4.6 UK Decay – For Madmen Only

Secondo molti superficiali testimoni di allora, gli UK Decay, dopo un inspiegabile silenzio durato quasi due anni, si fecero vivi improvvisamente sul mercato discografico nell’ottobre del 1981, con il peraltro bellissimo For Madmen Only. Certo, questa fu l’opinione generale, ma fortunatamente non di tutti. Tanti infatti avevano seguito il gruppo nella sua instancabile e febbrile attività live su entrambi i lati dell’Atlantico. C’è addirittura chi sostiene che una vera scena punk o post-tale californiana (si parla qui del punk e del post-punk tipico californiano: dal power-pop al death rock) sia nata solo dopo le leggendarie scorribande dei frenetici UK Decay!
Ma a prescindere da una presenza sui palchi comunque costante, legata anche al loro non usuale attivismo politico (per cui la presenza in loco, il “situazionismo”, ricopriva un’importanza maggiore del “prodotto” discografico), i furibondi quattro non avevano mai veramente sospeso una sia pur minima attività discografica. Era infatti di quella primavera il singolo Unexpected Guest / Dresden, seguito poco dopo da un’altra John Peel session al fulmicotone. Il primo brano cominciava addirittura con un piano lontano, ma poi il bassista Segovia strutturava il ritmo e il chitarrista Spon entrava rumorista ed effettato alla delizia sonica. Un giro continuo, quasi ipnotico, sebbene ancora più sorprendente sarà la voce: un Rotten più maturo con inflessioni alla Murphy. E bravo Abbo, gotico nella voce e nelle liriche: un ospite terribile (e ovviamente indesiderato) alle 3 di notte.
A tematiche più abitualmente politiche i quattro torneranno con il retro, Dresden, un atto di accusa contro i criminali di guerra. Nel dettaglio, si imputava alle forze aeree britanniche di aver compiuto una strage di civili durante la II guerra mondiale, nei confronti della popolazione di Dresda, colpevole solo di abitare in una città tedesca (per di più senza particolare importanza strategica). L’incedere era molto aggressivo, sottoposto alle accelerazioni ritmiche del batterista Harle, ma una chitarra alla McKay (ex Banshee) dava una distorsione oscura, mentre Abbo era veramente un’alternativa al Murphy più indemoniato e acido. O epico, a tratti. Il brano era frutto di sincera indignazione e costernazione: «The epitaph, the charred terrain, the board wiped clean, to try and start, they'll start again, playing your wargames» (l’epitaffio, il terreno carbonizzato, la tavola cancellata/ripulita, per provare e cominciare, loro cominceranno ancora, a giocare ai tuoi giochi di guerra).
Strana una scritta nelle note interne del 45 giri: un epitaffio al bassista Segovia, del resto presente su entrambi i brani. Di cosa si trattava, un tragico incidente? Una morte improvvisa dopo le registrazioni? No, si era semplicemente sposato ed aveva lasciato l’attività (preferendo un’orrenda vita piccolo-borghese). Questo portò il gruppo ad un periodo di relativo sbandamento, sostituendo Segovia dapprima con un certo Dutch, in occasione della John Peel session, poi con un certo Lol, proveniente da un’altra band di Luton, gli Statics. Insieme a lui strinsero un accordo con la Fresh reconds per incidere, finalmente, il loro primo (e purtroppo unico) vero e proprio Lp; ma purtroppo, a metà buona delle registrazioni, pure Lol mollò il colpo.
Fu quindi rimpiazzato in tutta fretta dall’amichetto Eddie Branch, detto Twiggy. Eddie, in effetti, si rivelò molto di più di un riempitivo occasionale: bassista volenteroso e amico fidato, suonò da allora in poi con gli UK Decay, continuando poi la carriera né più né meno che con “sua maestà gotica” Peter Murphy (secondo certe voci, “allievo” di Abbo). Gli altri rimasero sempre, e giustamente, loro: Abbo ad una voce tanto teatrale quanto mefistofelica, Steve Spon ad una chitarra punk bagnata in acido oscuro, Steve Harle batterista forsennato e tribale, il cui stile nel frattempo stava facendo proseliti fra le nuove leve del dopo-punk oscuro.
Il 3 ottobre uscì un singolo: Sexual / Twist in the Tale, dalla bellissima copertina, un dettaglio del Diana ed Efeso di Aristide Sartorio. In effetti il retro, Twist in the Tale, al di là della rullante batteria di Harle, ebbe un’influenza altissima. Mostrava infatti strani temi western certamente non comuni nel dark: fino ad allora si era sentito qualcosa di simile solo nella semi-sconosciuta Koma-Kino dei Joy Division. Una furibonda marcia western, quindi, fatta di «nostalgia, memories and history». Ma il 23 ottobre, finalmente!, ecco l’Lp, il tanto sospirato For Madmen Only, solo per i pazzi!
Disco singolare, unico nel mescolare atmosfere oscure con pura energia punk, For Madmen Only esibiva in copertina un’altra opera pittorica (ed orrorifica): la Disintegrazione della Fede del simbolista olandese Jan Toorop. Il suo contenuto si divideva equamente fra i due bassisti: a Lol il lato A, a Eddie “Twiggy” Branch il B. Una rullata di cembali per aprire la prima, epica ma potentissima Duel, acida e ritmicamente scandita come poche. Un irresistibile invito alla danza zombie, con Abbo che vocalizza lungo e drammatico: il fatto che sia per amore non rende un duello meno stupido o tragico. Una bellissima apertura!
Poi un intro di basso tenebroso per una chitarra in riff d’oltretomba e una batteria forsennata costituisce l’apertura della successiva Battle of the Elements. Anche qui la voce è impostata ed epica, decisamente divisa fra i due principali modelli di riferimento (occorre ricordarli? Lydon e Murphy). Ma le pause strategiche non riescono a togliere al brano, seppur bellissimo, un senso di già sentito. Lontano, timido entra un suono, poi “calpestato” da Abbo e Harle, un urlo ed entra l’anthemica Shattered, dal riff romantico e dal parlato elegante. Qui siamo più sul punk che sul dark, sebbene il brano sia un allucinante e bellissimo bolero satanico. Insomma, la loro strada al gotico, a quello che era dai tempi di The Scream che non si chiamava gothic-punk… decisamente bravi!
E il disco è appena cominciato! Voci lontane, indemoniate e distorte… un lento e sotterraneo arpeggio di basso crea un’atmosfera cupa e depressa (quasi bowiana). Si tratta di Stage Struck, che presto, cambiato accordo, indugerà in fraseggi chitarristici devastati da flanger e distorsore. Pausa, cambia il giro di basso, e via, il brano parte energico, ma sempre epico e drammatico. Sventagliate di chitarra selvaggia sopra il grido del ritornello, che ripete il titolo, sopra la batteria forsennata, suggellano un piccolo capolavoro. Bello, scandito ed energico anche il successivo Last in the House of Flames, caratterizzato da un ritornello in scala ascendente. Tuttavia certi trucchetti (ingresso strategico di chitarra effettata) hanno già fatto la loro figura altrove. È l’ultimo brano che si avvale della collaborazione del bassista Lol e chiude il bellissimo lato A, che da solo varrebbe quasi l’acquisto del disco.
Infatti il lato B si apre con la bellissima Unexpected Guest, a suo tempo incisa con lo storico bassista Martyn “Segovia” Smith (benché questa sia una versione leggermente diversa), mentre per il resto si avvale di Twiggy, che ovviamente ha un suo stile. Il basso suona più classico post-punk, con il reiterato tipico, ma questo non compromette in nulla la qualità delle composizioni. Come nella prossima, Sexual, il singolo, che è potentissima e coinvolgente, caratterizzata dal ritmo esagitato e dai continui cambiamenti di effettistica della chitarra: un minuto e quaranta di ebbra energia psichedelica.
La successiva Dorian, ancor di più, è un brano tanto affascinante quanto unico: intro di piano in sordina, col giro di accordi romantico e malato, pausa, basso in lontananza. Ora il pezzo prende vita, sempre scandito dal piano, le voci sono lontane, sussurrate, ripetute, mentre il ritmo incalza. «The mirror» continua a ripetere, mentre l’incantesimo ammalia, incantesimo terminato forse un po’ troppo presto. Per questo la successiva Decadence, sebbene ben caratterizzata da una chitarra distorta ed un ritmo ossessivo, anche grazie al suo verso poco felice «the dance of deca», sembra decisamente un minore, un residuo dei grandi inni punk.
Così come molto punk è l’introduzione di basso della penultima Mayday Malady, prima che una chitarra tanto effettata da sembrare un sintetizzatore faccia la sua comparsa. L’effetto è molto coinvolgente, e il giro incalzante di Twiggy fa il resto, con la voce che è un’implorazione di aiuto. È una danza selvaggia e ossessiva che si scatena «faster and faster and faster we go», anche qui un po’ interrotta al terzo minuto. Ma bello, cupo e sinistro s’insinua il basso che introduce la title-track, ultimo brano dell’album. Due giri, poi la voce si affaccia lamentosa. Harle segna il tempo, una sorta di pow-wow, ed il brano serpeggia in armonie inquietanti e orientali, con voci ora alte ora basse che si sovrappongono, fino alla pausa a due minuti e mezzo. Il piano lontano riprende la melodia, una chitarra distortissima lo ricopre e quindi il brano ri-esplode nella sua polemica antibellica (e antiamericana): «The great american dream / The decline of civilization / Echoed in the victim's scream» (il grande sogno americano, il declino della civiltà, echeggiato nell’urlo della vittima) e si avvia alla conclusione reiterando il suo verso/titolo «for madmen only». Gli effetti psicotici del finale non hanno nulla da invidiare ai Bauhaus più indemoniati.
Insomma, cari lettori, questa è la storia del dark. A parere di molti, gli UK Decay uscirono con questo disco dopo anni di silenzio. Può essere (comunque sappiamo che il silenzio fu solo discografico, mai concertistico), ma pochi potevano vantare tanta energia e tanta ispirazione: 7 brani notevolissimi su 11, e dagli stili decisamente vari (Duel e Dorian, ad esempio, si situano all’opposto di una scala che comprende Shattered, Stage Struck, Unexpected Guest, Sexual e For Madmen Only).
Peccato, perché purtroppo For Madmen Only uscì il 23 ottobre, neanche 10 giorni dopo Mask dei Bauhaus che, giustamente, stava facendo furore e incentrava su di sé tutta l’attenzione della scena. L’eccessiva somiglianza delle due band (ancor più che dei due dischi, che in effetti simili non erano) fece il resto, relegando gli UK Decay in una posizione di secondo piano estremamente penalizzante. Questo finì per logorare uno dei migliori gruppi della prima generazione dark.
Peccato, davvero...