Per restare al di là dellAtlantico,
nel paragrafo dedicato alla no-wave di New York (esattamente l1.6)
si diceva che il movimento ricopre unenorme
importanza per un pubblico dark perché, similmente al rock gotico,
la no-wave nasceva da istanze come la noia di vivere e il nichilismo,
la sensibilità esasperata e lorrore per le prove umilianti della
società moderna. Ma s'è aggiunto poi, letteralmente, «anche No
New York ha aperto una strada che poteva diventare dark, o qualcosa
di parallelo». Perché sè detto poteva o, più correttamente,
avrebbe potuto? Perché lo spirito iconoclasta e autodistruttivo che
diede origine alla scena fu così potente da rivolgersi contro gli
stessi artisti, che o morirono, o si ritirarono dalla scena col cervello
devastato dalle droghe, o cambiarono stile di vita e genere musicale.
Solo Lydia Lunch, come si è visto, ha avuto il coraggio, la lucidità
mentale e la caratura artistica di continuare su territori più o meno
simili a quelli inaugurati dai suoi Teenage Jesus & the Jerks.
Tuttavia leredità culturale ed estetica della no-wave ebbe unimportanza
che travalicava decisamente le effimere vite (creative) dei suoi stessi
protagonisti, creando un nugolo di giovanissimi adepti che cercavano
di coglierne chi questelemento, chi quello, nel tentativo di
carpirne ed interiorizzarne i segreti. A New York, quindi, ma un po
in tutta least-coast americana, con linizio degli anni
80 si poté assistere alla nascita di una new wave of no-wave, una
seconda ondata di artisti drammaticamente figli di quellesperienza
estrema. Ed essendo essa stata a sua volta così tanto figlia delle
stesse esigenze ed istanze artistico-esistenziali che in Europa avevano
dato origine al dark, è ovvio che qualche suo aderente, nella propria
ricerca, arrivò a percorrere strade decisamente interessanti ad orecchie
gotiche. E se non per similitudine di forme e soluzioni musicali (che
sarebbe stato puramente plagio o adozione), almeno per affinità di
sensibilità.
Ci si riferisce qui specialmente a due gruppi, entrambi newyorchesi,
entrambi nipotini della no-wave ed entrambi molto amici fra loro:
i Sonic Youth e gli Swans. Per una serie di casi e colpi di fortuna,
i Sonic Youth esordirono discograficamente nel marzo dell82,
rientrando pertanto nella presente stagione, mentre per quanto riguarda
gli Swans dovremo aspettare ancora qualche mese. Figli bastardi della
New York più sporca e degradata, tanto decantata anche da Lou Reed
e compagni (leggi Velvet Underground), i Sonic Youth si erano formati
solo un anno prima dalle ceneri di un altro gruppo neo-no-wave, gli
Arcadians, nella forma di una doppia coppia: le donne erano la tastierista
Ann DeMarinis e la bassista Kim Gordon (insolitamente avanti con letà,
avendo sui 33 anni), mentre i maschietti erano il rumoroso chitarrista
Thurston Moore ed il batterista Richard Edson.
In realtà gli Arcadians prima e i Sonic Youth dopo erano creazioni
della coppia Thurston Moore Kim Gordon.
Lui, nato in Florida e cresciuto nel Connecticut, arrivò neanche
ventenne nel 77 a New York e si interessò di tutti i movimenti musicali
dellepoca, facendo anche amicizia con Lydia Lunch. Conosciuta
Kim Gordon, mollò la sua punk-band, i Coachman, e tramite lei entrò
a contatto col giro di Glenn Branca, celeberrimo chitarrista-compositore
rumorista newyorkese. Lei
era decisamente più sgamata ed esperta: 5 anni di più, nata a Los
Angeles ma studente a Toronto e ora artista visuale a New York. Attratta
dalla prima no-wave, era riuscita ad entrare nel giro di amicizie
del batterista di Glenn Branca, e quindi a godere della sua attenzione.
Con la DeMarinis erano nati gli Arcadians ma, cambiato batterista,
cioè con lavvento di Richard Edson, si decise anche di cambiare
moniker, dileggiando un po la moda diallora che voleva che le
giovani band si chiamassero sempre sonic qualche cosa
(de facto era un omaggio al chitarrista degli MC5, Fred Sonic
Smith). Insieme i quattro cercarono di ripetere la lezione sia dellesperienza
no-wave, sia della ricerca di Branca: strumenti economici e rumorosi,
chitarre scordate e/o in feedback, ritmica affannosa e tribale. E
testi che parlavano della maledizione del vivere la metropoli inumana,
e lepoca della disumanizzazione.
Dopo
un anno di esperienza sulla strada, unesperienza fatta di rumore,
battaglie sociali, droghe e, purtroppo, qualche piccola lite interna,
Glenn Branca fu persuaso a produrre il loro materiale sulla sua etichetta
personale, la Neutral Records, quando i dissidi interni fecero allontanare
la tastierista Ann De Marinis, che dovette essere sostituita. Al giovane
Thurston Moore (come anche a quello più anziano, del resto) piaceva
emettere un rumore disarticolato e distortissimo, ed il gruppo aveva
quindi bisogno di un musicista più quadrato che badasse
anche al lato armonico della composizione. Fu lo stesso Branca a presentare
loro un suo giovane e timido collaboratore, il chitarrista Lee Ranaldo,
amante del rumore e della poesia.
Dopo il breve rodaggio di questultimo, verso la fine dellanno,
il gruppo si chiuse in sala dincisione e, nel mese di marzo
82, la Neutral diede alle stampe questomonimo mini-Lp. Omonimo,
cioè nessuna fantasia per il titolo, e anche dalla copertina tuttaltro
che eccitante: una foto bruttina in bianco e nero in cui i quattro
venivano ritratti due volte luno, così, con le loro giovani
facce un po atteggiate e un po stravolte. Lì per lì il disco
uscì nellindifferenza quasi generale, eppure fu decisamente
interessante non solo per la critica più intelligente, ma anche ad
orecchie gotiche, proprio per loriginalità con cui il quartetto
era in grado di creare atmosfere plumbee ed opprimenti.
Infatti un preciso colpo di batteria (rullante e charleston) apre
la prima, Burning Spear, poi altri colpi seguono isolati, mentre
sotto gratta una chitarrina sinistra. Quando Edson finalmente struttura
il ritmo, anche Ranaldo emerge, strano, dissonante. Lintervento
della Gordon, sul giro di sei note del basso, rende il tutto più accettabile
ma non meno minaccioso. Si innestano i rumori dissonanti e fastidiosi
di Moore, quindi la sua voce come un grido disperato, un lamento.
«The music come, the burning spear» e la musica ha un arresto catatonico,
con la figura dellinizio. Poi si scatena la cavalcata dissonante,
che chiude il brano.
Un brano bello e innovativo, ma quello che segue è veramente un loro
capolavoro dark: I Dreamed I Dream apre con un lugubre giro
di basso, appena contrappuntato da una chitarra quasi in sottofondo.
Irrompe la batteria, si crea il giro armonico, lento, magmatico eppur
leggero, ma certamente inquietante. La voce della Gordon è una ventata
daria fresca, anzi forse gelida: «look before you leap, okay,
do you read me? - do I drift?- may all your dreams come true - do
I dream?», canta sognante, mentre Lee Ranaldo la doppia. Il brano
è veramente onirico e mind-blowing, fino ai versi centrali
«fucking youth, working youth» (gioventù operaia, gioventù fottuta).
Il lavoro della chitarra è un lungo fraseggio dissonante, ma perfettamente
inserito nel tessuto del brano e nella sua linea melodica. Una vertigine
allucinatoria, chiusa dalle sincopi ritmiche di Edson, prima del basso
solo.
Sempre dark ma ancora più straniante sarà la successiva, She Is
not Alone: base percussiva nervosa, una chitarra scordata, laltra
su due note. Piccolo accrocchio di suoni concreti e liberi, percussioni
e campanellini, chitarra in note libere e dissonanti, basso scalciante
sotto. Così per più di due minuti, fino alla bella voce di Moore,
«she is not alone - today», un momento di serena melodia sul tappeto
percussivo folleggiante. E la voce si allunga misteriosa e profetica,
e il brano termina di colpo.
Lascoltatore è attonito. Gira il disco e lo aspetta I Dont
Want to Push it, un brano dalla struttura tipica nei Sonic Youth:
chitarra n° 1 (Ranaldo) che grattugia leggera, dopo una trentina di
secondi ingresso fragoroso di batteria percussiva, basso scalpitante,
chitarra n° 2 (Moore) in fraseggio dissonante, quasi mediorientale.
Un cavallo pazzo e ubriaco, fino allingresso della voce maschile
(sempre Moore), anchessa trascinata, che segue le dissonanze
mediorientali della chitarra. Pausa percussiva e via, il basso ricomincia,
fino a che Moore entra fragorosissimo e lancinante. Seconda strofa,
ancora pausa, ancora chitarra da sola che sembra presa da spire roteanti
su se stesse. Fine.
Chiudono il disco i quasi 8 minuti di allucinazioni distorte di The
Good and the Bad, un chilometrico ed indigesto strumentale che
vuole dare al mondo la definizione che il gruppo ha della parola sonico.
Inizio in rottura percussiva, poi il basso, qui assurdamente suonato
da Thurston Moore, ha un fraseggio come sempre molto incalzante, ma
questa volta così tipico da costituire lossatura armonica del
brano. Le chitarre sopra grattano rumorosamente e creano le tipiche
dissonanze a spire ritorte nelle quali i Sonic saranno maestri. Alla
pausa i rumori accecano e sbigottiscono. Poi quasi silenzio, solo
Moore rimane su una nota sola ripetuta in fretta. Cambio di tonalità,
sotto una chitarrina nascosta, sembra di sentire il giro armonico
di I Dreamed I Dream. Un inquietante mostro si snoda nelle
viscere dellanima, di cui la veloce ripetizione del basso non
fa che echeggiarne i passi. La chitarra sale sempre più e sempre più
sinistra, in nuove e ardite dissonanze, la batteria è solo occasionale
percussione dietro le spalle. Poi il basso spezza, i piatti infrangono,
la nota reiterata di chitarra però permane fissa su se stessa. Fino
alla fragorosa irruzione del fraseggio di basso dapertura che
prima introduce, poi farà da base alle due chitarre che, ognuna con
la propria dissonanza, si avvicenderanno a disturbare la psiche dellascoltatore.
Chiuderanno i piatti, brano e disco.
Certo, allora solo certa
critica illuminata aveva ben accolto questo mini-album, questa scheggia
impazzita e rumorosa dellavanguardia newyorkese. E fu proprio
la generale incomprensione, accompagnata probabilmente da un certo
qual fastidio aurale, a tenere i Sonic Youth lontani dal mercato discografico
per quasi due anni. Ma in questo periodo i ragazzi non persero tempo
e si lanciarono in uninstancabile attività live, anche se, sulle
prime, subirono labbandono del batterista Richard Edson, lanciato
in un'altalenante carriera di attore.
Riuscirono così, lentamente, a far capire al mondo del rock qual era
la loro estetica, fatta di degrado urbano ed umano, di chitarre distorte
in spirale su se stesse, di ritmiche scomposte e affannose, di grida
sguaiate di disperazione. Una lezione che pescava tanto dai nonni
Velvet Underground quanto dai genitori Stooges, non solo dallacidissima
no-wave, e senza trascurare indugi nel lugubre o nel terrifico.
Sappiamo che con gli anni ci riusciranno. Fino a diventare un mito.