THE
CURE
– GREATEST HITS
Nel
2001 l’etichetta Fiction pubblica un’altra raccolta della
band (in questo capitolo saranno presenti i più tradizionali
hit) che si aggiunge alle precedenti “Standing on a beach”
e “Galore”, cercando di avvicinare altre persone al verbo
dei Cure o, più verosimilmente, cercando di speculare
con una non necessaria compilation.
La
scelta, anche questa volta, è incentrata unicamente
sui singoli della band, nel tentativo di privilegiare gli
episodi più leggeri.
Così,
se del primissimo periodo troviamo ovviamente “Boys don’t
cry”, non compaiono, invece, “Killing an arab” o “Charlotte
sometimes”, più legate ai puristi della band.
Più
avanti nella scaletta (e negli anni) lo stesso discorso merita
di essere ripreso per “Friday I’m in love” e “Mint car”.
Insomma,
rispetto alle precedenti raccolte, questo “Greatest hits”
è il meno incisivo perché tende a mettere in
luce solo il lato più leggero (e comunque sempre meritevole
d’attenzione), risultando troppo poco esaustivo della carriera
della band.
La
copertina è dedicata al solo Robert Smith, che circondato
da una moltitudine di stelle argentate (simboleggianti ogni
successo raggiunto dai Cure nel corso della lunga carriera),
compare in primo piano mentre allunga le braccia verso l’obiettivo;
un’immagine che non riesce ad essere molto incisiva (in tema
di copertine in cui compare il solo viso di Mr Smith, fecero
decisamente meglio “Disintegration” e, successivamente, “Bloodflowers”).
Diciotto
tracce, dunque, per toccare il lato melodico dei cure. Il
capitolo più introspettivo è lasciato a “A forest”
(da “Seventeen seconds”) e poi spazio al pop raffinato di
Smith e soci. Da quello che non poteva mancare come “Just
like heaven”, “Let’s go to bed” o “Inbetween days”, a quello
forse meno ispirato della già citata “Mint car” o della
recente “Cut here” (primo inedito della presente raccolta).
Quest’ultimo
brano è una pop song cure style (il titolo è
un anagramma di the Cure) dominata dalle tastiere di
Roger O’Donnell che, praticamente da sole, reggono l’intero
ritornello.
Il
secondo inedito è per “Just say yes” che ci colpisce
per la presenza di Safron, l’ex cantante dei Republica, seconda
voce in questo singolo che cerca di osare maggiormente, flirtando
con un sound vicino alle più folli canzoni di Smith
(“Why can’t I be you” e simili), senza peraltro averne la
stessa forza e la stessa vena.
Normalmente
Robert Smith tende a non dividere il microfono con nessuno
(ed, infatti, nessuno sente l’esigenza di un’altra voce accanto
alla sua!); la presenza di una seconda voce rende più
che particolare l’ultimo dei brani inserito in questa raccolta.
Ma sono in molti quelli che storcono il naso: i cure hanno
una sola voce. Punto e basta!
APPENDICE:
GREATEST HITS, ACOUSTIC HITS
La
vera chicca della raccolta attuale è rappresentata
da secondo cd, allegato nella versione limitata del Greatest
hits.
I
medesimi titoli, scelti per rappresentare i cure in questo
2001, sono ripresi dal complesso per essere eseguiti in forma
acustica.
Anticipiamo
il discorso premettendo che i Cure realizzano un ottimo set
acustico che, tuttavia, non è neppure paragonabile
al celebre capolavoro “MTV unplugged” del 24 gennaio 1991
(meritevole, per bellezza ed importanza, di una trattazione
in un capitolo a sé stante) realizzato a Londra presso
gli studi della celebre emittente televisiva, ma mai pubblicato
ufficialmente.
Tornando
all’episodio attuale, segnaliamo il graditissimo ritorno di
Boris Williams alle percussioni. Il musicista che lasciò
la band in ottimi rapporti dopo una lunga militanza quale
batterista ufficiale (il suo periodo di permanenza nella formazione
va dal 1984 al 1993) aggiunge una nota di spessore al set
acustico, facendosi nuovamente applaudire dai sostenitori
dei cure che, peraltro, non smettono di ricordarlo.
“Boys
don’t cry” parte alla grande. La voce di Smith (pulita e chiarissima)
si inserisce tra le chitarre acustiche, mentre una batteria,
gentile al punto giusto da rispettare la tranquilla esecuzione
del pezzo, scandisce ottimamente il tempo.
Anche
“A forest” è convincente, anche se la versione acustica
ne limita fortemente l’impatto e il suo tipico crescere epico.
Realizzare
“Let’s go to bed” (ottimo Boris Williams alle percussioni)
e “The walk” (la chitarra del leader sostituisce le parti
della tastiera) in questa forma è stata la decisione
più coraggiosa. I due pezzi (e poi anche “Why can’t
I be you) non vengono sostanzialmente stravolti nella melodia,
ma assolutamente alterati quanto a caratteristiche musicali:
pezzi meno ballabili e più riflessivi.
“Inbetween
days” e “Friday I’m in love” mantengono, più di altre,
la struttura originale, mentre è piacevole ascoltare
“senza corrente” due rock song come “Never enough” e “Wrong
number” (quest’ultima veramente efficace).
Qua
e là per il cd, apprezziamo anche “High”, “The lovecats”
o l’immortale “Just like heaven”, ma soprattutto “Lovesong”,
una delle migliori versioni di questo acustico.
Infine
sono piacevoli anche gli inediti: “Just say yes” che non delude
e funziona meglio rispetto all’originale (qui il cantato è
del solo Robert Smith) e “Cut here” che diventa molto più
pacata e sobria, senza le debordanti e pompose tastiere di
O’Donnell. Un clima che, volutamente, tende a farsi più
riflessivo.
ANNO:
2001
ETICHETTA:
FICTION
TRACKSLIST:
1.
|
Boys
Don't Cry
|
2.
|
A
Forest
|
3.
|
Let's
Go To Bed
|
4.
|
The
Walk
|
5.
|
The
Lovecats
|
6.
|
Inbetween
Days
|
7.
|
Close
To Me
|
8.
|
Why
Can't I Be You?
|
9.
|
Just
Like Heaven
|
10.
|
Lullaby
|
11.
|
Lovesong
|
12.
|
Never
Enough
|
13.
|
High
|
14.
|
Friday
I'm In Love
|
15.
|
Mint
Car
|
16.
|
Wrong
Number
|
17.
|
Cut
Here
|
18.
|
Just
Say Yes
|