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Wave Gotik Treffen 2008
LEIPZIG (D), 9/12 maggio


reportage by Oflorenz

La scaletta dei gruppi del Treffen di questo 2008 era partita un po’ in sordina, facendo storcere il naso a più di uno tra quelli in procinto di prenotare voli ed alberghi. Ma come sempre succede, verso la fine i pezzi da 90 son venuti fuori anche stavolta, e se sotto il versante neo-folk forse un po’ di carenza c’è stata, in generale le 170 bands provenienti da tutto il mondo anche quest’anno ci han fatto divertire, regalandoci momenti di grande gioia e passione.

E poi Lipsia è sempre Lipsia, niente storie. Non ci sono Zillo o M’eraluna che tengano! L’atmosfera di un’intera città che si mobilita per un evento del genere è impagabile, e mai un’arena od un hangar, per quanto belli, potranno competere con una tale magia. Le giornate del 9,10,11 e 12 maggio fra l’altro sono state graziate da un tempo davvero stupendo, con temperatura sempre intorno ai 23/24 gradi ed un sole raggiante, per la felicità dei molti campeggiatori dell’Agra e dei tanti fotografi assatanati pronti ad immortalare le loro prede sulle scalinate del Moritzbastei! E come gli si può dar torto…anche quest’anno il sottoscritto ha collezionato una bella cinquantina di scatti interamente dedicati alle bellezze gotiche di Lipsia, dalle damine medievali alle festish-girls più estreme, per un caleidoscopio di stili e costumi che nessun altro festival musicale al mondo può vantare.

Il venerdi è una giornata durissima per noi: alza taccia alle 5, aereo alle 7, ritiro dei pass alle 13, e finalmente una meritata birra di fronte all’Agra, accompagnata dall’immancabile piatto di riso saltato del mitico stand di Asian Wok. Oggi nulla di interessante fino alle 23, ora dei Blutengel, per cui shopping selvaggio all’Agra, che apre i battenti fagocitando nei suoi immensi padiglioni le primissime orde di nero-vestiti. L’offerta di dischi, magliette, vestiario, gioielli e di ogni diavoleria di gadget è come sempre impressionante, e nel giro di poco lo zainetto pesa stracolmo di ogni ben di Dio. La stanchezza della prima giornata si fa sentire, ma la curiosità di vedere lo show di Chris Pohl e delle sue stupende creature è tanta, per cui eccoci catapultati nella fossa fotografi dell’Agra, pronti per la partenza. Partenza che purtroppo è in parte guastata da problemi tecnici di audio che colpiscono soprattutto il microfono della povera Constance Rudert, più volte accanto al mixer in cerca di conforto e supporto. La nostra Constance sfoggia uno stupendo vestito lungo plissettato che non sfigurerebbe ad una soirée dell’alta società, mentre dallo show di Blutengel abbiamo esattamente ciò che ci attendiamo: una performance onesta, ottima da un punto di vista visivo e discreta sotto il profilo musicale, anche alla luce dell’ultimo “Labyrinth” non proprio esaltante. Verso la fine della performance dei teutonici il fisico è vicino al collasso, e ci buttiamo sulla pensilina del mitico tram n. 11 con un unico pensiero in testa: il letto!

 

Sabato 10 maggio è una data storica: assisteremo al concerto di Joy of Life, storica e sottovalutata band britannica che non calca un palcoscenico da ben 20 anni. Ma andiamo con ordine, perché verso l’ora di cena un atteso appuntamento ci calamita nuovamente verso l’Agra: Spectra Paris. La all-female band di Elena Alice Fossi è una creatura ancora molto giovane, e questa data tedesca è ancora una delle prime esibizioni del quartetto, che pure appare in ottima forma ed affiatatissimo, raccogliendo grande entusiasmo ed applausi a scena aperta da parte del pubblico. Nonostante l’orario non proprio felice sono tante le persone ammassate sotto il grande palco dell’Agra, e mentre un attentissimo Angelo Bergamini segue con attenzione ogni secondo dello show, le quattro ragazze suonano quasi per intero l’album d’esordio “Dead Models Society”. Alle loro spalle scorrono bellissimi video di grand’effetto, molti dedicati al mondo glamour delle passerelle di alta moda, mentre il sole calante che filtra dai finestroni dell’Agra crea un effetto di luce sul palco davvero suggestivo. Grande performance, per me era la prima e non mancherò di certo a futuri appuntamenti!

Non c’è nemmeno tempo per un rapido spuntino: la stupenda cornice del Volkspalast-Kuppelhalle ci attende, e via sugli efficientissimi mezzi pubblici di Lipsia in direzione Alte-Messengelände!

Non c’è il pubblico delle grandi occasioni al Volkspalast, ma il “poeta” Andrew King non si risparmia sul palco: accompagnato, tra gli altri, dal fido John Murphy alle percussioni, Andrew incanta la platea con una serie di “traditionals” come da suo costume, quasi recitando i testi con la sua voce profonda ed evocativa. Il suono dell’harmonium, insieme al particolare cantato di King, crea un effetto davvero ipnotizzante, come direbbero gli inglesi…”mesmerizing”! Andrew, archivista per la British Library e voce permanente del Musical Traditions Club di Londra, commenta ogni sua canzone approfondendone la storia e le tematiche, e risultando certamente godibile soprattutto per gli spettatori di lingua britannica. Un grande autore ed un ottimo sperimentatore musicale, e l’ora scarsa in sua compagnia vola in un niente.

 

Sono le 22, e l’adreanalina è tanta: stanno per salire sul palco i mitici Joy of Life di Gary Carey dopo ben 20 anni di assenza dalle scene! Gary è in forma, un po’ ingrassato ma in gran forma, lo spirito è quello di un tempo a tanto basta. La formazione include alla batteria l’altro “original” Kevin Gregory (che sfoggia un’improbabile canotta del Vasco da Gama), ed altri 4 membri tra cui Dev di While Angels Watch al tamburo ed una bravissima e bionda violinista. La formazione a 6 è eccezionalmente potente, soprattutto nella parte percussiva che risulta spettacolare nei pezzi più marziali del repertorio. Ascoltare “Letter and a Photograph” o l’imponente “Warrior Creed” sono una delle più belle emozioni di questo Treffen, così come grande è la gioia di impossessarsi di una delle ultime copie rimaste del mitico Lp “Hear the children”, immediatamente portato a Gary e Kevin per una dedica alla fine dello show. Gary è disponibilissimo, ci facciamo quattro chiacchiere, mi dice che l’emozione era tanta, perché come ha detto il buon Kevin prima di salutare il pubblico:”It was twenty years ago today, Sgt Pepper taught the band to play”!! Insomma, un gran ritorno, e soprattutto non destinato a chiudersi così; Gary parla di prossime possibili date, tra cui anche qualcosa in Italia, per cui mi raccomando: occhi aperti per il prossimo autunno!

I Knifeladder del grande John Murphy sono ormai una realtà della scena industriale dal 1998, e non fanno fatica a mantenere alta l’attenzione dopo i mitici Joy of Life. John Murphy e soci spazzano via la Kuppelhalle con un’ora di psichedelica industriale tribale da paura, o per dirla con le loro stesse parole, di “Organic Industrial Music”. Il passato illustre di Murphy in Current93 e SPK si sente eccome, ma la bravura del trio sta nel proporre una ricetta originale e non convenzionale, allucinante e spiazzante, in una parola psicotica. Gli accordi taglienti e dilatati di basso (suonato in quest’occasione da un’imponente damigella in luogo di Hunter Barr), gli “electronics” ed il percussionismo tribale di Murphy, la lucida follia di Andrew Trail: questi sono Knifeladder, e se potete assistete ad un loro show, non ve ne pentirete.

La domenica è portatrice di un pochino di malinconia: siamo solo verso la metà del festival, eppure la testa pensa già al ritorno, che rabbia! Ma ci pensa la proiezione di primo pomeriggio del divertentissimo dvd DI Welle:Erdball “Operation Zeitsturm” a farmi passare tali tristi pensieri. La bellissima multisala del “Cinestar” ospita oggi la proiezione del film, e subito dopo la session di autografi dei campioni tedeschi della 8bit-electronic. Il dvd è uno spasso, pur essendo in tedesco si riesce tranquillamente a seguire il filo della storia, che vede i nostri quattro eroi alle prese con un’incredibile macchinario scientifico in grado di dematerializzare l’uomo per poi rimaterializzarlo nuovamente: il tutto ambientato nel 1943 ai tempi del III Reich! Alf, Honey, Plastique e Frl.Venus si scoprono attori oltre che musicisti, con un’ora di musica ed avventura, a tratti anche violenta, che ci tiene incollati alla comode poltroncine del Cinestar. Dopo il film tutti in fila ordinatamente (avete presente le code, quelle che in Italia non si riescono mai a fare come si deve…) per accedere al tavolo dove i quattro Welle regalano inedite cartoline autografate ai loro tantissimi fans. Mi guadagno anch’io la sospirata postcard, ed anche le quattro firme sul bellissimo 7” limitato “Ich Bin auf Plastik”, contenente tra l’altro una splendida cover in lingua-madre di “Die Roboter” dei maestri Kraftwerk.

Oggi è proprio un Welle-day a tutto tondo: tra poco si parte per il “Kohlrabizirkus”, dove si esibirà, intorno alle 20, proprio il quartetto elettronico più famoso di Germania! Ma prima non possiamo mancare le due carinissime Marsheaux, giunte dalla penisola ellenica per deliziarci con tre quarti d’ora di elettro pop squisitamente anni ’80. Devo ammettere che i pezzi tratti da “E Bay Queen” e Peek A Boo” sono azzeccatissimi: fanno ballare dall’inizio alla fine il folto pubblico sotto il palco, incurante di un paio di blackout che costringono le due fanciulle a reiniziare i brani da capo. L’impostazione del duo greco segue il modello “alla Client”, gruppo con cui tra l’altro corre ottima amicizia. Ma se posso azzardare un personalissimo parere Sophie ed Marianthi hanno azzeccato, nei due lavori pubblicati sino ad oggi, un mix di brani a tratti irresistibile e più accattivante rispetto alla produzione media delle due “hostess” di “Pornography”. Vedremo se il mercato è del mio stesso parere, e se deciderà di premiarle.

I britannici OneTwo seguono le Marsheaux, proponendo un’elettronica-pop davvero stilosa (anche se un po’ troppo scontata), forti dell’esperienza pluriennale delle due teste pensanti del quartetto, tali Claudia “Propaganda” Brüchen e Paul “OMD” Humphreys! Insomma, un duo anglo-tedesco di tutto rispetto, che intrattiene il pubblico ormai foltissimo del Kohlrabizirkus con tre quarti d’ora di piacevole pop di elegante fattura.

Ma le menti dei 1500 convenuti a Tierkliniken funzionano ormai solo più ad 8bit…e scalpitano per i paladini della minimal-electronic teutonica per eccellenza: signore e signori, Welle:Erdball !!
Non credevo che la band di Sonneberg fosse così popolare qui in Germania, perché se è pur vero che gioca in casa, è anche vero che da noi un gruppo del tipo resterebbe sempre una realtà di nicchia. Qui invece, dove la mentalità e l’attitudine dei fruitori medi di musica è differente, Welle sono una realtà simile ai nostri Subsonica quanto a notorietà, ed il tendone del Kohlrabizirkus esplode letteralmente quando 4 “finti” Welle:Erdball fanno il loro ingresso in scena. L’attacco dello show è la cosa più originale e divertente che mi resterà di questo Treffen: i 4 “fake Welle” si muovono sul palco al suono di “The Man Machine” dei Kraftwerk, mentre i 4 “real Welle” sono portati a braccia sul palco dalla crew, rigidi come stoccafissi nelle loro robotiche pose. Lentamente iniziano ad animarsi, e l’attacco sonico ad 8bit parte a razzo scatenando pogo e pronta reazione incattivita della severissima security! Un concerto di Welle:Erdball è uno spettacolo da godersi con orecchi ed occhi: i brani, tratti dall’estesa ventennale discografia sono tutti irresistibilmente da ballare e “sballare”, mentre l’immagine dei 4 è semplice quanto favolosa, con Alf ed Honey nel loro consueto completo total black e le due splendide Plastique e Venus ad alternarsi i loro favolosi abiti sixties in stile Audrey Hepburn con le scintillanti divise “fetish-totalitarian” nere e rosse. Grazie ragazzi, show number 1 del WGT 2008 senza esitazione, e possa il mitico Commodore 64 sopravvivere nei nostri cuori in eterno!

Per arrivare in tempo all’esibizione della Schauspielhaus bisognerebbe volare, oppure…prendere al volo un taxi! E così faccio, perché mai potrei perdere l’esibizione di Sonia Kraushofer, in arte Persephone. Certo è che le due menti de L’Âme Immortelle stanno esprimendo delle inclinazioni personali decisamente differenti. Se da un lato il nostro Thomas, con la sua terribile creatura Nachtmahr (di cui vi relazionerà il socio Federico) batte gli infidi territori dell’elettro-industrial più violento, Sonja approda con il suo ultimo lavoro “Letters to a stranger” ad un disco raffinatamente neo-classico, che dal vivo viene suonato per intero ed in chiave rigorosamente acustica. Avvalendosi di tre strumenti ad arco e delle percussioni, l’atmosfera della rappresentazione di Persephone è alquanto intrigante, e trasporta l’intera Schauspielhaus nella sofferenza e nella disillusione di Sonja, impegnata a scrivere delle lettere ad un fantomatico sconosciuto. Il tutto in un’ambientazione tardo ottocentesca ricreata a pennello sul palco. Il concerto di Persephone sfocia così in una vera e propria recita, e l’uso della lingua inglese con buona pronuncia ci aiuta anche a seguire con relativa facilità il bandolo della storia. Dopo vari lavori incentrati sulla mitologia greca ispirata al suo stesso moniker, Sonja ci rapisce ora con questo nuovo, avvincente concept, supportata da quattro favolosi musicisti il cui apporto è di certo fondamentale tanto quanto la splendida voce e l’espressività recitativa della nostra “rossa”. Il teatro tributa più di una standing ovation da brividi ai cinque, portando la cantante quasi alle lacrime per l’emozione.

 

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