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di Gianmario Mattacheo

JAPANESE WHISPERS

A conclusione del tour di “Pornography”, i Cure arrivarono stremati e pressoché logori. Le tensioni della tourneè (soprattutto fra Robert e Simon) avevano portato a liti violente che non potevano non provocare degli sconvolgimenti in seno al gruppo.
Robert Smith si avvicinò molto di più ai Banshees, Tolhurst si rese irreperibile e Simon smise di parlare con il leader. Praticamente, il gruppo si era sciolto.
Il produttore Chris Parry convinse Smith a realizzare una serie di singoli commerciali, cercando di sfruttare quello che sarebbe potuto diventare l’ultimo capitolo discografico di casa Cure.
Inizialmente il leader era restio a fare uscire i futuri singoli sotto il nome Cure (un nome che, ormai, veniva decisamente accostato al genere dark), anche se prevalse l’intenzione di mantenere la vecchia denominazione.
L’insieme di questi singoli venne successivamente riunito in un progetto (che di fatto si presenta come una raccolta e non come un album in studio), in quello che si presenta come un lavoro transitorio, ma importante per il gruppo. E’ da questo momento, infatti, che i Cure sentono di poter diventare un gruppo dalle due facce: una dark e minimalista ed una pop; questa tendenza non l’avrebbero più persa.
A spiazzare chi si era abituato alle sonorità di “Pornography”, arriva il brano più disorientante (almeno fino al 1982) di tutta la carriera della band inglese.
“Let’s go to bed”, registrata dai soli Robert Smith e Lol Tolhurst, è una canzone dance, elettrica e volutamente sciocca e, proprio per questo, assai epidermica.
“Japanese whispers”, in quanto compilation, alternerà singoli e b-side, senza che le varie canzoni siano legate da un filo logico o da connotati musicali simili.
Così è possibile trovare accanto alla citata “Let’s go to bed”, danzereccia e spassosa, una “The walk” che strizza l’occhio al funk, senza perdere le caratteristiche della ballabilità più estrema o, ancora, “The upstairs room” in cui il duo scrive una canzone leggera in linea con il sound tipico degli anni ottanta, ma farcito dall’inimitabile chitarra di Smith.
“Just one kiss” è, invece, quel pezzo in cui Robert Smith riparte dalla nostalgia per chiedere ancora un bacio e “Lament” è così tormentata che pare arrivare direttamente dalle atmosfere di “Faith”.
Quest’ultimo brano ha la particolarità di essere stato originariamente pubblicato nell’insolito formato di vinile verde flexi, nel 1982.
Quando la crisi della band raggiunse il suo momento più alto, Robert Smith ricevette la richiesta di pubblicare per la rivista flexipop un quarantacinque giri. Ne venne fuori “Lament” che il leader scrisse interamente da solo e oggi risulta essere un oggetto tra i più ricercati tra i feticisti fan del gruppo.
“The love cats” e “Speak my language” portano ancora più in là la pazzia ed il genio di Smith. Il celebre singolo, ispirato dal film “Gli aristogatti”, è un’eccezionale dimostrazione della versatilità dell’autore, che realizza un pezzo jazzato, atto a far definitivamente uscire i Cure dal guscio che loro stessi si erano creati.
Tutto era ormai pronto per una nuova partenza, con una nuova formazione ed una nuova consapevolezza dei propri mezzi. Era giunto il momento di “The top”.

 

ANNO: 1983

ETICHETTA: FICTION

PRODUTTORE: CHRIS PARRY STEVE NYE, ROBERT SMITH, PHIL THORNALLEY

 

TRACKSLIST:

1.

Let's Go To Bed

2.

The Dream

3.

Just One Kiss

4.

The Upstairs Room

5.

The Walk

6.

Speak My Language

7.

Lament

8.

The Lovecats