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Nelle recensioni è buona regola non mettere troppo di sé, per evitare che l’articolo diventi il pezzo di un diario personale e non un racconto per tutti. Con il passare degli anni non ho dimenticato il sopraccitato principio, ma mi sono permesso alcune divagazioni, diciamo personali. La più comune di queste è quella legata all’ammissione per l’amore della band in oggetto. La parentesi attuale fa riferimento, invece, ad un concerto dei Cure, quando la band suonò, proprio il 25 luglio del 2002, nel medesimo luogo di stasera; il giorno in cui il recensore si ritrovò a perdere il più classico degli affetti, mentre la giostra della memoria riporta in superficie immagini accantonate da tempo. Ora Musica. La band di Robert Smith suona per la terza volta in carriera presso uno dei più antichi festival europei (siamo alla 44esima edizione). Nyon a due passi da Ginevra è un’incantevole cittadina svizzera, bella, elegante, verde, inappuntabile e precisa … svizzera appunto. Un po’ di storia e ancora ricorrenze: chi conosce i Cure è ben consapevole di quanto il gruppo non sia incline a riproporre brani altrui, non certo per un atteggiamento altezzoso, ma perché, dopo oltre quaranta anni di carriera, è già parecchio difficile pensare ad una scaletta che non faccia troppe vittime, senza “pescare” dal repertorio di altri colleghi. Ebbene proprio quel 25 luglio del 2002 i Cure, decisamente a sorpresa, fecero una delle rare cover, proponendo uno degli idoli d’infanzia di Robert Smith e suonando quella “The faith healer” che la Alex Harvey band immortalò su disco (“Next”) nel 1973 (ovviamente la presenza del sopraccitato vinile diventa oggetto obbligatorio nella discografia del fan!). Quando l’ora X si avvicina, il maltempo inizia a fare capolino a Nyon, dapprima con una pioggerellina fine ma persistente e, successivamente, con quella “Grossa grossa che ti ammacca”, per citare una delle espressioni più celebri di Forrest Gump. Attualità adesso. Lo start per i Cure al festival svizzero è previsto alle 23.30 e possiamo dire che si parte bene, ma si rischia grosso. “Plainsong” è ancora il regalo d’apertura (e fin qui tutto bene), ma si tira il fiato quando Robert Smith vacilla sul palco quasi inciampando sui fili, in un tentativo di emulare cadute rovinose di colleghi. Da Blixa Bargeld a The Edge, passando per i nostrani Battiato, Vasco o Ligabue, i palchi di tutto il mondo stanno mietendo vittime … per il “nostro” diciamo che è andata bene; barcolla, ma non molla! Il set di canzoni ricalca, senza particolari stravolgimenti, quello presentato durante il tour in corso, con l’eccezione che oggi sarà più breve (non superiore alle 2 ore) per tassative richieste del Paleo Festival. “Lovesong” e “Burn” sono quelle accolte con più calore, “Push” quella dove la partecipazione collettiva raggiunge i più alti livelli e con “Inbetween days” ai Cure piace vincere facile, ben sapendo quanto la reazione sarà travolgente. Continua anche oggi il tour che possiamo definire del buonumore, con il capobanda a dettare i tempi; scherza con i fan, è complice di ogni membro della band e tutto il pubblico ha la reale percezione di stare di fronte a professionisti che stanno facendo il loro lavoro, ma divertendosi un sacco. È questo, il termometro del bontà dei concerti che stiamo vivendo in questa estate! Gli anni ’80 chiudono il main set. In “Play for today” il coro del pubblico a supporto delle tastiere è esemplare, così come il battito di mani a scandire le ultime note di “A forest”, mentre la grinta di “Shake dog shake” anticipa una perfetta “Disintegration” in cui il cantato di Robert Smith si carica di una drammatica interpretazione. La band dopo una brevissima pausa, non intende certo a rinunciare a quelle canzoni nate per far ballare (ancor di più) i fan. Oggi “The walk”, “Close to me” e “Friday I’m in love” sono quelle più coinvolgenti; quelle in cui osservi solo il tuo corpo compiere disordinati e goffi balli, ma sempre con il sorriso stampato sul viso. Ancora “Boys don’t cry” in chiusura. Facile dire che le lacrime non scorrono (siamo grandi ormai), ma per una volta vogliamo disubbidire a Robert, perché guardando un pezzo di cielo un ricordo particolare vola a chi ti generò; lei che capì, per prima, quanto l’universo Cure fosse importante per te. Rappresentasse vita, passione e voglia di esplorare. |