3.11 P.I.L. – Paris au Printemps + The Flowers of Romance

Nella più generale analisi dei fenomeni susseguentesi (leggi “storia”) del dark, quello dei Public Image Ltd è veramente un caso a parte. Dopo la morte dell’immenso Ian Curtis, il genere si era stabilizzato sul “tridente” Siouxsie & the Banshees (sempre grandi), Bauhaus (fulminanti) e, solo più recentemente, The Cure (notturni). I PIL non erano esattamente un gruppo dark, tuttavia furono tra i fondatori del post-punk e, dopotutto, Metal Box era indubitabilmente un album gotico, di grande post-punk straniante ed estremamente oscuro (oltre che sbalorditivamente innovativo). Inoltre Lydon, cioè il grande re del punk Johnny Rotten, era stato un personaggio troppo importante per passare inosservato.
Insomma, un personaggio ed un gruppo inclassificabili ma che per il momento sembravano appartenere a pieno titolo, se non proprio alla scena gotica (ma per buona parte della critica così era), almeno al più importante dei suoi satelliti. Fatto sta che il riconoscimento sempre crescente di cui Metal Box (ed il suo omologo Second Edition) stava godendo da parte della critica internazionale, fecero riesplodere i conflitti di personalità tipici di un “supergruppo” instabile, soprattutto se innescati dall’attitudine esplosiva e fuori controllo di un John Lydon.
Non solo, ma casa sua, oltre che casa dei PIL, al 45 di Gunter Grove, Londra ovest, dal ‘79 era diventata una sorta di capro espiatorio delle forze di sicurezza inglesi. Continue incursioni della polizia e relative perquisizioni, con le motivazioni più assurde e pretestuose (una volta alla ricerca di “minori in fuga”, un’altra, addirittura, di “armi illegali”) alla lunga arrivarono ad esasperare il povero John.
La tournèe lunghissima che doveva seguire l’uscita del disco, in realtà si risolse in poche date, soprattutto in Francia, tra il gennaio ed il febbraio 1980. Successivamente Jah Wobble (il geniale bassista) e Martin Atkins (il nuovo batterista) registrarono insieme qualcosa che là per là non sembrava potesse avere alcuna conseguenza. In quell’occasione incontrarono Jaz Coleman dei Killing Joke, impegnato nelle registrazioni di Psycche/Wardance. Successivamente, in aprile, i quattro partirono per una lunga e massacrante tournée americana, che contribuì non poco a minare definitivamente l’armonia interna al gruppo. Il primo a mostrare qualche insoddisfazione, soprattutto in merito all’organizzazione del management, fu proprio il nuovo venuto Martin Atkins, ma la cosa sembrava non dovesse andare al di là della semplice lamentela.
Ma in giugno Atkins lasciò il gruppo, ufficialmente per concentrarsi meglio sulla sua band, i Brian Brain, composta col bassista Pete Jones. Tuttavia, nelle sue dichiarazioni, lascerà intendere un disagio crescente anche da parte di Jah Wobble.
Il casino con Wobble, in effetti, esplose in luglio, dopo che almeno altri due brani furono composti: Pied Piper e Home Is Where the Heart Is (di cui il primo fu registrato, il secondo no). La vicenda appare contorta, tuttavia sembra che Wobble in maggio abbia pubblicato un disco solista utilizzando non solo Atkins, ma pure delle basi musicali scartate dai PIL (quindi anche del chitarrista Keith Levene) senza il loro consenso. Questo sembrò troppo, soprattutto per Levene (mentre le spiegazioni di Lydon ebbero, ancora una volta, dell’assurdo) e fu così che Wobble, il genio, venne definitivamente allontanato dal gruppo. Un gesto così grave non poteva rimanere senza conseguenze.
Tuttavia, se è vero come è vero che nel suo album The Legend Lives On - Jah Wobble in Betrayal egli utilizzò basi musicali scartate da Metal Box (segnatamente Another per Not Another e The Suit per Blueberry Hill), è altrettanto vero che tempo dopo ebbe da dichiarare: «Public Image è sempre stato un veicolo di Rotten. Ho dovuto rendermene conto. Ci ho impiegato nove mesi ad andarmene, ma alla fine non potevo più sopportarne la finzione. Avrebbe dovuto essere un’organizzazione-ombrello, cosa che non fu mai. I video, la nostra etichetta personale, non si stava realizzando nulla. Cominciai a sentirmi imbarazzato».
Fu così che arrivò l’estate, ma non prima di un’altra defezione: quella di Dave Crowe, “segretario” dei PIL ed ex compagno di scuola di Lydon e Wobble. Nel frattempo mille furono i problemi messi in piazza da Lydon: risse, intemperanze, incarcerazioni regolarmente finite con sempre più costosi rilasci su cauzione. E continui i conflitti con la Virgin, che stava cominciando a mettere in dubbio molte cose. Per calmare la casa discografica Lydon e Levene, che nel frattempo stavano componendo del nuovo materiale, si accordarono per la pubblicazione dei nastri registrati a Parigi nel mese di gennaio, durante la tournèe di Metal Box. I due finsero addirittura di lavorare sui suoni, quando in realtà non li toccarono affatto (per loro andavano già bene così), intascando la cifra necessaria per le lavorazioni (e vantandosene in interviste successive). Il risultato fu pubblicato nel novembre dell’80, con l’assurdo titolo francese di Paris au Printemps, il primo live dei PIL.
Copertina animalesca, otto titoli per otto dei capolavori del gruppo, anch'essi assurdamente tradotti in francese: Thème (Theme), Psalmodie (Chant), Precipitamment (Careering), Sale Bebé (Bad Baby), La Vie Ignoble (Low Life), Attaque (Attack) e Timbres de Pop (Poptones). Il disco comunque è un manifesto ai PIL più allucinanti e spettrali. Nel primo brano, ad esempio, è incredibile come una chitarra, sebbene ridotta all’osso, ma rumorosa e distorta come quella di Levene, un basso tipicamente enorme come quello di Wobble e la batteria possente di Atkins sembrino insufficienti a riempire bene la gamma sonora. I musicisti suonano, ma sembrano quasi persi ognuno per il proprio trip (soprattutto Levene, più ai “rumori per chitarra” che vero chitarrista), creando un effetto pazzesco di musica “vuota”, spettrale appunto, sopra la quale salmodia un inquietante Lydon. L’effetto viene mitigato nella successiva e trascinante Chant, ma forse solo perché Levene finalmente si decide a suonare, mentre su Careering si sfoga nei più fantasiosi effetti sonici.
Da segnalare, comunque, che la prima della b-side è un’ottima versione di Bad Baby, arricchita dalla nuova partitura per batteria di Atkins, nevrotica ed ipnotica allo stesso tempo. Levene arriva all’alchimia sonica con tastiere ultra-psichedeliche, Wobble sostiene. Più banalmente punk, come facilmente prevedibile, l’interpretazione di Lowlife, mentre ferocissima negli arrangiamenti (ma anche qui senza sorprese) risulta quella di Attack, con un Lydon suadente e quasi sdolcinato. Rimane Poptones a rendere lustro ad un Lp decisamente bello ed interessante ma, come anche in quest’ultimo brano, raramente in grado di aggiungere qualcosa al loro discorso. I PIL restano sempre loro, imprendibili, inclassificabili, tuttavia abbastanza stranianti e tenebrosi, di una tenebra tanto folle e flippata da meritarsi un posto nella storia della musica dark.
Nel frattempo, però, le cose non stavano andando molto bene. Levene proseguiva nella sua ricerca musicale nel senso di un sempre minor uso della chitarra (un chitarrista che stava abbandonando lo strumento) ed una sempre minore ricerca di armonie. Era completamente concentrato sui suoni, ora atmosferici, ora di disturbo, ora “concreti”. Questo non dava nessuna base ritmica, e forse neppure armonica, a Lydon per comporvi le sue litanie folli e depresse. E nonostante la presenza di Jeannette Lee, indispensabile per “contenere i conflitti di personalità” (come lei stessa ebbe a dichiarare), le composizioni stagnavano. Insomma, il supergruppo non era più tale, la presenza di Wobble era stata troppo importante. Fu così che la fine del 1980 vide i due “cervelloni” dei PIL implorare il giovane Martin Atkins di tornare temporaneamente nel gruppo per aiutarli nelle nuove composizioni, offrendogli pure del denaro. In seguito dichiarerà Lydon: “la cosa buffa con Martin è che non gli è mai veramente piaciuto suonare la batteria. Il che significa che quando la suonava non vedeva l’ora di smettere, e questo provocava un assurdo senso di follia nel suo drumming, che ho sempre amato”.
I primi risultati furono pubblicati nel marzo dell’81 col singolo Flowers of Romance / Home Is Where the Heart Is. Il primo brano è veramente sconvolgente. I Flowers of Romance furono la prima rock band di Sid Vicious, il vecchio amico scomparso di Rotten e mitico bassista dei Sex Pistols. Lydon dichiarerà inoltre: “parla di quelle persone che fingono di esserti amiche ma tutto ciò che vogliono è approfittare di belle storie e spendere i tuoi soldi. I Flowers of Romance originali avevano quasi 40 fottuti membri, Keith era uno di loro e fui io a dar loro quel nome”. Altri membri erano Palmolive e Viv Albertine delle Slits. Una batteria scatenata dava un ritmo quasi tribale, un coro femminile interveniva prima che un sinistrissimo violoncello estremamente basso cominciasse a diffondere le sue note lugubri per accompagnare la cantilena spastica e malata, ma ritmata ed incalzante, di Lydon. Una sorta di variante-ritornello era costituito da un violino malato e stonato in riff beffardo. Un brano da lasciare allibiti.
Home Is Where the Heart Is, invece, fu erroneamente attribuita a Lydon, Levene, Wobble e Walker (!), quando quest’ultimo non partecipò né alla composizione né, men che meno, alla registrazione del brano. Ovviamente il ruolo di batterista fu ricoperto da Atkins. Ma così Wobble: se era pur vero che fu tra i compositori del brano, non partecipò alla sua registrazione. Si trattò di un colpo di genio di Levene, che riuscì a mettere in loop (cioè a ciclo continuo) una partitura di basso in stile wobbleiano. Il brano, comunque, bello e intrippante, fa certamente rimpiangere Wobble, ma non sembra all’altezza dei capolavori di Metal Box.
Un nuovo problema, però, emerse quasi subito. Alla Virgin non piaceva l’album appena registrato, considerato a troppo bassa potenzialità commerciale, e ne ritardò la pubblicazione. L’Lp uscì solo in aprile e col medesimo titolo: The Flowers of Romance. Un disco pazzesco, sbalorditivo. Decisamente (ed inaspettatamente) un capolavoro del dark, una vera perla nera, che pose a pieno titolo i PIL a fianco del “tridente” BBC (Banshees, Bauhaus e Cure). Rimase cinque settimane nelle classifiche ufficiali (non in quelle underground!) e ne toccò l’undicesimo posto. Questo disco a “bassa potenzialità commerciale” si rivelò essere il miglior campione di vendite targato PIL fino a quel momento.
Ragazza con rosa fra i denti su sfondo nero in copertina, complessivamente si può dire che The Flowers of Romance sia una lunga partitura per batteria e voce, con occasionali interventi rumoristici. Cioè… già un Lp per sole batteria e voce non poteva che risultare, per usare un eufemismo, fastidiosamente innovativo, ma che Levene arrivasse ad auto-escludersi così tanto lasciava veramente perplessi. Un effetto elettronico ed un rullante a morto introducevano Four Enclosed Walls, con un Lydon che salmodiava quanto mai. Poi entra la cassa, ed ecco il brano-prototipo dell’album: una batteria ripetitiva e martellante, un muezzin pazzo e le sue litanie, occasionalmente rumori di fondo. Roba da brividi…
Un basso continuo, su una sola nota, una tastiera cupa e ripetuta fanno da sottofondo alla successiva, sinistrissima, Track 8. Anche qui la batteria è ripetitiva quanto mai, ma Lydon è così demenziale («a suffering suffragette») da creare veramente un effetto unico (e talvolta, miracolo!, Levene interviene con note isolate di chitarra!), a dir poco inquietante ed ipnotico. Suoni leggermente diversi, orientaleggianti, e più percussioni (e meno batteria) per la successiva Phenagen, capace di portarti alle foci del fiume giallo. Sì, se queste fossero nella cella di un manicomio: «empty promises learned to forget, amen amen» è la salmodia (o giaculatoria) di turno. Ma qui i suoni si moltiplicano e si fanno molto più complessi e dissonanti… fors’anche, addirittura, una chitarra in distorsione?
Segue la già descritta title-track in un mix leggermente diverso, quasi senza più i cori femminili. Poi una batteria furibonda, ma mixata un po’ bassa, introduce alle atmosfere noir di Under the House. E siamo alle solite: litania, batteria, rumori. Ma qui l’effetto è da film gotico quanto mai (parla della visione di un fantasma), con voci sintetiche in crescendo da paura o vocioni lugubri in sottofondo. I PIL volevano evidentemente appartenere alla scena e ci riescono con uno dei capolavori dell’album. Una batteria sconclusionata introduce la successiva Himie’s Him, uno strumentale sostanzialmente di tastiere, composto da Levene qualche mese prima come colonna sonora di un film. Per un malinteso sul compenso, non se ne fece nulla. Di certo non sfigura sul disco. Chiudono gli xilofoni.
Segue un altro capolavoro pazzesco: Banging the Door. Batteria ripetitiva (come sempre) ed elettronica tenebrosa d’accompagnamento, ma stavolta Lydon non salmodia, bensì ritorna ad una sorta di ramalama parlato. Sarà sempre lui a dichiarare “il brano nacque come uno sbraitare contro dei fan che avevano scoperto il mio indirizzo e venivano a rompere ogni notte, battendo alla porta e gridando il mio nome nella buca delle lettere. Mi hanno  fatto quasi impazzire!”. Altro pezzo maggiore è la successiva Go Back, che comincia con un «left-right» alternativamente nell’orecchio sinistro e destro dell’ascoltatore. Interessante l’accompagnamento al parlato sintetico per tastiera da film del terrore e chitarra che, finalmente, torna in primo piano. Levene si ricorda del suo ruolo, forse un po’ tardino, ma con nostra somma gioia. Il brano finale, Francis Massacre, lascia ancora una volta perplessi. Una percussione furibonda, un piano impazzito, voci sconnesse e grida sguaiate. Un brano assurdo, da manicomio furioso, sconclusionato come la Cowboy Song di qualche anno prima. Sembra che parli, sebbene non si riesca a capire come, di militanti dell’IRA conosciuti da Lydon in carcere.

Con un effettaccio elettronico industriale Francis Massacre si chiude di colpo e con esso The Flowers of Romance. Un album dall’oscurità sbalorditiva, dalla bellezza inquietante. Un colpo di ego del signor Lydon, che ha voluto dimostrare di essere in grado di fare tutto da solo, senza il genio di Wobble, con un batterista che odiava il suo ruolo ed un chitarrista dimenticatosi di se stesso.
Questa volta c’era riuscito, certo. Ma il mondo dark, attonito, rimase in attesa del proseguo di questa sconvolgente vicenda.

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