I Bauhaus furono il più grande fenomeno di quella fine
anno ‘79. Non appartenevano a nessuna scena, anzi erano degli emeriti
sconosciuti ed assoluti debuttanti quando, con il loro primo 45 giri,
ebbero un successo tale da essere spediti praticamente a capo del
nascente genere gotico. Per buona parte della stampa, addirittura,
una vera scena gotica nacque solo con loro. Ma andiamo con ordine.
In effetti i due timidi fratelli Haskins avevano fatto da sezione
ritmica già a più di un gruppo, Kevin alla batteria e David J. al
basso, tuttavia nessuno ricorda nomi come The Craze, The Submerged
Tenth o Jack Plug and the Sockettes. L’incontro con il chitarrista
“superpunk” Daniel Ash non migliora di molto la situazione, il trio
rimane nello stato di gruppuscolo di emeriti sconosciuti.
Le cose sembrano prendere una svolta improvvisa ed imprevista con
l’ingresso di un tanto ricercato nuovo cantante, Peter Murphy, magro
allo scheletrismo e sguardo magnetico-allucinato-satanico. Assunto
il nome di Bauhaus 1919 (celeberrima scuola tedesca di design modernista)
si misero a comporre brani apparentemente non legati a nessuna vera
scena contemporanea: Dark Entries, In the Night, Boys,
Harry, sembravano più l’incrocio di un furibondo rock’n’roll
con certi ritmi reggae e dub, che vere opere post-punk.
Certo, da un lato le etichette discografiche li trattavano, di conseguenza,
con diffidenza e sospetto. Ma dall’altro ebbero l’enorme fortuna di
incappare nella più agguerrita e coraggiosa di loro: quella Small
Wonder già famosa per avere scoperto i Cure pubblicando né più né
meno che Killing an Arab. Fu così che un gruppo assolutamente
esordiente, senza esperienza né passato, oltre che dallo stile difficilmente
classificabile, poté pubblicare una canzone assurda e dalla lunghezza
inusitata. Fu così che i Bauhaus 1919, nel mese di settembre, diedero
alle stampe i 9 minuti abbondanti di reggae tenebroso e cupo, ma epico
e ballabile, la mitica Bela Lugosi is Dead (con la piacevole
Boys come retro). I diritti su questi brani restano tuttora
di proprietà esclusiva della Small Wonder che, dopo essersi pentita
per la vendita dei diritti su Killing an Arab, si assicurò
così un sicuro introito per molti anni a venire.
Copertina "gotica" per eccellenza, quello che a parere di qualunque
discografico ragionevole doveva sembrare un suicidio commerciale si
rivelò invece il più grande successo dell’anno. Iniziava la batteria
da sola, con un tempo scomposto e già molto reggae, effettata con
echi e riverberi. Entrava poi, massiccio, il basso, a definire gli
accordi. Ogni tanto sventagliate di chitarra ricordavano che si trattava
di un pezzo rock europeo, non di un ballabile giamaicano sottoposto
a trattamenti sonici. Poi la voce, così cavernosa, così lugubre. In
questo senso, almeno, i riferimenti tradizionali erano chiari: Jim
Morrison prima e Ian Curtis più recentemente. Ma il brano proseguiva,
lunga danza scatenata ed irresistibile, la chitarra ora domina con
le sue trame distorte, finché la voce non si leva in un grido: «oh
Beeela, Bela is undead!». Poi il tono scende ancora e torna la tenebrosa
cupezza dell’inizio, che accompagnerà alla fine del pezzo. Un capolavoro
da brivido.
Vero fenomeno delle discoteche
underground, Bela Lugosi is Dead fu anche un fenomeno di costume.
Innanzitutto il suo riferimento al più importante attore di film gotici,
quel Bela Lugosi così identificatosi col personaggio di Dracula (tante
volte interpretato) da volersi far seppellire agghindato col suo costume,
fece automaticamente classificare il brano come “gotico”. Ma poi il
gruppo stesso: i fratelli Haskins così riservati ed introversi, sempre
vestiti di nero, il chitarrista Daniel Ash, al contrario, così eccessivo
e sgargiante, aggressivissimo con lo strumento, cresta in testa, una
sorta di glam-punk. Ma ovviamente il capo carismatico (con grande
stizza di Ash) era lui, Peter Murphy, sempre elegantissimo, sguardo
luciferino, con una voce che spaziava dal baritono più marziale all’urlato
più isterico, divenne presto una vera icona del gotico. È forse solo il caso di accennare qui ad una questione senza molta importanza,
ma che allora fece un certo rumore negli ambienti alternativi: sembrava
che lo stile enfatico/recitato di Murphy fosse letteralmente copiato
da quello di Abbo, il cantante di un aggressivo gruppetto punk, gli
UK Decay, che allora andava per la maggiore. C’è chi giura che quello
oggi conosciuto come stile-Bauhaus nacque solo dopo che essi assistettero
ad un concerto degli UK Decay. In questa sede non interessa dirimere
la questione.
Immediatamente contattati da John Peel (assurdo per un gruppo-nessuno,
autore di un solo 45 giri), i quattro videro (più esattamente sentirono)
trasmesse dalla BBC quattro loro canzoni, nel gennaio dell’80. Tra
queste (God in an Alcove, Double Dare ecc.) c’era una
loro furibonda cover: Telegram Sam dei brucianti T.Rex di Marc
Bolan, geni del glam. Cosa voleva dire ciò?
Ma anche nei singoli che seguirono i ragazzi dimostrarono di avere
ben poco a che fare con il post-punk. Improvvisamente al centro dell’attenzione
discografica underground, optarono per la Axis, un’associata della
Beggars Banquet, e pochi mesi dopo poterono uscire con una serie di
singoli sui loro temi prediletti della dannazione e della distruzione.
Il primo ed anche
più devastante, uscito all’inizio dell’80, contiene la pazzesca Dark
Entries, un brano del loro primissimo repertorio il cui provino
era compreso, senza titolo, sul retro di Bela. Per allora già
avevano deciso di accorciare il nome semplicemente in Bauhaus. Il
brano ha tutte le loro caratteristiche tipiche, sebbene stavolta la
matrice post-punk sia leggermente più evidente: chitarra in distorsione
che apre per entrare in riff serratissimo, sezione ritmica che accompagna
fragorosa fino al devastante ingresso della voce in baritono, che
pompa un boogie scatenato e quasi delirante. Il ritornello, se così
lo si può chiamare, è segnato dalle lascivie verbali di Murphy sulla
voce di Daniel Ash che grida ripetutamente “dark entries!”, oscuri
antipasti (…?). Ed un altro must fu pronto per la scena underground.
Molto meno interessante sarà purtroppo l’Untitled del retro.
Nel frattempo il quartetto conobbe, oltre all’ebbrezza di concerti
sempre più affollati, l’entusiastica adesione della stampa al loro
progetto. Soprattutto da parte della rivista Sounds, che in febbraio
li definisce “Fantasmi dell’Opera da vedere assolutamente” ed in maggio,
tramite Phil Sutcliffe, “il gruppo… ha un modo di fare sul palco aggressivamente
strano, usano molto trucco, pettinature freak e vengono oscuramente
sfaccettati da luci stroboscopiche o posteriori, mentre un’alluvione
di luce di tanto in tanto investe l’audience”.
Pochi mesi ed i Bauhaus uscirono con un altro 45 giri sempre per la
Axis, a cui il boss, Ivo Watts Russell, presto un mito nell’ambiente,
aveva deciso di assegnare un nome destinato a rivestire un’importanza
imprescindibile per la storia del dark: il celebre 4AD. Il singolo sarà uno dei brani più strani di tutta la loro carriera,
quella Terror Couple kill Colonel dal titolo giornalistico.
Si tratta di una sorta di balletto, di “scherzo”, suonato da basso
e chitarra ed inframmezzato da un riff tipico, tra il melodico ed
il lamentoso. Sotto, distortissima e beffarda, un bel momento entra
la voce che, seguendo sommariamente nella linea melodica lo “scherzo”
armonico, narra della triste vicenda di un colonnello assassinato
nella sua casa in Germania ovest. Un brano veramente insolito, anche
nella storia del rock gotico stesso. Tenebroso ed inquietante, ma
contemporaneamente dotato di una certa divertita ironia. Scopes,
sullo stesso lato A del 45 giri sarà solo un inconcludente gioco di
parole, mentre sul lato B era presente una seconda, devastante, versione
di Terror Couple, con il basso registrato fuori scala.
Con questi
primi singoli i Bauhaus furono incoronati deus-ex-machina del fenomeno
gothic-rock, impugnando saldamente le redini del genere. In loro tutto
era perfetto: la bellezza magnetica ed elegante del cantante, l’esuberanza
punk del chitarrista, la timida e notturna introversione dei fratelli
Haskins, sezione ritmica. Anche la musica era una sventagliata di
novità che però non negava la tradizione, anzi era decisamente più
innestata su un sostrato boogie e glam (roba tipo Marc Bolan ed i
suoi T-Rex o il primo Bowie), sebbene a tinte cupe, che sul contemporaneo
fenomeno cui avevano dato origine i gruppi finora presi in considerazione.
Con un’eccezione: loro portarono veramente alle più estreme conseguenze
tematiche come l’esoterismo, la dannazione ed il soprannaturale, da
una parte affiancando i Banshees (finora gli unici) in questo difficile
compito, dall’altra proseguendo con una ricerca in cui questi ultimi
si erano finora rivelati troppo timidi o ingenui.
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