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Intervista a Fabrice Quagliotti dei Rockets a cura di Gianmario Mattacheo

Gianmario: Ciao Fabrice e grazie per questa chiacchierata.
Fabrice: Ciao.

G: le domande sarebbero tante, ma mi piace partire dalle cose più recenti. È appena uscito l’atteso “The final frontier”, il nuovo album dei Rockets. Ci vuoi dire qualcosa in anteprima? Cosa ci dobbiamo aspettare?
F: quando è stato concepito “The final frontier” ho messo io delle direttive circa un album che tornasse alle origini, come un condensato tra l’album verde, “On the road again” e “Plasteroid”. un album molto rock con tante tastiere, che riporta un suono allo space rock, se così si vuole parlare; con dei testi adeguati alle situazioni.

G: com’è stato il processo creativo che ha portato a questo nuovo lavoro della band? Come vi siete divisi i compiti in fase di scrittura e rifinitura dei pezzi?
F: il processo creativo è molto semplice, ovvero con lo scrivere canzoni e portare i provini sui quali si costruisce il tutto. Ho avuto un contatto stretto con Fabri Kiarelli, ma devo dire che è stato un vero lavoro di gruppo. Rosaire (Riccobono ndr) faceva le linee di basso e idem per le chitarre e batteria. Un lavoro lungo, perché, è durato ben undici mesi, alla fine culminato con il missaggio finale che è toccato a me e a Michele Violante, il nostro ingegnere del suono … perché meno siamo e meglio è, altrimenti non si arriva al risultato cercato.

G: pensi che questo disco sia debitore di nuove influenze o tende a rivitalizzare il sound Rockets che, in effetti, ha saputo non invecchiare negli anni?
F: non debitore di nuove influenze, assolutamente no. E’ un sound rock non facilmente catalogabile e nessuno riesce a dirmi cosa effettivamente sia. Non è rock puro, non è pop, non è elettro, non è trap (e Fabrice aggiunge un “Meno male!!!”). è musica dei Rockets … e quindi se tu segui una linea guida, ovviamente con le modifiche dei suoni che la tecnologia oggi permette, direi che il filo conduttore rimane la nostra musica.

G: il mondo della musica è schiavo delle etichette, spesso affibbiate senza una ragione precisa. I Rockets sono stati definiti in vario modo ed etichettati con “Rock elettronico, Space disco o Space rock”. Ma tu che ne sei autore, come classificheresti la tua musica?
F: io non riesco a classificare la musica, di nessuno tra l’altro. Io sono contrario a mettere etichette. La nostra è la musica dei Rockets, altro da dire non c’è.

G: con “Time Machine” i Rockets hanno sorpreso attraverso una rilettura di alcuni celebri hit del passato, spaziando tra generi diversi e artisti che mai nessuno avrebbe immaginato di vedere nella medesima raccolta (si andava da Camerini, ai Doors, passando per i Pooh). A distanza di un paio d’anni, come valuti l’esperienza?
F: “Time machine” è stato un challenge. Mi è stato richiesto dalla casa discografica. Mi  hanno detto “Tutti i grandi artisti hanno fatto un album di cover e i Rockets no”. Allora ho detto “Facciamolo!”. Quindi ho scelto un bel po’ di brani. Mi è stato imposto un solo brano, quello dei Pooh, sul quale ero contrario, perché hanno fatto tanti bei brani, ma “Piccola Katie” non mi piace. Però, il testo mi ha fatto cambiare idea, con quelle parole molto attuali sul problema delle ragazze e lo abbiamo realizzato in chiave rock, tanto che è stato apprezzato anche dai Pooh. Diciamo che dentro TM mi piace “Riders on the storm” che è completamente rivisitata e “Walk on the wild side” di Lou Reed.

G: il live del Civico 25 a Torino fu un grande spettacolo che segnò l’ingresso in formazione di Fabri Kiarelli. Abbiamo letto tue reazioni entusiastiche circa il nuovo frontman. È quello che cercavi per riportare i Rockets sotto i riflettori?
F: Sicuramente è la persona giusta al momento giusto; poteva anche arrivare prima. Ha delle intonazioni molto rock e anche un po’ alla Bowie;  e come frontman si sa muovere sul palco. Non è un dilettante e ha portato energia a tutto il gruppo.

G: a parte il citato Kiarelli, i Rockets sono composti da grandi musicisti, maestri del rispettivo strumento, basti pensare a Eugenio Mori alla batteria. Vuoi spendere due parole sui tuoi compagni di scuderia?
F: se dovessi fare un curriculum di ogni singolo musicista avrei tanto da dire. A partire da Rosaire Riccobono con cui suono da quando avevo sedici anni. Ha lavorato con i più grandi (Fabrice lo definisce un Mostro di bravura). Eugenio Mori ha fatto tanto in Italia con tanti artisti (dagli 883 alla PFM). Gianluca Martino ha suonato con tanti professionisti. Possiamo dire che sono tutti musicisti con i contro cazzi!

G: la grafica degli album dei Rockets è sempre stata un valore aggiunto. Invitiamo i pochi che non abbiano presente lavori come “Galaxy” a riscoprire una copertina paragonabile ad una vera e propria opera d’arte. Anche con “The final frontier” si capisce quanto l’immagine degli album sia importante. Ci vuoi parlare di questo aspetto?
F: le copertine sono sicuramente importanti. Final Frontier per me è la più importante dai tempi di “Galaxy” ed è stata affidatata a Domenico dell’Osso che è un artista poliedrico con una tecnica molto particolare. Gli ho fatto sentire i brani prima di cominciare la copertina. Ha iniziato a inviarmi i bozzetti che poi hanno portato a quello ufficiale. È una copertina che, quando la vedi, ti rimane impressa. È parte del risultato finale; importante come la musica e quanto l’immagine.

G: i Rockets sono una grande band che, purtroppo, da alcuni viene ricordata solo per il look del periodo silver, mentre con il vostro Rock spaziale avete influenzato la migliore musica di genere per tutti gli anni ’80.
F: non per l’immagine, ma per i brani che hanno marcato il panorama musicale. “On the road again”, “Future woman”, “Elctric delight” che sono i più conosciuti. Siamo ricordati perchè sono brani unici. Abbiamo suggestionato la musica non solo degli anni ’80, ma anche di adesso, basti vedere i Daft Punk, parecchio influenzati dalla musica dei Rockets.

G: in “Cosmic castaway” è possibile riascoltare la chitarra di Alain Maratrat. Sappiamo quanto questo significhi per te. Hai voglia di condividere con noi le emozioni che hanno portato a questa scelta?
F: è da parecchio che volevo collaborare di nuovo con Alain. Infatti volevo farlo da quando avevo fatto il mio primo album da solista e così con il successivo, solo che Alain, per la sua malattia, non è in grado di suonare come vorrebbe. Quando stavamo ultimando TFF ho chiamato Alain e gli ho detto “Come ti senti? Te la sentiresti? Vorrei farti fare l’assolo?” Mi ha risposto di sì. Così gli ho mandato il brano e gli è piaciuto moltissimo e quindi mi ha fatto le parti di chitarra. Ci siamo sentiti moltissimo quella settimana ed è stato un po’ come tornare al tempo del Silver period. È stata un’emozione.

G: la citata data al Civico 25 appare oggi, come una sorta di data 0. Prove generali al nuovo corso. È corretto?
F: no, non è stata la data 0. E’ stata una bella esperienza, ma non come lo spettacolo nuovo che poteremo in giro. Piuttosto la data zero è stata quella di Foligno (trasmessa anche da RaiRadio2). Dalla data del Civico 25 è cambiato molto il concerto e avremo un outfit pensato appositamente per noi e che potesse ricordare i Rockets anni 70. In questo senso va ricordato il lavoro della brava e capace Katia Creative, personaggio noto nel mondo dei cosplayer, che, specializzata in costumi di scena, ha fatto un lavoro eccezionale. Anche le luci sono molto diverse.

G: il 2025 vi attende con un importante tour nei principali teatri d’Italia. Cosa ti aspetti da questo importante progetto?
F: con questo progetto, con questo tour ci aspettiamo di far tornare indietro i fans che ci hanno visti negli anni 78-79-80-81. Tutti quelli che vengono rimangono folgorati. Ci aspettiamo però anche un pubblico di curiosi che non conoscono molto i Rockets e di giovani che voglio affacciarsi a questo tipo di musica.

G: abbiamo parlato di concerti. Puoi anticiparci se e in che modo verranno equilibrate nelle scalette pezzi storici a quelli del nuovo album?
F: andremo a ripercorrere quasi tutta la storia musicale dei Rockets. Ci sarà spazio per tuti i brani storici … e meno storici.

G: per un artista i propri album in studio sono come dei figli. Ma ne esiste uno che per te ha un valore particolare o che ricordi con maggior affetto?
F: l’ultimo nato è quello che ti rimane più nel cuore, anche se devo dire che TFF ritengo che sia un album quasi perfetto. Ogni volta che ascolto un brano, mi viene voglia di riascoltarlo. Poi c’è un brano che è “On the road again” perché è il primo brano su cui ho lavorato in primis con i Rockets, quando sono entrato. Non era facile partire da un brano folk song e arrivare alla nostra versione … ci sono particolarmente affezionato.

G: il titolo dell’ultimo album sembra riportare alla memoria lo slogan di una famosa serie televisiva fantascientifica degli anni sessanta. Qual è il tuo personale rapporto con la fantascienza?
F: il titolo rappresenta esattamente la musica di questo album. FF è stato anche il titolo di un album degli Iron Maiden, quindi rock, ma è anche  una frase ripetuta molte volta in Star Trek. Andare nello spazio? Sarebbe un sogno

G: … e dal momento che i suggerimenti non sono mai troppi, ci puoi indicare una band interessante da seguire?
F: non voglio dare suggerimenti o consigli. Non sono nessuno per farlo. Adoro molto Billie Eilish. Ascolto la scena inglese… escluso la trap italiana, perché non mi piace, non perché faccia schifo … hanno un seguito pazzesco. Amo la classica e vado ai concerti. Quando una cosa è fatta bene, è bella da seguire.

G: l’ultimo disco comprato. L’ultimo libro letto e l’ultimo concerto assistito.
F:  il disco è “Hit me hard and soft” di Billie Eilish. Il libro è “Il piccolo principe” di Antoine De Saint Exupery che non avevo più e ho ricomprato, e tra l’altro ritengo che sia molto attuale. E l’ultimo concerto è stata una serata per piano e orchestra di Rachmaninov.

G: accanto alla carriera con i Rockets, stai procedendo con una produzione solista. Quanto i progetti si influenzano a vicenda?
F: la mia carriera da solista è in stand by. Sono impegnato con i Rockets. Dopo il tour invernale vediamo se mi metterò a comporre per i Rockets o per Fabrice Pascal

G: dove si possono tenere aggiornati i fan dei Rockets? Quali i riferimenti social tuoi e della band?
F: su Facebook c’è “Rockets official fan club” e c’è “Fabrice Pascal fan club”. Su Instagram c’è Rockets Galactica. Siamo un pò come il prezzemolo. Siamo un po’ d’appertutto.

G: grazie Fabrice per questa intervista. Auguriamo a te e ai Rockets il meglio e ti aspettiamo “On the road again” per il 2025

 

I Rockets saranno in tour nei principali teatri d’Italia:

23 gennaio Bologna, Teatro Duse

24 gennaio Schio (VI), Teatro Astra

1° febbraio Udine, Teatro Nuovo Giovanni da Udine

4 febbraio Firenze, Teatro Cartiere Carrara

5 febbraio Ancona, Teatro delle Muse

6 febbraio Pescara, Teatro Massimo

10 febbraio Milano, Teatro Nazionale

11 febbraio Torino, Teatro Alfieri

13 febbraio Roma, Auditorium Parco della Musica

15 febbraio Trento, Auditorium Santa Chiara

19 febbraio Genova, Teatro della Corte 

 I Rockets sono Fabrice Quagliotti (tastiere), Rosaire Riccobono (basso), Gianluca Martino (chitarra), Eugenio Mori (batteria) e Fabri Kiarelli (voce)


Sito web:  https://www.rocketsgalactica.com/