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ALBIREON
L'inverno e l'aquilone
CD (Palace Of Worms / Torredei Records)

A due anni di distanza da "Le fiabe dei ragni funamboli", gli Albireon ritornano con una nuova gemma neofolk che, pur subendo l'influenza delle sonorità di mostri sacri come Forseti ed Of The Wand and the Moon, con il suo approccio genuino riesce a creare il suo spazio e collocarsi tra le migliori uscite del genere. Le atmosfere teutoniche sono stemperate da un incedere più blando ed un approccio struggente e malinconico, che richiama le ballate di Ian Read: le visioni dell'infanzia di un adulto che rievocate, si mescolano con le ferite stratificate della sua anima e riemergono attraverso descrizioni poetiche ed efficaci. Davide Borghi sembra riprendere le tematiche già emerse nell'ultimo Ekra, suo progetto ambient solista, disseppellendo in maniera forse terapeutica quanto giaceva latente in fondo al suo animo: iI risultato è un lavoro delicato ed i brani cantati in italiano, che sono la maggioranza, sono particolarmente toccanti sia per la maggiore facilità di Davide a trasmettere ciò che lo smuove, sia per il lessico più ricco rispetto all'idioma albionico. Accanto alle sonorità neofolk non scevre da una componente neoclassica, emerge nella seconda parte dell'album, in "The stolen child" e "Beslan 2004", ma soprattutto in "The black harbour" una vena più sperimentale legata alla musique concrète. Gianni Pederetti dei Colloquio è infine protagonista con la sua voce calda ed emozionante, del brano di chiusura che non è altro che una riedizione della quinta traccia "Imbrunire". L'album, uscito in occasione del solstizio d'inverno in edizione deluxe limitata a 100 copie per Palace of Worms, che include anche i primi tre demo mai pubblicati, ha visto la luce nella versione standard il 7 gennaio. Come per la precedente uscita, la copertina e la grafica del libretto sono ad appannaggio di Massimo Romagnoli e dei suoi dipinti.
Sito web: https://albireon.wordpress.com
(M/B'06)

GRÜN
Supervegetale
Tape (Dromoscope Editions)

Prima di una serie di quattro uscite curate personalmente da Daniele De Santis (in arte Grün) per conto della berlinese Dromoscope, “Supervegetale” inaugura di fatto la cosiddetta “Antidigital Series”, accompagnandoci verso il piacere della (ri)scoperta del suono analogico nella sua essenza più basica e radicale. Pugliese di origine ma stabilitosi ormai definitivamente a Berlino, Daniele opera da qualche anno non solamente nel campo della sperimentazione elettronica in qualità di musicista con il proprio progetto Grün (“verde” in tedesco, elemento tra l’altro strettamente connesso al concept del nastro), ma anche e soprattutto come inventore e costruttore di macchine e strumenti analogici non convenzionali che farebbero la felicità di ogni autentico avanguardista del suono non conforme. Si diceva della serie già pianificata da Dromoscope: quattro cassette ad opera di quattro diversi artisti, ognuna dedicata ad uno degli elementi alchemici per eccellenza, proprio a partire da “Supervegetale” che inaugura il progetto partendo dall’elemento “Terra”. Musicalmente parlando dove ci troviamo? In estrema sintesi: pensate al sistema operativo di un moderno computer, ne utilizzate l’interfaccia grafica, ma dietro vi sono milioni di stringhe numeriche ed alfanumeriche che compongono il linguaggio di programmazione. Ebbene, Grün é il linguaggio macchina, quello che sta dietro, l’essenza radicale del suono. Le dieci tracce interamente strumentali di “Supervegetale” disegnano dunque geometrie elettroniche che toccano abbastanza da vicino minimalismo e musica concreta (Christina Kubisch), il tutto concedendo pochi spazi a dilatazioni ambientali di ampio respiro, ma insistendo piuttosto su ritmiche organiche e “microsuoni” decisamente freddi e cerebrali. In qualche frangente emergono le tipiche pulsazioni di Esplendór Géometrico prima maniera (depurate di ogni pur vago aspetto ballabile), e non manca la curiosità di seguire l’evolversi del progetto della “Antidigital Series” che si preannuncia sin dall’esordio quantomai interessante. Ignoti al momento i futuri progetti partecipanti, fatta eccezione per il nostro connazionale Roberto Dolcetti, Dj, musicista e produttore sotto lo pseudonimo di Ina Ynoki, il quale si occuperà di rappresentare l’elemento “Fuoco”. Il nastro, che si presenta in veste tanto minimale quanto curata in ogni particolare, è limitato a cento copie, con il lato A fedelmente replicato sul lato B in una sorta di ciclico processo sonoro senza soluzione di continuità. Lo stesso inarrestabile processo - come i titoli dei dieci brani ci suggeriscono - che regola il ciclo vitale del nostro pianeta.
Reperite la vostra copia presso:
https://dromoscope.bandcamp.com/album/supervegetale

http://www.dromoscope.net/editions/aa-44-gruen-supervegetale/
(Oflorenz)

THE RITA
Raymonda

CD (Old Europa Café/Elettronica Radicale Edizioni)

La ricerca estetica di stampo feticista del canadese Sam McKinlay diventa col tempo sempre più meticolosa e raffinata, e pur conservando come soggetto principe il piede femminile ed i suoi elementi “accessori”, giunge qui a lambire nientemeno che il mondo del balletto classico, nella fattispecie quello russo. L’opera “Raymonda” di Marius Petipa fu presentata originariamente a San Pietroburgo addirittura nel 1898, e da allora é diventata un vero classico della danza sovietica e mondiale, replicata innumerevoli volte sui principali scenari internazionali ed interpretata dalle maggiori stelle del settore. Il fulcro dell’opera, il cosiddetto “Gran Pas Classique”, viene rivisitato da The Rita sotto una prospettiva certamente nuova, quella prettamente estetica ed erotica del piede femminile inguainato dalle classiche calzature candide delle ballerine; il libretto del lussuoso digipak è in questo senso un’autentica gioia per gli occhi di ogni voyeur, pur andando al di fuori (e forse proprio per questo ancor più accattivante) dei classici canoni del genere che privilegiano tradizionalmente nylons neri velati e tacchi a spillo. Qui é il “total white” a regnare, come la classica tenuta da ballerina classica impone, ma la colonna sonora non è certo quella che si attenderebbero gli spettatori della “Raymonda” originale. Per chi conosce The Rita, progetto di Sam operativo sin dal 1998, non ci sono segreti: la formula è sempre la medesima, harsh-noise wall totale senza respiro, prendere o lasciare. Coloro che si approcciassero al progetto canadese per la prima volta, si preparino ad un’unica traccia da quarantasette minuti di distorsioni senza soluzione di continuità, da ascoltare ammirando un booklet deluxe che nessun spettatore della “Raymonda” certamente ha mai avuto occasione di gustare. “…I love the way your skin looks in white tights, go ahead step on my face in your ballet shoes, remind me of the dirt bag I am…yes!...”. Da oggi un nuovo sogno erotico aleggia al nostro fianco, non è fatto di fishnet & high-heels, ma di fascianti calzature color avorio ed impalpabili gonnelline in chiffon, e come ogni sogno che si rispetti, ha la sua colonna sonora: The Rita.
Info: https://bakurita.blogspot.it

(Oflorenz)

NEW PROCESSEAN ORDER
CrucifEgo

CD (End of Kali Yuga Editions)

“CrucifEgo”, forma contratta di “Crucifixion of the ego”, da un interessante passo di Carl Gustav Jung utile per comprendere l’essenza di “The Process Church of the Final Judgement”, più semplicemente nota come “The Process”. Movimento religioso fondato verso la metà degli anni ’60 dai coniugi inglesi De Grimston (al secolo Robert Moor and Mary Ann MacLean), “The Process Church” spostò presto il proprio raggio d’azione negli Stati Uniti, con un primo passaggio in Messico ed un definitivo acquartieramento nella città di New Orleans. Tacciata talvolta in maniera semplicistica (e fuorviante) di satanismo, la setta fondata dai De Grimston celebrava in realtà una sorta di venerazione per entrambi gli “archetipi opposti” rappresentati da Cristo e Satana, sostenendone di fatto la contestuale presenza all’interno della natura dello stesso essere umano. Come spiega il passo di Jung riportato all’interno dell’elegante digipak che custodisce il dischetto, Satana è – come Dio – connaturato in ogni individuo vivente, semplicemente ne rappresenta il lato oscuro, innegabilmente parte di ognuno di noi. Il compito di tradurre in musica la filosofia “Processiana” é assegnato con successo ad una folta congrega di “fratelli” appartenenti al circuito della grey area di casa nostra, guidata immancabilmente dal massimo esperto in materia Alessandro Papa, in passato mastermind del mitico Mondo Bizzarro nonché già autore di un esaustivo volume su “The Process” uscito sempre per Kali Yuga nel 2013. Se la scena romana fornisce il suo apporto numericamente più consistente (oltre allo stesso Papa ed alla consorte Gloria Bazzocchi intervengono Marcello Fraioli e ClauDEDI), sono gli “electronics” di Simon Balestrazzi a far la parte del leone, ma non mancano interessanti interventi di Corrado Altieri (Uncodified), Marco Deplano (Wertham) e dell’intero ritual-ensemble emiliano Dolpo, per un autentico super-gruppo che si trasforma per l’occasione in una vera e propria congrega ritual-industrial. L’ineguagliabile background dei protagonisti rende i sette “salmi” di “CrucifEgo” una mirabile sintesi di materia sonora avanguardistica e vagamente psichedelica illuminata da un’aura di mistica ritualità, e l’ascolto in religioso silenzio dell’opera sa ridestare luminosi flash-back di “Psichica” memoria, fra Rosemary’s Baby ed i mitici svedesi White Stains. Se l’attacco lento ma pesante come un monolite della title-track é già indicativo del mood generale del disco, ed il ritmo cardiaco che scandisce “Preghiera del cuore“ dona all’ascolto un ulteriore tocco di tensione, risultano irresistibili alcune luminose aperture dal sapore liturgico che s’innalzano imperiose (la lunga coda di “A light in the tunnel of darkness” o l’intera “Alma Deum”), con parentesi di beatitudine tra le spirali “kosmische” di “Preghiera Neoprocessiana del Cuore”, pezzo dall’inconfondibile marchio Spectre. La voce di Jung ci accompagna, disturbata dai sibili rumoristici di Balestrazzi, verso la fine del lavoro, nel brano non a caso titolato “Exit”. Il narratore Alessandro Papa guida con maestria il suo valoroso manipolo di adepti verso la creazione di questo nuovo sigillo musicale del Nuovo Ordine, che dà continuità all’esordio del 2014 “Hymns To The Great Gods Of The Universe”. Vi rammento che avete a disposizione 500 copie in CD digipak a tre panelli, o meglio ancora due fiammanti edizioni in vinile (di cui una ultra limitata a sedici esemplari con medaglione argenteo della Process Church). Sempre che, per qualche motivo, non abbiate timore di affrontare il Giudizio Finale…
Info: eoky@libero.it
(Oflorenz)

WINTER MARTYRIVM
Reneuizi
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Cecco Testa, noto principalmente per il suo progetto industrial/ambient Cropcircle e per la sua etichetta Creative Fields, dà questa volta adito e sfogo al suo lato più oscuro, ossia quello black metal, uscendo per il momento solo in digitale, con questo album di debutto il cui titolo trae ispirazione dall'omonimo paese abbandonato, dopo il demo "Riot of sadism and blood" del 2005, ispirato quest'ultimo dal movimento eretico anabattista ed alla rivolta di Münster del 1534, distribuito su cdr in pochissimi esemplari. Chi lo conosce sa che Cecco, oltre ad essere un ottimo polistrumentista e musicista capace di spaziare su vari generi, è anche una persona di grande umiltà e sensibilità, tanto da essere arrivato a completare e distribuire "Reneuizi" solamente dopo vari tentennamenti e molta insistenza da parte di chi aveva avuto la fortuna di ascoltare alcuni estratti dei primi brani in anteprima. Diversamente dal demo contaminato da influenze punk, quest'ultimo lavoro trae ispirazione dall'old black metal più atmosferico e isolazionista, quello dei "Carpathian Forest" di "Bloodlust and perversion" per intenderci, ma anche dalle nuove leve del depressive black metal, e la mescola con atmosfere invece più vicine al progetto Cropcircle. E così, dopo l'intro di chitarra, in cui vocals estreme e claustrofobiche ci portano in ambienti desolati e nebbiosi, un'apertura di pianoforte si unisce alla chitarra e solleva anche se di poco, il velo di oscurità, in quella che è una sorta di dedica ai luoghi natii. La successiva "…as I lead unknow forces" è forse la migliore sintesi dell'approccio di Cecco: soundscape naturalistici fanno da sfondo a partiture di chitarra malinconiche e che in qualche modo affondano le radici nel rock anni settanta, ed a ritmi scanditi da una batteria essenziale che alterna parti lente a mid tempo sostenuti, ma mai brutali. La successiva "The silence" è un'altra perla di slow black metal, che ricorda il Burzum di Filosofem, forse il brano migliore dell'album. Segue "Nostalgia", cover dei Nocturnal Depression a cui collabora anche Claudio Dondo (Runes Order), che viene incredibilmente trasfigurata in chiave krautrock. Il brano "The Martyrivm", precede lo strumentale "Feeble dark lithany pt. 2 (Reneuizi)", perfetta chiusura di questo eccezionale lavoro.
Sito web: https://www.facebook.com/unholywintermartyrivm
(M/B'06)