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DARK DAY
Transilvania Live - Milano - 8 Dicembre 2004

Testo Oflorenz con la collaborazione di Nikita

Foto
(Oflorenz)

Edizione un po’ in sordina rispetto alle ultime, questo Dark Day è stato forse penalizzato da alcuni fattori sfortunati, al di là della scaletta in programma effettivamente abbastanza scarna. Il ponte di S.Ambrogio che ha portato via dalla città parecchi milanesi, la partita dell’Inter in Champions League, e non ultimo il raduno nazionale dei fans dei Depeche Mode hanno infatti contribuito di certo alla scarsa affluenza di pubblico registrata al Transilvania di Via Paravia; addirittura dopo i concerti, momento (tristemente…) di punta delle manifestazioni italiane, il locale era pieno appena per metà.
Ma passiamo rapidamente ai performers di questo 8 dicembre all’insegna dell’oscurità.
Aprono le danze i Crying Orchards, progetto parallelo dei romani First Black Pope dedito ad un neo folk lontanissimo dalle sonorità elettroEBM del progetto madre. (Oflorenz)
Purtroppo i suoni non sono ben miscelati e il suono che ne esce non è il massimo, non sò se è per questo motivo ma sembrano poco coordinati tra loro, e il tutto si svolge abbastanza noiosamente sia per quanto riguarda la prestanzione sonora che l'impatto visivo, e fanno pensare che ci troviamo davanti all'ennesima copia dei Death In June, infatti i brani tendono ad assomigliarsi tutti, anche se altre band del genere tende ad avere questo difetto. Purtroppo alla fine del live non rimane nulla se non un siparietto per attendere i leaderliners. (Nikita)

Che dire dei Namnambulu? Sarebbe meglio tacere forse, e passare innanzi: la dance EBM degli svizzeri mi sembra quanto di più scontato e superfluo questo genere possa offrire. Sento spesso massacrare Blutengel e simili, ma magari questa sera ce ne fossero di Blutengel!! Per lo meno Chris e compagne quello che fanno lo fanno tutto sommato (quasi sempre) come si deve, con una certa dose di atmosfera ed un indubbio spettacolo visuale a completare il tutto.
Nulla di tutto ciò avviene con il gruppo dal nome impronunciabile, per cui girovaghiamo fra gli interessanti banchetti di Rosa Selvaggia e Transmission in attesa dei leader di questa sera: gli Stalingrad.

Ed ecco Elena Fossi apparire in un inedito e smagliante abito con corpetto nero/gonna blu, accompagnata questa sera non solo da Angelo Bergamini ed Andrea Savelli, ma anche da Elena Barosi ed Alice Tolu che si occuperanno dell’aspetto visuale dello show con l’aiuto di due personal computers. Molto belle infatti le proiezioni che accompagnano Stalingrad, con molti filmati d’epoca anche in bianco e nero, ottimo completamento delle atmosfere marziali del gruppo.
Interessantissima inoltre la performance di Elena e soci, con una bella serie di inediti ed anticipazioni dal prossimo lavoro del progetto parmense. Ma andiamo con ordine. Imponente come sempre l’intro strumentale di “Neither honour nor glory”, subito seguita dalla stupenda “I stood beside your Mothers” e da “Rytsari Vremeni”, caratterizzate dalla calda performance vocale di Elena e oramai veri cavalli di battaglia della band.
Ma il bello viene dopo, con gli inediti cui accennavamo prima che non avevo ancora avuto occasione di ascoltare live. Ecco così “They all left” , che potrebbe addirittura far parte del prossimo lavoro di Kirlian Camera, ed a ruota tre pezzi tratti dal futuro album di Stalingrad: “The VIP’s of sorrow”, “Border of salt” e “Closer than the holy ghost”. Di certo non è semplice giudicare un brano sentito per la prima volta dal vivo, ma ho sinceramente avuto l’impressione che il prossimo lavoro di Stalingrad non deluderà assolutamente chi ha già apprezzato il brillante esordio “Court Martial”, da taluni considerato addirittura superiore agli standard del progetto principale Kirlian Camera. Chiude lo show la commovente “Slavonija”, come sempre uno dei brani più toccanti dal vivo.

Conclusione un po’ amara ma inevitabile: se non fosse stato per Stalingrad il viaggio a Milano per questo dark day sarebbe forse stato superfluo, mi auguro che per le prossime edizioni dell’evento la selezione della scaletta sia un pochino più “robusta”. (Oflorenz)

 

 

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