’ambito del tour per celebrare i 30 anni di attività del mitico combo di Douglas Pearce. Ed il termine folk apocalittico sembra trovare conferma nella singolare giornata prescenta per questo ritorno sulle scene italiche, che vede Roma letteralmente travolta da un pauroso nubifragio che mette in ginocchio mezza città, bloccata da strade trasformatesi in fiumi e stazioni della metropolitana completamente allagate. Pur con qualche difficoltà raggiungiamo la bellissima ed enorme discoteca Qube, in zona Casalbertone; sin dalle 20 una discreta fila attende di fronte al botteghino per il cambio del ticket, e con puntualità cronometrica alle 21 e 30 i romani Solar Lodge prendono il palco dando inzio allo show. Nati negli anni 80 come Solar Lodge, divenuti successivamente Solar Orchestra e ritornati ora con il moniker originale per questo ritorno on stage, il duo formato da Enrico Angarano e Fulvio Biondo propone un’ottima cosmica-industriale che si riconduce in parte ai maestri albionici Coil, dai quali traggono ispirazione anche per il proprio nome (il brano “Solar Lodge” figurava nella track list di “Scatology”, storico lp del lontano 1984).
Partenza in grande stile con il duo padrone di casa, cui seguono degli Argine leggermente sotto tono rispetto agli standard cui ci hanno da sempre abituato. Sostenuto per le voci “bianche” da una giovanissima new entry, il gruppo di Videtta e Notarloberti è in realtà penalizzato da un’acustica impastata ed approssimativa, che comunque non può cancellare la magia delle gemme di oscuro folk mediterraneo regalateci dall’ensemble partenopeo: dal lontano 1996 con “Mundana Humana Instrumentalis” al recente “Umori d’Autunno” del 2010 una delle punte di diamante della nostrana scena “neofolk”.
Tutto è pronto per l’ingresso della Morte in Giugno, che si presenta a noi in candida mimetica invernale SS, con tanto di sinistra maschera ghignante: Douglas Pearce ed il fido John Murphy sono nuovamente tra noi, accompagnati dagli effetti inquietanti che introducono “Till The Living Flesh Is Burned”. Un vero, interminabile viaggio nella storia del gruppo ci attende questa sera.
Il duo non si risparmierà quanto ad impegno ed energia, riproponendo in chiave electric-folk la bellezza di 30 quadretti sonori che hanno fatto la storia della musica non conforme anni ’80. Da “Ku ku ku” alla freschissima “Peaceful Snow” dell’ultimo disco (in realtà più bella nella sua versione pianistica in studio), passando per le intramontabili “Leper lord” e “Fileds of Rape”, piuttosto che “Luther’s Army” o “Giddy Giddy carousel”. “Piggy piggy, piggy piggy!!!”, incita il buon Douglas, e via con “All pigs must die”, e poi ancora le ballate di “Little Black Angel” e “Fall Apart”, con un pubblico in adorazione che canta a memoria gran parte dei pezzi.
Il caldo del Qube è soffocante, e Douglas si ripresenta per i bis in polo marrone sudatissima, abbandonando maschera e mimetica invernale. La serie devastante “But, What Ends When The Symbols Shatter / Runes and Men / Heaven Street / C’est Un Rêve” mandano definitivamente a tappeto l’audience, con Murphy a battere i suoi tamburi come un fabbro metronomo e Doug che chiede “Où est Klaus Barbie? Où est Gheddafi? Où est Bin Laden?”. La storia del mondo si aggiorna e va avanti, il mito Death in June si rinnova con lei.


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