Dal punto di vista della
musica oscura, quella che scava nei più tenebrosi recessi dellanimo
umano, al di là dellAtlantico la scena rimaneva alquanto statica.
La grande tradizione che da Screamin Jay Hawkins portava, tramite
i Greatful Dead, ai Doors e/o ai Velvet Underground, sembrava essere
stata definitivamente abbandonata, forse proprio in segno di rispetto
nei confronti di quei giganti apparentemente irraggiungibili. Con
tre eccezioni: i nuovi dinosauri metal Blue Öyster Cult,
che comunque qui non fanno testo, e qualche gruppo punk o simile che
qui e là azzardava un brano mortifero, soprattutto in chiave sarcastica
(a prescindere da nomi deffetto, tipo i Dead Kennedys).
La terza eccezione era lunico gruppo che si faceva cantore delle
creature della notte, anzi famosi proprio per questo: i Tuxedomoon.
Lensemble di S.Francisco era da poco entrato in contatto con
la Ralph records, letichetta dei pazzi devastatori mentali Residents.
Ai tipi della Ralph devessere piaciuto questo gruppo assolutamente
insolito, decisamente gay, costituito da un sassofonista pianista
cantante ipersensibile come Steven Brown, da un chitarrista violinista
cupo come Blaine Reininger, a cui da poco si era aggiunto il poderoso
bassista Peter Principle, ripetitivo fino allipnosi. Capaci
delle atmosfere più malinconiche ed introverse mai sentite fino ad
allora (e di gusto squisitamente europeo), come di galoppate demenziali
alla Pinheads on the Move, ma anche di poderosi post-punk come
No Tears o di elettronica allucinante e sperimentale.
Assolutamente soddisfatti della loro partecipazione alla compilation
Subterranean Modern, quelli della Ralph nellagosto del
79 li scritturarono per lincisione di un Ep da 12 pollici.
Il batterista David Zahl per quella data si era già allontanato dal
gruppo (ritornò quindi, e per sempre, la drum machine), ma il chitarrista
e tastierista Michael Belfer aveva per il momento fatto ritorno. Il
grande performer di origine cinese Winston Tong, che tanto li aveva
assistiti durante i loro primi passi, questa volta non fu della partita.
Il risultato fu comunque un altro capolavoro, per quella tarda estate,
lEp Scream with a View.
Il disco cominciava con una pseudo-fisarmonica,
contrappuntata dal violino tristissimo di Reininger, in un riff di
quattro note pregno di desolazione. Una voce filtrata da effetti elettronici
(probabilmente distorsore e flanger) introduceva la mesta melodia
di Nervous Guy, una canzone che sembrava uscita da un archivio
francese del dopoguerra e rimaneggiata da paranoici del futuro. Un
elegantissimo sassofono chiudeva un brano senza tempo, un must forse
persino troppo europeo.
Un battito della drum machine, sul quale si inserisce una chitarra
di sottofondo, apre a Where Interests Lie, perfettamente scandito
dal basso più ripetitivo del pianeta. Voci sottoposte a trattamenti
ed echi emergono come da un manicomio o direttamente dalla psiche
di un rinchiuso. Effetti elettronici disturbano e destabilizzano un
capolavoro di angoscia, follia ed, un po a sorpresa, antiamericanismo.
In seguito sarà una tastiera cupa ed effettata quanto mai ad introdurre
latmosfera notturna di (Special Treatment for the) Family
Man, tastiera su cui si inserisce un sassofono tristissimo. Latmosfera
della canzone rimane però tesa e minacciosa, seppur come si è detto
molto notturna, sui temi della caccia al mostro (si trattava nel dettaglio
di Dan White, assassino del liberal gay Harvey Milk, evento che provocò
uno smorzarsi della scena a San Francisco). Le voci, anche in questo
caso molto manipolate, cantano tuttavia una melodia piacevole alternata
ad una sorta di parlato di sottofondo, tra effetti di tastiera e sassofono.
Un pezzo bellissimo, una cosa mai sentita.
Meno sorprendente o entusiasmante il conclusivo brano strumentale,
Midnight Stroll, ben scandito dalla drum machine e dalla ritmica
di basso e tastiere, ma forse fastidiosamente sperimentale nelle soluzioni
armoniche e melodiche. Un brano, tuttavia, che faceva capire lamplissimo
raggio di azione dei Tuxedomoon, gruppo troppo dotato di tecnica e
talento per rimanere imprigionato fra le maglie del post-punk.
Se fosse nato in Inghilterra, probabilmente oggi il dark sarebbe un
genere molto diverso da come lo conosciamo.
Ma purtroppo il combo era americano e, come
tale, troppo diverso, troppo sensibile per essere capito ed apprezzato
dai suoi connazionali. Scream with a View passò praticamente
inosservato ed i nostri dovettero inventarsi sistemucci furbeschi
per sopravvivere, come la creazione di gruppi side-project più commerciali
da far supportare al gruppo madre per poter suonare in giro. Comunque
i ragazzi non si scoraggiavano, continuavano a comporre nuovi brani
e a registrarli, ottenendo per il mese di dicembre 1979 un nuovo contratto
con la Ralph. Belfer aveva di nuovo lasciato la band, che ora si ritrovava
nella sua formazione classica e minimale: Brown, Reiniger e Principle.
Anticipato dal singolo What Use?, nel
maggio dell80 uscì il loro primo Lp, lormai classico capolavoro
Half Mute, corredato dalla meravigliosa copertina di Patrick
Roques: unopera astratta metafora di solitudine, chiusura ed
alienazione. In effetti What Use?, settimo del disco, era un
brano decisamente spiazzante, fatto per lanciare lalbum ma in
contrasto con le sue atmosfere. Un energico ed intelligente post-punk,
con batteria elettronica ed accompagnamento di sassofoni e tastiere,
praticamente un ballabile intellettuale, che poteva ricordare alla
lontana certe cose dei Talking Heads, meno funk e più angosciati/angoscianti.
Half Mute però cominciava con latmosfera straziante di
Nazca: una serie di passaggi rarefatti di tastiera (con sottofondo
di cassa elettronica), che dopo un giro faranno da contrappunto ad
un sassofono depresso (sebbene a volte protagonista di strani guizzi
dissonanti). Un brano per malinconie solitarie, per orizzonti desolati
battuti dai venti del nord.
E non bisogna lasciarsi ingannare dallinizio cronometrico e
guizzante della successiva 59 to 1, basata su un poderoso giro
di Principle. La voce, che quasi recita «59 seconds of every one
minute» allarma, innervosisce. Il brano prosegue pompato ma alienante,
un sassofono dissonante disturba e destabilizza, eppur seduce. Altre
voci trattate faranno il resto. Non meno alienata ed alienante sarà
la successiva, serissima, Fifth Column. Una canzone triste
e nervosa, tuttavia qui presentata nella versione strumentale. Perché?
Cosa poteva avere una versione strumentale più di quella cantata?
Semplicemente sottolineava le ragioni estetiche dellalbum, rinforzandone
la poetica. Successivamente proveremo a spiegarci meglio.
Nel frattempo Fifth Column si miscelava con un altro loro strumentale,
uno dei più celebri, lindemoniata Tritone (Musica Diablo).
Similmente allaltra loro famosissima Litebulb Overkill,
si trattava principalmente di un tour de force al violino di Reininger,
anche se mai così furibondo e con tastiere così storte ed inquietanti.
Una cosa alla Tartini, un moderno Trillo del Diavolo. Uno dei
loro brani immortali.
Ad atmosfere più sommesse si tornerà con la successiva Loneliness:
drum machine a morto, basso complicato ma ripetitivo, arrangiamento
di tromba e voce depressa in tonalità Ian Curtis. Una piccola perla
di depressione paranoica prima della campana sintetica con percussioni
confuse di James Whale. Un pazzo violino entra piano da lontano,
interpretando una melodia monotona e senza senso. Un brano senza senso,
sebbene dallestremo effetto gotico. Infatti, chi era James Whale?
Uno dei più importanti registi di cinema gotico, realizzatore di alcuni
tra i capolavori del genere negli anni 30, soprattutto sul mostro
di Frankenstein. Come a sottolineare lappartenenza ad un genere
(e ad unetichetta) a cui però, nei fatti, sembravano continuamente
fuggire. Ma è vero che allora letichetta non esisteva ancora
(negli USA), e le cose migliori erano ancora (quasi) tutte da inventare
e da scoprire. LORO ERANO il gotico americano, gli altri dovevano
adeguarsi.
Poi seguiva What Use?, ostica e strana ma, rispetto al resto
del disco, ballabile e commerciale. Poi ancora Volo Vivace,
un titolo italiano per un altro strumentale della desolazione e della
paranoia, dominato da un basso ipnotico, ma soprattutto da un violino
il cui virtuosismo sembrava voler mettere in discussione la precedente
Tritone. Altro capolavoro cui seguiva altra depressione: la
monotona 7 Years. Voce di Brown pulita ma statica, violino
totalizzante, basso marziale. Un altro esempio di dark
alla Tuxedomoon.
Poi il capolavoro di chiusura, di un album capolavoro. La suite in
due tempi KM/Seeding the Clouds. Con KM un sax desolato
e straziante cominciava il suo refrain nella solitudine più totale,
solo in un secondo tempo il basso di Principle interveniva a sostenerlo.
Effetti elettronici, in lontananza, a disturbare. E il basso procede,
ripetitivo, paranoico, per chilometri. E con lui il sax, sempre protagonista
con la sua mesta melodia. Poco, pochissimo per volta, ma il pezzo
cresce, ed anche limportanza dei sintetizzatori, contrappunto
dissonante. Dopo quasi 7 minuti devastanti, il basso si fa più scandito
ed il brano sembra svuotarsi: fa il suo ingresso il piano, mentre
il sax sparisce. Ecco nascere la canzone Seeding the Clouds
«today, watch!, nothings going to go your way». La stigmatizzazione
beffarda e canzonatoria della sconfitta, con metafora di dipendenza
televisiva, che felicemente recupera certi toni seri ma svegli, intelligenti,
degli Wire. Lentamente il brano si spegne, lasciandoti distrutto con
un meraviglioso piano. Poi, sintetizzate, le pale di un elicottero.
Album della solitudine, dellangoscia, di immensi spazi desolati
e vuoti. Sostanzialmente un album del vuoto: vuoto di voce (non si
canta spesso), vuoto di suoni (le atmosfere sono rarefatte quanto
mai), vuoto di certezze. Half-Mute è stato forse il lavoro
più netto ed intransigente di tutta lopera dei Tuxedomoon. Certo
il più gotico, nel loro personale, particolare senso del
gotico, e forse il migliore.
La festa di presentazione del disco, i primi di maggio, fu un incredibile
successo, corredato dalla curiosa performance Urban Leisure. I commenti
andavano dallentusiasmo senza riserve di Winston Tong (la posizione
dominante) al famoso commento sprezzante di Brian Eno (letteralmente
"Well, doctor Sax never did perfect his invention, did he?
Excuse me. I have to pee...), che dimostra come anche un
genio talvolta possa prendere una cantonata.
Il capolavoro Half Mute, col tempo, finalmente li fece notare
al mondo. La Pre Records in Gran Bretagna e la Celluloid in Francia
ne curavano la stampa e la distribuzione europea. Fu pure organizzata
una grande tournée per il lancio del disco, come supporto allunico
altro gruppo capace di atmosfere dalla cupezza (vagamente) simile
alle loro: i grandi Joy Division.
Purtroppo limprovvisa morte di Ian Curtis pose uninaspettata
e tragica fine al progetto.
Ma ormai la cosa era andata troppo avanti: una minima fama internazionale,
Tong tornato nel gruppo, con lui il partner di visuals Bruce
Geduldig (che di fatto fece dei Tuxedomoon una performance band).
Con le agenzie europee, vista la loro sensibilità così affine anche
alla nascente scena dark, fu facile accordarsi per una tournée con
loro come attrazione principale, e successivamente anche un altro
album, da registrare a Londra. Sì, perché ormai Frisco era diventata
troppo stretta (ricordiamo lomicidio di Harvey Milk e il conseguente
spegnersi di certi entusiasmi) e New York rimaneva in ogni modo troppo
diversa e costosa (erano comunque ancora degli squattrinati).
Nel mese di giugno del 1980 uscì il loro ultimo
prodotto discografico americano: il singolo Dark Companion.
Una chitarra in riff di accordi, una tastiera ossessiva, una non-ritmica
serrata, «an other round from my dark companion» cantava, anzi parlava
ancora Steven Brown (il padre putativo / figliol prodigo Winston Tong
era ancora titubante). Tra cacofonie di fiati e synth, un coretto
sinistro riproduceva il riff delle tastiere, fino ad un finale dissonante
e catartico. Un ballabile oscuro, psicotico ed ossessionante. Un post-punk
senza batteria. Un piccolo capolavoro di dark alternativo.
Unaltra perla nera
per salutare lAmerica. E ri-cominciare una delle carriere più
affascinanti della storia del rock.
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