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FABRIZIO MODONESE PALUMBO
Doropea
Cassetta (Old Bicycle Records)

Come sempre, Fabrizio Modonese Palumbo fa esattamente quello che gli pare quando si mette a comporre musica, senza essere affetto dalla benché minima limitazione: sentire questo suo ultimo lavoro in particolare riporta indietro agli arditi esperimenti di Stapleton che con il suo originalissimo krautrock fissò quasi quarant'anni fa i paletti della non-musica moderna. Anche se Palumbo è un po' diverso: può essere molto musicale, nel senso tradizionale del termine, con i suoi Almagest!, o negli XXL (Xiu Xiu Larsen, ossia la fusione tra i suoi Larsen e gli americani Xiu Xiu), o anche nelle sue collaborazioni con NG. In Doropea, che è costituito da una trentina di minuti di drone equamente distribuiti sui due lati della cassetta, queste due nature emergono a modo loro e si fondono in qualcosa che, coerentemente con l'intento di rendere omaggio alla città natale di Palumbo, ossia Torino, ed ai suoi due fiumi, il Po e la Dora, è ad un tempo mistico e solenne portatore di un significato recondito che si fatica anche solo a percepire, velato di un alone quasi esoterico che è proprio della personalità di questo artista unico nel suo genere, una sorta di "panta rei" in chiave noise. La grafica della cassetta, limitata a 150 copie, curata da Marco "il bue" Schiavo (batterista dei Larsen) e lo stesso involucro cartaceo che ne costituisce la custodia, sono qualcosa di veramente ben fatto che testimonia ancora una volta la cura di ogni singolo dettaglio nelle uscite di Fabrizio.
Sito web: http://www.deathtripper.com
(M/B'06)

IRON FIST OF THE SUN
We can yield our own footsteps
CD (Cold Spring)

Nuova uscita per questo progetto di Birmingham: quando si parla di power electronics, solitamente si pensa a qualcosa di estremo e volutamente inascoltabile, fatto di immagini e concept altrettanto border line. Lee Howard porta invece una visione differente: le atmosfere sono quiete e malinconiche, fondate su suoni freddi ed oscuri e vocals distorte, ma raramente corrosivi, quasi in una elitaria manifestazione di superiorità o per lo meno di personalità in un contesto spesso appiattito sui modelli dei grandi nomi fondatori. Ed è così che tra droni e break vocali laceranti si dipana la prima traccia "Pride". La successiva "Disappearing chair" è invece una coesistenza di dissonanze e battiti cadenzati, che ricordano gli episodi più minimal degli Haus Arafna degli esordi. Altro episodio da segnalare è il penultimo brano "Born of snake", lunga suite da oltre otto minuti fatta di un ruvido loop che assorbe la prima parte, convergendo in un crescendo di progressive raffiche di violenza sonora senza compromessi che si alternano fino a morire. Chiude "The only thought is mine", traccia fredda e meccanica, anch'essa lacerata da vocals spietate, ma tutto sommato più quieta che fa da epilogo ad un lavoro riflessivo e piuttosto monolitico.
Sito web: https://www.facebook.com/IronFistOfTheSun
(M/B'06)

KHOST
Corrosive shroud
CD (Cold Spring)

Seconda uscita se si esclude la memory stick rilasciata al SE:UK Industrial Alliance festival, nel giro di circa nove mesi per questo duo di Birmingham, Andy Swan (Iroha, Final, Atrocity Exhibition) e Damian Bennett (Carthage, Deathless). I Khost fanno un misto di industrial e metal, dove le pesanti distorsioni delle chitarre la fanno da padrone consegnando una sorta di deriva dei Sunn O))) in chiave death/doom. Swan e Bennet provengono da esperienze musicalmente già di per sé ibride, dove il rock e l'elettronica si incontrano: l'ulteriore loro congiunzione in questo progetto risulta in una mescolanza originale e non una semplice accozzaglia di rumore sovrastato da grida e chitarroni, cosa non comune di questi tempi. Lenti e scarni ritmi di batteria dettano il tempo, riff e scream si alternano ad una voce pulita evocativa che dà quasi un gusto sacrale ai pezzi. Molti gli ospiti, tra cui Jo Quail, Eugene Robinson degli Oxbow ed il dj Adar Friedberg alias Hostage, tutti a dare il proprio contributo senza mai mettere in secondo piano la proposta di Swan e Bemmet, semmai arricchendo di ulteriori sfaccettature il cd, altrimenti troppo monolitico.
Sito web: http://facebook.com/khostband
(M/B'06)

MOLOCH
Die Isolation
CD (Cold Spring)

Con questa ristampa su cd dell'album già uscito su cassetta e vinile nel 2014, la Cold Spring si avventura in un terreno del tutto nuovo per lei, in quanto questi ucraini propongono un suicide black metal lento e dal suono sporco, un incrocio tra gli Striborg e recenti act quali ad esempio gli Exitus Letalis, accumunati dalla voce disperata che caratterizza le band che appartengono a questo genere, ultima deriva di un black metal che non esiste più.
Titoli delle canzoni in tedesco e testi in ucraino: il gruppo invero non è male, ma sicuramente non emerge per originalità, né per particolari caratteristiche anche se l'attitudine è più che convincente sia nelle parti cantate, che in quelle strumentali più atmosferiche, come l'ultima traccia da oltre venti minuti.
I Moloch sono capaci di trasmettere grande tristezza e disperazione nera, nella migliore tradizione DSBM con chitarre morbose e distorte al punto giusto a creare un suono annichilente e corrosivo.
Questo passo rappresenta una evoluzione nel portafoglio generi dell'etichetta che forse porterà ad accrescere il numero di adepti tra le fila del black metal più oscuro e sicuramente a favorire un allargamento degli orizzonti musicali degli ascoltatori. Ed i Moloch appaiono come ideale veicolo per questa transizione, avvezzi all'underground e ad un uditorio limitato nel numero, ma grande amante dell'oscurità.
Sito web: http://moloch.com.ua

(M/B'06)

OTTODIX
Chimera
CD (Discipline Records)

Arriva al quinto album il progetto del trevigiano Alessandro Zannier, coadiuvato da Mauro Dix Franceschini e Antonio Massari. Personaggio poliedrico che da sempre si spinge ben oltre l'etichetta di semplice musicista, Zannier è prima di tutto un pittore ed un artista visivo, che ha deciso di fare davvero le cose in grande per quest'occasione. Chimera si svilupperà infatti secondo tre declinazioni artistiche: il disco, una serie di mostre itineranti ed un cortometraggio. Le mostre intitolate "Chimere" ricalcano il concept dell'album e rappresentano dieci utopie fallite, mostri e zavorre generate dal '900, che avranno luogo in dieci città diverse nel biennio 2014/15, avendo già toccato Treviso, Marsiglia, Venezia, Berlino e Pechino, quest'ultimo per la Biennale Cina-Italia. Successivamente il cortometraggio di quindici minuti circa chiuderà e porrà in atto quanto mostrato nelle installazioni. Il disco gronda di citazioni e visioni argute su ciò che è la realtà contemporanea, vista con ironico distacco, necessario per non divorarci il fegato. Synth-pop à la Bluvertigo, infarcito in alcuni episodi di arrangiamenti orchestrali, fatto di quindici tracce in cui si dispiega tutto il 900, soprattutto nei testi, anche questi firmati Zannier, che sono a un tempo interessanti e limitanti, in quanto prettamente in italiano nonostante il respiro internazionale che pretende di avere quest'album.
Il sapore lasciato dalle singole canzoni vive anch'esso il contrasto tra l'elitismo dei testi in rapporto al genere ed all'approccio piuttosto mainstream delle melodie pur sempre gradevoli ed indovinate, ma che lasciano un punto interrogativo e cioè se l'intento sia di creare un'opera per pochi o piuttosto di voler sdoganare il prodotto sopra la media al maggior numero di persone possibile.
Sito web: http://www.ottodix.it
(M/B'06)

OTHER VOICES
A way back
CD (RBL Music Italia)

A dieci anni di distanza (sic) dall'ultimo full length, con un intermezzo di un mini e un singolo, ritornano i calabresi Other Voices, con un nuovo album ed una copertina che graficamente non è altro che il negativo della copertina del debutto, forse a simboleggiare la volontà di riprendere e chiudere il discorso, per lo meno concettuale, interrottosi una decade or sono. Nati a fine anni '90 come cover band di successi darkwave i nostri, una volta deciso nel 2004 di iniziare a comporre materiale proprio, hanno esordito lasciando il segno con "Anatomy of a pain", uscito l'anno successivo. Da lì ad oggi, i passi avanti sono stati notevoli senza che ne abbia risentito l'ispirazione e l'indole creativa, consentendo alla band di raccogliere e rimescolare sapientemente influenze disparate, da quelle più o meno attese dei Bauhaus, ma anche di The Cure e Sisters of Mercy, a quelle della scena wave italiana anni 80, o ancora a contaminazioni heavy metal in stile Maiden come nel caso di "Poor road". Questo però non deve distogliere l'attenzione dal fatto che l'album è tutt'altro che una scopiazzatura o un minestrone e ci sono vere e proprie perle, come l'opener "I walk on the wire", che consegnano all'uditorio un prodotto adatto ad una vasta fascia di ascoltatori senza essere commerciale, e che ha dietro un lavoro eccellente di mixaggio, sicuramente grazie ai tecnici dei Parr Street Studios di Liverpool, già calcati da nomi come Coldplay o Echo and the Bunnyman.
Sito web: http://www.othervoices.it
(M/B'06)