0.5 Horror hard-rock

I settanta sono stati gli anni della grande esplosione del rock su scala mondiale. Perse le caratteristiche di “musica del diavolo” o comunque potenzialmente pericolosa che ancora aveva nei sessanta, si può dire che i giovani di tutto il mondo divennero mercato per questa musica, decretandone un successo purtroppo mai più ripetuto. Gli anni 80, infatti, videro il lato rock sempre più eroso dai generi “neri” tipo il soul, ma soprattutto dal pop commerciale e dalla disco music. Per non parlare dei 90 dove, dopo le insufficienti intemperanze grunge, l’esplosione di vecchi e nuovi generi (rap, hip-hop, house, jungle e quant’altro) relegò il rock a musica elitaria per amatori nostalgici.
Ma i settanta registrarono un tale successo di vendite del “prodotto” rock che anche taluni artisti, che in tempi normali si sarebbero detti “underground” per il livello (e la difficoltà) della loro proposta musicale, in quegli anni furono osannati come star. Ora, al di là dei generi extra-occidentali (come il reggae), le tre principali correnti rock di allora furono il mainstream (il rock morbido soprattutto della west coast: dagli Eagles a Springsteen), l’hard rock (Cream, Led Zeppelin e Deep Purple) ed il progressive (Genesis, Yes e primi King Crimson). A questi si affiancheranno altri generi minori, tra i quali i più importanti saranno certo rock sperimentale o avanguardistico inglese (i Roxy Music di/con Brian Eno e lui stesso, David Bowie) ed il cosiddetto kraut-rock, o rock sperimentale tedesco (Kraftwerk e Can).Tutti questi generi genereranno prodotti che, chi per un aspetto chi per un altro, possono essere considerati parenti e predecessori del rock gotico.
In campo hard rock, comunque, i campioni delle atmosfere più torbide e morbose furono senza dubbio i Black Sabbath. Cantanti di magia nera e spiritismo perverso, il gruppo fu autore di un pesante rock quasi-blues, contrassegnato da riff elementari e contagiosi e da un basso subsonico e cupo. La struttura dei loro pezzi era molto semplice e dava origine a perle orrorifiche e lapidarie quali Paranoid, Iron Man, Into the Void e War Pigs, popolate da una fauna di robot, subumani, alieni e spettri. Nessun vero capolavoro (oppure tutti lo erano, dipende dai punti di vista), ma certamente ottime canzoni sinistre e demoniache, cantate dal tenebroso leader Ozzy Osbourne su di un sottofondo percussivo martellante.
Gli Lp migliori dal punto di vista artistico furono i primi cinque, che vanno dal ’70 al ’74, da Black Sabbath a Sabbath Bloody Sabbath, passando per Paranoid, Master of Reality ed, appunto, Vol.4. Il successivo, il sesto comunque ottimo Sabotage (’75), mostra già qualche segno di stanchezza e porterà il gruppo allo scioglimento.

Riunitisi negli 80 senza Ozzy, i Black Sabbath spingeranno ancora di più su certe pose orrorifiche e demoniache (anche perché, guarda caso, nel frattempo il dark stava riscuotendo consensi sempre maggiori), ma raramente a queste corrisponderanno degni risultati artistici. Di sfuggita si possono segnalare giusto Heaven & Hell dell’80 (pregno di letteratura gotica e visioni medievali) e Mob Rules, sebbene già inferiore, dell’anno dopo. Fino all’87, con The Eternal Idol, non combineranno nulla di valido.
Fu giusto Ozzy ad ereditare la loro fama, una volta iniziata una lucrosacarriera solista, con i suoi abili travestitismi ed i suoi effettacci da palcoscenico. Un po’ c’era ed un po’ ci faceva, molto di moda poi nel periodo glam dei 70, con i suoi variopinti costumi ed il suo tetro sensazionalismo, fu l’ennesimo proselita del “dark di superficie” cominciato col buon vecchio Screamin’ Jay negli anni 50.

Un altro “campione oscuro”, nato come tardo psichedelico-demenziale sulle orme del miglior Zappa, fu Vincent Furnier, che basò l’inizio della sua carriera artistica su un mito horror: essere l’incarnazione di una bambina bruciata due secoli prima, certa Alice Cooper. Assunto questo come nome d’arte, confezionò due album di musica psichedelica e sperimentale, tra la farsa, l’opera buffa ed il vaudeville e con una forte impronta “zappiana”: Pretties for You (1969) ed Easy Action (1970). Non contento del mediocre risultato artistico di queste due opere, tuttavia, fu presto risoluto a tentare una nuova strada.
Il nuovo Alice Cooper, questa volta molto più hard rock, lo si vide dall’album successivo: Love It to Death, del 71. Dove risultava irresistibile era negli anthem adolescenziali, come I’m Eighteen (composta per celebrare la nuova legge che permetteva di bere alcool ai diciottenni) o Caught in a Dream. Ma erano l’iconografia e l’attitude a renderlo interessante ai nostri occhi, con tutta una serie di composizioni shock come Dead Babies ed Under my Wheels, travestitismi mostruosi e scenografie horror. Sul palco il suo spirito istrionico non aveva più freni ed esibiva senza ritegno ogni sorta di depravazione maniacale, con una certa particolare predilezione per la necrofilia e diventando sostanzialmente un artista glam, cioè più attento all’apparenza che alla sostanza. Comunque capace di comporre gli inni adolescenziali più corrivi, efficaci ed oltraggiosi della sua epoca, come School’s Out ed Elected, entrambi del ‘72.
Con gli anni, inebetito da alcool e droghe, conoscerà un’amara decadenza artistica ed umana, che però non gli impedirà di continuare almeno a provarci (I Never Cry, del '76, You and Me, dell’anno dopo). Da questa spirale discendente riuscirà solo parzialmente a riprendersi, almeno commercialmente, con l’heavy metal di maniera di Poison (1989), e rientrando nella categoria di uno dei prossimi paragrafi.

I Black Sabbath ed Alice Cooper rappresentano un po’ le due facce dell’hard rock: quella convinta e “seria” e quella superficiale e glam. Ma entrambi questi artisti dimostreranno anche i limiti del genere nel trattare certi argomenti. L’hard rock, forse a causa della caratura artistica non eccelsa dei personaggi presentati (purtroppo i Led Zeppelin proveranno altri registri, più blues o più mistici), non riuscirà mai a penetrare nel profondo del lato oscuro dell’animo umano, soprattutto nelle sue oasi più nere e nascoste. Si limiterà ad assumere pose orrorifiche o, nel migliore dei casi, pseudo-esoteriche; difetto che passerà pari pari al genere che ne sarà la naturale evoluzione: l’heavy metal.

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