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SUICIDE COMMANDO + MONOLITH
Totem club, Vicenza, 29 Aprile 20'04
Alpheus, Roma, 1 Maggio 2004

Totem club, Vicenza, 29 Aprile 20'04
Mi ritrovo al Totem club, locale molto grande, arioso ed accogliente di Vicenza, per la prova generale, se così possiamo dire, del Metamatik, che anche quest'anno si svolgerà qua accogliendo molte bands, su tutte Covenant e This Morn'Omina. Come al solito cerco di arrivare in un orario decente al locale per assistere, credo, alla prima data del mini-tour italiano di Suicide Commando, ma visto il mio arrivo estremamente anticipato (23:30) cerco di fare un po' il PR.
Dopo una lunga attesa sale sul palco Monolith (Eric Van Wonterghem, foto a destra), di cui posseggo solo un vecchio album e una manciata di canzoni più recenti. Si presenta con un pc, probabilmente un theremin (purtroppo non ero molto lucido a causa di un dolore lancinante ad una costola incrinata) ed una proiezione-video che si rivelerà molto scarna. Il suono di Eric è caratterizzato da un ebm/noise/harsh/synth-industrial, a tratti frapposto ad interlocuzioni ambientali, abrasivo, dinamico e trascinante, difatti subito dopo pochi secondi l'inizio della performance si scatena sotto il palco una danza irrefrenabile. Monolith "suona" per circa 40 minuti, risultando alla lunga almeno un po' noioso, visto che per me questo era una sorta di Dj set e/o un'installazione, essendo il suono creato per il 90% dal Pc e non da Eric, e caratterizzato da una staticità pazzesca in antitesi ad una musica che statica non è.
Suicide Commando. Finalmente verso l'una e mezza sale sul palco Torben e subito l'impatto sonico-sonoro appare di portata ben differente rispetto agli onesti Monolith. "Cause of death: suicide" è la canzone che apre il concerto (perché da qui in poi si tratterà di un concerto), tormentandoci con un vocals fuori campo "Each year approximatly 1000000 people die from suicide" e dopo due minuti ecco Roy. Si agita come un pazzo in preda ad un'astinenza di prozac, incazzato, abrasivo, carico di odio sull'asse del male sputando fuoco e fiamme. Una voce che esce come un gas il cui desiderio è solo quello di accendersi per esplodere definitivamente nelle nostre orecchie, nel nostro stomaco e sui nostri piedi e gambe rendendo inevitabile un ballo che ci/mi porterà fino alla fine del live.
Il supporto video, seppur statico, è di pregevole fattura grafica (per intenderci uguale a quella di "Axis of evil") ed evidenzia passo dopo passo la live performance. Seguono praticamente quasi in toto le canzoni dell'ultimo disco (vedi recensione sul nuovo numero di Rosa Selvaggia): "Neurosuspencion", "One nation under god", "The reformation", "Sterbehilfe"... sicuramente le più belle, dove ancora una volta risulta difficile seguire i continui andirivieni sul palco di Roy (è stato arduo per tutti fotografarlo da quanto si muoveva), che balla, salta, canta o meglio urla cantando e rivela un atteggiamento da vero front-man, interagendo con il pubblico (o semplicemente fans), il tutto in uno stile molto death...metal (a tratti quasi black!!!). Per coronare la follia del live R. si mette una camicia di forza e appare sempre più imbestialito. Si prosegue con l'urto sonoro di "In the name of Jesus" e di "Raise the evil", durante la quale continua a mimare con la mani le corna del diavolo (ditemi se non è in stile metal?!), infine con la superspaccaclub "Hellraiser", eseguita al secondo bis. Una mimica facciale, o meglio un ghigno malefico, di violenta sofferenza fisica sicuramente non interiore e sintomatica di una rabbia urlata e vomitata con tutto l'odio possibile ed immaginabile. Questo è Jhoan Van Roy, un uomo sopra le righe e per quanto mi riguarda il migliore di tutta la "scena" ebm/sanguigna e violenta. Un grande applauso anche a Torben, che di certo dietro a quella montagna di "macchinari" non ha fatto finta di suonare o di correggere semplicemente qualche volume. Grandioso per me e per tutte le 200-250 persone presenti che hanno seguito il concerto fino alle 3.
(Testo e foto by Noctiluca, noctiluca@katamail.com)

Alpheus, Roma, 1 Maggio 2004
Senz'ombra di dubbio gran parte della città si trova ammassata in Piazza San Giovanni per assistere al concerto del primo maggio, consueta enorme manifestazione che ormai ha più il sapore di una sagra paesana che di una vera rassegna musicale. Vi è però un manipolo di disertori, un piccolo nugolo di loschi individui di nero vestiti che si ritrova dinanzi alle porte dell'Alpheus, preferendo rimanere non visti a godersi un vero concerto piuttosto che immergersi nella bagarre cittadina più totale. Alcuni passanti scivolano attorno a noi senza dir nulla, sebbene il loro sguardo tradisca una certa inquieta curiosità ed una gran voglia di capire cosa stia succedendo. Altri ancora, desiderosi di vivere una folle notte di danze nel locale e timorosi al tempo stesso di esser capitati ad una riunione di qualche oscura setta segreta, si fermano a chiedere informazioni ai membri dello staff lasciati a guardia delle porte. La security si affretta a tranquillizzare i poveri discotecari sgomenti, dicendo loro che la serata danzante non è in pericolo alcuno, anche se una sala del club sarebbe stata destinata ad ospitatare "il concerto". Benché i due guardiani ai cancelli non sembrino esserne minimamente al corrente, "il concerto" è proprio quello dei belgi Suicide Commando, supportati dai conterranei Monolith, gruppi che dopo essere stati annunciati in almeno altri due locali diversi sono riusciti ad approdare all'Alpheus all'ultimo momento. Confidando quindi di essere nel posto giusto al momento giusto, attendiamo pazientemente che le transenne vengano rimosse e assieme al resto del popolo nero sciamiamo all'interno del locale sotto lo sguardo incuriosito dei "normali" che ancora attendono di poter entrare in discoteca.
Ci facciamo indicare la sala che ci è riservata, un ambiente non molto ampio ma piuttosto accogliente che con le sue luci basse e morbide racchiude in breve spazio un piccolo bar ed una serie di comodi tavolini ai lati del palco. Qui ci sediamo a chiacchierare piacevolmente finché non notiamo un tipo dall'aria simpatica che sale sul palco e comincia a trafficare con fili e cavetti. All'inizio lo scambiamo per un tecnico del locale intento a sistemare gli ultimi dettagli per l'imminente concerto, ma, non appena lo vediamo far partire una potentissima base elettro-industriale che sembra voler scuotere fin dalle fondamenta le pareti della stanza, ci rendiamo conto che si tratta proprio del signor Eric Van Wonterghem in arte Monolith, personaggio ben noto nella scena non solo per essere il cognato di Dirk Ivens dei Dive ma anche per la sua presenza in progetti come Insekt e Sonar. Ci precipitiamo proprio sotto al palco per goderci meglio lo spettacolo, o meglio per goderci la visione del solo Mr.Monolith che, concentratissimo, si agita in scena armeggiando con il suo computer e dando vita ad una specie di dj-set fuoriuscito da un qualche strano, ossessivo ed ipnotico rave-party electro-industrial. L'abilità di Erik come manipolatore è notevole e le sue dita si muovono veloci e sicure dal pc al kaospad, riuscendo così a distorcere non solo i suoni delle basi, ma anche le immagini astratte e geometriche che vengono proiettate sullo schermo alle sue spalle. Alla lunga, l'esibizione quasi monolitica della one-man-band belga risulta essere comunque un po' troppo fredda e pesante per riuscire a coinvolgerci veramente e trascinarci nelle danze e poco meno di quaranta minuti di concerto si rivelano essere un preludio eccessivamente lungo al main act della serata. Il pubblico infatti sembra stanco quando Erik lascia il palco, e certo questa non è la condizione migliore per accogliere l'avvento dei Suicide Commando, le cui canzoni brillano per la loro struttura energica e potente.
Siamo piuttosto curiosi di poterli veder dal vivo, anche se la nostra curiosità risulta a tratti velata da un leggero scetticismo, poiché spesse volte le tracce su disco tendono ad assomigliarsi un po' troppo, per ritmiche e sonorità che si inseguono troppe volte al limite dell'autoclonazione. Tuttavia, sin dall'entrata in scena di Mr. Joan Van Roy (scheggia impazzita che per poco non colpisce noi del pubblico con l'asta del microfono ) ci rendiamo conto che stiamo per assistitere ad uno show veramente esplosivo, pervaso da un'energia a dir poco incontenibile, come se fosse una sorta di bomba ad orologeria perennemente sul punto di scoppiare. Già dal primo brano,"Cause of death: suicide", annunciato fin troppo eloquentemente dalla foto di una ragazza morta proiettata sullo schermo, tutta la potenza del suono dei Suicide Commando si riversa sulle circa duecento persone presenti come una colata di lava fusa. La voce distorta di Joan scaturisce in un unico urlo di rabbia verso questo mondo folle e malato e le smorfie e boccacce che sfigurano il suo viso sono vera espressione di quel seme di pazzia che è all'interno di ognuno di noi e che si sfoga attraverso la stupefacente violenza sonora dei brani proposti. Così a "One nation under God", anch'essa tratta dall'ultimo album "Axis of Evil", si accompagnano le più vecchie ma non meno incisive "Love breeds suicide", "Dein Herz, meine Gier" e "Sick in your mind", in un crescendo di intensità e potenza che vede Joan sempre più spiritato saltare e correre come un ossesso, fingere di strangolarsi col filo del microfono e unirsi ai cori di un pubblico scatenato ed entusiasta. È assolutamente impossibile restar fermi, impossibile non sentirsi coinvolti, impossibile non farsi letteralmente travolgere dalla carica del frontman belga, che riesce anche a trovar spazio per polemizzare contro la condotta politica americana vomitando un "Fuck you Gorge Bush" in un cattivissimo ritornello, e quando sulle note aggressive di "Neuro Suspension", il concerto sembra chiudersi per lasciare spazio alla notte dell'Alpheus non c'è nessuno che non si prodighi in urla ed applausi a scena aperta nella speranza di vederlo tornare indietro. Joan ci accontenta nel migliore dei modi possibili e ci regala una strepitosa versione di Hellraiser scendendo a cantarla proprio in mezzo al pubblico in delirio. Il concerto quindi finisce ma non scompare la carica e l'energia che il gruppo belga ci ha saputo donare.
Ci scopriamo divorare la strada che ci separa da casa, ancora ballando sotto le stelle di Roma.
(Testo de: I Lupi di Winhall / foto by Noctiluca noctiluca@katamail.com - sono della data veneta)

 


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