SUNN
O)) - EARTH
22 Febbraio 2006 - Spazio 211, Torino
testo by Oflorenz
foto: Oflorenz & Scream
Ancora
una volta il torinese Spazio 211 si dimostra ottimo locale,
aperto alla VERA scena alternativa con la A maiuscola ed a
360°, con una proposta tra le più coraggiose di questi ultimi
tempi. Due bands dagli States, gli storici Earth (da Olympia,
primi anni ’90) ed i Sunn O)) di Stephen O’Malley (nati a
suo tempo proprio da una costola dei primi) riversano questa
sera un allucinato mare magmatico di psycho-doom
sul folto pubblico accorso in Via Cigna per l’occasione. Pubblico
che si presenta giustamente assai eterogeneo, con presenze
che spaziano dal mondo del black metal per arrivare al dark
ed alla scena più generalmente Indie. La band di Dylan Carlson
apre per noi intorno
alle 23, con un attacco di una staticità quasi catartica.
Il doom psichedelico dei 4 ha trovato nell’ultimo “HEX: Or
printing in the infernal Method” la sua affermazione definitiva,
per un lavoro che, pur essendo uscito di recente, è già da
parecchi considerato una vero e proprio must. Gran parte del
set di Earth è tratto proprio dall’ultimo disco, che personalmente
mi accingo ad ascoltare per la prima volta. Raramente si riesce
a giudicare dei brani mai sentiti prima esclusivamente da
un live set, eppure l’estrema precisione esecutiva dei 4,
unita anche al buon impianto del 211, mi permettono di sbilanciarmi
ad elogiare incondizionatamente questo quinto disco degli
Earth, dove doom, epicità e liquide trame post-rock si fondono
in un meltdown di impressionante potenza.
Sunn
O)) non necessita di batteria, al posto della quale viene
rapidamente eretto un muro impressionante
di ampli. Vedo qualcuno tra il pubblico che si infila i tappi
nelle orecchie, scelta che si rivelerà di lì a poco di vitale
importanza. Il set di SUNN O)) è una delle performance live
più coraggiose ed allucinate cui abbia assistito nel corso
dei miei 21 onorati anni di vagabondaggio nelle lande dell’estremismo
musicale a vari livelli.
Un unico viaggio di oltre un’ora, devastante improvvisazione
composta di malefici drones fuoriusciti da chissà quale buco
degli Inferi, o magari partoriti direttamente da Thule, l’iperboreo
regno dei ghiacci… Sguardi di occhi iniettati di sangue fissano
i 4 sul palco, nel loro saio monacale che li rende tutti simili
e pressoché indistinguibili. Dopo una mezz’ora di dilatati
e ciclici riffs che ci spazzano via orecchie e cervello i
4 diventano 5, dove il quinto vomiterà di lì alla fine dello
show urla di morte e dolore sulla già martoriata audience.
Non riesco a distinguere la provenienza di questi lancinanti
frammenti sonori: potrebbero essere stralci sanguinanti di
“Black One”, o magari ricordi oscuri dai “Grimm Robe Demos”,
mentre qualcuno ipotizza pura e semplice improvvisazione;
ammesso che le mie particelle cerebrali in quei frangenti
fossero ancora minimamente lucide, la lunga parte finale mi
sembra affidata a “Bathory Erzsébet”, ma non potrei giurarci.
Torino, 22 febbraio 2006: la notte in cui Burzum, appena giunto
dalla terra dei ghiacci, si impossessò dello spirito di Lamonte
Young, e guidato da cotanta luce, intraprese un oscuro viaggio
nelle lande desertiche della Sky Valley. Amen.