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KILLING JOKE
Pylon
CD / 2CD / 2LP (Spinefarm Record/Universal)

A tre anni di distanza dal precedente “2012”, i Killing Joke tornano con un nuovo album che segue fedelmente le orme stilistiche e tematiche di tutta la loro produzione del nuovo millennio. Un mix ben riuscito fra il post punk / new wave dei loro anni d’oro e quell’industrial metal di lavori come “Extremities, dirt…” e “Pandemonium”, per denunciare i poteri forti del pianeta sempre più tentacolari e criminali. Il termine “Pylon” infatti rimanda alle famigerate torri GWEN (Ground Wave Emergency Network), ufficialmente costruite per scopi di difesa militare ai tempi della guerra fredda e teoricamente poi dismesse, ma che, secondo qualcuno, servirebbero invece ad alterare le onde magnetiche terrestri e quelle cerebrali, col fine di controllare mentalmente la popolazione. L’edizione che qui recensisco è quella in doppio vinile, contenente un brano in più, “Panopticon”, rispetto ai dieci del CD, ma esiste anche un’edizione deluxe in doppio CD con cinque tracce bonus, fra le quali la stessa “Panopticon”. Sicuramente la copertina gatefold del vinile rende al meglio le immagini inquietanti e complesse del fronte e dell’interno, con le spettrali torri disposte in un groviglio apocalittico. Iniziamo quindi l’ascolto: la prima facciata si apre con “Autonomous Zone”, che con la sua ritmica serrata, la chitarra ‘metal’ e l’inconfondibile voce ci fa entrare subito nello spirito dell’intera opera. Il seguente “Dawn of the Hive” è uno dei brani migliori, dove lo spessore del muro sonoro si concilia magnificamente col cantato spiritato di Coleman. Non male anche l’evocativo “New Cold War”. Giro il lato e con il singolo “Euphoria” ecco un altro dei pezzi forti dell’album: con semplicità e pochi ingredienti collaudati i nostri sanno come si fa un brano che spacca e ammalia. Seguono “New Jerusalem” e “War of Freedoom”, che considero un po’ dei riempitivi senza infamia né lode. Cambiamo disco e il terzo lato di “Pylon” offre alti tre brani di buon livello, “Big Buzz”, “Delete” e soprattutto l’altro singolo “I Am The Virus”, un classico dalla forte tensione emotiva, sembra una outtake del “Killing Joke 2003” e va bene così. Ultimo lato e ultimo picco elevato con il viscerale “Into The Unknown”, mentre il già citato “Panopticon” è un finale non proprio ben riuscito: poteva essere ottimo se fosse durato sui quattro massimo cinque minuti, invece è stato rovinato da una prolissità eccessiva e fuori luogo. Nel complesso, posso comunque dire che “Pylon” è un buon disco, personalmente lo colloco sullo stesso livello di “2012” – che supera però per potenza di suono – e giusto un gradino sotto “Absolute Dissent”, il quale aveva una maggior freschezza e varietà compositiva. Sono sicuro che i fans non ne saranno delusi, anzi, non ci si poteva aspettare di meglio, tenendo conto quanto sia difficile trovare un’altra band attiva dopo 35 anni con la stessa energia e una produzione discografica ancora piuttosto costante e sempre di una certa qualità.
(Fabio Degiorgi)

VIRIDANSE
s/t
(Fonoarte/Danzemoderne)

Il gruppo alessandrino Virdanse torna in attività, con una nuova formazione e, soprattutto, con una nuova pubblicazione. A distanza di trent'anni, Il successore di "Mediterranea", può vedere finalmente la luce.
Otto tracce per continuare un discorso musicale interrotto bruscamente negli anni '80, con la decisa intenzione di andare oltre quella New Wave italiana che il gruppo di Gemma contribuì a rendere grande ed originale e non solo mera fotocopia di quella sentita a Londra e dintorni. I Viridanse 2.0 sono un gruppo musicale che mantiene, dell'originale anima del complesso, i soli Flavio Gemma ed Enrico Ferraris. A loro si sono aggiunti Fabrizio Calabrese (batteria/percussioni), Giancarlo Sansone (tastiere) e Gianluca Piscitello (voce). Ed il disco? Il disco c'è e si sente da subito. Si parte con "Disordine" che mette in evidenza il cantato di Piscitello a cui si aggiunge una robusta chitarra ed una poderosa sessione ritmica. L'intero album vive su questi elementi: la muscolosa batteria di Calabrese che dialoga perennemente con il basso elettrico di Gemma, mentre sono lasciati ampi spazi ai virtuosismi vocali e chitarristici. In questo contesto, la tastiera di Sansone rende più corposa e completa la musica, mai debordante, ma utile collante melodico. È uno suono decisamente più robusto rispetto ai "vecchi Viridanse", ma che, comunque, ne sa mantenere una certa familiarità. Insomma, per tutti coloro che vogliono etichettare la musica, potremmo dire che è wave suonata da artisti prog. Ci sono echi di Litfiba qua e là (quelli di "Desaparecido", per capirci), ma non è difficile intravedere sfumature di un certo gothic rock alla Mission (intro di "Samsara", per esempio) o reminiscenza post punk (i giri di chitarra di "Cambierai", su tutti). tutti elementi che si fondono in un grande coacervo musicale.
Una sorta di concept album sonoro, in cui liriche oniriche e a tratti criptiche (attribuite a Piscitello e Ferraris) si mescolano al suono degli strumenti, in un crescendo di ritmi, cambi di direzioni ("Quello che manca", "Martire di sabbia"), voluti rallentamenti ("Ixaxar", nel narcotico preambolo) ed improvvise accelerazioni ("Splendore illusione"). In tutti gli otto brani di "Viridanse" il gruppo sembra decidere per un sound epico o solenne.
Un album certo non facile, epidermico o leggero; ma, proprio per questo, un lavoro che va ascoltato dalla prima all'ultima nota, perché ricco di qualità ed intense emozioni. Difficile dire se questa sarà anche la futura incarnazione del gruppo piemontese o se la futura creatura dei Viridanse virerà ancora per altri sentieri musicali. Certamente quello ascoltato rappresenta una delle più belle realtà degli ultimi tempi.
Sito web: http://www.viridanse.com/
(Gianmario Mattacheo)

TROUM
Acouasme
CD (Cold Spring Records)

Ritorna il duo di Brema con l'ultimo capitolo della loro estesa produzione che vede gli esordi a fine anni ottanta sotto il moniker di Maeror Tri insieme a Helge Siehl: nonostante sia cospicua, la discografia si è sempre mantenuta ad alti livelli, ed anche in questo caso non tradisce le aspettative, spostandosi però sensibilmente verso sonorità meno oniriche e delicate in favore di pezzi lievemente più ruvidi e dissonanti, senza però snaturare le sonorità tipiche del gruppo. Glit[S]ch e Baraka[H] incentrano la loro visione sugli alieni e le cosiddette forme di vita intelligenti oltre alla razza umana (si fa per dire), che popolano lo spazio profondo. Ne scaturiscono pezzi maestosi con un incedere lento e sordo in cui i riverberi si fondono alla perfezione con una quiete minacciosa, venati di morbosità ed oscurità, che rispecchiano perfettamente titoli emblematici come "Aliens laughing about us". La deriva a cui si assiste ricorda molto quella che, partendo da luoghi diversi, ha fatto approdare gli Inade a qualcosa di molto simile e prima dei Troum: anche qui il risultato finale è senz'altro piacevole, raffinato ed in qualche modo necessario, ma lascia un po' di amaro in bocca a chi li amati per i capolavori del passato rispetto ai quali quest'ultimo certamente non sfigura.
Sito web: http://www.troum.com
(M/B'06)

CAPRICORN 12
Demo 2016
CD (autoprodotto)

Dopo quasi tre anni di silenzio ritorna il progetto del milanese Andrea Gilardelli con il secondo demo. Già a partire dal packaging e dalla veste grafica con disegni semplici ed emozionanti, anche questa volta realizzati dallo stesso musicista, si nota una sensibile maturazione dell'artista che si concretizza nella proposta musicale, la quale non delude le aspettative: infatti, rispetto al precedente lavoro che già dimostrava notevole originalità e qualità pur muovendosi in un genere inflazionato come il dark ambient, questo nuovo album sterza in maniera sensibile verso ambientazioni dai toni sempre foschi, ma ancor più desolate e disumane. Un loop meccanico introduce "It seems that pain is not enough", in cui si intrecciano un rumorismo più ingombrante rispetto al passato, voci di sottofondo ed echi di rituali profani. La successiva "Mary Red and her five black hounds", lunga suite di oltre undici minuti, calca terreni più consoni al precedente demo di Andrea, con voci sussurrate e tappeti drone in un crescendo che vede il suo apice a pochi passi dalla fine del brano. La successiva è un breve intermezzo dai toni sepolcrali, che traghetta alle due tracce finali, la prima costituita da una pulsazione quasi aliena che si intreccia con comunicazioni radio distorte, mentre la conclusiva "Listen to her voice" è una spettrale liturgia drone. Come la custodia del cd e la stessa lettera di accompagnamento, create entrambe utilizzando una carta piuttosto particolare e dal sapore antico, l'opera di Andrea nasce ancora una volta sottovoce, evocando culti ancestrali e visioni di mondi dimenticati, spiccando per la sua crescente solidità ed originalità.
Sito web: https://soundcloud.com/capricorn-twelve
(M/B'06)

CORAZZATA VALDEMONE
Gesamkunstwerke
CDR (Autoprod.)

“Gesamkunstwerke”, ovvero “Opera Totale”, termine ideato dal filosofo tedesco Trahndorff verso l’inizio del diciannovesimo secolo e riattualizzato poco più tardi da Richard Wagner, per intendere quelle opere (musicali e non solo) il cui valore intrinseco era rintracciabile non solo nel risultato finale, ma anche in ogni singolo elemento costitutivo dell’opera medesima. In poche parole, una perfezione formale assoluta, nei dettagli come nel prodotto ultimo. Sarà anche per questo che Gabriele ha scelto per questo nuovo capitolo della sua Corazzata la forma della suite unica, a rammentare in qualche modo la struttura delle immortali opere tipiche dei grandi compositori dell’epoca classica, seppur qui in un contesto sonoro evidentemente di tutt’ altro genere. Accantoniamo a tal proposito (ma non del tutto) le arie marziali e neo-classiche degli ultimi due notevoli lavori del progetto messinese, “Stornellando in grigioverde” e “Avanguardia Rumorista”: “Gesamkunstwerke”, seguendo la scia del recente side-project Solco Chiuso, ritorna pesantemente in direzione della cara, vecchia scuola di matrice industriale, disegnando il tassello finale di un’ideale trittico iniziato con “Super Soap” e proseguito con il successivo “Sex, Nazis & Noise und Roll”, dedicato alla esilarante tematica dei cosiddetti “nazi-porno”. Suddiviso – come ogni suite che si rispetti – in più movimenti (sei per l’esattezza), il decimo capitolo del progetto siciliano é un granitico monolite capace di condensare in un unico magma sonoro pesantissimi drones, ritmiche rallentate, marce d’epoca, voci e campioni abilmente trattati e efficacemente martoriati; le frequenze basse e lente in maniera asfissiante prevalgono con forza, mentre la vena maestosa ed evocativa delle vocals è quella tipicamente di marca “martial-industrial”. Micidiale ed inquietante l’attacco iniziale con campionamenti tratti dal nazi-erotico di Mattei “KZ9 Lager di sterminio”, e non manca, in prossimità delle ultime battute, una finestra ambientale tanto inusuale per i lavori targati CV quanto ben riuscita. In definitiva, un’opera totale? Nella prospettiva di questi primi dieci anni di vita della Corazzata Valdemone direi proprio di sì, poiché effettivamente i trentadue minuti di “Gesamkunstwerke” sanno condensare le molteplici anime del progetto isolano, e ne sintetizzano efficacemente l’ essenza più vera e radicale. Il disco, che esce esattamente nel novantunesimo anniversario del cosiddetto “Discorso sul delitto Matteotti” da parte di Mussolini (pronunciato il 3 gennaio 1925, di fatto sancì la nascita del Fascismo in qualità di regime autoritario), si presenta in tiratura di sole 50 copie artigianalmente autoprodotte e con un packaging assolutamente unico: la scatolina in cartone custodisce, oltre al CDr, un sacchetto in iuta con semini di ricino, ed una bottiglietta in vetro con tanto di etichetta d’antan contenente l’olio più famoso della storia, e non certo per la sua bontà! “Nel caso la cura non dovesse dare esiti immediati rivolgersi al Podestà di zona”, recitano le istruzioni all’interno del booklet. In questo caso, la cura è a base di violenti drones industriali, che per la nostra esperienza non hanno mai nuociuto ad alcuno, anzi…!
Info: corazzata.valdemone@gmail.com
(Oflorenz)

TERRENI K
Arte Sanguine
Tape (Luce Sia)

“Un Gatto Nel Cervello” “Due Occhi Diabolici” “Buio Omega “ “I Tre Volti Della Paura” “Danza Macabra” Una tracklist da sogno per ogni appassionato di film “noire” d’antan (spaziamo tra il 1963 ed il 1990), ed un’ ulteriore conferma dell’amore di Massimo Gravina per quel cinema horror d’autore del quale in tempi come quelli odierni sentiamo sinceramente la mancanza. Se già i precedenti “Necronastro” (assieme a Le Cose Bianche”) e “Somber Aesthetics” avevano tracciato un riuscitissimo connubio tra cinematografia nera e pesanti sonorità ambient-industrial, possiamo dire “Arte Sanguine” ponga in tal senso un sigillo definitivo, consacrando Terreni K come una delle migliori realtà tra le ultime leve della grey area di casa nostra ( l’esordio dell’omonimo “Terreni K” è del 2013). Per questa quarta uscita assoluta Massimo vira decisamente verso strutture realmente “cinematiche”, incastonando brevi campioni vocali e sonori tratti dalle pellicole originali (ascoltate le prime due tracce dedicate ai lavori di Fulci e della coppia Argento/Romero) su oscurissimi layers elettronici, e disegnando nuove atmosfere cariche di tensione che ben si sposano con i concepts trattati dalle cinque pellicole rivisitate. La traccia dedicata al raccapricciante “Buio Omega” di Joe D’Amato, con le sue spirali cosmiche molto “seventies”, chiude alla grande il primo lato della cassetta. La side B, che si apre celebrando gli episodi de “I tre volti della paura” del maestro Bava, sembra dare continuità allo stile di “Buio Omega”, dispiegandosi in trame di ampio respiro e dilatata “spazialità”, mentre la chiusura di “Danza Macabra” giunge davvero troppo presto, in un lavoro che potremmo ascoltare per ore senza mai provare né noia né stanchezza. “Arte Sanguine” celebra il matrimonio definitivo tra Terreni K ed alcuni tra i cult movies italici più oscuri ed appassionanti, avvicinando il progetto tarantino alla dimensione della vera e propria rivisitazione personale della colonna sonora per i film qui celebrati. Curatissima la veste grafica ed il packaging del nastro, come del resto da tradizione per tutte le produzioni della giovane label elvetica “Luce Sia”, qui giunta alla sua ottava uscita. “Arte Sanguine” è una C30 che esce in tiratura limitata a sole sessanta copie, vi invito a non farvela sfuggire, e nel caso aveste ancora dei dubbi: https://soundcloud.com/terreni-k/due-occhi-diabolici
(Oflorenz)

DADE CITY DAYS
VHS
CD (Swiss Dark Nights)

Dopo aver partecipato con "She burned me down" al tributo di Darkitalia ai Type O'Negative ed aver curato le musiche per i contenuti speciali del film "La linea gialla - Bologna 2 agosto" dedicato appunto alla strage di Bologna, debuttano i bolognesi Dade City Days, terzetto nato nel 2013 e composto da Andy Harsh (voce, chitarra, synth), Gea Birkin (basso, voce) e Michele Testi (sezione ritmica). Attraverso un travolgente mix di rievocazione wave anni ottanta, synth-punk e shoegaze i nostri tirano fuori tutta la freschezza della loro giovane età unita a grande ispirazione ed originalità: argomentando in maniera ricercata, con una sorta di timidezza data dalle distorsioni vocali che rendono talvolta i testi di ardua comprensione, i bolognesi infilano brani che si succedono alternando atmosfere più quiete come in "Luna Park", "Fernweh" e "Polaroid" a brani più ritmati ed incalzanti come "Siderofobia", "Preghiere & decibel", anche se spesso prevale un fattore ibrido che unisce la dolcezza del cantato quasi etereo sia di Gea che di Andy, ai riff di chitarra dal suono morbido, ma compatto. Non ci sono cadute di tono, è un lavoro organico e impeccabile nella sua interezza soprattutto per i testi e le scelte musicali, che trova il suo apice nella title track e nella successiva "Lurex". L'album ha sicuramente il merito di nascondere dietro una maschera di semplicità, immediatezza e prevedibilità, un'anima invece profonda, multiforme e articolata, tanto da rendere tutt'altro che semplice l'impresa di coglierne il nucleo: l'inganno è amplificato dal genere trattato e dalla giovane età dei componenti la band. Non si inventano niente: semplicemente, lo fanno meglio degli altri. Molto meglio.
Sito web: https://www.facebook.com/dadecitydays
(M/B'06)