2.10 UK Decay – singoli

Nell’aprile del 1980 il DJ John Peel dedicò, un po’ a sorpresa, una delle sue seguitissime session ad un gruppetto punk molto grintoso, che si era guadagnato una certa fama sul campo: gli UK Decay. Chi erano costoro?
Gruppuscolo tra i più anonimi, compagni di squadra e di scuderia con gli altrettanto anonimi (e decisamente più effimeri) Pneumania, circa un anno prima avevano pubblicato uno split single (cioè un 45 giri diviso fra due gruppi) con questi ultimi. Che cosa accomunava questi due misconosciuti ensamble di giovanissimi ed entusiasti inetti? Un’attitudine punk nel segno tra il cupo e l’ossessivo dei primi Banshees. Infatti Steve Spon, il chitarrista dei Pneumania, aveva uno stile che un po’ richiamava quello di McKay, mentre gli UK Decay potevano contare su un chitarrista decisamente meno capace, Abbo; così il loro omonimo brano era più che altro caratterizzato da un’atmosfera più solenne e marziale, pur nella sua ostentazione di decadenza (sebbene in chiave politica). Sarà questa a renderceli interessanti, seppur il disco, tipico prodotto di bassa qualità, molto punk e molto fai-da-te, passò praticamente inosservato.
Tuttavia fu facile per i più aggressivi UK Decay convincere l’amico Spon a mollare i Pneumania e ad unirsi a loro (inutile dirlo, il suo gruppo scoppiò subito), consentendo così ad Abbo di concentrarsi sul canto. In effetti il nostro sviluppò uno stile molto enfatico e molto personale, decisamente teatrale (ci fu chi paragonò il suo cantato alla recitazione shakesperiana) influenzando moltissimo Peter Murphy, il cantante dei Bauhaus. Ora, saputo l’enorme successo che conosceranno questi ultimi, non è chiaro se sia stato più Abbo ad influenzare Murphy o viceversa, aprendo una lunga disputa mai completamente conclusa o definita. Comunque, con l’ausilio del bassista Martyn “Segovia” Smith e del pazzoide e tribalissimo batterista Steve Harle, la loro prima formazione “classica” fu al completo.
Nella tarda primavera del 79, cambiata etichetta con la Fresh Records (ma rimanendo sempre nel sottobosco punk più underground) gli UK Decay diedero alla luce la loro prima opera di un minimo più ampio respiro: The Black Ep. Invero ancora poco interessante alle nostre orecchie, si trattava sostanzialmente di un altro disco punk. Tuttavia quella che per alcuni è la sua debolezza, ovvero una minor “energia” nei brani rispetto al singolo precedente, sarà per altri un segno di maturazione. Si trattava infatti di un punk assolutamente senza ramalama, con chitarre cupe in (vago) “stile McKay” e che, almeno nella prima The Black Cat, pescava da un immaginario oscuro e persecutorio. Comincia il drumming forsennato di Harle, poi una chitarra cupa e ritmata e subito dopo Abbo col refrain «the memory, it’s still hunting me». La sua voce passa dal cupo effettato al gridato più filo-punk, comunque sempre colorato ed interpretato. L’effetto generale non era lontano da un altro celebre gruppo punk contemporaneo in odore di oscurità, i Damned. Il brano, comunque, non raggiunge i due minuti e mezzo.
Molto interessante anche la successiva Disco Romance: inizio tosto, cantato leggermente anthemico, ma presto un cambio di ritmo (bravo Segovia!) rende il brano più vario, seppur mantenendolo nell’ambito di una danza post-punk. Il bassista sottolinea poi la variante/ritornello ove, dileggiando i patiti delle discoteche (e/o degli amorazzi da discoteca), li si definisce “disco zombies”. Un brano di neanche due minuti simpatico ed energico, intelligente e con una strizzatina d’occhio a certe tematiche… La politica torna a far capolino nella loro musica con la successiva Message Distorsion, un’invettiva invero abbastanza punkoide, contro la manipolazione delle notizie. Un brano politico quindi, che, alla punk, se la prendeva contro “nemici esterni”. Un bel brano, per carità, ma interessante quasi esclusivamente per l’intro prima sommesso poi scatenato. Uno Spun acido e reiterativo attacca l’ultima Middle of the Road Man, probabilmente il brano meno interessante. Sarà il cantato epico-melodico, sarà la variante con accenno di ramalama, ma il brano (ci) convince poco. Gradevoli comunque le pause in stile Wire.
Insomma, nonostante le perplessità che può avere un pubblico “prettamente dark” nell’ascoltare un’opera simile, gli UK Decay nell’insieme convincono. Musicalmente sono un ibrido molto interessante: dei Damned con chitarre alla primi Banshees e cantato pseudo-Peter Murphy. Ma nelle intenzioni The Black Ep può essere paragonato al primo Public Image dei PIL: un’indecisa ma stimolante via di mezzo fra il punk e “qualcosa di là da venire”.
Purtroppo che cosa dovesse essere esattamente questo qualcosa i quattro non lo chiariranno neanche con la successiva pubblicazione, avvenuta sempre per la Fresh verso fine anno 1979: il singolo For my Country / Unwind. Il primo brano faceva decisamente parte di quella corrente del punk che si faceva influenzare dal reggae, ciò a dire Clash, Police (se mai sono stati “punk”) e primissimi Killing Joke. Un’altra anthemica invettiva politica, stavolta “buonista” in senso antimilitarista nei confronti della politica estera britannica. Nella base Abbo sorprendentemente somigliava a Rotten, salvo poi ri-teatralizzarsi nelle varianti. Sul finale effetti bellici un po’ ingenuotti. Molto più interessante il retro, Unwind, con un incipit furibondo e deflagrante, poi il buon Segovia reggeva il tutto, Spon si effettava, Harle forsennato come suo solito. Abbo oscuro e mefistofelico sembrava veramente una fotocopia di Murphy. Un finale con tastiera, lungo e tenebroso ma sempre molto movimentato, portava il brano ai quasi tre minuti e mezzo. Con Unwind  gli UK Decay entrano, finalmente ed ufficialmente, nel rock gotico!
For my Country
ebbe un tale successo, ovvero piacque così tanto al mondo punk politicamente impegnato, senza tuttavia dispiacere ai gotici, da portare gli UK Decay in tournée americana nientemeno che con i Dead Kennedys. Qui ebbero modo di entrare in contatto con la scena losangelena, ponendo in essere una serie di prolifiche influenze reciproche. 

Rientrato in patria, il quartetto fu quindi giustamente ospite del programma radiofonico di John Peel, andato in onda, lo ricordiamo, nell’aprile del 1980. Quattro canzoni: Rising From the Dread, Unwind Tonight (probabilmente il titolo originale del brano), For my Country e Sexual, di cui due inedite. In queste sessions i nostri dimostrarono quanto erano maturati nella loro ricerca di suoni oscuri e pose orrorifiche, pur senza abbandonare del tutto una sostanziale attitudine punk. Certo, c’era For my Country, doveva esserci, ma nella loro sempre più marcata assimilazione al dark, gli UK Decay sembravano voler dire al mondo gotico: attenzione, ci siamo anche noi! 
E ci siamo stati fin dall’inizio…

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