Sempre per la serie esempi
di post-punk che col dark non ci azzeccano niente, forse è il
caso di segnalare che dalla lontana Australia, nel frattempo, facevano
capolino i Boys Next Door. Anzi, nella realtà
non facevano capolino proprio per niente, con tutte le difficoltà
che stavano incontrando nella loro terra dorigine.
In effetti i giovanissimi Mick Harvey e Nick Cave non avrebbero potuto
essere più diversi fra loro. Bello, quasi angelico, elegante e raffinato
polistrumentista (quasi un virtuoso) il primo; brutto, rozzo, demoniaco,
incapace ad ogni strumento (col tempo imparerà il piano) ma cantante
selvaggio il secondo. Compagni di scuola, formarono i
Boys Next Door in quel di Melbourne, con laiuto del batterista
Phillip Calvert. Solo successivamente, per esigenze live, si aggiunse
il corpulento bassista Tracy Pew.
In effetti, dal vivo i ragazzi della porta accanto lasciavano
il loro scarso pubblico decisamente impressionato. Sporchi, selvaggi,
animaleschi, erano i perfetti emuli di Iggy Pop e dei suoi Stooges,
per quanto riguarda lattitudine sul palco (oltre al rumore
indistinto emesso dagli strumenti), e di Lou Reed per le corrotte
tematiche dei testi. Tuttavia quando, dopo immani fatiche, riuscirono
a procurarsi un contratto discografico, la benpensante industria musicale australiana pensò
bene di normalizzarli. Nel '78, infatti, il primo 45 giri a loro nome
altro non fu che la scanzonata cover di These Boots are Made for
Walking, precedentemente interpretata da Nancy Sinatra (!). Un
pezzo così orecchiabile e commerciale avrà certo dato al quartetto
una qualche notorietà, ma assolutamente insoddisfatti dal prodotto,
i ragazzi insistettero presso letichetta discografica, la Mushroom,
per registrare un disco diciamo più rappresentativo. Ma la parola
dordine era normalizzazione e così doveva essere.
Fu assegnato loro il produttore dei Supercharge, gruppo di funk comico
inglese, certo Les Karsky, famoso per considerare i Roxy Music ed
i Velvet Underground come i peggiori gruppi rock mai esistiti.
Il risultato, ovviamente, fu un mezzo disastro. Furono registrate
sei canzoni di cui la prima, The Nightwatchmen, era un ballabile
rock appassionato e romantico, con Nick che sembra un cantante interessante
ma assolutamente convenzionale. Decisamente meglio la seconda Brave
Exhibitions, aperta rumorosamente dai sassofoni di Mick Harvey
e con un ritmo aggressivo e sostenuto, sebbene il taglio sia comunque
un po troppo orecchiabile e scanzonato. Stesso discorso per
la successiva Friends of My World: intro epico, partitura vocale
interessante sebbene un po troppo appassionata, ma ritornello
leggermente insipido che lascia un po così. Dei tre pezzi appare
comunque il migliore, probabilmente per quelleffettaccio super-elettronico
aggiunto nel finale.
Può sembrare un po meglio, aggressiva e appassionata, anche
The Voice, scandita in un secondo tempo dai sassofoni che,
senza mai toccare vertici sublimi, riescono almeno ad evitare stucchevoli
romanticherie. È come se unenergia ed una potenzialità molto
maggiori siano state in qualche modo soffocate. Energia che prova
a liberarsi nella successiva Roman Roman, ma che purtroppo
si risolve in una sorta di ska-punk leggermente insipido e convenzionale
(maledetti quei coretti anni 60 infilati un po dappertutto!).
Altra buona prova potrebbe essere anche quella di Somebodys
Watching Me che, nel suo essere comunque orecchiabile e convenzionale
(e con gli odiosi coretti doo-wop), finalmente scatena una
certa carica coinvolgente, grazie anche alle ardite scale chitarristiche
di Harvey ed ad un saggio uso strategico di poche pause.
Insomma, non un vero disastro, almeno tre canzoni sono più che degne
di nota (Friends of My World, The Voice e Somebodys
Watching Me) ma, al di là del fatto che ci sia assolutamente nulla
di gotico o affine, si ha comunque limpressione di unoccasione
sprecata. E mentre su questo spreco lavoravano, i ragazzi fecero amicizia con una
sorta di leggenda locale: loscuro, segaligno e originalissimo
chitarrista Rowland S. Howard, già al servizio di band come gli Obsessions
e gli Young Charlatans. Impressionato dallattitudine anarco-rumorista
dei quattro, Howard decise di unirsi alla combriccola e di dare una
mano nel ridefinire il repertorio del gruppo, oltre che nelle registrazioni.
Ma la Mushroom si oppose con forza: ciò che è fatto è fatto, al limite
si potevano aggiungere pezzi nuovi. Fu così che, scaricato lodiato
Karsky, i nuovi Boys Next Door cominciarono ad avvalersi della preziosa
collaborazione del fonico Tony Cohen ed incisero altre 4 canzoni dal
gennaio del 79.
Quando poco dopo uscì, lLp
Door Door nonostante la bellissima copertina viveva
in sé tutte queste schizofrenie e contraddizioni: ai primi sei pezzi
sopra descritti si aggiungevano i quattro nuovi e decisamente diversi
di cui uno, Shivers, uscito anche come singolo di un certo
successo. Ultimo brano del disco, Shivers è anche lunico
diverso o sarebbe meglio dire sbagliato. Doveva
trattarsi di una ballata ironica sulle inquietudini adolescenziali
(che potevano anche portare al suicidio), non il lentone romanticone
e lacrimevole che alla fine ne uscì. Ma i ragazzi andavano capiti:
erano alle prime esperienze in sala dincisione e a tutti è concesso
qualche piccolo errore
Comunque è impressionante la capacità
vocale di Nick Cave, perfetto crooner moderno.
Infinitamente meglio gli altri tre brani: After a Fashion,
mentale e nervosa, la presenza di Howard si sente subito, con i suoi
riff distorti e ripetitivi (sebbene, col senno di poi, decisamente
normalizzati, ancora!), con Harvey alle tastiere ed il basso di Pew
finalmente in evidenza. La voce rimane ancora un po sentimentale,
ma in questo caso rappresenta il classico tocco in più.
Nel finale Howard e Calvert potranno dare libero sfogo alle loro doti.
Più ironica e tagliente la successiva Dive Position, con piano
beffardo, vocina in falsetto sulle parole dive position,
ritornello rumoroso e variante spiazzante. Decisamente un bel pezzo,
sebbene forse ancora un po velleitario.
Il capolavoro di Door Door comunque, secondo il parere
di chi scrive, sarà la successiva e penultima I Mistake Myself.
Inizio sommesso e sconnesso, poi chitarra che entra tagliente col
suo riff, Nick Cave finalmente obliquo e straziante come sa essere,
ed addirittura riffino canzonatorio che riprende gli sberleffi infantili.
E che dire del finale sublime «ah ah, we all fall down!»? Un pezzo
strano, insieme sballato ed epico, che fa emergere, leggermente ma
indubitabilmente, i cinque musicisti più importanti che lAustralia
era destinata ad avere.
Australia che per altro sembrava
non volersene accorgere. In unintervista i Boys Next Door dichiareranno
i nostri concerti sono affollati, la gente continua a parlare
di noi, ma nessuno acquista i nostri dischi. Ciò avverrà anche
dopo lennesima problematica produzione, quellHee-Haw
che, uscito nel novembre del 79, nel suo rendere maggiormente
giustizia al quintetto, sarà anche lultimo prodotto discografico
a portare il nome dei ragazzi della porta accanto. Sì, perché nel
frattempo loro avranno preso i loro provvedimenti.
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