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The
Spiritual Bat ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ NEW
YORK, NY * SOMERVILLE, MA * SALEM, MA * PITTSFIELD, MA * LOS ANGELES,
CA * SAN FRANCISCO, CA * OAKLAND, CA * SANTA CRUZ, CA * PORTLAND,
OR * SEATTLE, WA * NEW ORLEANS, LA * HOUSTON, TX * DALLAS, TX * SAN
ANTONIO, TX * OMAHA, NE * CHICAGO, IL * ST.LOUIS, MO * DECATUR, IL
* CINCINNATI, OH * COLUMBUS, OH * PHILADELPHIA, PA ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Il
diario del tour americano raccontato dalla band death rock italiana. Sembra impossibile, ormai lontano, come un sogno. E pensare che fino a pochi anni fa l’idea di suonare in pubblico era terrificante. Eppure ora possiamo dire di aver progettato e portato a termine tre tour negli Stati Uniti, oltre a diverse date europee. Avevamo bisogno di suonare il più possibile, come per una sorta di punizione auto-inflitta, come una specie di sacrificio rituale per conquistarsi il tempo perduto, affinché suonare su un palco diventasse come suonare nella propria caverna. Quella ricerca ancora continua, ma ciò che era solo un’idea folle, un sogno impossibile, finalmente, dopo anni, si è trasformato in realtà. Forse non sarebbe mai accaduto se Claudio non fosse morto. E’ stato lui a darci la spinta decisiva, quella iniziale, per vincere tutti i nostri timori.
“Riposto” le foto dei tour per chi ci segue, ma anche per me… in maniera disordinata, illogica. Ripercorro migliaia di chilometri, pensando a quante cose si possono dimenticare, alle foto mai scattate. Sarebbe bello avere sempre dei compagni di viaggio che aiutino a documentare il percorso con foto, video e racconti. Il Cruel Machine US Tour 2012 si è materializzato pochi mesi prima della partenza. Per un periodo avevamo affidato la gestione dei booking a una persona molto entusiasta e con ottime credenziali. Purtroppo questa persona per motivi personali non ha potuto mantenere fede al difficile compito. Il problema era che quando lo abbiamo saputo ci rimanevano pochi mesi per fare tutto. Nel 2010 avevamo lavorato fianco a fianco con Robert dei Sullen Serenade, nostri tour-mates. Questa volta Dario ed io eravamo soli di nuovo a progettare tutto e anche a percorrere le miglia tra una città e l’altra. In due era impossibile pensare di viaggiare sempre su quattro ruote. Le lunghe distanze si potevano percorrere solo in aereo. Il tour come viaggio interiore era già iniziato prima della partenza, tra mille preoccupazioni e incertezze, quando non sapevamo ancora niente sulle date. E’ stata una vera propria sfida con noi stessi. Ciò che ci ha poi convinto a non desistere è stato il puro desiderio di suonare. Quel desiderio che in alcuni a volte si affievolisce o si estingue, per via della fatica, dei sacrifici, delle aspettative non appagate. Per noi invece è come essere adolescenti. Abbiamo quello stesso entusiasmo. Forse un po’ di prudenza in più. Abbiamo voluto crederci, ma senza aspettative. Sembrerà un paradosso, e infatti non è stato facile, un continuo mettersi alla prova, su svariati piani. Fatto sta che con l’aiuto di amici vecchi e nuovi siamo riusciti a mettere insieme più di venti date. Dobbiamo veramente ringraziare tutti coloro che ci hanno permesso di realizzare questa impresa.
Ci passavo davanti spesso da adolescente, quando vivevo a New York. Mai e poi mai mi sarei sognata di suonarci un giorno: Kenny’s Castaways. La location del nostro concerto era cambiata tre volte e questo ci aveva fatto preoccupare, ma Jason è uno storico DJ di New York (con cui avevamo lavorato nel ’98 – Alchemy aveva ospitato l’unica data live degli Spiritual Bats ‘formazione Sacrament’ al CB’s Gallery). Riesce, quindi, a organizzare questa serata, un mini-festival, al Kenny’s Castaways, locale leggendario di Bleecker Street, dove hanno esordito o comunque suonato artisti del calibro di Ben Harper, The New York Dolls, Yoko Ono, Bonnie Raitt, Aerosmith, The Allman Brothers, Ricky Lee Jones, John Peel, Lynard Skynard, Suzanne Vega, Patti Smith, Bruce Springsteen, Spin Doctors, Dr. John. Ora siamo qui, felicemente accompagnati da mia sorella e mia madre che si offrono di aiutarci in tutti i modi. Il primo gruppo se ne va appena ha finito di suonare. Li avevamo sentiti anche su Youtube, non erano male, ma sono gli unici che non hanno scambiato nemmeno una parola con gli altri. Ci sono dei ragazzi venuti da Philadelphia con i Lisa & The Tragedy. Qualcuno di loro ci conosceva dal tour del 2010. Il cantante dei Lisa and The Tragedy, Adian Caine, è proprio uno degli organizzatori della nostra data di Philadelphia. Simpatici i Death Church, strani i Whispers of The Sparrows. Bravissimi The Drowning Season. Dal vivo sono anche meglio che da CD. Come noi, sono un duo voce e chitarra con le basi. Sono fortissimi e lasciano immaginare cosa potrebbero diventare con una live band completa. Nel pubblico c’è anche Lisa dei Requiem In White-Mors Syphilitica con un paio di amici. Grandissima amica dal 1996. Tocca a noi. Il Sony Vaio si accende, si spegne, lo riaccendo, si rispegne. Sudo freddo e preparo l’ipod come riserva. Ottimo modo per iniziare un tour! Fortunatamente la terza volta rimane acceso e possiamo iniziare. Nonostante il feeling con il fonico non sia stato un granché sin dall’inizio, alla fine tutto va alla grande.
C’è una linea di autobus cinese da New York a Boston che costa meno di un taxi a New York. Il personale parla praticamente solo cinese, e la compagnia ha la reputazione di essere molto sicura, da quando hanno subito dei controlli severi a causa di frequenti incidenti! Imbattibile. In un tour fai-da-te e con un budget come il nostro, una manna. L’unico problema è arrivare al terminal a Chinatown, a Manhattan, da casa di mia madre che si trova nel Queens, all’estrema periferia. Con due valige e una chitarra. Il modo più economico è andarci con i mezzi pubblici. Un autobus e una metro, che ci vuole? Se non fosse per la pioggia che ci ha accompagnato all’andata e al ritorno… e per il fatto che ci è capitata una delle pochissime stazioni senza ascensore. Arrivati a Boston, dopo quattro ore di viaggio, mentre aspettiamo il nostro amico John Degregorio fuori dal terminal, una tipa ci viene incontro e ci chiede se siamo Dario e Rosy. E’ una persona che avevamo conosciuto tramite amici a Staten Island dieci anni prima. Ora vive qui. Coincidenze!!! Le tre date del New England, cioè Somerville, Salem e Pittsfield sono state organizzate da John Degregorio degli Amber Spyglass, vecchi amici sin dal Lowlands Tour 2010. John è un grande professionista, e uno dei musicisti con i quali avevamo in progetto di suonare durante questo tour. La nostra intenzione era suonare anche con altri in diverse città, ma purtroppo per vari motivi John è stato l’unico a potersi unire a noi. Altre persone si erano offerte, con le quali avremmo suonato volentieri (certo non senza almeno qualche prova) ma la logistica purtroppo non lo ha permesso. Non è un segreto che il nostro sogno è essere una band. Siamo ospiti di John e Kelly (a.k.a. Amber Spyglass) con i quali trascorriamo giorni bellissimi.
Scopriamo, però, di aver sbagliato qualcosa… Ooops, piccola svista: abbiamo dato per scontato che i nostri amici avessero un mezzo di trasporto per spostarci insieme. Errore nostro naturalmente, loro hanno fatto tantissimo per noi. Semplicemente non ci abbiamo pensato. Risolviamo con un noleggio last minute, ma la preoccupazione era “Siamo all’inizio, chissà quanto ci costeranno altri piccoli errori di questi?” Pensavamo di aver calcolato attentamente tutti gli spostamenti. Per fortuna questo rimarrà l’unico errore grossolano. Insomma, dobbiamo noleggiare un’auto che non avevamo preventivato per spostarci a Salem e a Pittsfield. Nonostante la prenotazione sia per una “Economy”, ci danno una bella batmobile nera! Cerco la foto per ricordare… è una Chrysler 200. Su sei auto noleggiate in questo tour, nonostante avessimo sempre richiesto una Economy, quattro volte ci viene fatto automaticamente un upgrade. Non siamo abituati a tale lusso, ma ci adattiamo senza troppi sforzi! Una bella differenza paragonata alla nostra batmobile (una Y10 del ‘92). Andiamo subito a comprarci un GPS e anche un hard-disk per scaricare video e foto. Non avendo la nostra amica Sara Scaccia con noi questa volta, la video camera - proprio la sua, che ci ha prestato per il tour - purtroppo spesso rimarrà spenta. A volte riuscirò a posizionarla, ma dimenticherò di accenderla o di incaricare qualcuno per farlo. Il Sony Vaio ci da ancora problemi, così per queste tre date usiamo il laptop di John, nel quale ha sapientemente impiantato il nostro disco rigido. Facciamo due giorni di prove con John al basso, che si era precedentemente scritto le parti, e siamo pronti. Riceviamo una calda accoglienza a Somerville (Boston) e Pittsfield. Nel pubblico a Somerville si sono anche i Dreamchild, che ho apprezzato nel 2010 dal vivo. C’è anche Laura Belfry, del programma radiofonico Bats in The Belfry con la quale avevamo contatti da lunghissimo tempo. Era venuta a vederci nel 2010 e quest’anno aveva co-sponsorizzato la cosiddetta “New England leg of the Tour”. A Pittsfield sono veramente carini (anzi, carine, mi riferisco soprattutto ai gruppi Forever Autumn e Vi) e ci siamo divertiti molto, anche se all’inizio vedo delle casse minuscole e apprendo che il locale nel frattempo ha deciso di dare la sala più grande (e con il palco) ad un altro party, hip-hop. Alla fine il sound non è male e va tutto bene. A Salem (sì quella delle streghe) il locale è un caffe ’-ristorante, non esattamente configurato per il nostro tipo di musica. Gli Amber Spyglass in versione acustica con chitarre, voce, violino e violoncello sono invece perfetti e anche gli Antidote4Annie, terza band partner del New-England, che in questa tappa danno il meglio. Noi avevamo difficoltà a sentire le basi ma ci siamo arrangiati. Alla fine del set una ragazza è venuta ad abbracciarmi dicendomi che l’avevo emozionata. Vendiamo alcuni CD e qualche maglietta.
Purtroppo Nicole deve tornare a San Francisco, ci accompagna a prelevare la prossima auto e a malincuore ci salutiamo. Lei andrà a sud, noi a nord. Ma sappiamo di avere una grande amica a San Francisco, e che ci rivedremo prima o poi. Di nuovo soli, Dario ed io ci mettiamo un attimo a uscire da Portland, anzi diciamo che rifacciamo un paio di volte un ponte da dove si vede un paesaggio fantastico. La città si trova nel punto dove confluiscono due fiumi enormi, il Willamette e il Columbia. Dall’altra parte di quest’ultimo c’è Vancouver, WA. C’è tanto verde. Cerchiamo di avvicinarci a una spiaggia, dove c’è gente in costume, si fanno il bagno nel fiume. Ci vengono in mente immagini di due anni prima. Quando avevamo fatto una corsa sfrenata per ritrovare un Burger King dove ci eravamo fermati mentre andavamo a zonzo nel furgone di Robert. Tornando a casa della cara Emily ci eravamo resi conto che il marsupio preziosissimo di Sara era rimasto là. E si era movimentata una rescue team: Emily e la sua compagna di casa cercano tutti i Burger King di Portland su internet, Sara cerca lo scontrino. Io che avevo guidato ricordavo che si trovava nei pressi di un’autostrada, prima di un cavalcavia. Che botta di… fortuna, lo abbiamo trovato, e siamo riusciti a recuperare il marsupio sano e salvo. Non mancava niente. Passaporto, soldi, biglietto aereo, carta di credito. Lo stesso era successo con il telefono di Greg a New Orleans… ma quello era un altro tour! A Seattle ci incontriamo a casa di Philip, membro dei Post Rapture Party, promettente gruppo locale che ci ha procurato il concerto. Seattle è una città che amiamo particolarmente sia perché si mangia da paura, perché è bellissima, sprizza musica da tutti i pori e perché ci eravamo già trovati bene. Ci avevamo suonato due volte precedentemente, e ci piaceva moltissimo il locale dove avevamo suonato, il Sunset Tavern/Black Mondays. Pensare che buona parte di questo tour l’avevamo programmata intorno al loro evento mensile, che era di lunedì! Purtroppo la gestione era cambiata e non si era riusciti a combinare. Così ci hanno aiutato questi ragazzi dolcissimi, Caroline innanzitutto, e i suoi compagni Matt, Jonathan e Philip, che sono dei grandi amanti della musica, con una passione sfrenata e che ci hanno dato un’ospitalità incredibile. Decisamente non solo validi collaboratori ma amici che non dimenticheremo. La serata è molto tranquilla, ma abbiamo qualche fan e un ospite che ci sorprende, William Wilson dei Legion Within (KMFDM Records), con il quale parliamo anche di fare qualche data insieme in futuro. Mi pare che sia venuto a vederci anche le altre due volte che abbiamo suonato a Seattle. Con i Post Rapture Party trascorriamo qualche giorno, ospiti di Philip. Facciamo passeggiate, usciamo e ceniamo insieme, andiamo giù a Ballard a incontrare i nostri vecchi amici Antonie, Jennifer, John e Erin, alcuni di loro della vecchia gestione Subset Tavern /Black Mondays. Non era mancata un po’ di avventura, la sera stessa del concerto, quando siamo tornati a casa di Philip, poi siamo usciti insieme per fare un po’ di bar-hopping e, al rientro, non si trovano più le sue chiavi. Alla fine ci ritroviamo in casa del suo vicino Mike con Pink Floyd a Pompei a palla, luci disco e laser, macchina del fumo e un panorama mozzafiato di Seattle by night dal balcone… Fino a quando il vicino, pregato dal nostro amico, ha trovato il modo di aprire la porta di Philip, ma non sembrava volere che ce ne andassimo. Philip era mortificato per il contrattempo, ma alla fine ci siamo divertiti molto insieme e lui è stato così gentile da offrirci qualche giorno in più di ospitalità quando abbiamo avuto conferma del fatto che il nostro volo per New Orleans era stato cancellato a causa dell’uragano Isaac. Ciò ci ha dato la possibilità di vedere altri scorci di Seattle, e di amarla ancora di più. E di vedere il film Control insieme a Philip.
A proposito di New Orleans. Questo concerto non è avvenuto, a causa dell’uragano, come dicevamo. Ma da New Orleans abbiamo ricevuto tantissimo, forse più che da altre città. Melissa Crory ha lavorato sodo per organizzare quel concerto, che era stato voluto e atteso con ansia sia da noi che dagli amici di NOLA. Questa ragazza, che non è una promoter regolare, ma più un’amante della musica e musicista lei stessa, aveva dovuto faticare per trovare un locale disponibile quel mercoledì 29 agosto (anniversario di Katrina, tra l’altro), era riuscita a mantenere l’ingaggio nonostante un improvviso cambio di gestione del locale, procurato attrezzature e una all-girl band, Curie, come opening act. Madame Terri, proprietaria della omonima pensione nella quale saremmo stati ospitati, quando sembrava che la disponibilità del locale fosse venuta meno, si era preparata a trasformare la sua guest-house in sala concerto e tenere il concerto in ogni caso, anche in caso di uragano, con tanto di vendita di jello shot casarecci per raccogliere fondi! Ma non è tutto. Melissa, che sentiva nostalgia della vita on the road (aveva suonato con gli Ex-Voto e non ricordo quali altre band), si era offerta di farci da roadie, con tanto di furgone, per le date del sud, cioè New Orleans e le tre date nel Texas. Quindi nel momento in cui abbiamo saputo della cancellazione dei voli, ancora a Seattle, oltre a sperare che i tutti nostri amici di NOLA uscissero incolumi da un altro potente uragano nell’anniversario di Katrina, dovevamo anche riprogrammare gli spostamenti di Houston, Dallas e San Antonio. Ma la nostra eroina ci ha assicurato che lei in qualche modo ci avrebbe raggiunto a Houston, e che da lì avremmo potuto continuare il piano originale. Intendeva uscire da New Orleans da sola, con il furgone, durante l’uragano. Circa sei ore sulla I-90, un’autostrada bellissima e terrificante, fra paludi tipo La Storia Infinita. Ma quella era bloccata per allagamento. Aveva dovuto viaggiare verso nord, inseguita dall’uragano e poi voltare verso ovest, direzione Houston.
La storia di questo concerto è piuttosto travagliata. Fatto sta che alla fine abbiamo re-inserito in calendario questa gig che in precedenza avevamo declinato a favore di Dallas. E l’avevamo re-inserita, grazie all’intervento di un amico dei tempi di myspace, Ashe Ruppe, in pratica perché’ comunque avremmo dovuto fermarci in albergo da qualche parte nel tragitto NOLA-Dallas. In questo modo avevamo rinunciato ad avere una gig tutta nostra a Houston, ma eravamo inseriti nella gig dei Fangs On Fur, cosa che aveva più senso, visto che l’opening act nelle due serate adiacenti era sempre lo stesso. Ci avevamo guadagnato la gig di Dallas, e risparmiato sull’albergo. Insomma un intreccio da pazzi. Vediamo entrare una sorta di caravana di matti e sono loro, gli 8eTribe, una gabbia di matti con tanto di spillatrici,frammenti di vetro, e chiodi che si conficcano tranquillamente addosso. Non basta leggere una delle descrizioni di questi performers: “Punching Babies, Arson, drinking Windex, whoring, being fucking doctors, enjoying squid tits, and hobo sex drinks”. Bisogna vederli. Matti da legare, ma gentilissimi, capitanati da Cody Amerson, che non solo si è comprato Cruel Machine, ma ci ha anche portato valige e attrezzature in macchina. I Fangs on Fur purtroppo hanno disdetto, ci chiediamo cosa possa essere successo. Mancano gli headliner, così chiudiamo noi la serata. Comunque gli Stage Frights sono bravissimi, nel loro Horror Rock and Roll. Per chi conosce gli Ex-Voto questo è un nuovo progetto di Larry Rainwater. Spleen è bravissima, suona il basso e canta, con tanto di pancione di almeno 4-5 mesi. Bellissima. E’ un onore farsi ospitare da una band cosi’… Gli 8etribe si scatenano, mentre Spleen ed altri addirittura ballano mentre noi suoniamo. Chi l’avrebbe mai detto? E meno male che Cody ha “rubato” la nostra macchina fotografica dallo stand, altrimenti non ne avremmo le prove. Comunque, ci guadagniamo la stanza d’albergo, probabilmente è quella dei FoF, noi avremmo dormito a casa del promoter. E’ una suite da paura! Quando la vediamo, detto tra noi, pensiamo che sarebbe bello dare un’occhiatina a cos’altro contenga la scheda dei FoF. Peccato che non siamo riusciti a vederli dal vivo. Avevamo tre date insieme a loro, nel Texas, e da quel che abbiamo sentito su internet sono bravi! Intanto rafforzo le valige e la mia borsa con del duct tape. Speriamo che reggano, nel budget non sono incluse valige nuove!
Melissa ci viene a prenderci la mattina seguente. Si era già organizzata per la notte quando l’abbiamo sentita al telefono la sera prima. Noi eravamo ancora al locale, lei era stanchissima dopo la fuga da New Orleans. Finalmente ci conosciamo di persona! E tutto ciò che traspariva dalla foto di FB e da mesi di corrispondenza si rivela tutto vero! Questa ragazza è in gambissima, organizzata, intraprendente! Casualmente viene fuori che a Dallas suonerà anche lei, chiamata al basso da un vecchio compagno di band, Jason Charles, che passiamo a prendere ad Austin, prima di dirigerci verso Dallas. Anche qui ci tocca chiudere la serata. Niente FoF, purtroppo. Ma è un gran piacere che vengano aggiunti gli Evil Flying Chickens last minute, così che possiamo conoscere Jason e la sua simpatica ironia. Senza prove, Jason e Melissa si esibiscono senza sbavature, due animali da palcoscenico. Conosciamo anche Tracy Batty Robertson, stilista di moda goth e promoter della Shadow Society che ci ha voluto fortemente per questa occasione. Mi viene anche fatto dono di un bellissimo corsetto, che prima o poi indosserò - non certo per cantare, però, perché ho bisogno di respirare! Anche gli Ending The Vicious Cycle sono una bella band, con influenze quali The Sisters of Mercy, The Cure, Echo and the Bunnymen, Bauhaus, sicuramente da seguire. A fine serata si finisce tutti a mangiare messicano lì di fronte. A inizio serata c’era stata un’altra piacevole sorpresa! La nostra amica Layla degli Strap On Halo, da Omaha, Nebraska, “si trovava a passare da queste parti” e così è venuta a vederci insieme ad un amico, DJ Augustine Strange, che nonostante esordisca qui con il suo strano senso dello humour, si rivelerà un ottimo compagno di viaggio nel mid-west. Effettivamente stavano scendendo in macchina dal Nebraska, per andare al San La Muerte Festival, dove ci saremmo visti. Con gli SOH al completo avevamo invece appuntamento di lì a una settimana, a Omaha, per iniziare la “Mid-Western leg of the tour”, che ci avrebbe visto vivere a casa loro e viaggiare insieme verso i concerti di Omaha, Chicago, St. Louis e Decatur. Con Layla si parla già di salire a Omaha insieme dopo il San La Muerte, visto che noi dobbiamo comunque noleggiare un’auto, e che per un viaggio di 1.500 km cercavamo qualcuno con cui condividere la guida e le spese. Layla dice che il posto c’è, in macchina, e che a loro non dispiace ospitarci qualche giorno ini più se decidiamo di anticipare e andare su con loro. A questo punto l’unico problema per noi è che loro partono per Omaha il giorno dopo il festival, il che ci lascia pochissimo tempo da trascorrere con gli amici di San Antonio, Robert Flores e Greg Scott Cruz dei Sullen Serenade (con i quali eravamo stati in Tour per due mesi interi nel 2010).
Ci riaccomodiamo nel bel furgone blu di Melissa, targato Louisiana, e riaccompagniamo Jason a Austin, città della musica, prima a casa a cambiarsi, e poi direttamente al lavoro. Speriamo di rivederci un giorno. Da qui procediamo verso San Antonio. Dallas-San Antonio sono a poco più di quattro ore di guida. Austin è di strada, a circa un’ora da San Antonio. Andiamo direttamente al locale, dove i Soriah stanno facendo il sound-check. Enrique ci vede e ci viene incontro, ci abbraccia, anche Ashkelon, Robert, Greg. Robert è incredibile, ha lavorato sodo ed e’ riuscito ad organizzare questo evento, e anche a suonare con i Soriah. Lui, Greg e l’amico Raphael sostituiscono infatti gli altri musicisti di Portland. Il sound-check dei Soriah, come avevamo visto a Santa Cruz, è meticoloso e preciso. Quando i Fangs on Fur avevano disdetto, praticamente negli ultimi giorni, Robert era riuscito a portare The Deadfly Ensemble al posto loro. Ed eccoli arrivare, riconosco subito Lucas, Marzia, Steven. Melissa si era prenotata una stanza d’albergo ed era andata a riposarsi. Io e Dario ci prepariamo qui, al Korova. Questo locale e’ molto piu’ grande del Thirsty Camel, dove avevamo suonato due anni prima. Oltre agli stand delle band, ci sono artisti, artigiani, CD e vinili. Trovo lo spazio riservato a noi per la merchandise, preparo tutto il preparabile. Mentre Dario sta maneggiando la chitarra poco distante, su un divano bianco, io collego un po’ di cavi e vedo un gigante avvicinarsi a lui e stringergli la mano. Più tardi scoprirò che era James, il batterista dei Peeling Grey. E’ una bella serata, bella atmosfera, tutti sono amichevoli. Il locale non è pieno, ma è molto grande. E’ la prima edizione del San La Muerte Festival, l’affluenza non è male e tutti si augurano una seconda edizione. Il miglior sound ce l’hanno i Soriah, naturalmente. L’unica pecca sono le luci led dai colori pastello sbiadito, sempre più comuni ormai, di solito molto fredde. Il proiettore c’è, abbiamo il nostro sfondo sul palco e ne siamo contenti. Ci divertiamo con Layla, Augustine, Melissa, conosciamo un sacco di gente, rivediamo persone conosciute in passato. Steven ci regala un CD dei Christ Vs Warhol, che apprezziamo molto sin da quando Robert ce li ha fatti sentire per la prima volta. Qui Steven e Marzia suonano con i Deadfly Ensemble, di cui il batterista Dizhan è fortissimo! Ne autografiamo diversi anche noi, di CD, e ne riceviamo altri, autografati, da Enrique e Ashkelon Sain dei Soriah, da Lucas Lanthier, più le magliette del San La Muerte. Siamo felicissimi di ricevere questi doni! Un piccolo inconveniente però c’è: l’amico di San Antonio che doveva ospitarci per qualche giorno è mortificato ma ha avuto problemi in famiglia e di conseguenza non più farlo. Meno male che avevamo deciso di andar via con Layla comunque il giorno dopo! Noi lo tranquillizziamo, ce la caveremo. C’è Layla con la macchina, quindi, anche se abbiamo già detto a Melissa di andare pure a riposarsi (ha guidato solo lei da Dallas!), mentre noi ci intratteniamo al Korova fino alla chiusura. Per fortuna ci accompagnerà Layla a cercare un albergo. Ce ne sono molti qui intorno, siamo a downtown San Antonio. Ci presentiamo direttamente al front desk, ma alcuni già da lontano ci fanno cenno che non c’è niente, ancora prima di aprire le porte di vetro. Saranno state le quattro di mattina. L’amara scoperta è che questo è il Labor Day weekend, e tutti gli alberghi sono pieni, e le tariffe pure! Per fortuna Layla ha internet sul telefono e le chiedo di cercarmi un Motel 6 anche fuori città, mentre io guido. Siamo stanchi morti tutti e tre. L’indomani ci sarà un pranzo per tutti gli artisti e poi si partirà per Omaha, a ‘sole’ sedici ore di guida. E’ quasi l’alba quando finalmente troviamo un Motel 6 con una camera disponibile. Nel primo pomeriggio ci incontriamo con Robert, che arriva nel suo famoso furgone bianco con i Soriah e i Deadfly Ensemble, in un ristorante messicano. Occupiamo mezzo ristorante, ci sono anche i Peeling Grey, noi siamo con Layla, Melissa ci raggiunge. Ottimo cibo, finalmente possiamo chiacchierare un po’. Manca Greg che doveva lavorare, e che abbiamo salutato la sera prima. Purtroppo non era possibile rifiutare l’invito di Layla a viaggiare con lei ed Augustine per andare ad Omaha e non possiamo fermarci per trascorrere più tempo con Robert e Greg. Se fossimo andati a Omaha, da soli avremmo dovuto dividere il viaggio in almeno tre tappe, e fermarci in almeno in un albergo. Salutiamo tutti, abbracciamo Melissa, promettendoci di rivederci a New Orleans.
Da un luogo di perdizione ad un luogo sacro. Eh già. Il pipistrello spirituale attraversa dimensioni molto diverse tra di loro! E non scherziamo. A Decatur suoniamo in una chiesa. Ora, questa è una delle realtà più insolite per noi. Si tratta di una vera e propria chiesa, non cattolica ma di una delle innumerevoli chiese in cui si professa una qualche forma di protestantesimo. Leggono la Bibbia, pregano, aiutano i poveri, i senzatetto, ragazzi problematici e… accolgono band in tour. Unica condizione che i testi non contengano parole offensive. I loro concerti sono aperti ad un pubblico di tutte le età, niente alcool e niente oscenità. Negli USA per entrare in un qualsiasi bar o locale che serva alcolici, bisogna aver compiuto ventuno anni e sono abbastanza severi su questo. Quindi è giusto che ci siano delle opportunità di accedere a musica live per i più giovani. Il “prete” cioè il pastore, o ministro, si chiama Tiavi e lui stesso è goth e suona in un gruppo che si chiama Spirit Child. Qui a Decatur il locale/chiesa è da paura: un edificio tutto nero (pare che sia stato donato alla chiesa da un benefattore). C’eravamo già stati nel 2009 e allora c’era anche uno scuolabus di quelli grossi, americani, che da giallo era stato verniciato tutto di nero con la scritta Church of The Living Dead (vedere foto su Facebook). Al pian terreno c’è una specie di caffè (dove si servono solo coca cola, caffè, tea, ecc.) che per l‘occasione viene chiuso e riservato a noi come green room. Nel 2009 ci aveva ospitato il padre Tiavi, Bruce, un personaggio bellissimo, stilista, modello e attore negli anni ’60, uno dei Beautiful Boys di Andy Warhol. Ora, facendo un giro in macchina per Decatur, ci si rende conto che sembra ci sia una chiesa in ogni due case. Questa di Tiavi, però, è l’unica chiesa goth. Quando siamo venuti qua nel 2009 Dario ed io non sapevamo bene cosa aspettarci, una setta, o degli invasati. Io avevo già specificato sin da allora che noi non apparteniamo a nessuna religione, pur essendo rispettosi del percorso spirituale di ogni persona. Ma loro sono sempre stati molto carini. Quest’anno conosciamo anche Libby, Sheri e Simon, che si sono fatti in quattro per aiutarci. Loro tre sono i Dark Valentine. Sono stupendi da vedere e se qualcuno sta per scattare una foto loro in un batter d’occhio sono capaci di volare e prendere posizione, creando pose drammatiche. Per l’occasione è sceso da Chicago anche il nostro amico Leper (cioè Skot), con cui avevamo suonato a Chicago nei tour precedenti, accompagnato dalla moglie Rachel e dal coniglio bianco Oliver. E’ la prima volta che vedo il viso di Skott! Di solito porta sempre un velo di pizzo nero e un bel corpetto. I Leper vivono in una specie di comune, una specie di kibbutz cristiana, a Chicago. Skot ci spiega che la sua musica è sponsorizzata dalla sua “chiesa”. Quindi qui sono tutte band cristiane. Un mondo a parte. Ogni tanto si sente un “Praise The Lord” o qualche frase del genere. Ora, chiunque mi conosca un po’ sa quanto io sia scettica nei confronti delle religioni. Ma queste persone non sono invadenti, sono gentili, discrete, amano la musica e l’estetica goth, e non hanno mai tentato di convertirci! Non ho affrontato a fondo il discorso della religione con loro. Si è sfiorato, ma con molto rispetto. Nella mia personale spiritualità (e non nelle religioni ufficiali), trovo solitamente un punto d’incontro con persone diverse da me, sempre che siano disposte a un dialogo intelligente. Loro si sentono discriminati dalle altre chiese, in quanto goth, rossetto nero, ecc. Quindi hanno creato una loro comunità. Comunque, dicevamo, locale da paura, ottimo sound, ottimo tecnico del suono, Danny, che viene a parlarci, prima del concerto, ci dice di aver ascoltato alcuni brani sia nostri che degli SOH. Unico inconveniente le scale, ma ci hanno aiutato i ragazzi che frequentano ‘l’oratorio’ a portar su tutto. La volta scorsa si era caricato tutto su per una scala dell’orrore, di metallo, quasi verticale e abbastanza stretta, che va su esternamente fino al secondo piano, dove si accede direttamente al palco. Mi preoccupavo un po’ per gli Strap On Halo (i quali apprezzano la buona birra) in un ambiente così… privo di alcolici… ma i Dark Valentine si sono preoccupati anche di procurare della buona birra, da consumare rigorosamente solo nella green-room. Alla fine mi sono parsi tutti piuttosto contenti, anche Augustine Strange e Tani Russell, la loro bravissima fotografa che si è unita a noi per le tappe di St. Louis e Decatur. Mi pare che a Marc sia proprio piaciuta la musica di questi christian-goth. E infatti non sono male, sono molto teatrali. L’indomani gli SOH tornano a casa, a Omaha, a prepararsi per l’Age of Decay festival, in Florida. La sera abbiamo brindato con uno speciale assaggio di wormwood offertoci da Simon. Ne ha una bottiglia che gli ha dato suo padre. Viene dal suo paese, la Svezia, dove è bevanda tradizionale. Simon, marito di Sheri, possiede anche una casa con tanto di fantasma in Svezia! Con il suo trucco vampirico potrebbe spaventare chiunque, ma è una persona così dolce e premurosa verso tutti che alla fine sembra più un angelo, come tutti loro. Il mattino dopo giunge il momento di salutare gli SOH. Abbiamo vissuto e viaggiato insieme per oltre due settimane. E’ come avere una famiglia, dei compagni di avventura. Abbiamo una comunità e una famiglia in giro per gli Stati Uniti, e gli SOH sono davvero dei fratelli. C’è un momento in cui siamo tutti in cerchio davanti a casa dei Dark Valentine, dove abbiamo dormito tutti, e mi prende un attimo di emozione. Oddio sono diventata emo! Mi faccio un bel pianterello. Ma so già che con gli SOH ci rivedremo! Siamo tutti troppo testardi e assetati di suonare per fermarci. Quindi, viaggiando con la musica, sarà molto probabile, anzi sicuro, che ci rivedremo presto. Dario ed io abbiamo dormito dai Dark Valentine un’altra notte. Ricordo che c’è stato un risveglio di mattina presto in cui loro si aggiravano tutti per casa silenziosamente, preparandosi per andare al lavoro. Li intravedo vestiti in maniera completamente diversa, cappello da baseball, camicia a quadri? Immagino che non sia facile andare in giro vestiti da vampiri in questa città molto religiosa. Ricordo che Sheri e Simon ci accompagnano al piccolo aeroporto non lontano, a prelevare l’auto a noleggio. Quando noi siamo partiti, più tardi, loro erano al lavoro, a casa c’era solo Libby. Abbiamo conversato un po’ sul loro carinissimo patio, tutto finestre, tra una sigaretta e un caffe’(io naturalmente solo litri di tea!). Abbiamo raccontato a Libby come a Cincinnati, la prossima tappa, era uscito questo concerto pochi giorni prima. Non eravamo riusciti a organizzare una data a Indianapolis, quindi avevamo diversi giorni liberi. Ottimo per viaggiare con comodo, ma pessimo per le spese. Prima della nostra partenza, Libby ci da il numero di telefono di una certa Donna, che vive appena fuori Cincinnati. Se mai dovessimo trovarci in difficoltà potremmo chiamarla. Donna si era fatta quattro ore e mezza di viaggio per venire al concerto qui a Decatur due sere prima.
L’auto
questa volta era una Ford Focus. Rispetto alla nostra Y10, è
sempre un’astronave. Ma rispetto alla Dodge e alla Chrysler… Stiamo
diventando viziati! Comunque, fatto sta che questa volta siamo alla
Budget e non alla Alamo. Ci accorgiamo più tardi che l’accendisigari
non funziona. E dobbiamo andare a comprare un cavo USB lungo abbastanza
da poter arrivare al GPS. Compriamo anche un asciugamano. Fino ad
ora non ne abbiamo mai avuto bisogno, cioè, non fraintendete
subito… nel senso che ce li hanno sempre fatti trovare. Ne’ abbiamo
mai avuto bisogno di lenzuola o sacchi a pelo. Meno male, però,
perché con i voli sarebbero stati almeno un bagaglio in più
e noi siamo sempre al limite, visto che qualcosa vendiamo, ma riceviamo
anche tanti regali! Questo però potrebbe essere il caso in
cui dovremo provvedere. Una preoccupazione è che ci sarà
molto da guidare nei prossimi giorni, per me. Praticamente ritorniamo
a New York in macchina, passando per Columbus (Ohio) e per Philadelphia
(Pennsylvania), per cui ci faremo circa 1.600 km da soli. E con un
unico guidatore, io, che non ho una gran resistenza. Ogni due ore
mi devo fermare, sgranchirmi, perché tendo ad addormentarmi.
Ho bisogno di essere ben riposata. Come diciamo sempre Dario ed io,
riportare la pelle a casa prima di tutto, la sicurezza è la
cosa più importante. Vedremo, se sarà necessario daremo
fondo ai risparmi e staremo in albergo. Da Omaha avevamo annunciato
che cercavamo una data intermedia fra Decatur e Columbus. A un annuncio
che aveva pubblicato su Facebook il buon Marc Jones (SOH) aveva risposto
un certo Robert Inhuman di Cincinnati, che poteva darci una mano.
Attraverso una serie di sms ci ha offerto ospitalità per qualche
giorno e un locale dove suonare. Da quel poco che sappiamo Robert
Inhuman è un promoter e un musicista. Il luogo dell’appuntamento
è una casa. Nel frattempo ho fatto spedire da New York degli
altri CD, presso un altro indirizzo che mi ha dato lui. Arriviamo
che è sera, la zona non sembra essere malvagia, mi ricorda
un po’ Staten Island con le sue casette in stile vittoriano. Gli mando
un SMS perché non troviamo parcheggio, e dopo pochi minuti
appaiono Robert e la sua ragazza Abbey, che ci indicano uno spazio
proprio davanti ad una casetta rosso mattone. C’è un giardino in discesa,
con una serie di gradini che portano all’ingresso. Scopriamo in seguito
che qui ci abitano delle amiche, e che qui nel basement questa sera
suoneranno due band. La prima la sentiamo da sopra, perché
ci stiamo ancora orientando, tra patio e un via vai di ragazzi sulla
ventina. Nel frattempo, visto che a quanto pare ci troviamo ad una
festa, facciamo anche un salto al negozio del benzinaio qua vicino,
per comprare qualche birra (il buon vino rosso non è facilissimo
da trovare). La seconda band riusciamo a vederla, in cantina, ed è
molto molto interessante: mi pare che fossero batteria, due chitarre,
un synth, e un ragazzo al centro che suona va una specie di oscillatore
collegato a una serie di pedali e manopole. Bravi, un po’ di psichedelia
ben orchestrata non guasta mai! Formerly Ghosts, si chiamano, e non
mi dispiacciono per niente. Robert Inhuman ricorda molto Sid Vicious.
E’ qui per stampare delle magliette su richiesta, e per pubblicizzare
la serata di domani (la nostra) per la quale ha fatto dei volantini
e dei posterini in bianco e nero, disegnati a mano. Pare che Robert
sia una star in questo giro. Ad un certo punto ci informiamo su come
e dove ci sistemeremo per la notte. Ci dice che non c’è problema.
Si rivolge ad una delle ragazze che vivono qui, e le chiede se possono
ospitarci. Trovo la cosa un po’ imbarazzante, ma evidentemente sono
abituate a questo tipo di cose. Anzi, c’è un loro roommate che è
un musicista e che in questo momento si trova in tour da qualche parte.
Possiamo dormire nella sua stanza, che ci viene mostrata. La stanza
è come l’ha lasciata il suo abitante, letto disfatto, calzini
sparsi… Ma diciamo ottimo, abbiamo un rifugio! Magari riusciamo a
riposare anche prima che finisca la festa. Chiedo gentilmente se possiamo
avere un lenzuolo, e la ragazza ce lo procura. Nel frattempo arriva
un’altra ragazza, Allie, che si presenta, ci chiede se abbiamo bisogno
di qualsiasi cosa, si siede lì con noi e ci illumina raccontandoci
un po’ di cose. Ci spiega che Robert è stato in tour sia negli
USA che in Europa, anche per mesi di seguito, sempre nello spirito
punk, fai-da-te, con il suo progetto Realicide, che è anche
la sua etichetta. Io e Dario decidiamo di fare una passeggiata, anche per dare a Colin tempo di fare le sue cose. Andiamo giù, facciamo due passi, prendiamo un caffè, un tea e un paio di bagel con cream- cheese (uno dei nostri spuntini preferiti e più economici) nel posticino sotto casa di Colin, dal profumo di caffè irresistibile. Mentre siamo qui, un ragazzo si avvicina, ci chiede se siamo The Spiritual Bat e ci dice che questa sera useremo il suo amplificatore! Su richiesta di Robert Inhuman! Da qui telefoniamo a Donna, l’amica di Libby. Non ci sentiamo in pericolo, non è una situazione di emergenza, ma non abbiamo capito bene dove dormiremo questa sera, forse a casa di Robert. Pensiamo che forse non è il caso, se ha già altri problemi da risolvere, magari possiamo trovare un’altra soluzione. E poi, magari questi ragazzi vorranno star su a far festa tutta la notte, mentre per noi se fosse possibile fare una bella dormita sarebbe meglio, visto che nei prossimi giorni ci sarà da guidare molte ore. Guidare quando si è stanchi è un incubo. Invitiamo Donna al concerto, e le accenniamo che potremmo avere bisogno di un posto per dormire, magari può consigliarci. Ma lei è contentissima di ospitarci, anche un paio di giorni. Anzi, insiste, verranno al concerto lei e il marito e potremo andare a casa con loro. Libby deve averci presentato molto bene! Torniamo
su. Chiacchierando con Colin, scopriamo che l’etichetta di Robert
gli ha pubblicato qualche lavoro. Il suo progetto si chiama Evolve,
una specie di hip hop. Cerchiamo di rintracciare il misterioso Robert.
Quando lo troviamo, gli chiediamo se possiamo in qualche modo essere
d’aiuto con i preparativi per questa sera. Mi dice di chiedere a Colin
di portare le sue casse e PA al Rake’s End, il locale del nostro concerto.
Quando riferisco a Colin, lui appare sorpreso, ma cerca qualcuno che
lo aiuti e si rassegna. Capisco il motivo della sua perplessità:
le casse sono alte come me, e sono nel solaio, un piano più
su, scala a chiocciola, oltre ai quattro piani. Ma deve essere un
buon amico di Robert, perché lo fa senza molti problemi! Donna è di un’allegria incredibile: si fa chiamare mamma goth, le piacciono il nero, i pipistrelli, i gatti neri, il trucco, ha una risata che mette di buon umore… ma ci parla anche della sua organizzazione, dei problemi seri con i quali capita di avere a che fare, gente che tenta il suicidio, ragazzi che si tagliano, problemi psicologici… Un sacco di persone che hanno bisogno di aiuto. Lei è a capo di una Ministry, una congregazione. Suo figlio e sua nuora sono atei, dice, e ride! Mi parla della Sophie Lancaster Foundation. Noi, pensando alla parola chiesa, pensiamo a sette e indottrinamenti di vario livello, ma insomma, capiamo che lei e il marito, Mike, ingegnere informatico, sono due brave persone che sentono di avere questa missione da compiere: aiutare la gente, in particolare coloro che si sentono diversi. A noi hanno offerto tutto l’attico con un letto rosso e cuscini di velluto nero e croci, per due giorni, ci hanno portato a spasso, e offerto pranzi, cene e colazione… Più che un aiuto abbiamo ricevuto un trattamento di lusso!
A Columbus ci fermiamo prima all’albergo indicatoci dal proprietario del locale, un tedesco di nome Andreas Kleinert che fa anche la pizza. All’albergo ci riposiamo e poi ci prepariamo. Trucco già fatto. Fino al secondo tour quello del trucco è sempre stato un momento per me drammatico. L’ansia, la fretta, decidere il momento giusto per occuparsene. Ora, con un po’ di esperienza, inizia ad essere un rituale. E’ un bel locale, The Shrunken Head, vetrate e luci soffuse… un po’ ristorante, un po’ bar, un po’ caffè… un bel palco, e attrezzature. Suonano prima i Rhinoceros Beetle. Non so come si definisca questo genere, mi pare che lo abbiano descritto come electronic sci-fi punk o qualcosa del genere, ma lo fanno bene! Poi suonano i famosi Lestat, con un ottimo set, poi noi. Siamo tutti in tour, ognuno di noi l’indomani partirà verso nuovi orizzonti. I Lestat andranno a suonare all’Age of Decay in Florida, dove si incontreranno con gli SOH. I Rhinoceros Beetle hanno dato un grande supporto durante il nostro concerto, veramente carini! Anche loro si dirigeranno verso Est, mi pare. Sono tutti molto gentili e calorosi, in particolare una ragazza che si chiama Laurie (foto a destra) e che si offre volontaria quando dal palco chiedo se qualcuno può scattare qualche foto con la nostra macchinetta. E la pizza di Andreas non è per niente male, per essere pizza americana! La mattina dopo, colazione da Waffle House e via, si parte per Philadelphia. Questo è il tratto più lungo, circa otto ore di viaggio. Dario suggerisce di fermarci più vicino possibile a Philadelphia, in modo da poter essere riposati il giorno del concerto. Non abbiamo prenotato un albergo, ma abbiamo visto che ce ne sono molti. Riesco a guidare fino a Bedford, Pennsylvania. Da lì ci sono ancora tre ore e qualcosa per arrivare a Philadelphia. Ora abbiamo fame e vorremmo un pasto vero. Scopriamo un ristorante con un menu fisso a $15, Hoss’s Restaurant, una catena della Pennsylvania, dove ci chiedono di ordinare ancora prima di accompagnarci al tavolo, indicando un menu enorme sulla parete all’ingresso. Si può ordinare carne o pesce, e poi c’è tutto un salad bar, minestre, pane, dessert, tutto self-service e senza limite. Siamo molto soddisfatti di riempirci piatti di insalate miste! C’è anche internet, per cui possiamo cercarci un albergo. Alla fine chiediamo alla cameriera, che ce ne indica uno a poche centinaia di metri. Ci informiamo direttamente alla reception, costa un po’, ma c’è posto, la colazione americana è inclusa e possiamo parcheggiare direttamente davanti alla porta della camera. A Philadelphia quelli di Bathaus ci hanno prenotato un albergo di lusso, in centro. C’è un parcheggio a pagamento, e loro si occupano anche di quello. Abbiamo un po’ di tempo per riposarci, rinfrescarci, truccarci… poi insistono per venire loro a prenderci con un autista. Ecco Adian Caine, che avevamo conosciuto al concerto di New York, insieme ad un ragazzo alla guida, in una bella auto nera! Pioviggina. Ci accompagnano da Mama Yolanda’s, un ristorante italiano apparentemente piccolo piccolo. Quando si entra invece si vedono due spazi, uno a sinistra, con i tavoli apparecchiati e luci soffuse. Non c’è nessuno… mi aspetto che compaia Marlon Brando da un momento all’altro. A destra invece c’è un altro ambiente, tipo bar, ma è tutto spento. Non si capisce se sia aperto o chiuso. Noi andiamo dritti quasi fino in fondo al corridoio. Sulla destra c’è una porta che sembra una parete, più che una porta, o un passaggio segreto. Penso all’epoca del proibizionismo ai locali clandestini. Da lì si vedono delle scale buie, illuminate solo da minuscole lucette blu. Saliamo le due rampe e il locale si trova a sinistra delle scale, con tanto di finestrella-biglietteria. A destra delle scale c’è un salottino per fumatori. Ci sono dei lavori ancora in corso, ma il locale è bello. E’ formato da due sale, separate da una parete solo per un quarto della lunghezza. Il bar è nella sala a sinistra con i tavolini, mentre nella sala a destra si trova il palco, con la console sul lato opposto. Ci sono le luci, c’è il proiettore. Bella atmosfera! Incontriamo John Savia, il più anziano del team Bathaus, che indossa una maglietta Only Theatre of Pain e che sembra essere un po’ il coordinatore o il fondatore. L’avevo visto in un video trailer delle serate e mi aveva dato l’idea di un professionista. In realtà ci racconterà più tardi che sono tanti anni che fa il DJ, ma che solo da poco ha lasciato il lavoro per dedicarsi completamente alla musica e alla scena, anche come promoter e musicista. Ci troviamo in una specie di Batcave Philadelphia-style. Se fossero stati pronti, avrebbero aperto loro per noi, Girls in the Gimp Suits, la band di casa, una sorta di Specimen della Bathaus. L’idea mi piace. Spero di vederli la prossima volta! Ci mostra orgogliosamente i lavori in che hanno già fatto e quelli ancora in corso. Dunque, The Bathaus è il locale, e Batastrophe è la serata. Ogni sabato del mese c’è una serata a tema: Corrosion, Departure, Batastrophe e Afterlife. Batastrophe dovrebbe essere il terzo sabato del mese, ma l’hanno spostato al quarto per poterci accomodare. Ovvio che noi siamo da serata Batastrophe, no? Fatto il sound check, ci sarebbe la cena, ma la padrona del ristorante, giù di sotto, non è ancora arrivata. Ci pregano di pazientare. Va bene, ci rilassiamo, Dario vuole uscire a fumare una sigaretta. Mentre siamo lì davanti, arriva sgommando un macchinone, che parcheggia con due manovre nervose esattamente davanti al locale. Per spiegarmi meglio cerco il modello su internet, perché non sono un’esperta, eccolo: è una Cadillac Escalade color panna (credo che dentro ci entrino quattro Y10, a occhio e croce). Ne esce una ragazza bionda sulla trentina, in blue jeans, un po’ bassetta, ma molto scattante, che saluta al volo ed entra. Scopriamo che è lei la padrona e anche la cuoca. Ce l’ha con qualcuno al telefono, ma nel frattempo si sente rumore di pentole in cucina. Lo stesso ragazzo che era venuto a prenderci fa anche da cameriere, ci porta il menu. La prima cosa che porta naturalmente è pane e burro (siamo sempre in America). Mentre mangiamo dei ravioli ricotta e spinaci casarecci che sono proprio buoni, vediamo entrare una serie di goth, che sfilano lungo il corridoio, qualcuno si accorge di noi, altri cercano l’ingresso del locale. Altri ancora vanno dritti verso la porta segreta in fondo al corridoio. Si prospetta una bella serata. Il sound ci piace molto. Suoniamo con grande piacere e riceviamo partecipazione. Dedichiamo questo concerto a Claudio e a Kenn. Ne viene davvero un bel concerto. C’è anche Joe Scott della Digital Ferret/Industry8, cioè del negozio storico di CD e dischi presso il quale avevamo suonato nel 2010 e dell’etichetta che ha pubblicato un’edizione americana di Cruel Machine. Ci da una mano con la merchandise, e lui stesso si compra un bel po’ di CD. Lo osservo un attimo: da come si prende cura del nostro stand, si vede che gestisce un negozio! Alla fine della bellissima serata, salutiamo gli altri e andiamo a casa di John, con sua sorella Jennifer, che è venuta dal Maryland. Si festeggia! John è visibilmente contento. E trascorriamo qualche ora a parlare di musica. Ci piace parlare con chi conosce tanta musica, tanta storia, e fa una sua analisi degli eventi. Viene fuori il nome di un personaggio, uno di un gruppo storico, che avevo menzionato parlando di San Francisco. John si era accorto che in un suo ‘post’ su FB, tale personaggio pareva ostile nei nostri confronti. Gli raccontiamo dell’accaduto, di come ci aveva rifiutato come opening act nel 2009. Noi non siamo mai riusciti a capire perché’ ce l’abbia con noi. Non ci siamo mai incontrati, non abbiamo mai detto o fatto niente di male nei suoi confronti. John si meraviglia, ci fa ascoltare le prime cose di quel gruppo. E’ una delle sue band preferite, per certi aspetti. In effetti, non le conoscevamo, sono belle cose. Molto diverse dalle cose recenti, o dalla hit che tutti conoscono. Ci sono diverse teorie su questo comportamento. Ma alla fine non ci importa. Ci sentiamo amati da tante altre persone! Il cerchio si sta chiudendo, la prossima tappa è New York. Poche ore di guida. Su Google Maps progetto di passare attraverso Staten Island e Brooklyn, via Verrazzano Bridge, per arrivare da mia madre, seguendo la Belt Parkway. Ma mi distraggo e il Garmin ci porta dentro Manhattan, via tunnel, ci fa passare in centro, sotto l’Empire State Building. Questo percorso costa di più, mi piace di meno, e troviamo un sacco di traffico. C’è anche una parata della polizia per cui siamo fermi per un po’. Dobbiamo passare da casa, lasciare i bagagli e poi andare a consegnare l’auto entro le 15:00 nei pressi dell’aeroporto JFK e tornare con i mezzi pubblici. Dobbiamo insistere un po’ per non pagare di più di quello che ci era stato confermato via email. A Cincinnati ci avevano detto che bastava mostrare l’email di conferma. Qui fanno un po’ di storie, ma alla fine cedono. Stanchi morti, prendiamo l’Airtrain per raggiungere la metro. Mi distraggo, scendiamo ad una fermata sbagliata. Comunque è strano, siamo a casa, la casa di New York. E’ il 23 settembre. Fra qualche giorno gli ultimi due concerti. Il tour sta per concludersi, e il primo ottobre torniamo a casa, a Frosinone. Incredibile. Siamo sopravvissuti. Tutto sommato anche da soli ce la siamo cavata. Per certi aspetti questo è stato anche meno stressante dell’ultimo tour. In Italia non vediamo l’ora di suonare con Alessio alla batteria.
Le ultime due date. Una di giovedì a downtown Brooklyn, l’altra a Coney Island, di sabato. M.C. Too Tall fa gothic-rap, o qualcosa del genere. Non sappiamo cosa pensare. Ma non siamo tipi da disdegnare una serata se le condizioni sussistono. Lui si è impegnato molto per averci, sin dall’inizio, anche accettando il patto di non divulgare la data fino a dopo il concerto di Manhattan del 29 luglio. Ho l’impressione che c’è un po’ di concorrenza fra lui e Jonny Kooklyn del Tattoo Lounge. Il Tattoo Lounge vanta un impianto ‘vero’, da musica rock, un seguito proprio, e tante altre cose. Vedremo. Succede che per andare da Hank’s alla fine noleggiamo comunque un’auto, che ci serve anche per andare a trovare mio padre nella zona di Canarsie, il giorno dopo. Con i mezzi pubblici potrebbero volerci ore. Abbiamo trovato un’ottima offerta e abbiamo scoperto un auto-noleggio è vicino a casa di mia madre. Hank’s è davvero un Saloon. Un bar con un palchetto addobbato con tanto di bandiera americana e lucette natalizie. Ha un sapore molto americano, non so che musica ci suonino qui di solito, ma io ci vedrei bene della musica country, folk o rockabilly. Per festeggiare alla grande sarebbe stato bello chiudere con un concerto come quello di Philadelphia, un trionfo, con tanto di proiezione delle immagini degli Alchimisti firmata John Slackman. Ma non possiamo dire di non esserci divertiti anche in queste situazioni per noi surreali. Dimenticavo che la sera prima del concerto, mercoledì sera, M.C. Too Tall, ci aveva invitato ad una serata Underworld, del DJ Sean Templar, alla famosa Sullivan Room, nel Greenwich Village, per una sorta di ‘greet and meet’. Siamo a New York, ma ci sorprende comunque vedere così tanta gente ballare fino a tardi in un giorno come il mercoledì! Sean e Mandana Banshie si ricordano di noi da una quindicina di anni fa e ci accolgono affettuosamente. Ci eravamo conosciuti tramite un nostro amico, Billy, ed eravamo anche stati a casa loro al tempo. Siamo d’accordo che rimarremo in contatto per il futuro. Non c’è dubbio che sono dei mattatori della scena goth newyorkese. Ci presentano ad alcuni frequentatori della serata, con i quali chiacchieriamo allegramente su Sullivan Street in uno spazio delimitato da cordone guardato a vista da almeno due o tre buttafuori. Purtroppo questa sera non possiamo far tardi. Dobbiamo tornare nel Queens in metro, da West 4th Street all’ultima fermata della F, e poi prendere anche un autobus. Da Hank’s la sorpresa più grande è che abbiamo un pubblico di eccezione. Il nostro amico e fratello Eric Hammer, di cui vi abbiamo raccontato all’inizio, ormai famoso come Doc Hammer (co-autore di un cartone animato su Adult Swim che è amatissimo in tutti gli Stati Uniti, nonché’ musicista, poeta e pittore, ex Requiem In White, Mors Syphilitica, Sysyphus Autopsy eThe Order of The NCS) è venuto a vederci. Ne siamo entusiasti. Proprio del suo tempo siamo sempre stati onorati (anche, per esempio, quando ha collaborato con gli Alchimisti alla grafica di Sacrament), perché sappiamo quanto Eric reputi prezioso il tempo. Per qualche motivo non posso usare il mio effetto vocale, perché qui fischia tutto. Mi faccio mandare un po’ di riverbero dal mixer. Avrei voluto la perfezione per Eric, ma quella è sfuggente. Questo è ciò che mi attrae di più della musica. Il fatto che a volte sia quasi tangibile nella sua nitidezza, a volte sfocata, un’ambientazione surreale ed effimera in cui ti aggiri cercando forme riconoscibili. Bisogna mirare ad una perfezione ma nel percorso trovare la bellezza nell’imperfezione. Anche se il sound non è quello che immaginavi tu, devi tirare fuori il meglio. Quando ci riesci, è un’esperienza unica e preziosa. Al Tattoo Lounge di Coney Island, sul lungomare storico di New York, dove ci sono i luna-park e attrazioni e divertimenti vari, ci accompagnano mia sorella e mia madre. Secondo concerto per loro! Non pensavo che fossero fan così accanite! Mia sorella si è fatta quattro ore di macchina per la seconda volta. Così arriviamo al locale nella sua auto rossa. Conosciamo Jonny, che ha un piede rotto e le stampelle. E’ inguaiato, lui è un musicista e si occupa di booking qui al locale, ma non ha l’assicurazione, non può permettersi di curarsi. Ci sono problemi con i monitor. Purtroppo pare che pochi giorni prima abbia suonato un gruppo che ha sfondato tutto. Va bene. Cerchiamo di adeguarci, come hanno fatto gli altri prima di noi. Con noi questa sera suonano altre tre band, e anche un ragazzo che avevamo conosciuto a San Francisco, ma che è di qui ed è riuscito a far inserire la sua band, Imbolg, nella scaletta, l’unico gruppo di genere affine al nostro. Gli altri, M-16 e Watchworks (questi ultimi dalla Svezia) sono metal. E devo dire che suonano di brutto. Eh già, a volte apprezzo il metal, anche se sono rimasta a voci tipo Bruce Dickinson o James Hetfield e faccio fatica ad abituarmi al growling. Il batterista Dale Whitaker, l’unico americano dei Watchworks, comunque è impressionante. Tra le band c’è molto supporto. In tour, la solidarietà fra band, band locali o band in tour, è spesso qualcosa che ci sorprende e ci emoziona. A volte si tratta di semplice networking, un contatto professionale, a volte anche un po’ diffidente, altre volte ci si stringe la mano come membri di una stessa tribù che si incontrano lungo percorsi musicali, in tour per il mondo. A volte si condividono giorni, collaborazioni, attrezzature, altre volte si scambiano due chiacchiere in pochi minuti, ci si racconta qualche esperienza e si finisce con il seguirsi a vicenda, fino al prossimo incontro.
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