45th 1st Album
Anniversary
S U I C I D E (Perdenti del Rock’n’Roll)
di
Luca Sponzilli
Ristampato in tutte le
salse, dalle deluxe edition alle versioni in
doppio LP e CD fino alle coloured-vinyl, l’esordio
omonimo dei
Suicide
il prossimo 28 Dicembre
compirà 45 anni dalla sua prima pubblicazione. Ma
procediamo con ordine.
Prologo dalla Grande Mela
Siamo nella NewYork
dei primi anni ’70, quella New York post-Warhol
punto d’incontro tra arte e musica,
inevitabilmente crocevia d’interesse della critica
specializzata e surrounded di salotti Fashion dal
gusto Glamour. Uno scenario invidiabile quello
offerto dalla Grande Mela ma al quale si
contrapponeva però un’urbanizzazione selvaggia,
opprimente ed alienante, inizio di una crisi
economica che identificherà la metropoli con il
triste appellativo di “Fear City”. L’incontro tra
Boruch Alan Bermowitz e Martin Reverby,
rispettivamente prossimi Alan Vega e Martin Rev,
avviene in un laboratorio di SoHo, quartiere di
Houston Street, meta di artisti per via della
massiccia presenza di gallerie d’arte, negozi
d’antiquariato e locali alla moda. Alan è uno
scultore amante del Rock’N’Roll dei ‘50s con una
predilezione nei confronti di Elvis Presley mentre
Martin è un allucinato tastierista proveniente
dagli ambienti free-jazz. Il legame musicale
prende forma nella prima ondata glam-punk
appartenente alla nascente corrente della New Wave
Americana ed il nome scelto, Suicide, è un idea di
Vega ispirata dal titolo di una saga del suo
fumetto preferito, “Ghost Rider”. Gli inizi non
furono
tra i più
esaltanti e la stampa non tardò nel definirli
noiosi ed irritanti ma il Rock, inteso nella sua
forma tradizionale, grazie al nascere di
formazioni innovative, spesso provocatorie o
sperimentali, iniziava a fare capolinea.
Incubi Metropolitani ed altre Storie
Gli esordi discografici
coincidono con l’avvento del Punk ed attraverso il
Blues, identificato come il “Suono di NYC”,
i due
compongono e decostruiscono il loro sound
spettrale ed apocalittico dove le tematiche dei
testi denunciando l’atrofizzarsi della mente umana
riflettendo l’angoscia urbana delle metropoli.
Irrompendo nelle gallerie d’arte di Brooklyn,
Manatthan, fino ad esibirsi in luoghi “cult” quali
il CBGB’s, i Suicide rappresentano lo specchio
sintomatico del tessuto sociale e cosmopolita
della Big Apple e con il 1977 ai titoli di coda
pubblicano il loro primo omonimo LP licenziato
dalla Red Star records di Martin Thau, ex manager
dei New York Dolls.
Un album breve,
composto da sette canzoni dai titoli memorabili e
musicalmente nuovo. La prima facciata del disco
inizia con
Ghost Rider per
poi proseguire con Rocket U.S.A., Cheree, Johnny e
Girl; le
ondate
di rumori/suoni elettronici provenienti dal synth
di Rev ed il canto recitato di Vega, imprimono
alle tracce un andamento onirico ed ipnotico dove
l’ascoltatore non può fare a meno di essere
trascinato in uno stato di trance senza via
d’uscita ma è “Frankie Teardrop”, episodio che
apre il secondo lato, a dare maggior risalto al
fenomeno Suicide. Un brano devastante ed
allucinante, con l’ossessione eroinomane in primo
piano e il materializzarsi delle stagioni di morte
annunciate dal binomio maledetto Vega/Rev. Chiude
“Che”, canzone critica nei confronti del leader
della guerriglia rivoluzionaria Che Guevara e
delle persone che ignorano la sua cruenta natura.
Ma la stella Suicide è destinata a brillare ancora
per poco; il secondo album
“Alan Vega Martin Rev”
non mantiene
le aspettative risultando poco convincente e
lontano dal loro sound malato. Terminato il
sodalizio, Vega rilegge in chiave anni Ottanta
Rockabilly/R&B e Country-Western, suoi amori
musicali di gioventù, registrando tra il 1981 ed
il 1985 quattro ottimi album [Alan Vega
(1981)/Collision Drive (1982)/Saturn Strip
(1983)/Just A Million Dreams (1985)] dall’alterno
successo commerciale.ma destinati a lasciare un
segno.
Epilogo di un Cowboy Metropolitano
L’inequivocabile stile di Vega e dei Suicide
influenzerà molte band a venire; due album tributo
delle loro canzoni, varie collaborazioni ed
esecuzioni micidiali legate ad un suono
elettronico moderno figlio del nuovo millennio ed
il solo fatto di non essersi mai svenduti alle
major, porteranno la band nell’invidiabile
posizione,di aver scritto una delle più belle e
fondamentali pagine del rock.
|