Tra
i gruppi allegri del dopo-punk vanno senzaltro menzionati
i funambolici Easy Cure, poi più semplicemente The Cure. La loro musica
era appunto un post-punk scoppiettante ed energico, lievemente ispirato
a certa psichedelia beat degli anni 60. Sul perché vengano nominati
adesso è necessario fare il discorso già a suo tempo fatto per i Warsaw,
poi Joy Division ed il loro An Ideal for Living:
se la storia non fosse andata come tutti sappiamo non sarebbero stati
minimamente presi in considerazione.
Completamente estranei al fenomeno dark, si diceva, i Cure tuttavia
si vestivano di nero, avevano capigliature sparate molto
dark-wave e delle volte coloravano le loro vivaci canzoni di toni
meditativi o malinconici. Era soprattutto merito del cantante-chitarrista-compositore
Robert Smith, musicista ondivago e lunatico, a volte gioioso, altre
aggressivo, altre depresso. Trovatosi con il batterista Lol Tolhurst,
suo compagno di scuola e con il bassista Michael Dempsey, i tre (ma
originariamente erano un quintetto, con un secondo chitarrista ed
un cantante) riuscirono a rimediare un contratto con la microscopica
etichetta discografica Little Wonder. Piccola ma incredibilmente intuitiva.
Killing an Arab, loro singolo desordio del dicembre 78,
è un pezzo bellissimo, trascinante ed irresistibile con i suoi intrecci
arabeggianti di basso e chitarra. Ma oltre allorecchiabilità
il brano godeva anche di un testo impegnato sia socialmente che culturalmente:
anche questo, infatti, liberamente ispirato allEtranger
di Camus, similmente allomonima canzone dei Tuxedomoon. Nonostante
qualche problemuccio con le comunità islamiche, il disco fu un tale
successo che fu facilissimo per i tre ragazzi ottenere un contratto
con la Polydor, per la neonata etichetta Fiction.
Tree Imaginary Boys, questo
il titolo dellLp uscito nellaprile del 79, non deludeva
certamente le attese. Ma già la copertina era un capolavoro dell'assurdo.
Nessuna foto (giusto tre elettrodomestici), nessun titolo, solo simboli
grafici, un vero rompicapo ai limiti del surreale! Il primo brano
era il retro di Killing an Arab, la bellissima 10:15, Saturday
Night: linizio calmo e sommesso scandito da una nota di
chitarra, lingresso fragoroso della sezione ritmica, cui segue
la voce che canta di un amante in attesa ad un telefono che non suona.
Il rumore della goccia (lonomatopea di drip drip drip)
rallenta di nuovo i toni, fino alla strofa dopo e quindi ai variegati
intermezzi di chitarra. Pezzo romantico e stranamente triste, uno
dei loro primi capolavori.
Missata insieme ecco iniziare Accuracy, dallallegra severità,
con appena un lieve accenno malinconico. La successiva Grinding
Halt, un punk-reggae, è già più nel loro stile scanzonato e leggero
ma sempre intelligente, mai superficiale.
Stranamente depressa la successiva Another Day, decisamente
unanticipazione delle loro atmosfere più introverse: chitarra
semiacustica in accordo minore, voce mesta, aria triste. Un intermezzo
strumentale meditativo e poi la ripresa della voce, per questo gioiellino
che la dice lunga sulle capacità compositive del giovane Robert Smith.
Ma la tristezza viene subito messa da parte dalla psichedelica ed
aggressiva Object, un pezzo dalla semplicità quasi adolescenziale,
con abbondante delay sulle voci.
Una strana atmosfera, quasi swing ma molto dimessa, fa da sfondo alla
breve e straniante Subway Song, che finisce con un urlo lacerante.
Poi un solo aggettivo può qualificare il brano a seguire: geniale.
La loro interpretazione della Foxy Lady di Jimi Hendrix è veramente
assurda: ritmo scatenato e punk-reggaeggiante, chitarra reiterata
su una nota sola, voce (di Dempsey, stavolta) sconvolta e distorta.
In assoluto linterpretazione più fresca mai sentita di questo
brano. Poi, a conferma della divertita schizofrenia dei tre, un intro
ancora swing prepara il reggae scatenato di Meathook, un brano
trascinante e di un genere assurdo: post-punk-reggae-free-jazz-swing?
So What, la successiva, è un altro pezzo movimentato e moderatamente
aggressivo, dal testo particolarmente nonsense.
Un altro piccolo capolavoro di questi tempi i Cure lo confezionarono
con Fire in Cairo: una voce malinconica ed introversa su un
vivace tempo reggae, una passione che brucia come il fuoco al Cairo,
il ritornello orecchiabile ma mesto, dove vengono cantate le lettere
(effe, i, erre, ecc. ovviamente in inglese). Ritmo sostenuto ma melodia
piena di mestizia, questa la loro formula assolutamente irresistibile!
Potente e sostenuta, oltre che più tipicamente nel loro stile, la
successiva Its not You porta allultimo sorprendente
brano. Three Imaginary Boys, infatti, lascia allibiti. Inizio
con chitarra acustica, ritmica sul giro degli accordi, ingresso fragoroso
di basso e batteria, voce tra il depresso, il rassegnato e lallucinato.
Una melodia semplice, un assolo semplice, un arrangiamento essenziale,
ma incredibilmente efficace nellesprimere una triste desolazione.
Questa canzone potrebbe quasi essere una nuova formula, potrebbe diventare
la via dei Cure al gotico. Ma
chi vivrà vedrà
Un disco allegro, si diceva quindi, squisito ma quasi totalmente estraneo
al dark. È sostanzialmente vero, ma mai a cervello spento,
anzi dallattitudine sempre molto intelligente, fino ad una certa
depressa consapevolezza. Sono notevoli gli esempi in tal senso (la
title-track ed Another Day) che fanno intuire la strada che
il gruppo avrebbe potuto prendere.
Ma non si sarebbe
capito subito. Sembrava che comunque il principale scopo dei Cure
fosse ancora molto easy: il singolo successivo infatti, Boys dont
Cry, certo voleva incuriosire, ma soprattutto voleva far ballare
e divertire. E così fecero con il successivo Jumping
Someone elses Train e tutti i loro 45 giri di questo periodo
saranno poi raccolti nella compilation Boys dont Cry.
Ma fino a quando sarebbero andati avanti? Insomma, anche su questa
compilation, un pezzo come World War cosa voleva significare?
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