WIRE + WEEKEND
Bloom, Mezzago
(MI),
22 febbraio 2011
Recensione 1:
di Fabio Degiorgi
Recensione 2: di Brian K
Recensione 1: testo e foto di Fabio Degiorgi
Grande
sorpresa al Bloom questa sera: premetto che sul sito internet
del locale e sul manifesto dei Wire
attaccato all’esterno – sul quale tra l’altro campeggia una
foto dei nostri di oltre 30 anni fa, quando c’era ancora in
formazione il chitarrista B.C. Gilbert
– non si menzionava nessun gruppo spalla, non che la cosa
mi importasse più di tanto, però la speranza di scoprire qualche
nuova realtà rimane sempre. Ed infatti alle 21 e 30 circa,
mentre il pubblico sta riempiendo rapidamente il salone, salgono
sul palco tre timidi individui, i quali scoprirò essere i
WEEKEND di San Francisco, con un primo album all’attivo uscito
lo scorso novembre. La
formazione è composta da bassista/cantante, chitarra e batteria,
la musica è un muro di distorsione su una ritmica quadrata
dove spiccano belli ed essenziali giri di basso, il tutto
a contrastare con la voce spiritata ed eterea. Insomma, una
miscela di noise, post punk e shoegaze, tanto da far sembrare i Weekend un riuscito incrocio
fra Joy Division, primi Jesus
& Mary Chain e My
Bloody Valentine. Quaranta minuti che mi appagano e sbalordiscono in pieno,
peccato solo che al banchetto del merchandising ci siano le
loro t-shirt ma non il CD “Sports”.
Alle
22:30 iniziano i WIRE, in tour per presentare il loro nuovo
album “Red Barked Tree”, che ancora non possiedo
– provvederò a fine concerto – e che viene suonato per intero,
inframezzato da pochissime esplorazioni sia sui primi tre
dischi storici, sia su quelli degli anni ’80 e ‘00 (smentendo
così il programma pieghevole del locale, dove c’è scritto
“eseguiranno molti brani del passato”). Il suono dei Wire
dal vivo è più crudo e distorto rispetto a quello in studio,
Robert ‘Gotobed’ Grey e Graham Lewis insieme sono un metronomo pestante, le
chitarre di Colin Newman e dell’aggiunto Matt Simms
sembrano spesso quelle fuzz del
periodo “Send” (il più omaggiato dei loro lavori precedenti stasera),
anche quando eseguono un classico del 1979 come “Two
People In A Room”, quasi irriconoscibile.
Uno show molto noise-rock quindi,
alternato però a vari momenti di respiro e melodia, come nella
inaspettata “Boiling Boy”, o in
quei brani più nuovi che si mantengono su toni rilassati,
vedi “Please Take”, “Adapt” e “Smash”.
I Wire sono sempre i Wire, grandiosi
dal vivo come su disco, ed è totalmente comprensibile che
vogliano dare la priorità all’ultimo album appena uscito in
promozione. Ma per un vecchio fan come il sottoscritto, che
considera “154” e “Chairs Missing”
due dei dischi più belli mai ascoltati in tutta sua la vita,
senza sottovalutare l’importanza di “Pink Flag”, è stato davvero un peccato sentire in un’ora e mezza
di esibizione solamente DUE brani di numero del periodo d’oro
1977-79. Bando alla nostalgia comunque, ed un plauso ad un’entità
musicale che dopo 35 anni è ancora in attività con produzioni
di massimo rispetto, come confermerà il successivo ascolto
di “Red Barked Tree”.