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di Gianmario Mattacheo

JOIN THE DOTS

L’ultimo atto della Fiction, quando ormai il gruppo di Robert Smith era approdato alla Geffen, è stato quello di ripescare dagli archivi dei Cure le b-side, le rarità contenute in alcuni extra, dieci pollici, versioni demo, ecc., con il risultato di completare il già ricco archivio musicale del fan.
Ne esce “Join the dots”, un cofanetto monumentale contenente ben 70 canzoni suddivise in quattro cd antologici (opera curata dallo stesso Robert Smith).
L’immagine di copertina ripropone una delle foto più celebri del dottor malinconia: l’istantanea che fu già utilizzata per il singolo “Boys don’t cry” è ormai divenuta un mito, identificando al meglio l’icona del gruppo inglese.
Il primo cd comprende tutte quelle rarità legate al primo periodo di attività del complesso. Molte di queste tracce sono, peraltro, già contenute nel lato B della raccolta “Standing on a beach”, all’interno della sezione denominata “Unavabile B-side”.
Ecco che all’interno di questa autentica enciclopedia delle rarità, ci si può sbizzarrire nell’ascolto di pezzi più o meno noti.
Ci piace notare come non sia stata dimenticata “Burn” (presente nel terzo cd), la canzone che i cure composero per “The crow/Il corvo”, il capolavoro cinematografico di Alex Proyas.
Inizialmente si pensò di inserire “The hanging garden”, ma fu proprio Robert Smith a desiderare di scrivere un nuovo brano per il film.
Dalla sua penna ne uscì un brano eccellente (purtroppo mai preso in considerazione durante le esibizioni dal vivo) in cui su una batteria grintosa (ultimo atto di Boris Williams coi Cure) si inseriscono prima le chitarre e poi la voce ispirata del capo. Durante l’ascolto di questa gemma non è proprio possibile non pensare a Eric Draven, il personaggio creato da James O’Barr, divenuto nel 1993 idolo di celluloide.
Meno brillanti gli altri brani che i Cure regalarono per celebri pellicole: “Dredd song” e la comunque apprezzabile “More than this” (da x files) sono discrete canzoni che non hanno saputo lasciare il segno. Pensando alla televisione, invece, è possibile constatare anche alcune piccole lacune e dimenticanze di questa opera omnia ricca di rarità; non troviamo, ad esempio, quella “The dragon hunter song”, che scritta per l’omonimo cartone animato vede i Cure impegnati in una breve quanto graziosa canzoncina pop.
Più oltre, spaziando qua e là tra i cd, merita un richiamo particolare la cover doorsiana di “Hello I love you”.
Sono ben tre le versioni proposte nel secondo cd della raccolta, ma quella che davvero ha lasciato il segno è l’esecuzione che la band ne ha dato nella psychedelic version.
Questa versione, oltre ad essere di gran lunga superiore all’originale del gruppo di Jim Morrison, è anche un pezzo dal fascino irresistibile. Il ritmo è volutamente rallentato rispetto all’originale; il suono è acido e sognante, mentre il cantato di Robert Smith, perfettamente in linea con le atmosfere del brano, è ridotto ad un mero sussurro: super.
E poi ancora e di più. Un viaggio tra b-side che, in alcuni casi, avrebbero anche meritato di essere promosse nell’album ufficiale, oppure cover più o meno riuscite.
Tra le prime, “Babble”, “Fear of ghosts”, “Halo”, “Harold and Joe”, sono ottimi brani destinati, però, a non avere una grande celebrità; tra le canzoni prese in prestito da altri artisti, segnaliamo la presenza della Hendrixiana “Purple haze”, di “Young americans” o di quella “World in my eyes”, proveniente dal repertorio Depeche Mode.
Sul versante delle cover ci spiace non vedere in scaletta “Love will tear us apart”, che i Cure suonarono live celebrando, in un’ottima versione, i padri fondatori del genere dark: si insomma, quella di cui stiamo parlando è un po’ la cover delle cover!
In sostanza questo “Join the dots” si conferma un cofanetto davvero imponente ed apprezzabile, che impegna l’ascolto per ore di delizia. Sicuramente, quando vorremo sentire qualcosa dei cure (in pratica tutti i giorni), la nostra scelta ricadrà più realisticamente sugli album in studio, ma la presenza di questa summa di chicche discografiche ci dà la possibilità di variare, di tanto in tanto, gli ascolti sul nostro tormentato stereo, variando (se non l’artista) almeno le versioni dei celebri hit.

 

ANNO: 2004

ETICHETTA: FICTION