SPECIALE
BEBERT EDIZIONI
http://bebertedizioni.wordpress.com/
UNA
QUESTIONE DI SOGGETTIVITA’. GENESI DEL BRIGATISMO A REGGIO EMILIA
di Giulia Saccani
(Bébert Edizioni)
Questo libro è il primo della collana
Niandra della casa editrice Bébert, dedicata alle tesi di laurea che toccano argomenti
poco trattati in ambito storico e sociale. Nonostante il sottotitolo
possa trarre in inganno, questa non è una storia delle Brigate
Rosse nella città emiliana, non si parla delle loro gesta
e anche il momento della nascita del gruppo viene a malapena
sfiorato nelle ultime pagine. Per “genesi” dobbiamo intendere
tutto quel retroterra culturale, storico, sociale ed economico
di persone che, ad un certo punto, ruppero con la sinistra istituzionale nella quale
militavano (PCI o FGCI, la federazione giovanile) per intraprendere
la strada della lotta armata. Ma proprio perché la rottura
inizia dopo
il ’68, tutto il retroterra precedente, fatto di lotte ed
ideali rispettabilissimi, è grosso modo lo stesso del Partito
Comunista Italiano (che a Reggio Emilia e in tutta l’Emilia
Romagna era partito di maggioranza e quindi al potere nelle
istituzioni locali) e non solo. Ecco quindi che la tesi della
Saccani è anche una storia della sinistra e delle classi popolari
nella provincia reggiana dal dopoguerra ai primi anni ’70.
Tutta la prima parte è infatti dedicata ai valori e agli episodi
divenuti particolarmente sacri per questa sinistra: la Resistenza
e soprattutto il mito dei sette fratelli Cervi, l’occupazione
delle Officine Reggiane da parte degli operai, che vide l’appoggio
dell’intera popolazione, i morti del 7 luglio 1960, uccisi
dalla polizia durante una grande manifestazione contro il
governo Tambroni. Nella seconda parte del saggio, dopo aver parlato
del movimento studentesco e degli echi del ’68 a Reggio, vengono
passati in rassegna i gruppi giovanili attivi in città e in
provincia fra la fine degli anni ’60 e i primi ‘70, ed ampio
spazio viene dedicato ai cattolici del dissenso, come One
Way, molto critici verso la DC e piuttosto vicini per certe
tematiche sociali ed internazionaliste alla sinistra idealista
e pacifista. Ovviamente l’organizzazione più importante in
quel periodo rimase la FGCI, ma fu proprio da qui che si generò
la prima spaccatura di alcuni futuri brigatisti locali: influenzati
dai nuovi stimoli del ’68, stanchi del carattere ormai riformista
– e quindi revisionista e “traditore” – ma
allo stesso tempo autoritario del Partito Comunista,
alcuni esponenti della Federazione giovanile iniziarono a
radunarsi altrove, in quello che viene chiamato “l’appartamento”.
Dopo l’ultimatum del partito a rientrare nei ranghi molti
di essi obbedirono, ma altri preferirono farsi radiare per
costituire il Collettivo politico operai-studenti, il quale
più tardi si fuse con altri gruppi affini – come il Collettivo
Metropolitano di Renato Curcio – in Sinistra Proletaria. Da
qui il convegno di Costaferrata
da cui partì, accelerata dalla scintilla della strage di Piazza
Fontana, la decisione di alcuni suoi esponenti di diventare
avanguardia armata per scatenare una guerra civile di lungo
periodo con lo Stato borghese, con l’obiettivo di conquistare
il potere. La ricerca della Saccani
si ferma proprio a questo momento, quello della vera e propria
nascita delle BR. Sappiamo poi che le masse operaie che avrebbero
dovuto seguirle nella loro rivoluzione non lo fecero, o meglio,
se negli anni ’70 le Brigate Rosse potevano contare su diversi
simpatizzanti o “fiancheggiatori morali”, delitti disgustosi
di sinceri antifascisti come il sindacalista Guido Rossa e
i giornalisti Carlo Casalegno e Walter Tobagi alienarono ulteriormente
l’appoggio di una popolazione che non ne voleva sapere di
guerre civili e terrorismo, nero o rosso che fosse. Ma queste
sono solo considerazioni personali a posteriori: “Una questione
di soggettività” è un testo molto interessante e obiettivo,
come deve essere una ricostruzione storica scientifica. In
appendice troverete anche delle interviste che l’autrice ha
tenuto ad alcuni ex brigatisti e a Loris Cavalletti di One Way, ed è proprio in una di queste che scoprirete il significato
del titolo del libro.
(Fabio Degiorgi)
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EFFETTI
COLLATERALI DI UNA STANZA IN AFFITTO di Matteo Pioppi
MASCHERE RESPIRATORIE di Elena Tomaini
POESIE DA NON SO DOVE di Federica Rossi
(Bébert
Edizioni)
La Bébert
Edizioni di Bologna è una nuova casa editrice underground
fondata del 2012 dal giovane scrittore Matteo Pioppi, con
una collana di narrativa e poesia denominata “Colpi d’ascia”
ed un’altra dedicata alla saggistica, “Niandra”. Come si può leggere nel manifesto presente sul suo
sito, l’intento è quello di promuovere da un lato una letteratura
originale, sperimentale e lontana “il più possibile dai dogmi
scolastici ed accademici della cosiddetta bella scrittura”,
dall’altro tesi di laurea che indagano gli aspetti meno conosciuti
in ambito storico-umanistico e politico-sociale. Controcorrente
– e lodevole in un’epoca dove l’apparenza domina ovunque –
è anche la scelta di utilizzare copertine monocromatiche tutte
uguali e senza immagini, per mettere in risalto solo il contenuto
e gli autori dei propri libri. Tutto questo, unito all’utilizzo
delle licenze Creative Commons, fanno già capire lo spirito libertario della Bébert, che desta subito il mio interesse.
In questa carrellata di testi inizio dunque con “Effetti collaterali
di una stanza in affitto” dello stesso Matteo Pioppi. Nato
a Scandiamo nel 1983 e laureato in Sociologia, esordisce con
una raccolta di racconti iconoclasti e originali, scritti
con un linguaggio convulso e (fin troppo) sgrammaticato. In
realtà solamente il primo, “Milano”, ha la trama e la struttura
di un racconto vero e proprio, mentre in tutti gli altri un
episodio di partenza diventa il pretesto per il narratore-protagonista
a lanciarsi in riflessioni, in forma delirante, sulla società
contemporanea con le sue ipocrisie e storture, e sulla solitudine
che ne consegue per chi non accetta il sistema precostituito.
Se ho fatto fatica a digerirne la forma piuttosto naif, destrutturata
e di non agevole lettura, sottoscrivo tutto il contenuto di
questi ‘para-racconti’. Non grido al capolavoro, ma Pioppi
mi piace, sarà perché scrive molte delle cose che penso, sarà
perché ricorda il mio faro Camillo Berneri, “costretto all’esilio dal regime fascista … ucciso
dagli stalinisti”.
Elena
Tomaini, quasi coetanea di Pioppi, ha uno stile totalmente
diverso, molto più letterario e ‘colto’, pur non convenzionale.
I racconti del suo “Maschere respiratorie” hanno come denominatore
comune il corpo, sebbene l’atmosfera sia spesso irreale e
indefinita, sospesa fra incubo e realtà. “Rosaly Kren” è un autentico capolavoro,
sei pagine che riportano al meglio di Kafka e Buzzati, nonché
una dimostrazione di come la semplicità spesso porti ai risultati
migliori. Ho trovato molto buoni anche “Lamenta”, “Per eco
si ripete” e il conclusivo
e psicologico “Chiaroscurale”. Nei rimanenti, la ricerca dell’originalità
a tutti i costi sembra prevalere sulla trama, più caotica
e meno tagliente. Il giudizio complessivo sulla Tomaini
è molto buono comunque.
Chiudiamo con “Poesie da non so dove”
di Federica Rossi, stessa generazione degli altri due e laureata
in Antropologia. Questo genere letterario solitamente non
incontra i miei favori, ma così non è stato con le poesie
di Federica: grazie allo stile semplice, diretto, solo apparentemente
banale e quindi a suo modo ‘eretico’, mi hanno toccato più
volte le corde dell’anima. La raccolta è divisa in cinque
sezioni che affrontano temi disparati, ci sono dediche a persone,
città, ma soprattutto riflessioni astratte e liberamente interpretabili
sulla Vita e la Morte. Riporto per interno la breve “Marionette
che respirano (purtroppo)”:
Tutti, come burattini, vi gonfiate di
risate insignificanti e di grosse enormi parole. Parlate,
ridete, morite!
Un sincero augurio alla Bébert per la sua attività, con la speranza di vederne crescere
il catalogo con nuovi interessanti titoli.
(Fabio Degiorgi)
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LE
ETA' DELLA VITA di Paolo Mantioni
(Bébert
Edizioni)
Come dice già il titolo “Le età della vita” narra la storia
di un ragazzo che deve fare delle scelte per mettere ordine
nella sua vita.
La vicenda è ambientata in una Roma genuina rappresentata dall'Università
La Sapienza e il mercato ittico di Via Ostiense. Il protagonista
deve gestire contemporaneamente la sua relazione amorosa ormai
giunta ad un bivio, la sua carriera universitaria e il suo lavoro
al mercato del pesce.
Oltre a queste già tormentate situazioni si aggiunge un amicizia
particolare e molto importante con Carmine, figura molto particolare
di un uomo che vive ai margini della società ma che diventa
fondamentale per la vita del protagonista.
Un libro molto realistico che raggiunge la massima espressione
sia nell'uso del dialetto romano in alcuni dialoghi che nell'attenta
descrizione del mercato del pesce. “Le età della vita” è una
lettura scorrevole e rilassante che va bene per una serata estiva.
(Violetta) |
LA
MUSA. UNO SVELAMENTO di Giulio D'Amicone
(Bébert
Edizioni)
E' un giallo molto intenso che si risolve in poche pagine grazie
alla maestria dell' autore che tiene il lettore sulle spine
fino al colpo di scena finale.
Narra la storia di Guido, critico letterario, che scopre all'improvviso
che il Grande Scrittore di cui sta scrivendo la biografia è
morto. La biografia doveva essere completata da un'intervista
al Letterato ma ormai per Guido non è più possibile. Guido,
dopo l'uscita della biografia che non riscuote successo poiché
troppo superficiale, decide di fare delle ricerche sulla vita
del letterato per pubblicarne un'edizione aggiornata.
Si trova così di fronte un Letterato diverso da quello pubblico
e scopre alcune cose che sono estate voutamente nascoste per
anni. Le svelerà Guido? Leggete il libro fino alla fine e lo
scoprirete.
(Violetta) |
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