Web-zine di musica, cultura, arte e tutto l'universo oscuro

di Gianmario Mattacheo

THE CURE – GREATEST HITS

Nel 2001 l’etichetta Fiction pubblica un’altra raccolta della band (in questo capitolo saranno presenti i più tradizionali hit) che si aggiunge alle precedenti “Standing on a beach” e “Galore”, cercando di avvicinare altre persone al verbo dei Cure o, più verosimilmente, cercando di speculare con una non necessaria compilation.
La scelta, anche questa volta, è incentrata unicamente sui singoli della band, nel tentativo di privilegiare gli episodi più leggeri.
Così, se del primissimo periodo troviamo ovviamente “Boys don’t cry”, non compaiono, invece, “Killing an arab” o “Charlotte sometimes”, più legate ai puristi della band.
Più avanti nella scaletta (e negli anni) lo stesso discorso merita di essere ripreso per “Friday I’m in love” e “Mint car”.
Insomma, rispetto alle precedenti raccolte, questo “Greatest hits” è il meno incisivo perché tende a mettere in luce solo il lato più leggero (e comunque sempre meritevole d’attenzione), risultando troppo poco esaustivo della carriera della band.
La copertina è dedicata al solo Robert Smith, che circondato da una moltitudine di stelle argentate (simboleggianti ogni successo raggiunto dai Cure nel corso della lunga carriera), compare in primo piano mentre allunga le braccia verso l’obiettivo; un’immagine che non riesce ad essere molto incisiva (in tema di copertine in cui compare il solo viso di Mr Smith, fecero decisamente meglio “Disintegration” e, successivamente, “Bloodflowers”).
Diciotto tracce, dunque, per toccare il lato melodico dei cure. Il capitolo più introspettivo è lasciato a “A forest” (da “Seventeen seconds”) e poi spazio al pop raffinato di Smith e soci. Da quello che non poteva mancare come “Just like heaven”, “Let’s go to bed” o “Inbetween days”, a quello forse meno ispirato della già citata “Mint car” o della recente “Cut here” (primo inedito della presente raccolta).
Quest’ultimo brano è una pop song cure style (il titolo è un anagramma di the Cure) dominata dalle tastiere di Roger O’Donnell che, praticamente da sole, reggono l’intero ritornello.
Il secondo inedito è per “Just say yes” che ci colpisce per la presenza di Safron, l’ex cantante dei Republica, seconda voce in questo singolo che cerca di osare maggiormente, flirtando con un sound vicino alle più folli canzoni di Smith (“Why can’t I be you” e simili), senza peraltro averne la stessa forza e la stessa vena.
Normalmente Robert Smith tende a non dividere il microfono con nessuno (ed, infatti, nessuno sente l’esigenza di un’altra voce accanto alla sua!); la presenza di una seconda voce rende più che particolare l’ultimo dei brani inserito in questa raccolta. Ma sono in molti quelli che storcono il naso: i cure hanno una sola voce. Punto e basta!

 

 

APPENDICE: GREATEST HITS, ACOUSTIC HITS

La vera chicca della raccolta attuale è rappresentata da secondo cd, allegato nella versione limitata del Greatest hits.
I medesimi titoli, scelti per rappresentare i cure in questo 2001, sono ripresi dal complesso per essere eseguiti in forma acustica.
Anticipiamo il discorso premettendo che i Cure realizzano un ottimo set acustico che, tuttavia, non è neppure paragonabile al celebre capolavoro “MTV unplugged” del 24 gennaio 1991 (meritevole, per bellezza ed importanza, di una trattazione in un capitolo a sé stante) realizzato a Londra presso gli studi della celebre emittente televisiva, ma mai pubblicato ufficialmente.
Tornando all’episodio attuale, segnaliamo il graditissimo ritorno di Boris Williams alle percussioni. Il musicista che lasciò la band in ottimi rapporti dopo una lunga militanza quale batterista ufficiale (il suo periodo di permanenza nella formazione va dal 1984 al 1993) aggiunge una nota di spessore al set acustico, facendosi nuovamente applaudire dai sostenitori dei cure che, peraltro, non smettono di ricordarlo.
“Boys don’t cry” parte alla grande. La voce di Smith (pulita e chiarissima) si inserisce tra le chitarre acustiche, mentre una batteria, gentile al punto giusto da rispettare la tranquilla esecuzione del pezzo, scandisce ottimamente il tempo.
Anche “A forest” è convincente, anche se la versione acustica ne limita fortemente l’impatto e il suo tipico crescere epico.
Realizzare “Let’s go to bed” (ottimo Boris Williams alle percussioni) e “The walk” (la chitarra del leader sostituisce le parti della tastiera) in questa forma è stata la decisione più coraggiosa. I due pezzi (e poi anche “Why can’t I be you) non vengono sostanzialmente stravolti nella melodia, ma assolutamente alterati quanto a caratteristiche musicali: pezzi meno ballabili e più riflessivi.
“Inbetween days” e “Friday I’m in love” mantengono, più di altre, la struttura originale, mentre è piacevole ascoltare “senza corrente” due rock song come “Never enough” e “Wrong number” (quest’ultima veramente efficace).
Qua e là per il cd, apprezziamo anche “High”, “The lovecats” o l’immortale “Just like heaven”, ma soprattutto “Lovesong”, una delle migliori versioni di questo acustico.
Infine sono piacevoli anche gli inediti: “Just say yes” che non delude e funziona meglio rispetto all’originale (qui il cantato è del solo Robert Smith) e “Cut here” che diventa molto più pacata e sobria, senza le debordanti e pompose tastiere di O’Donnell. Un clima che, volutamente, tende a farsi più riflessivo.

 

 

ANNO: 2001

ETICHETTA: FICTION

 

TRACKSLIST:

1.

Boys Don't Cry

2.

A Forest

3.

Let's Go To Bed

4.

The Walk

5.

The Lovecats

6.

Inbetween Days

7.

Close To Me

8.

Why Can't I Be You?

9.

Just Like Heaven

10.

Lullaby

11.

Lovesong

12.

Never Enough

13.

High

14.

Friday I'm In Love

15.

Mint Car

16.

Wrong Number

17.

Cut Here

18.

Just Say Yes