SHOW
Terzo
live ufficiale dei “nostri”.
Dopo
“Concert” ed “Entreat”, nel 1993 la band pubblica un concerto
tenuto l’anno prima in un Palazzetto dello sport di Michigan:
nasce “Show”.
Il
terzo album live risulta in parte condizionato dall’ancora
fresco lavoro in studio, ma ciò che più balza
agli occhi è che “Show” risulterà il live pop
dei Cure. Un lavoro nel quale, ad eccezione di alcuni imprescindibili
capitoli, Smith e soci intendono privilegiare le pop song
del loro importante (e ormai vasto) repertorio.
Su
uno sfondo nero in cui alcune fiamme emergono da una serie
di istantanee del concerto, si inserisce in evidenza il titolo
dell’album; è questa la copertina dell’album: scarna,
ma efficace.
Ad
accompagnare Robert Smith (chitarra, voce), troviamo Simon
Gallup (basso), Porl Thompson (chitarre, tastiere), Boris
Williams (batteria) e Perry Bamonte (chitarra, tastiere).
L’apertura
è, probabilmente, la migliore che i Cure abbiano mai
fatto in un lavoro dal vivo.
Anticipata
da un intro strumentale ed assai suggestivo (“Tape”), scritto
per l’occasione, nel quale i protagonisti sono maestri nel
far crescere la tensione per l’inizio dello show, arriva il
momento migliore dell’ultimo lavoro in studio.
Con
la chitarristica “Open”, la band può finalmente scaricare
l’energia dei suoi strumenti, e Smith grida l’insoddisfazione
e la rabbia meglio di qualsiasi altro vacalist sul globo.
Segue
un’altra canzone tratta da “Wish”; ed è attraverso
“High” che si intuisce la direzione musicale che prenderà
l’intero concerto. Spensieratezza, festa e divertimento, in
cui però, la malinconia è sempre dietro l’angolo.
Spazio,
poi, alla dolcissima (ed eseguita in maniera impeccabile)
“Pictures of you” e, sempre da “Disintegration”, “Lullaby”,
il cui intro viene accompagnato dall’ovazione degli american
dark.
Quando
arriva “Just like heaven” i Cure continuano a cimentarsi con
il meglio del proprio repertorio pop e, di seguito, con l’eccezionale
“Fascination street” Robert Smith regala minuti di classe
pura.
Dopo
essersi celebrati come band capace di creare hit strepitosi,
ma dall’enorme valore artistico, i Cure virano il concerto
sul lato rock. Con “A night like this”, le chitarre di Smith
e Thompson possono nuovamente liberarsi in un brano che risulta
ancor più delizioso rispetto alla versione proposta
in “The head on the door”.
Robert
Smith, infine, a conclusione della prima parte dello show,
dedica un pezzo assolutamente romantico e ripiegato su se
stesso. “Trust” finisce per rappresentare una sorta di dialogo
sottovoce tra il leader e i fan che, come sempre (e da sempre),
lo seguono fedelmente.
La
seconda parte dello show delinea il versante più leggero
della band. “Doing the unstuck” (gradito il suo inserimento
in scaletta) anticipa due capitoli imprescindibili del loro
lato pop. Con “The walk” e, soprattutto, con “Let’s go to
bed”, il gruppo si diverte e fa divertire.
“Friday
i’m in love” ed “Inbetween days” (quest’ultima anticipata
da un assolo di Smith all’acustica che ripropone il motivo
di “All day and all of the night” dei Kinks) rappresentano,
sullo stesso filone, due capitoli più recenti, anche
se ugualmente amati dal pubblico.
Facciamo
notare come la qualità della registrazione sia ottima;
il vociare e le urla del pubblico rimangono al punto ed al
volume giusto, tanto da non disturbare gli strumenti, sempre
presenti in primo piano; il suono è pulito e, chiudendo
gli occhi, abbiamo realmente l’impressione di trovarci ad
un live dei Cure.
Spazio,
poi, per tre rock song recenti. “From the edge of the deep
green sea” (perfetta e cantata da Smith in modo molto ispirato)
e “Cut” (entrambe tratte dall’ultimo “Wish”), e “Never enough”,
in una delle rare esecuzioni dal vivo.
La
conclusione (nella versione cd) è riservata all’ultimo
capitolo di “Wish”; “End” a suggello della performance ritrae
il gruppo durante l’esecuzione di un brano forte anche se
introspettivo, violento ma coinvolgente. Il dipinto, insomma,
di un gruppo al massimo.
La
versione vhs, invece, concede le ultime cinque canzoni della
serata, non inserite nel cd.
La
dolcissima “To wish impossibile things”, anticipa “Primary”
e “Boy’s don’t cry”.
Con
la penultima traccia, il gioco di Smith e soci sembra non
voler finire, e “Why can’t I be you” rappresenta l’esempio
più vivo di dove sono voluti andare i Cure con questa
prova.
Il
commiato, invece, è lasciato ad “A forest”, cavallo
di battaglia per eccellenza. La versione regalata per “Show”
(peraltro, sulla falsa riga di quelle eseguite in quella stagione)
è una delle migliori mai incise dal gruppo.
Con
un’interpretazione del brano assai dilatata, la band sembra
non volersi congedare mai dal suo pubblico, e Smith, quasi
in trance, dilata ulteriormente il finale, inventando le parole,
improvvisando, sussurrando ad occhi chiusi, dialogando (con
la sua chitarra) con il basso di Gallup e lasciandoci come
meglio nessuno avrebbe saputo fare.
ANNO:
1993
ETICHETTA:
FICTION
PRODUTTORE:
DAVE ALLEN
FORMAZIONE:
Robert Smith (voice, guitars), Simon Gallup (basses), Porl
Thompson (guitars, keyboards), Boris Williams (drums), Perry
Bamonte (guitars, keyboards)
TRACKSLIST: |
0.
tape |
1.
Open
|
2.
High
|
3.
Pictures Of You
|
4.
Lullaby
|
5.
Just Like Heaven
6.
Fascinatgion street
|
7.
A Night Like This
|
8.
Trust
|
9.
Doing The Unstuck
|
10.
The walk
11.
Let’s go to bed
12.
Friday I'm In Love
|
13.
Inbetween Days
|
14.
From The Edge Of The Deep Green Sea
|
15.
Never Enough
|
16.
Cut
|
17.
End
|