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di Gianmario Mattacheo

FESTIVAL 2005

Nel 2005 Robert Smith è pronto a ripartire con un nuovo (ma, come vedremo, anche vecchio) corso per i Cure.
Con l’album omonimo ancora fresco di stampa, e con un estenuante world tour concluso da pochi mesi, la band incomincia a scricchiolare, non presentandosi più solida al suo interno.
Il sito ufficiale anticipava le decisioni di Robert Smith (e di chi, se no?) dichiarando che “Roger O’Donnell” e Perry Bamonte non fanno più parte del gruppo”.
Qualche tempo dopo il leader chiarì meglio il concetto: “Sono sempre io la guida di questa band e se tutti sono contenti di quello che voglio fare, allora la band è contenta, se non lo sono la band non lo è. Non sono molto bravo nei compromessi quando si parla di musica e di arte. Trovo semplicemente ridicolo che io debba fare qualcosa che non ho voglia di fare, quindi questo lascia tutti gli altri con un'opzione, andarsene”.
Un ennesimo terremoto in seno ai cure che, inizialmente, reagiscono allo scossone attraverso alcune esibizioni in TV show con la formazione a tre (Robert Smith, Simon Gallup e Jason Cooper), registrando con questa line up anche la cover Lennoniana di “Love”.
Ma il colpo del capitano doveva ancora arrivare. Con un successivo comunicato, si informavano i fan che Porl Thompson, storico chitarrista dei Cure dal 1984 al 1993 (ma già nella formazione embrionale Easy cure, antecedente la prima uscita discografica), sarebbe tornato nei ranghi.
Le reazioni dei più fedeli sostenitori furono subito entusiastiche e, parallelamente, l’energia scaturita dal ritorno del cognato (eh già, perché la consorte è proprio quella Janet, sorella di un certo Robert) di Mr Smith portava il desiderio di cimentarsi nuovamente in un tour, per sperimentare questa nuova/vecchia formazione.
I Cure in formato a quattro che si apprestavano a vivere l’estate del 2005 dovevano subito affrontare la prima scommessa: rinunciare alle tastiere e reinterpretare il magico repertorio della band attraverso il più classico schema del rock (chitarra/e , basso e batteria).
Al riguardo è ancora Robert Smith che ci ha aiutato a capire meglio l’impresa: “Non c'è alcun bisogno di avere tastiere quando hai Porl alla chitarra. Lui può creare praticamente qualsiasi suono tu voglia. Ha riportato un senso di necessità e ora abbiamo di nuovo un taglio rock” (Robert Smith, intervistato dal New Musical express nel 2006).
Allora sembra proprio che ci siano tutti gli elementi per partire.
E la partenza fu proprio al live 8 di Parigi; la prima occasione in cui i cure si uniscono ad altre band per uno scopo benefico. Non che Smith e soci non siano sensibili alla solidarietà (sono moltissime gli atti di beneficenza che hanno contraddistinto il gruppo), ma in realtà il vero motivo di questa prima volta è perché non furono mai invitati in precedenza (come nel famosissimo Live Aid)!
Oltre alla data parigina, i cure intrapresero un tour europeo comprensivo di nove date.
In ognuna di esse la band seppe ritrovare un’energia ed un vigore probabilmente mai raggiunti in tutta la carriera. Ma, più di ogni altra cosa, queste date confermarono l’ottimo clima che si respirava all’interno del gruppo.
Assai frequentemente era possibile vedere Robert Smith scambiare occhiate di complicità con i due vecchi amici e, altrettanto frequentemente, la band si lasciava andare in sorrisi eloquenti.
Questa energia, questo ritrovato ottimismo e questa giovanile voglia di suonare insieme non poteva essere lasciata senza un ricordo particolare.
Ecco, appunto, le premesse per questo dvd, nato e pensato un po’ a sorpresa e realizzato (infatti) senza grossi mezzi.
Le immagini di “The Cure Festival 2005” sono quelle estrapolate dalle sopraccitate nove date (Da Benicassim a Istanbul, passando per il Teatro Antico di Taormina); immagini “rubate”all’organizzazione dei singoli Festival (per l’Italia viene accreditata la Barley Arts promotion) e per il resto ricavate da video amatoriali realizzati da fan.
Ne viene fuori un live sui generis, assolutamente non perfetto, ma ancora più sincero e, per questo, ancora più apprezzabile.
La scelta è stata quella di inserire filmati presi un po’ qua ed un po’ là dal riuscitissimo tour europeo, cercando (in linea di massima) di riproporre la tracklist del 2005, col fine di realizzare un viaggio sonoro e visivo che ci riporta frammenti di momenti speciali.
“Open” apre le danze (venne scelta sempre quale intro, eccetto che per il festival francese di “La route du rock”) per uno dei migliori brani che il fan sogna in apertura concerto.
Per la perla di “Wish”, lo sforzo di Smith e soci non è stato così gravoso. “Open” fu, già allora, concepita come una song chitarristica e la sua riproposizione senza tastiera non ne modifica assolutamente il sound.
Proseguendo nella visione, segnaliamo in “The kiss” il primo piano di un Robert Smith che, a conclusione del lungo assolo di chitarra, tira fuori la linguaccia, testimoniando l’impegno profuso, e in “The figurehead” la produzione ci regala l’intero filmato tratto dalla data tenuta a Taormina. Anche l’audio ci regala momenti unici, quando Robert cambia appositamente il testo in onore delle ragazze siciliane (“I can lose myself in chinese art and american girls” diventa “I can lose myself in chinese art and sicilian girls”).
“Fascination street” e “The blood” ci regalano ottimi primi piani del capo e, per la canzone tratta da “The head on the door”, assistiamo a qualcuno tra il pubblico che si diverte facendo body-surfing (davvero un atteggiamento insolito per un live dei nostri ……… Ma a che concerto credeva di assistere?). Le immagini di “If only tonight we could sleep” sono approssimative; solo la magia del pezzo e la classe dei Cure riesce a perdonare una qualità quantomeno discutibile.
Il brano non perde in suggestione e, anche senza la tastiera, riusciamo ad entrare in un mondo di suggestione unico.
Per la canzone che fu l’inedito di “Mixed up”, Smith e soci scelgono un collage da tutte le dieci date dell’european tour. In ognuna di esse, invero, il grido della massa è sempre lo stesso: “Never enough”: mai abbastanza, per una partecipazione corale che diverte anche il leader.
In “End”, a conclusione del pezzo, Robert Smith saluta il pubblico e compie un buffo balzo mentre abbandona il palco, per rientrare nel backstage.
“Plainsong” viene tratta dalla data francese di St. Malo. Il primo brano di “Disintegration” viene eseguito in apertura di spettacolo (ed una volta sola per tutto il tour europeo), e impegna i nostri in una importante rilettura della canzone, per supplire alla mancanza delle tastiere.
Una citazione merita anche “A forest” in cui l’occhiata di complicità che si scambiano Robert Smith e Porl Thompson è un regalo per ogni fan del gruppo che non richiede commenti aggiuntivi.
“Faith” chiude il dvd ed il filmato che possiamo vedere in “The Cure festival 2005” non poteva non essere estrapolato dalla data che si tenne al Teatro Greco di Taormina.
Per chi scrive, infatti, il concerto siciliano rappresentò l’apice live dei cure e lo stesso Robert Smith lo ricorda come uno dei migliori della carriera.
Purtroppo le immagini non rendono giustizia alla magia che si respirò a Taormina, avendo solo il merito di stuzzicare la memoria.
Allora, sulle note di quest’ultima canzone, potremmo suggerire di chiudere gli occhi (così come facemmo in quel 20 agosto) e lasciarci cullare da quella voce. Un altro modo per vivere intensamente un momento davvero memorabile.