Che titolo poteva
proporre per il primo album un gruppo che si chiamava Public Image
e che già era uscito con il 45 giri Public Image?
John Lydon era rimasto indietro e questo non poteva sopportarlo. Abituato
allavanguardia più estrema ormai da un paio danni, cioè
da quando si chiamava Johnny Rotten, aveva costituito questo supergruppo
con Levene e Wobble solo per rimediare laccusa di rappresentare
la retroguardia della scena musicale inglese (nonostante la collaborazione
all'immagine di Jeanette Lee). Certo, questo dava sicurezza al
suo pubblico oceanico, basito e deluso dalla carriera pop che avevano
intrapreso gli altri Sex Pistols Cook e Jones. Ma non era da lui diventare
dinosauro di se stesso. Certo, il brano Public Image laveva
confermato punk, seppure leggermente evoluto, e la scena post-punk
fino a quel momento aveva fatto a meno di lui. Ma a tutto cera
rimedio.
Fu così che sotto i riflettori della stampa mondiale, dopo il brano
Public Image, il supergruppo Public Image fece uscire lLp
sorpresa Public Image! Era il mese
di dicembre 1978.
Dalla copertina nulla sembrava
essere cambiato: sotto il titolo e la piccola scritta first
issue cera lui, grande accentratore, con i suoi occhi
strabuzzati, solo stranamente ripulito. Ma dal primo solco si capiva
che qualcosa di veramente nuovo stava bollendo in pentola. Theme,
sebbene pienamente figlia del genio pazzo del punk, era tuttavia qualcosa
di estremamente straniante e mai sentito, che esprimeva appieno le
capacità del nuovo supergruppo. Un grido lontano ed un basso enorme,
devastante, introducono una pesantissima batteria ed una chitarra
distorta e spastica. Limpressione generale è di atmosfera disarticolata
ma opprimente, soprattutto a causa di quel basso onnipotente. Ogni
tanto un grido sgolato di Lydon ci ricorda la sua presenza, ma il
brano prosegue senza voce per un po, sul suo pesantissimo giro.
Quando poi la voce entra stabilmente, si rimase sorpresi. Niente anthem,
niente ramalama, ma il lamento di un muezzin disperato e pazzo che
piagnucola «I wish I could die». Il brano prosegue solido, monocorde
e paranoico, ma sconvolgente e meraviglioso, per almeno 8 minuti buoni,
fino allepigrammatica frase terminal boredom, noia
terminale, che lo interrompe.
Una chitarra lontana e stridula, una batteria pesante ed ossessiva,
un basso enorme, schiacciante in un giro in sé quasi dub
o reggae, ma dalleffetto oscuro, ed infine una voce lamentosa
e senza speranza, costituiscono la nuova e allucinante ricetta di
John Lydon. Ricetta che in parte sarà adottata da tutto il nascente
genere dark, soprattutto nel nuovo rapporto che hanno basso e chitarra
nel missaggio del brano, col primo preponderante sulla seconda.
Ma dopo la devastante Theme la tradizione cercava ancora di
fare capolino. Una voce senza accompagnamento recita i versi della
successiva Religion. Anche qui il basso è grosso
e reggato, anche qui la voce è lamentosa, ma leffetto-inno del
testo lo rende più consono alla tradizione punk, aiutato da una chitarra
troppo compiacente in tal senso. Leffetto generale, comunque,
non è privo di una notevole suggestione e di una tensione sinistra
certamente inedite nella produzione dei Pistols. Peggio ancora in
quella direzione farà la successiva Annalisa, canzone decisamente
bella e coinvolgente, ma troppo somigliante ad una sorta di perverso
miscuglio tra punk e rocknroll, con quel beat ripetitivo
di batteria, la chitarra in riff e la voce in quasi-ramalama. Bella
e coinvolgente sì, con testo sulla costrizione sociale (parla di una
bambina fatta morire di fame dai genitori perché convinti fosse posseduta
dal demonio), ma non innovativa. Segue Public Image, di cui
si è già detto. Ma purtroppo la metà del disco è già abbondantemente
passata e la sua carica innovativa irrimediabilmente compromessa.
Che dire della successiva Low Life? Qui addirittura John ha
esagerato e torna a farsi chiamare Rotten, con quello che il senno
di poi farà catalogare come l'ultimo inno in ramalama della sua carriera.
Anche la chitarra: non sembra nemmeno lacido ed atmosferico
Levene, ma il rozzo debuttante Jones di un paio danni prima.
Solo il testo affronta tematiche leggermente diverse, con un punto
di vista più intimo e sconfitto certamente nuovo: non più inno alla
lotta contro il potere, ma urlo angosciato del perdente (nel dettaglio
il perduto amico Sid Vicious) senza speranza.
Ma quando si è già pronti ad un album di punk dalle tematiche alternative,
intervengono con funzione nobilitante i due brani conclusivi. Il primo,
Attack, apparentemente punk come il predecessore, dopo la raschiata
iniziale esprime una rabbia demenziale e psicotica, con la voce che
urla in ossessionante delay la sua pazzia delirante e inquietantemente
claustrofobica. Una scheggia, perché ancora più claustrofobica e ossessiva
sarà la finale Fodderstompf: una danza demente e mongoloide,
con una sezione ritmica assurdamente profonda ed una chitarra farcita
di disturbi sonici ed elettronici acutissimi. Insomma mancano completamente
le tonalità medie, mentre delle voci da manicomio gridano scomposte
«we only wanted to be loved!». Un viaggio allucinante nella parte
più malata della coscienza collettiva, dove un potente basso dub ed
una batteria tutta uguale scandiscono i limiti della follia umana
e del suo isterico delirio. Da far rabbrividire, quando non ridere.
Campione di incassi ma assolutamente non dark (tranne, forse, il primo
e l'ultimo brano), anzi perfetta via di mezzo tra il punk più ortodosso
e qualcosa di là da venire, questalbum è riuscito
almeno a dimostrare quattro cose:
1) Che il signor Lydon era tremendamente serio prima (non stava scherzando,
al contrario di molti dei suoi compagni e di gruppo e di scuderia)
e rimane allucinantemente serio adesso.
2) Che il post-punk, nel suo prediligere il cervello, poteva aprirsi
ad orizzonti insospettabili.
3) Che la sconfitta e la follia umana avevano una dignità artistica
pari a quella delle creature della notte o delle varie
viziosità.
4) Che comunque il re del punk era ancora in grado di confezionare
dischi bellissimi.
Da qualche parte, fra le
note di copertina, dopo la ragione sociale (è proprio il caso di dirlo)
il signor Lydon aveva aggiunto le tre lettere Ltd: limited,
la nostra Srl. La sua era una nuova azienda, certo con una nuova immagine.
La ribellione brada e selvaggia dei Sex Pistols, che già celava un
terrore cosciente e impotente, era divenuta delirio paranoico e profezia
di apocalisse. Così la violenza verbale contro il potere ora era denuncia
di un angoscioso futuro tecnologico, un potere ben più minaccioso.
La sceneggiata pubblica (il divismo e lo scandalo) dei Sex Pistols
viene sostituita dai Public Image con una maniacale indagine della
psiche collettiva. Invece che procedere dallinterno verso lesterno
(dalla rabbia individuale verso loltraggio pubblico) la loro
operazione procede dallesterno verso linterno (dallalienazione
del popolo metropolitano verso langoscia individuale). Lydon
recupera la sua "immagine pubblica" per un arduo e doloroso
cerimoniale privato (Scaruffi).
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