Certo, per i giovani Boys
Next Door lasciare la loro patria devessere stato qualcosa di
lacerante. Ciò non di meno si trattò di una scelta obbligata: è inutile
essere i campioni di una scena underground se essa in cambio non compra
i tuoi dischi, se de facto ti fa morire di fame. Probabilmente lunderground
australiano non era ancora maturo e la decisione si impose da sola:
sciogliersi o emigrare. Visti i buoni contatti che il manager Keith
Glass intratteneva con diverse etichette per la distribuzione in terra
britannica dei prodotti della sua Missing Link, soprattutto 4AD e
Virgin, si decise di tentare lavventura discografica inglese.
Eppure ai cinque qualcosa non convinse in terra dAlbione. Avranno
modo di lamentarsi, in successive interviste, delleccessiva
e mediocre tranquillità della scena musicale inglese. Certo, con le
debite eccezioni: i Bauhaus ed i Killing Joke ad esempio, per non
parlare della devastante scena industriale, ma confrontata con lesagitato
underground australiano la compassata scena inglese sembrava preda
di una narcolessi dai toni melodici (non dimentichiamoci che in quegli
anni stava emergendo il deleterio fenomeno del new romantic).
Nella realtà lInghilterra non era lAustralia. In Europa
leccesso iconoclasta e violento di gruppi come gli Stooges poteva
imporsi solo per brevi periodi, ormai ampiamente assorbiti, soprattutto
in Gran Bretagna, dalla defunta ondata punk. Era tempo per lEuropa
di esibire finalmente tutto il suo potenziale decadente, estremo,
unico ed irripetibile nella storia delle società umane, di cui il
dark ai tempi fu levidenza più eclatante e sconcertante.
Ma questo Nick Cave, Rowland S. Howard, Mick Harvey e soci non lo
capivano né lo accettavano. Si ritrovavano, inoltre, in una difficile
situazione: vivevano tutti insieme in un monolocale, senza un quattrino,
in terra straniera e comunque con le esigenze improcrastinabili tipiche
della tossicodipendenza. Il clima, poi, nella gelida Inghilterra era
tuttaltro che accogliente. I Boys Next Door, infatti, avevano
lasciato lAustralia nel febbraio dell80, quando in quellemisfero
è estate, per ritrovarsi nellinverno londinese! Frustrazioni
lavorative (chi voleva dar lavoro a dei tossici?) e pregiudizi ex
coloniali mandarono presto i cinque in uno stato di depressione. La
tensione si mutò facilmente in rabbia, scaricata appieno nelle nuove
composizioni.
La situazione sembrò migliorare con lavvento dellestate,
non solo per le migliori condizioni climatiche, ma anche perché vennero
a trovarli le fidanzate, tra cui la bellissima Anita Lane, storica
ragazza di Nick Cave. Larrivo infine dellenergico e pratico
Keith Glass rimise subito i ragazzi della porta accanto al lavoro:
concerti, John Peel session e contatti discografici. Chi rimase più
impressionato fu Ivo Watts-Russel, il già noto boss della 4AD.
In effetti, anche da questi contatti, i Boys Next Door si resero presto
conto di una cosa. Loro erano un gruppo assolutamente sconosciuto
che in terra straniera stava proponendo un genere (che
alcuni già definivano swamp-punk, punk di palude) innovativo
e piuttosto indigesto. A tutti gli effetti si trattava di un nuovo
inizio in una nuova terra. E visto che il loro brano più famoso, fino
a quel momento, era stato quel capolavoro di Happy Birthday,
perché non approfittarne per cambiare nome?
Discograficamente parlando i ragazzi uscirono con due 45 giri successivi,
entrambi con laiuto dellaffezionato Tony Cohen al mixer:
Mr. Clarinet / Happy Birthday (ancora per la Missing
Link, gotico e profetico sin dalla copertina) e The Friend Catcher
/ Waving my Arms + Cat Man (già per la 4AD).
E nel novembre del 1980 i due singoli furono raccolti insieme
ad altri inediti in un Lp chiamato col loro nuovo moniker: The
Birthday Party; tuttavia la versione australiana del disco si
intitolò ancora (e per lultima volta) The Boys Next Door.
Musicalmente i cinque rispettarono perfettamente le terribili tendenze
di Hee-Haw, portandole a giusto compimento. Il disco è quindi
in qualche modo fratello di Hee-Haw, col quale
fu infatti raccolto nella successiva edizione su Cd. La grafica di
copertina di questultima, con graffito di asino pazzo "espressionista"
e croci rosse e nere, dimostra come, ai tempi della pubblicazione
del Cd, il gruppo fosse stato ormai
assimilato alla compagine gotica. Musicalmente parlando è veramente
meraviglioso il primo brano, il singolo Mr Clarinet, con la
tastiera di Harvey che comincia in sordina e la sezione ritmica di
Calvert e Pew che entra potente e scandita su una doppia battuta.
«I have a friend in you, oh Mr. Clarinet» comincia uno sgangherato
Nick Cave, tra chitarre laceranti e tastiere orientaleggianti. Poi
segue uno straziante intermezzo musicale, tanto sorprendente quanto
stralunato, poiché romantico ma sopraffatto dogni distorsione.
Una rullata di batteria e Nick Cave riprende la sua filastrocca, fino
al prossimo intermezzo ed al finale toccante e trascinato. Un brano
romantico dellebbrezza e della distorsione? Un piccolo capolavoro.
Meno imperdibile
ma comunque godibilissima, con i suoi effetti di grida lontane, la
successiva Hats on Wrong, scandita da una scaletta chitarristica
di Howard e con le voci in eco. Il basso fa un lavoro molto dinamico
ed articolato, staccandosi un po dal resto delle partiture;
tornano ancora fuori i sassofoni ed il tutto si mescola in una sorta
di orgia sonora. Segue The Hair Shirt, il già sentito pezzo
forte di Hee-Haw. Inedita e bellissima sarà invece la successiva
ed esagitata The Guilt Parade: un inizio chitarristico in sordina
che dà il tempo ed il giro armonico, sezione ritmica e sassofono che
dirompono allimprovviso, voce appassionata e melodica, come
si era sentita su Door Door. Il brano accelera e guadagna in
tensione e nevrosi. Finisce presto tra i parade la la la
di Cave e la consueta orgia sonora dei cinque tossici più casinisti
dAustralia. Ma il brano inaspettatamente riprende, per un secondo
finale ancora più rumoroso e devastante. Meno notevole la successiva
Ridde House, la comunque bella b-side di Happy Birthday,
lultimo singolo australiano dei Boys Next Door.
Un altro capolavoro assoluto, comunque, sarà la successiva The
Friend Catcher. Inizio prolungato di chitarra in distorsione su
una nota sola, in realtà in feedback. Quando il suono
comincia a dar fastidio entra la batteria di Calvert a scandire, poi
il basso di Pew: enorme, devastante, qualcosa di simile laveva
fatto solo Jah Wobble con i PIL, segue chitarra. È un brano grosso,
potente e magmatico, con la voce in bella evidenza e le chitarre distorte
in una sorta di articolato wall of sound. Al verso «its
a prison of sound» (guarda caso) unefficacissima pausa, dove
torna fuori la prima chitarra in feedback (Howard e Harvey insieme
facevano sfracelli
), nuovamente interrotta dalla batteria prima
e dallenorme basso poi. Ora la voce di Cave è su una tonalità
più alta ed arriva a librarsi nel raglio assurdo dellasino,
quellhee-haw che diede titolo al precedente Ep. A «prison
of sound» nuova pausa: altro giro, altro brivido in regalo.
Purtroppo né la bella ed esagitata (e leggermente barrettiana)
Waving my Arms, dotata comunque di ottime scale discendenti
di chitarra, né la già sentita (sempre su Hee-Haw) The Red
Clock, né la successiva e acida Cat Man (una cover, comunque
uno dei loro minori) raggiungeranno certi vertici. Potranno però evidenziare
un gruppo perfettamente padrone della sua devastante tecnica del rumore,
e di un rocknroll che non si sa se sia della palude o
che cosa, ma che comunque era qualcosa di mai sentito ed incredibilmente
efficace. Del capolavoro finale Happy Birthday si è già diffusamente
trattato.
Una chitarra distortissima
ed acidissima, tempi tirati ed articolati, un drumming ossessivo,
tastiere e sassofoni a fantasia, un basso enorme e a carro armato,
oltre alla particolarissima voce di Nick Cave (ora crooner, ora scimmia,
ora bluesman, ora belva feroce) erano i segni distintivi del loro
punk della palude. Non un vero gruppo gotico, quindi, ma comunque
finito nella categoria forse perché impossibile da classificare altrimenti.
Di gotico rimanevano il vestiario (ovviamente sui toni neri) e le
capigliature, soprattutto quella dei leader Cave e Howard. Oltre ad
una certa atmosfera, che è stata definita intrinsecamente gotica.
Un gotico della paura, della minaccia, della disperazione.
Un gotico della belva interiore, che deve uscire anche contro la nostra
volontà. Che deve liberarsi, gridare e forse anche uccidere, nonostante
(o forse proprio perché) sappiamo che ci farà male. Con tutto questo
The Birthday Party stordì la decadente Inghilterra del gotico.
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