STANDING
ON A BEACH
Nel
1986 i Cure si prendono un anno di pausa, dopo aver con regolarità
dato alle stampe un album ogni 365 giorni (tra questi lavori,
inseriamo anche “Japanese whispers” del 1983).
Chris
Parry e la Fiction ne approfittano per celebrare la carriera
del gruppo, pubblicando una raccolta comprendente i primi
singoli: “Standing on a beach”. E’ questo il nome della prima
compilation
dei cure che, nel solo formato musicassetta, prevede anche
le preziose b-side collegate all’uscita su 45 giri.
L’immagine
di copertina si presenta pressoché bizzarra. Anziché
riproporre una foto del gruppo (plausibile, in fin dei conti
si tratta del primo best della band), la produzione sceglie
un’immagine di un certo John Button, un anziano pescatore
con un’aria perplessa sulla riva di una spiaggia. Comunicativo.
La
scelta è proprio quella di ripercorrere, attraverso
i soli singoli, le tappe della già significativa carriera
di Robert Smith e soci.
I
sostenitori di qualsiasi gruppo sono soliti dividersi in merito
all’uscita discografica di un best/raccolta dei propri beniamini.
L’esclusione (o l’inclusione, in alcuni casi) di determinati
brani può non essere condivisa dai fan, che spesso
pretendono ben altre scalette celebrative.
Non
fa eccezione “Standing on a beach”. Sono infatti molte le
canzoni che avrebbero meritato maggior considerazione in questa
piacevole ora d’ascolto. Tuttavia, più che un best,
questo “Standing on a beach” è una vera e propria raccolta
di singoli (come indicato anche nella copertina), che i Cure
hanno realizzato dalla propria genesi, fino al 1986.
Chiarita
subito l’intenzione dei compilatori, ci viene più facile,
ad esempio, comprendere l’esclusione di brani come “One hundred
years” o “In your house”, imprescindibili, ma mai usciti su
un sette pollici del gruppo.
Per
le stesse ragioni, troviamo “Charlotte sometimes” (singolo
del 1981 non inserito in “Faith”), la cui copertina riproduce,
seppur sfocata e distorta, l’immagine di Mary Poole, fidanzata
e futura moglie di Robert Smith.
Secondo
logica, la compilation presenta le canzoni in un perfetto
ordine cronologico (la versione cd, sarà arricchita
da alcuni brani in più). È, conseguentemente,
“Killing an arab” (1978) che apre le danze, e sarà
“A night like this” (1985) che avrà l’onere di ultimare
la raccolta.
Le
versioni saranno quelle consuete e già conosciute dai
fan. A questa regola, tuttavia, si sottrae “Boys don’t cry”
che, mantenendo identica la musica, si caratterizza per una
nuova registrazione vocale di Robert Smith.
Il
cantato del leader ha subito notevoli cambiamenti nel corso
del tempo, divenendo maggiormente sicuro e caratterizzando
l’intera opera dei cure. Ecco, allora, che la versione 1986
di “Boys don’t cry” sembra maggiormente Cure e più
affascinante di quella incisa nei tardi anni settanta.
Interessante
sarà “Staring at the sea”, il corrispettivo di “Standing
on a beach” in formato vhs, in cui si celebra il gruppo nei
popolari video di Tim Pop e in alcune immagini del gruppo
al lavoro (particolarmente interessante sarà uno spezzone
di un concerto, filmato direttamente dal padre di Robert Smith,
quando gli Easy Cure erano solamente dei ragazzini!).
Se,
come abbiamo sottolineato, il cantato di Robert Smith si è
evoluto moltissimo dal 1978 al 1986, non da meno la sua immagine
(che poi equivale all’immagine dei cure) ha subito trasformazioni
evidenti.
Tutte
queste “trasformazioni” sono ben evidenti nella sopraccitata
vhs che, ripercorrendo le tappe artistiche dei Cure, ci mostra
la genesi dell’icona dark Robert Smith: trucco, capelli arruffati
e maglie sdrucite, per un personaggio così amato e
così particolare; un personaggio che milioni di appassionati
imitano a sua immagine e somiglianza da decenni.
ANNO:
1986
ETICHETTA:
FICTION
PRODUTTORE:
CHRIS PARRY STEVE NYE, ROBERT SMITH, PHIL THORNALLEY,
THE CURE, DAVE ALLEN, MIKE HEDGES
TRACKSLIST:
1.
|
Killing
an Arab
|
2.
|
10:15
Saturday Night
|
3.
|
Boys
Don't Cry
|
4.
|
Jumping
Someone Else's Train
|
5.
|
A
Forest
|
6.
|
Play
for Today
|
7.
|
Primary
|
8.
|
Other
Voices
|
9.
|
Charlotte
Sometimes
|
10.
|
The
Hanging Garden
|
11.
|
Let's
Go to Bed
|
12.
|
The
Walk
|
13.
|
The
Lovecats
|
14.
|
The
Caterpillar
|
15.
|
Inbetween
Days
|
16.
|
Close
to Me
|
17.
|
A
Night Like This
|
APPENDICE:
THE UNAVAILABLE B-SIDES
La
nota più godibile per il nutrito popolo dei Cure è
rappresentata dal lato B della musicassetta “Standing on a
beach”, che ci offre ben dodici b-side del complesso inglese.
“I’m
cold” è figlia del primissimo periodo della band (con
un giro di chitarra quasi blueseggiante) e ci offre una band
con l’impostazione punk delle origini, per un brano che non
avrebbe sfigurato in “Three imaginary boys”.Sono
affascinati, invece, le strumentali “Another journey by train”
(retro dell’intramontabile “A forest”) e “Descent” che, dominata
dal basso di Gallup, è talmente lenta che sembra portarci
a letto per prepararci a sogni fatti di tristi visioni.“Splintered
in her head” con il suo incedere quasi tribale è una
sorta di povera “Hanging garden”, mentre “Mr pink eyes”
(piano, sax e contrabbasso per l’extra b-side di “The lovecats”)
e Throw your foot” cambiano totalmente rotta portandoci una
band festaiola
“Happy
the man” è un lento brano in cui Robert Smith snocciola
sonorità a cavallo tra “Faith” e “The top”, mentre
è godibilissima “The exploding boy”, sognante e svolazzante
con le sue chitarre acustiche ed il suo incedere spensierato.Seguono
“A few hours after this” (orchestrale e pomposa), “A man inside
my mouth” (suona molto stravagante) e “Stop dead” (molto elettronica
ed arrangiatissima) che anticipano “New day”, epilogo da brividi.
Il
brano, contenuto nel 10 pollici titolato “Half an octopus”,
è una di quelle canzoni che, più di altre, avremmo
sognato vederla inserita in un LP in studio.
Un
sound narcotico, tribale e a tratti psichedelico fa da sfondo
per la voce tormentata di Smith che ci racconta il sorgere
di un disperato nuovo giorno, in cui si urla ostinatamente
nella ricerca dell’amore.