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SOL INVICTUS + RAN
28 Gennaio - Magic Bus, Marcon (VE)

(testo by Devis G. - www.sottomondo.com )

Il 28 gennaio, in una nebbiosissima serata, al Magic Bus, un locale nella zona periferica di Marcon in provincia di Venezia, si è tenuto un concerto dal vivo dei SOL INVICTUS, data ufficiale del loro “The Devil’s Seed Tour”.
Poche le persone ivi convenute, ed io tra queste. Forse sarà per un fatto meramente anagrafico, ma anche se in linea di massima non sopporto le canzoni da boyscout, quelle del tipo “chitarra acustica attorno ad un falò”, i Sol Invictus per me fanno eccezione. Vuoi perché loro, in tempi ancor non sospetti, siano stati i veri artefici della rinascita del folk, ovvero molto prima dell’inopportuna codifica “del genere” con conseguente sovrabbondanza di inutili epigoni, vuoi perché la mia “attitudine satanica” non può non provare simpatia per le tematiche palesamente neo-pagane supportate dalle loro melanconiche canzoni.
Ci tengo a ribadire che non è che all’improvviso sia diventato un fanatico di queste canzoni “gucciniane alla nerofumo”, ma è stato veramente piacevole vedere questo live act ispirato al culto mitraico.
Piazzati in riga sul palco se ne stavano uno di fianco all’altro, come in una composizione di Botero: Tony Wakeford (chitarra e voce), sua moglie (violino elettrico) e “il signor Gae Bolg” (tromba e metallofono), mentre dietro a questa prima fila, in “ombra”, se ne stava scuro scuro Karl Blake (basso) ed un’altra da me non identificata violinista con i capelli tinti di rosso acceso.
Insomma, quasi un ritorno alla formazione primigenia del “Sole Invitto”, con tanto di mr. Blake e mr. Wakeford riuniti sul palco ad intonare il meglio dell’invitto repertorio di cui… ahimè, non ricordo più la scaletta. Non è che non abbia goduto dell’esibizione dal vivo di “Balck Easter”, di “Against the Modern World”, o di “In Days to Come”. Come prima dicevo, non foss’altro che per motivi anagrafici, ma è per me impossibile distogliere le mie orecchie dalle “invitte” melodie. Non me ne vogliate, ma è successo semplicemente che la mia attenzione, tutta, s’era concentrata sul gruppo di supporto, i RAN.
I RAN, il duo composto da Giorgio Ricci e Romina Salvadori, rappresentano probabilmente una delle incarnazioni più convincenti della nuova scena del pop-elettronico italiano.
Impossi bile non rimanere “estasiati” da una miscela così sapientemente calibrata di noise elettronico e melodia vocale. Secondo il pensiero della classicità il sublime si ottiene coniugando gli opposti, ed i Ran mescolano in una fredda programmazione elettronica di macchine in un tappeto di ritmi e melodie una calda voce umana che si staglia sola, piena ed al contempo eterea.
Non so se Giorgio Ricci abbia smussato le martellate rumorose ed aggressive che hanno contraddistinto a suo tempo il suono dei Temple Beat, ed ora caratterizza quello degli Hysterie. Non so nemmeno se Romina Salvadori abbia rinunciato a quella patina blandamente freak che appensativa il suono degli EstAsia con un sentore di patchouli. So solo che questo duo compie un’alchimia, concilia gli opposti e per un momento le antinomie che si presentano (maschio-femmina, duro-soffice, isterico-equilibrato, TESI-ANTITESI) sembrano trovare tutte una inaspettata quanto immediata SINTESI. Dal vivo, in una mezz’ora, hanno proposto 5 canzoni del loro repertorio (“Call”, “Collyrium”, “Kali Yuga”, “See-Saw” e “Wonder”, comparse in un audioCDr che è circolato quasi esclusivamente tra gli addetti ai lavori) più una cover dei NineInchNails (“The Great Below”) : un concerto breve, ma che mi è rimasto “chiaro-scuramente” impresso fino ad oggi.

Copyright Rosa Selvaggia