1.0 Origini oscure

La stagione 1978-79

Quella del 1978 può essere considerata l’ultima vera estate punk. Un po’ per questo fatto, un po’ perché l’estate in genere porta con sé una “sospensione” delle attività lavorative (chiamiamola banalmente vacanza) ed una contestuale “esaltazione” delle attività ludico-ricreative di cui la musica è parte importantissima, nella nostra analisi delle stagioni del dark esamineremo preferibilmente il periodo lavorativo, ovvero quello che va da settembre/ottobre fino a giugno/luglio dell’anno dopo, portatore tra l’altro di angoscia ed alienazione funzionalissime all’analisi stessa.
Come già evidenziato, dopo l’estate del ‘78 il fenomeno punk andava via via sgretolandosi, lasciando aperta un’enigmatica questione: cosa succederà dopo? Ovvero, come sarà il post-punk? Questa domanda avrà avuto molta più importanza in Inghilterra che negli Stati Uniti principalmente per due ragioni:
1) Con la grande “rivoluzione” del punk lo scettro del rock era tornato saldamente al di qua dell’Atlantico (com’era già successo con il precedente fenomeno beat). I grandi protagonisti del punk inglese, quindi, erano tenuti più sotto i riflettori internazionali dei loro compagni d’oltreoceano.
2) Negli Stati Uniti si era già affermato abbastanza bene il fenomeno new wave, con gruppi ormai di una certa fama come i Talking Heads, i Devo, i Pere Ubu ed i Television (con questi ultimi addirittura già in v
ia di scioglimento), mentre in Inghilterra i primi pionieri in questo senso, cioè i Japan di David Sylvian e gli Ultravox di John Foxx faticavano non poco ad emergere (con l’eccezione degli eccellenti Magazine).

In effetti questi piccoli-grandi gruppi che cercavano di diffondere, modernizzandolo ed attualizzandolo al dopo-punk, il verbo dei grandi avanguardisti inglesi dei 70 (David Bowie ed i Roxy Music con Brian Eno in primis) erano stati finora ignorati, offuscati dal grande tourbillon della marea punk. In seguito i Japan, dopo un cambio di etichetta discografica ed una virata in senso etnico, conobbero un successo sempre più importante ed il giusto riconoscimento generale di grandi anticipatori del fenomeno new wave. Lo stesso David Sylvian, una delle voci più calde d’Inghilterra, sarà protagonista di una fulgida carriera solista.
Per quanto riguarda gli Ultravox, invece, si scioglieranno nell’indifferenza generale. In seguito i musicisti sapranno recuperare la sigla con il nuovo cantante Midge Ure. La loro nuova formula, tuttavia, sarà tanto soddisfacente dal punto di vista commerciale quanto inconsistente e stucchevole da quello artistico. Molto meglio saprà fare, almeno per un paio di album elettronici e paralleli alla ricerca immediatamente successiva di Gary Numan (per altro a sua volta influenzato dai primi Ultravox), l’ormai solo John Foxx.

Ma nell’autunno del ‘78 queste cose non si sapevano ancora. Ed il dubbio rimaneva. Gli sguardi oltre che sui grandi protagonisti del punk, erano puntati anche sui nuovi potenziali “non ancora espressi”, come ad esempio il Bromley Contingent. Si trattava di un gruppo di ragazzotti balordi, ubriaconi e sballati che, in seguito ad una serie di amicizie all’interno del negozio Sex, seguivano in tutto e per tutto le gesta dei Sex Pistols, soprattutto al fine di divertirsi “movimentando” i loro concerti. Di questo gruppo facevano parte tutta una serie di future star, come ad esempio Sue Lucas (Catwoman), o William Broad (Billy Idol).
Nel 1976 quattro elementi di questo battaglione di sballati (Marco Pirroni alla chitarra, Steven Bailey al basso e John Simon Ritchie alla batteria, più la “cantante”, allora decisamente inetta, Susan Janet Ballion) si misero in testa di essere perfettamente in grado di suonare autonomamente e, cambiati i nomi in stile punk, parteciparono al festival punk del 100 Club di Londra tenutosi nel mese di settembre. Fu un vero disastro, ma il gruppo era destinato a durare: erano i Siouxsie & the Banshees. Lei, Susan, aveva mutato nome in Siouxsie Sioux, il bassista in Steven Severin ed il batterista niente meno che in Sid Vicious (sì, proprio il compagno di scuola di Johnny Rotten, che di lì a poco rileverà il posto del bassista Glen Matlock in seno ai Sex Pistols), mentre il chitarrista Marco Pirroni prima fondò i Rema Rema, poi divenne spalla fedele ed insostituibile di Adam Ant.
Nell’anno dopo, sostituiti Pirroni e Vicious, Siouxsie e Severin (ormai i due unici superstiti del leggendario Bromley Contingent) cercarono innanzitutto di imparare a suonare, e quindi una loro via al punk, che nel frattempo stava morendo. Di conseguenza si ritrovarono con la responsabilità di essere tra i fondatori del post-punk. Protagonisti di concerti incendiari e di due eccellenti John Peel sessions (cioè partecipazioni radiofoniche al programma del mitico DJ John Peel), tuttavia i Siouxsie & the Banshees “delusero”, o per lo meno stupirono moltissimo con l’uscita del loro primo 45 giri nell’estate del ‘78, appunto. A prescindere dalla bellissima
copertina palesemente ispirata all'Enigma di Isadore Ducasse di Man Ray, Hong Kong Garden era una canzoncina leggera, con un certo piglio punk sì, ma scanzonata e quasi allegra, praticamente una filastrocca, sebbene uno dei grandi successi commerciali della stagione.
Ma da altre parti il post-punk non dava segnali molto diversi. I nuovi gruppi, tipo i Police? Reggae ed allegri. Gli Adam & the Ants? Trascinanti ma allegri. I Johnny and the Self-Abusers (poi meglio conosciuti come Simple Minds)? Allegri. Gli Easy Cure (poi meglio conosciuti semplicemente come Cure)? Allegri. Persino gruppi assolutamente sconosciuti e decisamente poco importanti (perché, ad esempio, ancora troppo legati al punk) come i Warsaw, che avevano appena mutato il nome in Joy Division, erano usciti con l’allegro EP An Ideal for Living.
Un dischetto con qualche ideuzza piacevole, ma ancora troppo acerbo e punk; se la storia non fosse stata come tutti sappiamo, non verrebbe nemmeno menzionato.
Ma come stavano andando le cose al di là dell’Atlantico? I Television? Prima normalizzati e poi sciolti. I Devo? Allegri. I Talking Heads? Allegri. I Residents? Demenziali al di là del bene e del male. I Blondie? Dance. E cose nuove, tipo i promettenti Tuxedomoon di San Francisco? La loro ricerca (vedi la bella Pinheads on the Move) era ancora troppo simile a quella dei Devo: allegri.

Ma le mosse più incisive dovevano ancora essere fatte. Johnny Rotten, front-man dei Sex Pistols e grande re di tutto il punk, ritornato a farsi chiamare col nome d’anagrafe John Lydon, aveva formato un supergruppo con un batterista animalesco e tribale, Tim Walker, un bassista genio del reggae-dub-funky, Jah Wobble, ed un chitarrista già con i primi Clash, Keith Levene. Musicisti sopraffini (anche se apparentemente incompatibili), scelti fra il meglio che la scena attuale poteva proporre, quindi si pensava per un progetto profondo e serio.
Eppure la prima uscita del supergruppo, avvenuta nell'ottobre del ‘78, fu una seconda parziale delusione (dopo quella di Siouxsie).
Public Image era, curiosamente, sia il nome del 45 giri (cioè della canzone), sia quello del gruppo. Il pezzo iniziava con un poderoso basso (ed una voce di sottofondo che ripeteva “alarm”), ma presto la chitarra di Levene interveniva con un riff tipicamente punk e la voce di Rotten/Lydon in un tipico recitato quasi-ramalama. Insomma, praticamente un pezzo punk di neanche 3 minuti, solo leggermente più cupo. Non allegro, quindi, diciamo ironico, o forse sarcastico visto che aveva tutta l'apparenza di una sequela di insulti al pubblico dei Sex Pistols, sordo e "conservatore". Il vecchio pubblico veniva rinnegato? Allora questo questo disco può essere considerato l'avvio ufficiale di una cosa nuova: il post-punk, appunto.
Insomma, nella generale incertezza sul futuro della scena musicale sembrava che, almeno fino all’estate ‘78, dopo la grande tempesta rabbiosa della musica punk, musicisti e pubblico sentissero come il bisogno di una boccata d’aria, di un attimo di respiro, spensieratezza ed allegria. Più o meno finta ed ironica, chiaramente, il cervello non andava certo spento, ma basta con la rabbia ed i proclami: godiamoci la vita con ballo e gioia!

Almeno così sembrava. Fino a che…

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