Che stagione di gloria, per
la neo-incoronata regina del dark! Ebbene sì, proprio lei, Siouxsie
Sioux, con i suoi Banshees prima aveva contribuito a fondare il dark,
poi aveva dato alle stampe uno degli album più belli della stagione
appena trascorsa, The Scream, ed infine, in primavera, aveva
anche pubblicato un altro singolo un po ruffiano, quindi di
successo, come The Staircase (Mistery).
Eppure neanche lei sembrava potersi sottrarre alla devastante e funerea
influenza di un album come Unknown Pleasures, benché lei costituisse
un esempio alternativo di dark. Infatti il genere, finora, si era
concentrato su certo esistenzialismo depresso, sul senso di inadeguatezza
e sconfitta, mentre la nostra parlava più di mostri e fantasmi (ricordiamo
che le banshees erano figure spettrali femminili nella tradizione
gaelica, soprattutto scozzese), nel senso di simbologie interiori.
Se si occupava di drammi umani, lo faceva parlando di piccole prevaricazioni
o grandi vizi, con un certo gusto per il macabro (come per il testo
di Carcass). Solo i lontani Tuxedomoon affrontavano alla lontana,
appunto, tematiche simili.
Certo, la musica era più o meno quella: un post-punk energico, anche
se a tratti depresso e comunque a tinte cupe.
Preceduto ad inizio estate dal bel singolo Playground Twist,
la fine di agosto vide lapparizione dellalbum Join
Hands. I Banshees erano gli stessi: Siouxsie alla voce, il fido
Steve Severin al basso, leccellente chitarrista-sassofonista
John McKay (cui, fra laltro, veniva attribuito il merito delle
soluzioni musicali di The Scream) e Kenny Morris, batterista
ossessivo ed un po tribale. Copertina
bianca con 4 soldatini di piombo, eppure il contenuto non avrebbe
potuto essere più nero. Join Hands sarà infatti lalbum
dai suoni più cupi ed oscuri, quindi più dark, della loro intera produzione;
eppure non fu influenzato da Unknown Pleasures, come molta
stampa erroneamente suppose. Infatti quellalbum uscì alla fine
del mese di giugno, quando ormai anche la registrazione di Join
Hands era completata. Di cosa si trattava allora, di uninquietante
ma felice coincidenza? Forse fu proprio così, di quelle coincidenze
capaci di dar origine ad un genere musicale, di far nascere un mito.
Si comincia con Poppy Day (il giorno del papavero)
ed è una dichiarazione dintenti: due angoscianti minuti di assoluto
silenzio, rotti da una campana prima e dalla straziata chitarra di
McKay dopo, seguita dal basso e da una batteria martellante. Un effetto
oscuro e claustrofobico accentuato ulteriormente dalla voce effettata
di Siouxsie che declama una sorta di filastrocca funebre dalleloquente
finale: «we are the dead». Un pezzo fortemente voluto da Severin,
impressionato dalle manifestazioni per i caduti delle due guerre,
infatti il brano dopo, Regal Zone, mantiene il tema bellico.
Iniziato dalla chitarra distorta e dissonante, sarà presto il sassofono
a dare la sua nota lugubre su un tempo molto ritmato. Una danza psicotica
e perversa, per quasi quattro insostenibili minuti monocordi e devastanti.
E così sarà per la successiva Placebo Effect: comincia con
un riff chitarristico distorto accompagnato da charleston e basso,
fino allingresso dellinquietante voce di Sioxsie. Poi
parte unaltra danza psicotica sullo stesso riff, con un testo
sullisteria che ripete ossessivamente il titolo.
Ma il meglio doveva ancora arrivare: anche Icon comincia con
un riffino distorto di chitarra (con cassa a segnare il tempo), ma
la voce è molto più soffusa e sofferta. Dopo due strofe la voce si
alza di tono, la chitarra cambia riff ed un basso scatenato con una
batteria tribale fanno da base ad un cantato dolente e straziato,
«icons - feed the fires, icons - falling from the spires». Ora ed
ancora la danza si scatena e proseguirà così fino alla fine. Il grido
melodico ma sofferto di Siouxsie non può non lasciare impressionati.
La successiva Premature Burial, dal
titolo che fa rabbrividire, ha un inizio molto in sordina. Sarà poi
la batteria a scandire un tempo ripetitivo ed a sostenere la chitarra.
Il cantato di Siouxsie è una delle sue migliori melodie tenebrose
su temi catacombali, con coretto/controcanto ad aumentare, per paradosso,
leffetto funerario. Forse certi termini oggi possono suonare
un po ingenui (doing the zombierama), ma nellimmaginario
collettivo Premature Burial rimarrà una pietra miliare, anche
per il coro tenebroso nel finale (poi altro marchio di fabbrica del
dark) sullinvocazione a sorelle e fratelli.
Perla nera di bellezza sarà anche la successiva, il purtroppo breve
singolo Playground Twist, dal ritmo sostenuto da campane e
dalla chitarra compressa. Impiccato, impiccato, fuggi dai tuoi
nemici e cadi sulle ginocchia, in ginocchio, in ginocchio, canta
Siouxsie, poi unaltra strofa, prima che il tenebrosissimo sax
di McKay faccia la sua comparsa a sottolineare la partitura dominante.
Un must dellestate 1979. Ma ecco che uno straniante carillon
si fa spazio su quello che sembra il finale della canzone
ebbene
sì, un riff di carillon (ma essendo tale, è necessariamente ripetitivo),
ovviamente un po angosciante, fa da unico accompagnamento alla
successiva Mother/Oh Mein Papa, una sorta di filastrocca allucinante
con due parti vocali diverse sovrapposte. In una ci sono parole dodio
verso la madre (non sua madre, piuttosto verso un concetto universale
di madre) nellaltra parole damore.
Sulla successiva ed ultima The Lords Prayer cè effettivamente
poco da dire. Il suono è duro e aspro, sembra di sentire i primi Banshees
punk, degni e degeneri figli del Bromley Contingent ed autori delle
prime allucinanti Peel Sessions. In effetti si tratta di un loro vecchio
cavallo di battaglia live: quasi un quarto dora di improvvisazioni
punkoidi e libere interpretazioni delle preghiere cristiane. Non esiste
o forse non deve esistere un testo preciso, loro stessi non lo pubblicano
fra le note del disco. Il pezzo è registrato volutamente in low-fi,
proprio per dare limpressione che si tratti di un live (e sicuramente
un live in studio è) e per dare libero sfogo al flusso di coscienza,
a volte religioso-represso, a volte sarcastico o iconoclasta. I vocalizzi
funambolici e forsanche un po sgraziati di Siouxsie sono
lepilogo di un vero capolavoro.
Join Hands è un disco
dark come pochi ce ne sono stati, di certo il più oscuro dei Banshees.
Non compreso da molti fan dei loro 45 giri, delusi dalle asprezze
di quei suoni, il disco fu tuttavia il primo successo commerciale
della nascente scena gotica, raggiungendo la tredicesima posizione
nelle classifiche ufficiali. Non solo, ma nellinconscio collettivo
sembrerà il principale responsabile della definitiva morte del punk,
essendone un riuscitissimo superamento. I Banshees sembrano il più
forte ed indistruttibile gruppo oltre che del presente anche del futuro.
Pochi giorni dopo luscita del disco, "concessa" qualche
data gloriosa, i quattro si ritrovarono ad Aberdeen in Scozia, in
un negozio di dischi, per presentarlo in quella città. Purtroppo un
malinteso fra il proprietario del negozio e la Polydor (cioè la disponibilità
di un numero di copie molto inferiore a quello accordato) manderà
su tutte le furie Morris e McKay, che se ne andranno sbattendo la
porta.
I Banshees si troveranno quindi nella bufera: ridotti al 50% (cioè
senza chitarra e batteria) non riusciranno a proseguire con le date
previste, nonostante laiuto chiesto ai vecchi amici Marco Pirroni
(ricordate? Altro ex-Bromley,
ora Rema Rema) e Robert Smith, il chitarrista-cantante dei Cure. Sembrava
la loro fine, sicuramente una formazione geniale era stata uccisa
praticamente in culla.
Uscirono però alla fine del mese di settembre con un altro dei loro
singoli ballabili (e lievemente ruffiani): una pazzesca versione in
tedesco di Metal Postcard, Mittageisen, e come retro
la scatenata Love in a Void, una sorta di rimanenza di registrazione
che vedeva ancora Morris alla batteria. Un altro successo commerciale,
certo, ma che sorte toccherà al gruppo?
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