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Intervista by Nikita

I Templebeat sono stati una storica band elettronica che in 10 anni  (dal 1990 al 2000)  hanno creato un'ottima EBM old school. Ora rinascono in una nuova veste e il progetto si chiama Templebeat Ltd.
Andiamo ad intervistare Giorgio Ricci che ci parlerà sia del passato che del futuro di questo progetto.

Come è nata l'idea di riproporre il progetto dei Templebeat in versione ltd?


È sempre stato il mio chiodo fisso. Il periodo Templebeat è stato probabilmente tra i più intensi e creativi mai vissuti. Un’epoca, quella del cyberpunk, che ha influenzato parecchio il mio modo di costruire il suono all’interno dei vari progetti.

Nel 2011 come Templebeat tentammo una reunion con un live che vedeva come vocalist Scar dei First Black Pope, ma non c'erano purtroppo le condizioni adatte per proseguire: lo spirito cambiato, gli obiettivi diversi sommati al lavoro e ai troppi impegni ci fermarono nuovamente. Nonostante ciò, sul finire dello scorso anno, il proposito di riportare in vita il progetto riprese forma e sostanza in modo assai prorompente e non ho potuto fare a meno di dargli un seguito.
Ho sempre avvertito un legame profondo tra il mio modo di scrivere musica e il mondo che mi circonda. Generalmente ricerco la quiete per trasporla nei miei brani, ma negli ultimi anni siamo stati letteralmente bombardati da rigurgiti nazionalisti e odio diffuso a vari livelli. Inoltre, l’arroganza dei politici e il razzismo dirompente hanno favorito il dilagare dell’ignoranza e della superficialità in molti contesti, musica compresa. Ho sentito la necessità di urlare basta (!) attraverso il linguaggio del suono, l’unico che sento veramente appartenermi. Il mio desiderio, la mia ardente volontà: tornare indietro nel tempo al mio periodo E.B.M. (ora considerata “Old School”), a quella corrente sovversiva e di rottura, per rientrare nella scena electro a gamba tesa, forte dell'esperienza e della tecnica acquisita fino a oggi.

Chi fa parte di questa line up?

I Templebeat si formarono inizialmente con tre elementi: Michele Benetello, Pietro Zanetti e naturalmente il sottoscritto. Nella reunion del 2011 sopracitata, Scar era già subentrato a Michele. Questa volta, invece, ho voluto ridare corpo e anima al progetto Templebeat ricominciando… da due: soltanto Scar ed io. Ho quindi modificato leggermente il nome del gruppo in Templebeat L.T.D. per rispetto verso il nostro passato e verso Michele e Pietro ai quali sono tuttora molto legato.
Mi fa piacere sottolineare che l’80% degli arrangiamenti del vecchio materiale è stato realizzato da Scar. La sua impronta ha aggiunto un valore prezioso e innovativo ai vecchi brani che abbiamo voluto mantenere. Tengo a precisare, inoltre, che Scar ha remixato parecchi nomi della scena elettronica come Suicide Commando, Wumpscut, Death SS. Helalyn Flowers, Tying Tiffany e molti altri.

Parlateci della ristampa del vostro tape di "Interzone" su vinile?

Si tratta del primo demotape che postammo su YouTube qualche tempo fa: registrazioni su nastro delle nostre prime sperimentazioni. Con nostra grande sorpresa Aspecto Humano, etichetta Spagnola specializzata in ristampe di musica elettronica, si offrì di rieditare tutto quel materiale, affidandone la masterizzazione al produttore e D.J. Olandese Alden Tyrrel. Le copie, in tiratura limitata, sono andate praticamente esaurite nel giro di pochi giorni. Davvero una bella soddisfazione.

La scena della musica elettronica è cambiata dagli anni '90, in cui il vostro progetto è nato, secondo voi in peggio o meglio? e quali sono le differenze che trovate?

La scena è cambiata moltissimo: dagli anni novanta in poi sono andate creandosi numerose ramificazioni, anche grazie al progresso tecnologico che ha reso disponibile una quantità infinita di software e applicazioni di facile utilizzo per produrre musica elettronica. Malgrado questo, però, spesso i risultati non sono all’altezza delle aspettative: il mercato (ammesso che esista ancora) e il web si ritrovano saturi di piatte produzioni senza personalità, non dissimili fra loro.
Sono fermamente convinto che, negli ultimi anni, a venir meno siano state proprio la ricerca e la cura del suono, elementi unici e indispensabili alla creazione di un linguaggio e di un’estetica personale; inoltre, oggi non vedo più quello spirito pionieristico che tanto aveva caratterizzato gli anni novanta.
Per quanto mi riguarda, ho avuto la fortuna di lavorare in studio con Paolo Favati dei Pankow che ha prodotto quasi tutto il nostro materiale dei Templebeat; tramite lui ho capito molte cose sulla cura dei suoni; è importante avere dei maestri.

 Pensate di fare nuovi brani o il progetto si ferma solo ai live?

Stiamo continuando a comporre brani; è necessario per dare un senso al nostro presente. La parte live è una conseguenza alla quale non rinuncerei mai: si tratta forse della parte più emozionante del nostro lavoro, a cominciare dal viaggio, il sound check, il pubblico, gli amici che incontri nuovamente… la ristampa di Interzone ha creato molto interesse ed è stata di aiuto per proporre dei live. Purtroppo l'emergenza sanitaria ancora in corso ha bloccato tutto e ora ci troviamo costretti a dover rinviare le date già fissate a Milano, Roma, Barcellona, Treviso e Madrid, eventi programmati da mesi in locali molto importanti.
Nel frattempo continuiamo comunque a comporre brani, unico mezzo che abbiamo per fissare nel tempo e vivere pienamente questo momento storico della nostra vita. Ci siamo accorti che il nostro suono, che spesso ha una deriva apocalittica, risulta una perfetta colonna sonora per la realtà che stiamo vivendo. Del resto le pandemie, il disagio, le privazioni e il controllo degli individui sono temi che, alla pari di certe narrazioni di orientamento distopico, influenzarono profondamente la cultura musicale industrial… riascoltavo proprio ieri Virus dei Front Line Assembly, un brano del 1990 che tratta della diffusione virale dell’odio, della paura, dell’isolamento e delle contaminazioni.
Spero che, alla fine del dramma che stiamo vivendo, ci si renda conto che il reale pericolo non è rappresentato dalle genti in fuga dalla guerra o dalla miseria che, come faremmo anche noi, cercano di salvarsi la vita. Mi auguro si giunga ad aprire gli occhi su quei pochi potenti che continuano ad arricchirsi sfruttando la disperazione di molti; che si comprendano appieno le conseguenze delle affermazioni di certi nostri politici mediocri promotori di odio e intolleranza.

Cosa ha portato fine al progetto dei Templebeat 20 anni fa?

L'anno 2000 stava per affacciarsi sulla piena crisi delle case discografiche; i CD non si vendevano più e il mercato era in forte caduta. Ci trovammo nella condizione di non riuscire a reperire etichette disposte a investire nella nostra musica, benché provenissimo da label importanti come la Berlinese Dynamica e 21st Century Records negli U.S.A. Pertanto, comprendemmo che era oramai giunto il momento di smettere prima di affondare, consapevoli che un'autoproduzione non avrebbe potuto avere la qualità dei lavori precedenti e pari riscontri.
C'è comunque da dire che in dieci anni di attività abbiamo pubblicato circa venticinque lavori tra album, singoli, molte apparizioni su compilation assieme ai grandi nomi della scena elettronica industriale come Front 242, Fear Factory, Swamp Terrorist, Clock DVa, Die Krupps, Skinny Puppy e tanti altri, Killing Joke compresi.
Per quanto mi riguarda, conclusa l'esperienza con i Templebeat, ho proseguito il mio percorso dando vita ad altri progetti musicali: due album insieme a Corrado Altieri per Monosonik; il progetto SUH con Davide Faranda; Ran con la voce di Romina (Estasia) Salvadori; i live con First Black Pope, assieme a Scar e Massimiliano Griggio; Blackbeat, con la medesima formazione e infine Templezone, il mio progetto solista di musica ambient.

Quale tipo di strumentazione utilizzavate negli anni '90 e quale utilizzerete ora nei live?

Ricordo i primi live con pesanti synths, percussioni e i primi samplers; il pubblico era stupito dal fatto di sentire un muro di suono di chitarre senza vederle sul palco. Usavamo tantissimo i campionatori Emax e Akay, sia live che in studio.
Adesso, più semplicemente, ottengo risultati equivalenti per mezzo di un computer, un Synth Virus e una concatenazione di multieffetti; ritengo che sia davvero un bel progresso.

TEMPLEBEAT
Interzone
LP (Aspecto Humano)

I Templebeat è una band veneta, che dal 1990 al 2000 si è imposta grazie ad un’ottima elettronica con influenze industrial, ispirata a band come Front 242 e Front Line Assembly, che negli anni Novanta padroneggiavano la scena elettronica.
Il sound della band le ha permesso di avere numerosi riscontri positivi grazie a hit riempipista nei dancefloor tedeschi (Technoclub) e inglesi (Hardclub e Eurobeat 2000).
La label Aspecto Humano di Barcellona ha ristampato su vinile una loro vecchia produzione in edizione limitata a 300 copie (la prima edizione dell’album è uscita originariamente su Tape nel 1992 per l'Energeia).
Nella nuova edizione ci sono otto tracce delle quali sette originali mentre l’ottava, "Drugs (No Vox)", brano strumentale, sostituisce l’originale "Fucking Mosquito".
Il sound dell'album, nonostante siano passati ben 28 anni, è ancora attuale e i suoni creati dai Templebeat molto originali e attuali.
I brani che mi hanno colpito di più sono, sul primo lato, quello d’apertura “Escape from the World" ben ritmato, la seconda traccia "The sound of the the Temple" molto lenta e oscura caratterizzata da un’elettronica più sperimentale. E infine l’incalzante “Interzone” dalle tipiche note EBM old school.
Nel secondo lato ho apprezzato l’ossessività del sound di "Horrock" e la traccia “Human (The Tears You Cry”) ottimo esempio di dark electro anni ‘90.  Il brano strumentale... (No Vox)" chiude in bellezza questo bellissimo disco.
La rimasterizzazione del vinile è stata curata del dj e produttore olandese Alden Tyrell.
Info disco:  https://aspectohumano.bandcamp.com/album/ahlp001-templebeat-interzone
Info band: https://www.facebook.com/Templebeat-LTD-108763227320415/
(Nikita)
Pubblicazione 20 Aprile 2020