0.10 Discorso sul punk

Se è vero come affermato (e come comunque è vero), che il rock gotico nasce come costola del post-punk, una sua seria analisi storica non può prescindere da una certa analisi del fenomeno punk. Genere che, tuttavia, con il dark aveva poco a che vedere.

1) Il retroterra sociale.
Il punk, ormai è cosa risaputa, è nato negli Stati Uniti. Come tutti i fenomeni socio-musicali di una certa importanza, la sua origine ha conosciuto diverse fasi. Già negli anni sessanta si parlava di un certo “garage punk”, una sorta di beat forsennato e feroce, giovanile ed elementare che questi gruppetti suonavano, appunto, nei garage di casa. Molti di loro riuscirono ad emergere dal totale underground ed a farsi conoscere con un 45 giri, per poi sparire per sempre. I principali eredi di queste prime rozze band furono gli Stooges, del pazzo tossico perverso Iggy Pop. Tra il ‘68 ed il ‘73 gli Stooges confezionarono tre album di inaudita ferocia, che li consegnarono per sempre al mito della generazione successiva, quella del 76-77.
Ma che tipo di generazione era quest'ultima? In cosa si distinguevano i giovani americani della fine dei 70 dai loro predecessori di 5 o di 10 anni prima?
Le ideologie non erano certo ancora cadute, ma già davano i primi segni di sgretolamento, non foss'altro che per il sistematico fallimento di tutte le lotte sociali che certe realtà avevano cominciato a conoscere dai primi 70. Fallita la generazione hippy, fallite le battaglie sociali del movement, spesso normalizzato e/o ridotto al silenzio il movement stesso, generalmente con metodi più che discutibili, quando non soffocato dalle sue stesse contraddizioni, a metà anni 70 si era formata una generazione di giovani cronicamente negativa e nichilista. Il loro atteggiamento nauseato e menefreghista venne presto etichettato dagli esperti come teenage depression. Si è scritto in merito: “Il teenager disilluso delle proprie utopie e spersonalizzato dal riflusso ... diventa un anonimo divoratore di fumetti televisivi e un abitudinario topo da discoteca, al quale il sessantotto ha tolto la fede nei valori tradizionali senza riuscire, fallite le rivoluzioni, ad instillare nuovi ideali”.
Cosa rimaneva? Il piccolo spazio privato: i fumetti, la televisione, il giradischi, la discoteca; ovvero una sorta di alienazione domestica che, se da un lato non negava necessariamente una certa suggestione culturale e/o intellettuale, dall'altro non poteva che essere prettamente individualista.
In Europa la situazione non era molto migliore. Recessione economica, crisi petrolifera e, in Inghilterra, un forte governo di destra (Margaret Thatcher), avevano preparato il terreno ad una nuova generazione di anarco-depresso-individual-nichilisti.

2) Le origini
Il rock selvaggio degli Stooges fu imitato da, o comunque fu fonte di ispirazione per molti che trovavano nel loro perverso disimpegno a fini edonistico-erotici un'eccellente alternativa all'impegno politico sempre più anacronistico di gruppi più o meno affini, come gli MC5. Nel frattempo nella grande mela si affacciava un altro gruppo, glam fino all'autoparodia demenziale: i (o le) New York Dolls. Un nuovo esempio di totale disimpegno, di rock'n'roll libero e fine a se stesso. Da queste proposte si può dire che nacquero due filoni principali: quello new wave, cioè di rock libero nella forma (nel senso che non faceva riferimento a quasi nessuna tradizione) ma che non escludeva il cervello (rappresentato, ad esempio, dai Pere Ubu), e quello proto-punk, cioè di musica non dissimile dall'hard rock o da stili "stoogesiani" più o meno noti, ma assolutamente disimpegnata, alla sola ricerca del "fun" (come i Ramones). In mezzo c'erano proposte più o meno variegate, come i Neon Boys di Richard Hell (e Tom Verlaine) e la “poetessa punk” Patti Smith. Quest'ultima aveva veramente uno stile molto particolare, che riusciva a coniugare la poesia beat e decadente (Burroghs e Rimbaud) con un blues-rock molto scarno, anche se ispirato ai grandi (Hendrix e Morrison), ma in una miscela grezza ed un po' populista, che la mise subito in netta contrapposizione alla nascente new wave (Talking Heads e Television).
Tutto ciò successe in un piccolo bar nella sezione Bowery di New York, aperto da Hilly Crystal nel 73 con il nome CBGB-OMFUG (tradotto, il nome del locale era "country, bluegrass, blues, e altra musica per palati sollevati"). Qui, dal ‘75, si ritrovavano i musicisti della cosiddetta blank generation, da un inno di Richard Hell che nel frattempo aveva abbandonato i Neon Boys e avviato una carriera solista. Fu lui, Hell, a stabilire l'abbigliamento dei punk: vestiti stracciati, incarnato cadaverico, capelli scarmigliati (in parte adottato anche dai Ramones). L'altra parte dei Neon Boys, cioè Tom Verlaine e compagnia bella, si diedero un'aria più intellettuale e fondarono i Television che, con il loro rock minimale ma chitarristico e straziante, furono tra i gruppi di punta della nascente new wave.
Siamo nel ‘76. Nel frattempo in Inghilterra, un certo Malcolm Mc Laren rimaneva affascinato dalle pose e dagli abiti di Richard Hell, delle New York Dolls e della scena punk in genere e trasformò il suo negozio di abbigliamento underground, chiamato Sex, nel punto di riferimento londinese per questa scena. Tra le altre cose, cercava anche di aiutare un gruppo rock di ragazzacci balordi e leggermente incapaci: gli Swankers. Questi erano i compagni di scuola Paul Cook, Steve Jones e Wally Nightingale, amici di un commesso di Sex, Glen Matlock. Presto si scoprì che Nightingale era troppo "per bene" e Mc Laren decise di sostituirlo, alla chitarra, dal poco capace Steve Jones, che fino ad allora cantava. Rimaneva vacante il ruolo della voce che si voleva fosse assunto dallo stesso Hell. Ricordò McLaren in un'intervista: “Richard Hell era veramente incredibile. Era tutto decostruito, stracciato come se stesse defluendo in un canale di scarico... come se non avesse dormito per anni, sembrava che nessuno si fosse mai preso cura di lui e che a lui non glie ne fregasse niente di te”. Purtroppo Hell era troppo cresciuto per assomigliare verosimilmente ad un compagno di scuola degli altri tre, il ruolo fu quindi assegnato ad un giovinastro malridotto e vagamente somigliante: certo John Lydon, in arte Johnny Rotten (Giovannino il Marcio). Mutato il nome del gruppo ne "Le Pistole di Sex" (traduzione più corretta della nostrana tradizionale "Pistole del Sesso"), cominciarono le loro scorribande londinesi.
La tourneé dei Ramones nel Regno Unito dell'estate ‘76 diede una brusca accelerata al tutto.

3) Esplosione e sfruttamento
Nell'afosa estate del 1976, dove il caldo si trasformò in siccità e il carnevale di Notting Hill in un'esplosione di violenza razziale, con i Ramones il punk suscitò per la prima volta la reazione dei media. La reazione dell'opinione pubblica anglosassone fu variegata; oltre al palese scandalo, molti videro nel punk un fenomeno fin troppo ovvio, altri cercarono di scoprirne il senso politico, al di là dei simboli violenti e provocatori. «La svastica che si intravedeva sotto le magliette con la figura di Karl Marx; il corpo emaciato del punk perforato da spille da balia, avvolto nella plastica e serrato in un collare per cani; quegli occhi vitrei e sbarrati dalle anfetamine sotto le ciocche arruffate di capelli tinti con colori appariscenti: erano questi i segni sconvolgenti che per un momento inorridirono e affascinarono insieme il mondo esterno» (così il Bridda).
Insomma l'ennesima moda, se solo non si fosse automaticamente innestata su di un terreno fertile: l'annoiata accidia nichilista giovanile. Mc Laren non aspettò altro, il suo progetto così ben studiato a tavolino, dopo un contratto con la Emi, era pronto. Ma fu beffato da un altro gruppo, i Damned, che in ottobre si fregiarono della palma di primo gruppo punk inglese ad uscire con un prodotto discografico: il 45 giri New Rose / Help!. Eppure, come ben sa chi legge, non saranno i Damned, o la miriade di altri gruppi nati in quegli anni (come i Sham 69 i gli UK Subs) a farne la storia, ma il roboante debutto dei Sex Pistols: era il 26 novembre del ‘76, esce Anarchy in the UK. «Sono un anticristo, sono un anarchico, non so che cosa voglio, non voglio ciò che ho già», con questi versi minacciosi si può spiegare tutta la rivoluzione punk.
Pochi giorni dopo, il primo dicembre, vengono invitati al Bill Grundy Show e decisamente provocati dal conduttore; Johnny Rotten reagisce male e bestemmia, si intasano le linee telefoniche, la stampa è tutta per loro. Il 45 giri si trasforma in un campionissimo di vendite, nonostante che sia la BBC che la Capital Radio ne proibissero la trasmissione. Ma ormai era troppo tardi, il fenomeno era esploso.
Tra la fine del ‘76 e per tutto il ‘77 centinaia di nuovi gruppetti nacquero come funghi e con loro decine e decine di etichette discografiche indipendenti, tra le quali l'agguerrita Rough Trade. E con queste fu un rifiorire di radio indipendenti, ora in FM. Il fenomeno ebbe addirittura un’ondata “di ritorno” negli Stati Uniti dove, anche lì, nacquero centinaia di gruppetti punk “all’inglese”, cioè inetti a suonare e con ramalama (il tipico cantato-recitato punk). Era tutto un underground che stava rinascendo, non solo una nuova moda musicale, e che prendeva solidamente il posto di ciò che l'industria fino ad allora aveva imposto.

4) Conseguenze musicali
In una nazione con il più alto tasso di disoccupazione d'Europa, con enormi problemi legati all'immigrazione dal Commonwealth, il riflesso di una situazione socio-economica è, quindi, solo un punto di partenza per valutare la portata di questa rivoluzione (seconda solo a quella del beat). Il desiderio di fuggire dalla "società della noia" («sovvertire la società della noia» era lo slogan del manager Malcom McLaren), per rifugiarsi nella musica e nei suoi luoghi, aveva aperto la strada a nuove etichette indipendenti e, infine, aveva segnato un notevole abbandono della politica da parte dei giovani, a favore di una serie di slogan indifferenziati e nichilisti.
Ed anche di una nuova modalità di fruizione del prodotto musicale. Il rock si era spinto troppo in là: il kraut-rock era lontano ed intellettuale, il progressive era diventato artificiale e richiedeva un'abilità tecnica irraggiungibile da un musicista esordiente (e comunque lontana dalle masse), l'hard rock pure, ribollito inoltre nello stanco ripetersi di riff tutti uguali e di storie di droga delle sue star, e la sua evoluzione, l'heavy metal, era fascista e machista (cioè, in qualche modo positivista: proponeva dei valori).
Il nuovo proletario, frustrato ed arrabbiato, come diceva Rotten sapeva solo ciò che non voleva: nessun valore, nessun futuro. Prendeva la sua chitarra, batteva sul suo tamburo, urlava nel microfono tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. Ne nasceva un nuovo mondo, un nuovo immaginario, una nuova simbologia dalla quale il vecchio rock rimase fatalmente escluso. E fu il crollo discografico dei cosiddetti "dinosauri del rock": i Led Zeppelin andranno in crisi e così i Genesis, gli Yes cambiarono in modo irriconoscibile, gli Stones passarono un periodo di silenzio, i Deep Purple ed i Black Sabbath conobbero momentanei scioglimenti, così i King Crimson, per non parlare dei gruppi che dovettero definitivamente chiudere.
Al loro posto, dal ‘77, una nuova ondata rabbiosa, spesso gruppi da un pezzo e via, poi spariti nel nulla (come i loro predecessori garage punk). Questo fece bene anche alla musica. Quando il patchwork stilistico dell'abbigliamento punk si espanderà alla tecnica di composizione musicale, accanto al fragile filone più ortodosso, guidato dal sound dei Sex Pistols e affini, nasceranno le combinazioni di generi più impensate, mentre la presunta omogeneità del presente, predicata da critici e intellettuali, verrà frammentata in contesti diversi cambiandone le prospettive e le possibilità. Ad esempio, il gruppo punk “meno punk” e più libero e creativo sarà quello degli Wire: pezzi velocissimi di geniale art-rock, forse troppo veramente validi ed innovativi per creare una vera scuola. Il loro album Pink Flag rimarrà un mito ed il caposaldo di un certo modo di intendere la musica, ancor più che il punk. Un altro esempio sarà l'eclatante innesto del reggae nero nel tessuto punk con i Clash (tra i pochi a fare veramente politica in musica), ma ve ne sono molti altri come il funk-punk dei Pop Group, il disco-punk di Blondie, il beach-punk dei TSOL e a cui vanno aggiunte tutte le sperimentazioni che recuperavano l'estetica sonora degli anni 50 e 60, tra le quali il punk elettronico dei B52's, eccetera. Sarà appunto il post-punk, quel genere nato proprio per superare le limitazioni stilistiche del punk più ortodosso, a dare una tremenda sferzata di energia al neonato movimento new wave. E a cambiare il rock per sempre.

5) La fine
Nel ‘78 i Sex Pistols si sciolsero definitivamente, dopo l'ennesima lite con McLaren. In seguito, dopo aver perso una causa legale col manager, costretti ad uscire con un nuovo disco, si erano resi conto di essere diventati una colonna del sistema che con tanta rabbia si proponevano di distruggere. Ma il problema, ormai, era una altro. Troppi gruppi "proletari" ed "ignoranti", troppi anthem, troppi slogan, tutti troppo uguali, troppo ramalama. La gente si stancò presto del fenomeno punk duro e puro.
E purtroppo tutto il genere morì proprio come la psichedelia, sopraffatto dalla speculazione del business e dalla commercializzazione dei suoi stessi adepti. Già dal 1977 le boutique di abbigliamento avevano adeguato il loro campionario alla moda punk alzando notevolmente i prezzi di questo tipo di look, mentre persino una rivista femminile come Mademoiselle consigliava le lettrici di scegliere l'abbigliamento punk o fai-da-te. Nel 1978 Paul Cook e Steve Jones avevano abbandonato la scena per darsi ad una carriera pop, mentre vecchie guardie dell'alta classifica commerciale, come Cher e Billy Joel, incorporavano nel loro abbigliamento elementi punk.
«In questo mondo postmoderno, in apparenza dispersivo, ma in verità più specifico e dettagliato, l'artificiale, l'imitazione, la plastica non creano più imbarazzo. Anch'essi hanno le loro storie particolari: anch'essi sono reali» (Iain Chambers). Da tutto ciò nascerà il dark.