Fra tutti i gruppi di cui
si è finora parlato, gli Wire sono stati senzaltro i più dotati.
Tre Lp, tre record: con Pink Flag avevano innovato il punk,
allargandone le prospettive; con Chairs Missing avevano fondato
la new wave inglese (soprattutto quella più intelligente e determinata);
con 154 avevano contribuito a delineare le sonorità del dark.
Con il loro smisurato talento e la loro acuta intelligenza erano certamente
destinati a dominare sulla scena musicale mondiale.
Eppure che qualcosa non stesse andando per il verso giusto era già
emerso durante le registrazioni di 154. La EMI vedeva il gruppo
come un indesiderato residuo della stagione punk, una presenza imbarazzante
nel suo catalogo. Nella primavera del 79 era stata addirittura
accusata dal British Market Research Bureau (palesemente avverso alla
musica punk) di aver gonfiato le vendite del singolo Outdoor Miner.
Sempre più osteggiati dalla casa discografica, i quattro partiranno
per una lunga tournée, che precederà di poco luscita di 154
(avvenuta, lo ricordiamo, nel mese di settembre 1979). Ma già durante
le registrazioni del disco i quattro Wire avevano somatizzato le pressioni
esterne, trasformandole in tensioni interne. Colin Newman (voce e
chitarra) da un lato, Bruce Gilbert (chitarra) e Graham Lewis (basso)
dallaltro, litigavano sempre più spesso sul suono da ricercare:
pulito e con tastiere per il primo, sporco e cacofonico per i secondi.
Al batterista Robert Gotobed larduo compito di paciere.
Purtroppo o per fortuna, alluscita del disco laggressività
da interna torna ad essere esterna: i quattro accusano apertamente
la EMI di non promuovere adeguatamente un Lp molto ben recensito dalla
stampa di settore. Unulteriore John Peel session (quella con
il chilometrico inedito Crazy About Love: 15 minuti!) ed un
ulteriore singolo, Map. Ref. / Go Ahead, ed il gruppo
abbandonerà definitivamente la casa discografica, sbattendo la porta.
Ma sono Wire allo sbando quelli che nellestate del 1980 cercano
una nuova etichetta. La troveranno
tuttavia nella Rough Trade, che nel mese di settembre pubblica il
singolo Our Swimmer / Midnight Banhof Café. Il primo
è il classico brano Wire solare: positivo ma intelligente, diciamo
sinistramente scanzonato (cè sempre una tensione strisciante
).
Il secondo invece è in stile 154, ripetitivo e tetro, sebbene
molto percussivo, un dark à la Wire con aperture più luminose. Ma,
come si diceva, il gruppo era allo sbando, anzi era ormai praticamente
sciolto.
Il primo ad approfittare della nuova situazione sarà il vulcanico
Colin Newman, che riarrangerà il rimanente materiale del gruppo mettendo
in pratica le sue idee in totale libertà. Per le incisioni chiamerà
a sé il bassista Desmond Simmons ed il tastierista Mike Thorne (che
curerà anche la produzione), comunque sempre accompagnato dallamico
Robert Gotobed alla batteria.
Fu così che il quarto Lp degli Wire fu invece il primo a nome Colin
Newman, dal titolo A-Z, uscito nellottobre dell80
per un'altra etichetta ancora, la Beggars Banquet.
In effetti il suono elaborato dalla coppia Newman-Thorne a tratti
non si distingueva molto da quello del vecchio gruppo, a tratti invece
assumeva parvenze quasi di leggera bubble-gum (tutte quelle tastiere
pulitine tanto anni 80), risultando invero un pochino schizofrenico.
La principale mancanza che si avverte, tuttavia, è quella di Graham
Lewis, la cui tenebrosa voce e fissità ritmica aveva tanto deliziosamente
caratterizzato 154. Inutile dire che senza di lui A-Z
risulterà dai contenuti dark molto più rarefatti. Tuttavia il genio
di Newman non avrà più modo di esprimersi con uno stato di grazia
simile, creando un'opera che in più punti fece gridare al capolavoro:
ora pop, ora più seria, ora più intelligente, ora più flippata e pazzoide,
in uno stile che pescava tanto dagli Wire quanto da Brian Eno o dal
contemporaneo elettronico (e quasi omonimo) Gary Numan, e tanto da
Syd Barrett quanto da Robert Wyatt. E qui sè già detto più del
dicibile...
Le canzoni memorabili quindi non mancano: dalla prima Ive
Waited Ages, con una chitarra distortissima e devastante ad accompagnare
una voce seria su una melodia folle, molto in stile Chairs Missing,
almeno finché voci mutanti e disturbate non la sconvolgano. Meravigliosa
la terza, Alone, una melodia che arriva dritta allanima,
così orientaleggiante, così oscura, così derelitta, un capolavoro.
Ma non sfigura neanche la successiva Order for Order, con tastiera
triste e voce enfatica e sempre più ripetuta, alla Our Swimmer.
O linizio di Image, dove prepotente torna certa catatonia
dark, con voce sussurrata e bellissima, almeno fino alla dissonanza
psico-strumentale che segue. Altro capolavoro sincopato (ricorda alla
lontana certi Joy Division incrociati con certi
PIL) sarà Troisieme: ossessionata ed ossessionante, voci sovrapposte,
tempi ancora catatonici, anarchia musicale finale. Forse non è formalmente
dark, ma di certo lo è intrinsecamente.
E, sempre in questo senso, che dire della quasi straziante Seconds
to Last? Atmosfere rarefatte e malinconiche, inizialmente in contrasto
col cantato (così tipicamente wireano), ma poi il lungo finale strumentale
vira decisamente verso la solitudine cosmica interiore. Chiosa folle
e claustrofobica del disco sarà lultima B, strumentale
danza elettronica tra John Foxx e Numan, ma presto mutata in marchingegno
per cacofonie ed urla liberatrici. E giù i brividi.
Nella successiva edizione su cd del 1988, la Beggars Banquet pubblicherà
cinque extra-tracks provenienti dalle stesse sessioni. I brani più
interessanti saranno una meravigliosa, dolcissima e a suo modo devastante
versione strumentale di Alone per pianoforte (intitolata appunto
Alone on Piano) ed uninattesa Not Me, un brano
dal cantato tranquillo, quasi pacato, ma dallinedito arrangiamento
post-punk molto movimentato. Insomma, un piccolo gioiello allora incompreso.
Definito dalla critica più intelligente un Barrett tecnologico,
la cui pazzia è ora prigioniera delle macchine e di un'alienazione
ben più devastante e ben meno poetica, Colin Newman, come si
è detto, non toccherà più vertici simili. Sarà tuttavia in grado di
riformare gli Wire nel 1986, con lEp Snakedrill, ma con
loro riprenderà un discorso new wave brillante, intelligente, a tratti
anche molto dolce (reinventerà una sorta di nuova estetica della dolcezza),
ma purtroppo quasi mai oscuro. Sarà il solido bassista e tenebroso
vocalist Graham Lewis a tentare strade più cupe e oppressive con il
suo side-project He Said, autore di due album veramente notevoli nella
seconda metà degli anni 80.
Ma questa, come si dice, è unaltra storia.
Allora, nellinverno 80-81, restava solo la tristezza per una
delle maggiori promesse del nuovo rock (ancor più che del dark), gli
Wire appunto, così inspiegabilmente perduta. Tuttavia il gruppo non
dirà addio al suo pubblico prima di unultima operazione discografica,
a detta dei più decisamente discutibile, ma certo non priva di un
innegabile valore documentaristico: il live Document and Eyewitness.
Uscito per opera (ed iniziativa) della Rough Trade nel luglio dell81,
riportava in realtà lultimo concerto degli Wire, tenuto allElectric
Ballroom il 29 febbraio dell80, più altro e precedente materiale
live (soprattutto dal Notre Dame Hall).
In effetti il loro normale show vedeva uno strano gruppo
scordato, patafisico e rumorista molto più che su disco, ma comunque
curiosamente freddo, metronomico (più attento a rispettare il tempo
che la partitura). I loro cavalli di battaglia Go Ahead, 2
People in a Room, Heartbeat, brevi schegge impazzite, sembrano
come filtrati da unaura di tecnologica e cacofonica
freddezza che ne aumenta a dismisura un vago senso di disturbata alienazione.
Molti gli inediti, a testimonianza delle numerose frecce al suo arco
che aveva questa formazione, e che da sole valgono lacquisto
del disco. Certo le registrazioni potevano essere migliori.
In questo senso, allucinante campione della registrazione sbagliata
ma contemporaneamente della documentazione indispensabile, sarà il
cuore del disco, cioè il loro ultimo concerto allElectric Ballroom
di cui sopra. In effetti qui si tratta di una vera e propria performance
multimediale, certamente più simile al cabaret dadaista che ad un
concerto di post-punk. Il gruppo suonava dietro ad un lenzuolo di
6 metri per 12 che veniva portato in giro per il palco. Occasionalmente
il maestro di cerimonie, il loro manager Mick Collins,
cercava di presentare le canzoni in modo umoristico, scatenando lira
del pubblico punkettaro e darkettone presente.
Ogni tanto faceva capolino una capra dotata di lampade, chiamata Jimmy,
portando luce allintera band, oppure due uomini con pastoia
venivano pascolati da una bonazza, che nel frattempo si
portava dietro un razzo gonfiabile, o Colin si copriva con un velo
nero oppure lottava con un cappotto di cuoio o con una stufa a gas.
Insomma cose così, mentre i suoni più angoscianti e psichedelici del
momento invadevano unaudience a dir poco perplessa. I brani
erano quasi tutti inediti (tranne 12XU, peraltro solo un frammento
cui sono stati costretti a furor di popolo) e purtroppo
la bassa qualità delle registrazioni, avvenute pure a livelli troppo
alti, quindi in distorsione, non consente una comprensione corretta
del livello musicale della serata. Underwater Experiences
si era già sentita dal vivo in passato (è infatti riportata anche
nella prima parte del disco), Everything Nice è una breve nenia
catatonica parlata e oscura, Piano Turner è un tiratissimo
voodoobilly punk a livelli di pazzia, We Meet under Tables
una sorta di be-bop tecnocratico e alienante, manicomiale e monocorde.
La serata proseguiva così, fra urla disarticolate e cavalcate scomposte,
fra suoni psico-tecnologici ed improvvise, nere tetraggini. E indesiderate
spiritosaggini di Collins. Bellissima e oscura Eastern Standard,
demenziale ma aggressiva Eels Sang Lino (dopo è apparsa la
capra), ska e di un ottimismo flippato Revealing Trade Secrets
(molto wireana), ancora dark e paranoica la lunga e pazzesca And
Then
(ah, Lewis, che voce!). La gente, sconcertata ed infastidita,
gridava insulti e tirava bottiglie.
Insomma, al di là
di perplessità e facili critiche, ciò che il disco testimonia (anche
nel titolo) è lincredibile vena creativa degli Wire e le loro
coraggiose ambizioni. Dopo il suono oscuro ed introverso di 154
bisognava andare oltre. Alla cupa depressione segue la nera pazzia,
similmente a quanto faranno i Cure (che dopo Faith pubblicheranno
Pornography) e su una strada simile ma nel contempo molto diversa
da quello che già avevano tentato i PIL (ed i Virgin Prunes, che però
allora erano ancora misconosciuti). La solitudine, lalienazione,
la follia, lurlo liberatore, la catatonia da sedativi. Il tutto
in una cornice paradossale e surreale, come tale è la malattia mentale,
e con la giusta ironia che evita la retorica.
Insomma, un gruppo troppo grande per poter durare. Tuttavia, perché
i paradossi non arrivano mai da soli, tra i pochissimi gruppi qui
recensiti ad essere ancora attivi. Peccato che purtroppo si tratti
veramente di unaltra storia
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