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di Gianmario Mattacheo

ENTREAT

Dopo avere pubblicato con “Disintegration” un’autentica pietra miliare della discografia mondiale, Robert Smith ed i suoi (sempre più suoi) Cure intrapresero un estenuante tour in tutta Europa.
Questo tour, promozionale dell’ultimo album in studio, si concluse con una serie di date che il gruppo tenne alla mitica Wembley Arena di Londra. Un estratto di queste serate costituì il corpo del secondo live ufficiale della band.
In realtà, il loro secondo live nacque un po’ inaspettatamente, quasi per ovviare al dilagare di registrazione non ufficiali che stavano seguendo al prayer tour del 1989. Tanto valeva agevolare il compito di ricerca dei fans e trasformare quello che, inizialmente, era solo un cd promozionale, in un album ufficiale. Quasi per caso, allora, ci si trovò di fronte ad un lavoro voluto solo a metà. Un album che, proprio per questi motivi, soffre di una certa incompletezza.
“Entreat”, infatti, ha la particolarità di contenere solo canzoni tratte dall’ultima fatica in studio, quasi a voler celebrare “Disintegration”, capitolo assolutamente indispensabile nella loro discografia.
La copertina esula da ogni concetto di live show: su uno sfondo azzurro, in camicia a pois, Robert Smith allarga le braccia, in un gesto che ci ricorda qualcuno pronto a dichiarare una resa. Insomma nulla farebbe intendere ad una serie di composizioni eseguite davanti ad un pubblico.
Lo show, registrato nella più celebre delle arene londinesi durante il luglio del 1989, si può considerare come uno dei massimi vertici raggiunti durante il fortunatissimo tour di “Disintegration”.
La voce di Robert risulta pulitissima mentre si libera senza difficoltà in alcune delle tracce divenute, ormai, dei must della band; gli altri strumenti, presenti al volume giusto, rimangono in un contesto in cui nessuno offusca l’altro. Si sfiora la perfezione.
Ma allora perché “Entreat” non rappresenta il miglior capitolo live dei Cure?
Innanzitutto perché “Disintegration” è l’unico album presente (nonostante sia “Disintegration”, s’intende!) e poi perché la scaletta stessa riprende quasi fedelmente il lavoro in studio, senza concedere variazioni o sorprese.
Infine, un altro elemento a sfavore di “Entreat” è rappresentato dalla mancanza di “Plainsong” (il brano che apre l’ottavo in studio dei londinesi), un pezzo decisamente ineguagliabile, soprattutto nella sua esecuzione davanti al pubblico di appassionati fedeli in nero. Solo chi ha avuto occasione di osservare Robert Smith on stage è ben cosciente di che cosa stiamo parlando.
Così si susseguono “Pictures of you” (meglio riuscita nel successivo “show”/1993), “Closedown”, “Last dance” (si presenta più pomposa rispetto alla versione in studio, con un massiccio intervento delle tastiere), “Fascination street”, le cui impeccabili esecuzioni risultano perfettamente speculari al disco del 1989.
“Prayers for rain”, invece, è il brano in cui riescono addirittura a superarsi, concedendo la migliore esecuzione di “Entreat”. In particolare, il leader dilata il proprio canto, raggiungendo, con un prolungatissimo acuto, anche l’ultimo degli insensibili.
Seguono, infine, “Disintegration”, “Homesick” (leggermente modificata nella linea melodica e cantata con particolare pathos) e “Untitled”, con il quale si conclude il secondo e meno significativo dei live dei Cure.
Un collage di canzoni tratte da “Disintegration” (una sorta di celebrazione live del capolavoro del 1989) e realizzate in maniera perfettamente fedele; tanto che, in alcuni tratti, l’unico elemento distintivo è rappresentato dal vociare del pubblico (anch’esso, forse, un po’ troppo in secondo piano).

 

ANNO: 1991

ETICHETTA: FICTION

PRODUTTORE: BRYAN “CHUCK” NEW, ROBERT SMITH

FORMAZIONE: ROBERT SMITH (voice, guitar), SIMON GALLUP (bass), PORL THOMPSON (guitar), BORIS WILLIAMS (drums), ROGER O’DONNELL (keyboard)

TRACKSLIST:

1. Pictures of you

2. Closedown

3. Last dance

4. Fascination Street

5. Prayers for rain

6. Disintegration

7. Homesick

8. Untitled