RED
LORRY YELLOW LORRY
Vicenza, T-Gallery, 29 settembre 2012
testo e foto by M. Drigo
Ero
sinceramente curioso di sentire dal vivo questi RLYL, band inglese
che ha mosso i primi passi negli stessi anni in cui lo facevo io!
Sembra incredibile a volte, riuscire a vedere di persona musicisti
le cui canzoni hai sentito da piccolo o da adolescente alla radio
o alla tivù. Trovarteli a pochi passi, con le rughe in volto ma con
la stessa voglia di suonare di 30 e passa anni fa, è una cosa che
ti tocca nel profondo. E' più o meno la sensazione che ho provato
pochi anni or sono a un concerto dei Bauhaus, e questo stesso anno
a quello dei Cure con i New Order, ma in quei casi uno si aspetta
dei mostri sacri, sai che sono arci-noti, e il pubblico è composto
da conoscitori incalliti delle canzoni, e più o meno approfonditamente
dei retroscena del loro cammino artistico. Qui l'uditorio è più composto,
raccolto quasi, diviso tra coloro i quali conoscono bene il gruppo
perchè presenti in gioventù al loro apparire sui palchi, e li ascoltano
con un misto di simpatia e pure un poco di nostalgia, e coloro che
li conoscono per averli ascoltati sporadicamente a posteriori, i giovani
insomma, quelli che devono crescere.
Facendo parte della seconda categoria, mi sono trovato in condizione
di svantaggio: molte delle canzoni si sono rivelate assolutamente
ignote... questo da un lato; dall'altro mi ha permesso di approcciarmi
con spirito critico al lato puramente spettacolare del concerto. E
qui ho dovuto levarmi il
cappello sulla straripante energia del gruppo, e soprattutto del cantante,
e sottolineo la prova di forza, dato che hanno snocciolato una canzone
dopo l'altra, quasi senza pause, per una trentina di pezzi!
Non si può dire tuttavia che la prova fosse delle migliori: buona
la musica, ma il cantato spesso era indistinto e a troppo basso volume,
segno di un'acustica non ottimale, nonostante i potenti mezzi messi
in campo dagli organizzatori. I
l Primo pezzo della band è lo stesso singolo che li ha lanciati tanti
anni fa: Beating my Head. E questo solo per aprire le danze.
Come dicevo, non c'è un attimo di respiro tra una canzone e l'altra,
e quasi mai Reed accompagna l'attacco col titolo del pezzo, subito
però sentiamo Sometimes e già comincia ad aumentare il ritmo. Mentre
ci aspettiamo di arrivare in fondo con il fiato corto, ecco che i
nostri ci graziano con la più cadenzata Big Stick, più soft
e meno agitata delle precendenti. Dopo un po', visto che ci siamo
"riposati", allora Reed decide di darci una versione indiavolata di
Nothing Wrong accelerata per l'occasione. Segue a breve distanza
Talk About the Weather, che ci riporta su toni più oscuri,
contrapposta alla successiva Too Many Colors, dalla vena molto
"english". E' la volta di Crawling Mantra, altra pietra miliare
della band, che sembra ammiccare a un modo più americano di suonare
il rock. Da ora in avanti ci sarà un susseguirsi di canzoni dotate
di un groove spedito, i Lorries han preso il volo, Reed si è tolto
la giacca, si divertono tutti visibilmente mentre ci propongono,tra
le altre, Walking on Your Hands e Spinning Round. Uno
stacco netto con Cut Down, scusate il gioco di parole, col
suo incedere ritmato, quasi una marcia trionfale, per poi riprendere
la rincorsa sulle note della mia preferita Hands Off Me.
C'è ancora spazio per canzoni a me sconosciute, a parte Hand on
Heart che dimostra una volta di più la grinta e l'entusiasmo del
quartetto di Leeds.
Una serata particolarmente intensa se pensiamo all'età del gruppo,
diciamo pure che le canzoni sono state una specie di conferma della
loro forza, e una dimostrazione di essere in ottima forma, in vista
dell'attesissimo nuovo album. E una bellissima esperienza per chi
come me è nato forse qualche anno troppo tardi.