Nei primi giorni di febbraio
del 1982, per la misconosciuta Y Records, uscì un disco che, sebbene
proveniente da una realtà artistica sostanzialmente estranea alla
scena dark (cioè di teatro sperimentale ed antagonista), lasciò questultima
assolutamente attonita. E lartista che ne era titolare fu così
calorosamente acclamata dal popolo oscuro, che de facto arriverà a
costituire il 90% del suo mercato, da divenire parte integrante di
quella scena letteralmente a furor di popolo, seppur non rispettando
appieno i criteri stabiliti nel paragrafo introduttivo di questopera.
In effetti Diamanda Galas (con laccento sulla a,
Galàs) nacque a San Diego in California da genitori greci, e cristiano-ortodossi.
Come tale non fu incoraggiata nelluso della voce e del canto,
ma bensì nellapprendimento della tastiera e del pianoforte.
Non tollerando la rigida educazione religiosa che i suoi genitori
vollero imporle, una giovanissima Diamanda si liberò presto delle
pastoie famigliari e, nei primi anni 70, si buttò in una vita di eccessi,
sesso e droga, per le strade di San Diego prima e di Oakland poi.
Quando decise di frequentare luniversità della California era
già famosa col poco lusinghiero titolo di drag queen,
ben dubbio onore per una donna. Alluniversità studiava performance
audio-visive, ma soprattutto canto, un po come reazione agli
impedimenti della sua infanzia, un po per scrollarsi di dosso
unetichetta di puttana tossica di certo poco edificante.
Ma certe etichette sono dure
a morire, restano attaccate a vita, come la malafede della gente pronta
a giudicare il prossimo per sentirsi migliore. Fu così che, dopo la
laurea, la nostra partì per lEuropa, frequentando scuole di
recitazione e compagnie indipendenti di teatro artistico. E continuando
a coltivare una voce che, contro ogni previsione, stava mano a mano
assumendo proporzioni mostruose. Fu proprio questa mostruosità
a convincere il compositore Vinko Globokar ad invitarla a partecipare
alla sua opera Un Jour Comme un Autre, grazie alla quale, finalmente,
nel 1979 la Galas debuttò in scena al festival di Avignone. Unopera
certo non leggera, basata sulle documentazioni di Amnesty International
sulle torture subite da una donna turca condannata per alto tradimento.
La cosa pazzesca è che la sua voce impressionò così tanto René Gonzales,
lallora direttore del teatro underground parigino Gerard
Phillipe Saint-Denis, che questultimo la invitò nella
capitale francese e le diede carta bianca pur di realizzare un progetto
con lei. Qui, nei due anni seguenti, la Galas mise a punto, e mise
anche in scena, le prime sue opere: Wild Women with Steak Knives
e Tragouthia apo to Aima Exon Fonos (Canto dal Sangue
di Coloro che Furono Assassinati). Questultima è una sorta
di invocazione con maledizione allindirizzo della giunta militare
che governò in Grecia tra il 1967 e il 1974, ed è dedicata alle sue
vittime. Lo stile della Galas si rifaceva molto alle tradizioni greche,
soprattutto alle strazianti lamentazioni femminili per la perdita
del marito in faide locali: roba da far accapponare la pelle...
In seguito portò le sue opere
in tournée per tutta Europa, partecipando ai più importanti festival
di teatro alternativo dellepoca: Donaueschingen, Inventionen,
Biennale de Paris ed anche Musica Oggi e Festival della Voce in Italia.
Queste performance,
così dolorose e allucinanti, come tutti i veri capolavori dovrebbero
fare, o creavano orrore e ribrezzo negli ascoltatori, oppure un vero
e proprio entusiasmo, lentusiasmo sofferente che cercava di
ricreare Artaud con il suo teatro del dolore, a suo tempo
adottato dai Virgin Prunes e, come presto sapremo, dai
Christian Death. Fu così che nacque lidea di fissare le sue
idee su disco, quindi non esattamente musica o canzone ma bensì performance
teatrale, tuttavia di un tipo così potente e persuasivo da poter benissimo
reggere il solo ascolto.
Ma certo, purtroppo allora Diamanda Galas non era quasi nessuno, soprattutto
nellambiente musicale, e dovette accontentarsi dellassolutamente
sconosciuta ed ultra-indipendente Y Records, per unuscita in
buona parte finanziata da lei e dal suo entourage. Lei nel frattempo
aveva composto una nuova opera basata sulla lettura dei lavori di
Baudelaire (I Fiori del Male e altro), e fu questa che volle
registrare, immortalandola in un assurdo 45 giri da 12, che
però durava circa un quarto dora per lato (quindi un Ep): The
Litanies of Satan.
Lopera appena composta
andò a costituire la-side del disco, dove le voci vengono elettronicamente
moltiplicate ed effettate, dando limpressione di una sorta di
accompagnamento musicale, che però è quasi inesistente. In realtà
cè una percussione bassa e, più avanti, altri interventi perlopiù
percussivi di synth. La voce è una vera e propria litania, in francese
(essendo ispirata a Baudelaire), con il verso ripetuto «Oh Satan,
prends pitié de ma longue misère» (o Satana, abbi pietà della mia
lunga miseria). In effetti lautocommiserazione è uno dei più
vecchi trucchi dellego, nostra parte satanica per
eccellenza, se tutte le scuole spirituali in buona fede si propongono
di eliminarlo
Anche unassurda voce rallentata, molto bassa
da sembrare maschile, o comunque dannata e diabolica come
poche, fa da contrappunto basso. Sopra la voce perde il controllo
della ragione e, come invasata e folle, ripete e improvvisa deliri
sotto leffetto ed il controllo di forze arcane e demoniache.
Mille altre voci gridano, ululano e si sovrappongono, dando un effetto
mostruosamente psichedelico al tutto.
Interventi elettronici, urla da strega, vocalizzi sopranisti (ricordiamo
che Diamanda era una campionessa di canto lirico), per il povero ascoltatore
si tratta di un tour-de-force nelle zone più paludose e torbide dellinconscio
collettivo, lungo quasi 20 minuti. Echi e riverberi per zanzare
vocali, lamenti di spettri, tremolii di terrore, da restare basiti
e volersi nascondere. The Litanies of Satan si configura come
opera estrema, sperimentale e originalissima, tuttavia il retro non
sarà da meno: si tratta della già sentita Wild Women with Steak
Knives, opera per sola voce, lo squilibrio di una pazza che follemente
percorre le vie di un classico ghetto americano, depravata e schizofrenica.
In effetti allinizio sembra proprio di avere a che fare con
le farneticazioni di uninvasata costretta dalla camicia di forza.
Poi però una pausa, quindi un grido acutissimo devasta lo spazio sonoro
e la psiche. Qui Diamanda dà dimostrazione delle capacità impressionanti
della sua voce, in grado di librarsi negli acuti più agghiaccianti,
gridati, rauchi, oppure sussurri, vagiti, squittii, borborigmi, gemiti
e vocalizzi i più complessi e disparati.
Leffetto è veramente raccapricciante: come ascoltare una Linda
Blair (la protagonista de LEsorcista) indemoniata
quanto mai, o un donna torturata in carcere, o ancora semplicemente
una malata di mente che parla/grida da sola in modo allucinato e sconnesso,
che litiga, che urla vivendo le parti di personaggi immaginari. Niente
musica, niente accompagnamento, solo vocalizzi estremi ed esasperanti,
grida dorrore o sguaiate, mormorii doltretomba, escursioni
da soprano leggero, per dodici minuti che sono supplizio dellanima.
Il disco piombò come un macigno
sulla testa degli appassionati della scena gotica. Una nuova regina
era nata: più brava di Souxsie poiché più sperimentale ed in grado
di rinunciare allarrangiamento, e vocalmente più dotata di Nico,
con la sua capacità di andare addirittura oltre le quattro ottave.
Di questultima
però aveva il carisma maledetto e misterioso, anzi forse misteriosofico.
Come lei sapeva parlare del dolore, ma in un modo ancora più estremo,
più gridato in faccia al mondo, certamente più etnico, capace comera
di pescare dalle forme mediterranee, greche, africane. Forme che il
dolore aveva assunto in millenni di agonie dei deboli, dei reietti
del mondo, delle donne. Sì, le donne con il loro dolore millenario
di vittime della violenza, di madri coi figli in guerra o in carcere,
di vedove.
Forse era addirittura troppo, troppo per un mondo che certe cose si
rifiutava di sentirle, troppo per gli anni 80 delledonismo
reaganiano. Troppo persino per una scena gotica che, nel suo
essere musicale e giovanile, rappresentava più laccidiosa
sconfitta del giovane europeo che langoscia straziata e pluri-millenaria
di unumanità dolente. Il disco, tutto sommato, non fu un successo
nemmeno per lunderground, e Diamanda tornò quindi al teatro,
con la sua nuova opera, Panoptikon.
Ma intanto The Litanies of Satan era uscito e alle persone
più sensibili era piaciuto. Molto, forse troppo per poter essere relegato
in un cassetto. Fu così che proseguì il suo lavoro. Con il passaparola,
nellombra.