THELEMA
231
CD (Zecor-Ben Records)
Sebbene
mi sembri l’altro ieri, sono passati ben otto anni dal precedente
album studio dei Thelema, “La Sangre Real”.
Il ritorno di questo leggendario nome è quindi più che mai
gradito: “231” chiude una seconda trilogia, quella del nuovo
millennio composta anche da “Burnt Memories” e dal già citato
“La Sangre Real”, con dieci brani nuovi e una formazione che
vede i fondatori Massimo Mantovani (voce) e Giorgio Parmigiani
(basso, tastiere, chitarra, elettronica, cori) affiancati
dall’ormai veterano Gianluca Artioli (chitarra) e Joe Panther
(batteria). Fin dalla prima traccia “Edge of Nothing” si rimane
colpiti dalla potenza scattante del quartetto, che sembra
tornare deciso a un certo post punk delle origini, col basso
di Parmigiani sempre in bella evidenza. Ma sarebbe stato troppo
semplice sfornare dieci hit sullo stile del seminale esordio
“Tantra”, quindi con la successiva “Waiting for the Sun” i
nostri ci offrono una splendida ballata psichedelica. “Abyss”
mi aveva già stupito nel recente “Live in Florence”, la versione
studio è ancora più bella grazie alle sovraincisioni e ai
giusti arrangiamenti, da brivido davvero.“This Cry” è un'altra
ballata crepuscolare, infatti tutto l’album scorre su livelli
sempre alti alternando momenti aggressivi ed altri più intimisti.
Il punto più forte dell’opera è però secondo me “Punk Rocker”,
il cui titolo dà solo una vaga idea del brano, il quale è
ben più di una stupenda punk song, con stacchi e ritornelli
pieni di passione e melodia. “Not Anymore” inizia con dinamiche
folk e si evolve con passaggi rock orchestrali, in “Who Are
You” e “231” le chitarre e le ritmiche tornano aggressive,
ma in mezzo ai due brani c’è la dolce “Shine” a spezzare la
tensione. Si chiude con l’ottima “Time”, che parte con sole
voce e chitarra acustica per poi eruttare improvvisamente
con un muro sonoro in classico stile Thelema e ammaliare con
un ritornello memorabile. Insomma, il combo emiliano ha partorito
un disco grandioso, ottimamente realizzato sotto ogni profilo,
che non teme il confronto con le sue produzioni storiche e
suona senza dubbio attualissimo. “231” è una luce nel buio
della quale si sentiva davvero il bisogno, come ritrovare
dei vecchi amici e sentirsi rassicurati da essi che il “nostro
mondo” (attitudinale quanto musicale), per quanto ridotto
ad una nicchia ristrettissima, non è morto ed anzi ha ancora
qualcosa di buono da offrire. Lavoro da 10 e lode.
Sito web: thelemaband.hostami.me
(Fabio Degiorgi)
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SSHE
RETINA STIMULANTS
The Colloidal Semantika Session Vol. I
Tape ( (Luce Sia)
Per
la sua seconda uscita, la giovane label elvetica Luce Sia
punta decisamente in alto, licenziando il nuovo lavoro di
un progetto che per i lettori di Rosa Selvaggia difficilmente
avrà bisogno di presentazioni. “Colloidal Semantika” si ispira
all’omonimo blog tenuto da tempo dal nostro Paolo Bandera,
virtuale luogo d’incontro per tutti gli appassionati del mondo
Sigillum S e di tutti i progetti che coinvolgono Paolo, tra
i quali ovviamente il suo personale veicolo sonico sin dal
lontano 1994, SShe Retina Stimulants. Questa “Session Vol.I”
prosegue l’esplorazione ultra-ventennale di Bandera nel variopinto
universo della sperimentazione elettronica industriale nelle
sue varie declinazioni, e costituisce in tal senso un tassello
esemplificativo del verbo oltranzista prodotto da SRS. Due
lunghe tracce, una per lato. Sia nella prima “Deranged Geysers”
che nella successiva “Putrid fever genitalia” la voce umana
gioca un ruolo da protagonista, seppur in maniera assolutamente
non convenzionale; sul primo lato si rincorre rallentata tanto
da essere del tutto incomprensibile con i layers (de)costruiti
con maestria da Paolo, dando quasi l’impressione di ascoltare
un nastro viaggiante a velocità erroneamente ridotta. La seconda
traccia gioca invece sulla sovrapposizione continua di campioni
vocali (questa volta a velocità normale) a drones che si fanno
qui più violenti ed abrasivi, portandoci la mente verso una
dimensione estraniata, apatica e confusionale. In definitiva
quanto é assolutamente lecito attendersi da un nuovo dispaccio
partorito dall’universo “Colloidal Semantika”! Curioso l’inserto
della tape, che riporta una fotografia ispirata all’Islanda
ed in particolare agli “ultimi contadini di Núppstaður”, riferendosi
alle più antiche fattorie tipiche dei secoli passati residenti
nella magnifica isola del ghiaccio e del fuoco (e chissà che
i “Deranged geysers” della prima traccia non siano proprio
quelli islandesi…!). Come da tradizione per le curatissime
uscite di Luce Sia, la cassetta esce in sessanta esemplari
numerati ed avvolti nella fascetta trasparente con il gufo
nero, logo dell’etichetta ticinese. Un nuovo fondamentale
capitolo per questa promettente scuderia, dedita al recupero
ed alla rivalutazione di progetti storici ma anche nuovi della
grey area italiana.
Info: http://colloidalsemantika.blogspot.it
(Oflorenz)
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DEVIS
GRANZIERA
From Magnetic Tapes
Tape ( (Luce Sia)
Credo
che chi è in procinto di leggere queste righe non necessiti
di particolari presentazioni riguardo il nome di Devis G.,
e per questa sesta uscita del suo catalogo Luce Sia punta
su uno dei nomi storici della nostra scena ed in particolare
ci propone una preziosa raccolta di veri e propri reperti
storici: “From magnetic tapes”, titolo che suona in maniera
più che esaustiva, ci propone una serie di sette registrazioni
risalenti addirittura al periodo 1988/90,
vale a dire cinque anni prima dell’uscita della mitica cassetta
di Teatro Satanico “Delirio Sifilitico”. Preistoria industriale
potremmo dire, ed oggetto di indubbio interesse non solo per
i cultori dell’autore veneto ma direi per ogni appassionato
della nostrana grey area. Rilasciata dalla label elvetica
in tiratura di sessanta esemplari dalla grafica essenziale
e decisamente nostalgica del periodo aureo del DIY e del tape-trading,
“From Magnetic Tapes” rende pieno merito al periodo storico
di riferimento, con i suoi loop analogici essenziali, ossessivi
e martellanti, effettivamente più vicini alla produzione a
nome Lvnvs che a quella maggiormente strutturata e vicina
alla forma canzone del main-project Teatro Satanico. L’ultima
traccia del primo lato siglata come “A04” (i brani non presentano
titolo) é ad esempio un piccolo “bignami” di industrial old-school,
quello che all’epoca fu marchio di fabbrica di progetti come
Mauthausen Orchestra o Atrax Morgue, così come sul lato B
spiccano nella loro impostazione radicalmente oltranzista
i dodici minuti di “B02”, sostanzialmente una molesta frequenza
senza tregua che muta ad intervalli alzandosi e abbassandosi
di tono. Indubbiamente l’uscita siglata Luce Sia più intransigente
e radicale tra quelle ad oggi ascoltate, vera manna dal cielo
per chi ancora versa una lacrimuccia riprendendo in mano i
nastri della Slaughter o magari ripensando alle produzioni
inglesi marchiate Broken Flag.
Info: https://www.facebook.com/LUCE-SIA-168848936784613/
(Oflorenz)
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GERSTEIN
Sucker + Suck harder
2 x cassetta (Luce Sia)
Maurizio Pustianaz è così: persona di poche parole e di grande
talento, polistrumentista e mente dietro al progetto solista
Gerstein, capace di trovare armonie spiazzanti e talvolta indecifrabili
con apparente e disarmante facilità, tanto da far sembrare estremamente
semplice
ciò che semplice non è. E così, dopo una notevole quantità di
ascolti, si arrivano a percepire innumerevoli finezze e trovate
avanguardistiche rielaborate da molteplici influenze, tra le
note di brani riusciti ed ispirati. Partner ideale di questo
sodalizio è Luce Sia, emergente tape label svizzera dalle grandi
potenzialità, già in evidenza per alcune uscite limitate a poche
decine di copie estremamente curate, con nomi storici del panorama
italiano come Paolo Bandera, Devis Granziera, oltre naturalmente
a Gerstein, e figure emergenti come Moreno Padoan (Otur Boyd).
Questa doppia cassetta è la ristampa rimasterizzata di "Sucker",
uscito nel '93 sotto Misty Circles, e di "Here comes sickness"
del 2003 ossia "Suck Harder", che viene così associato e legato
a doppio filo al primo. A suggellare questo gemellaggio arriva
la nuova copertina ad opera della scomparsa Laura Manzin, epitaffio
e tributo ad una fetta dell'esistenza di Pustianaz, appartenente
al lasso di tempo che si dipana dal 1990 al 2001, in cui i brani
in questione hanno visto la luce. "Sucker" inizia con la title
track e "My colours", brani da vedere quasi come un pezzo unico
in cui il pianoforte, prima insistente, poi più riflessivo detta
il ritmo insieme al basso ed al cantato malinconico di Maurizio,
di queste due ballate riprese nelle sonorità in "Don't you wanna
be alive?", dopo l'intermezzo di "Take the hold", pezzo synth-pop
dalle sfumature difficilmente catalogabili. La chitarra fa il
suo ingresso nei due brani successivi traghettando l'ascoltatore
verso una visionaria e mistica "Just waiting". Le successive
tracce, frutto di una sapiente mescolanza di elettronica, pianoforte
e chitarra traghettano l'ascoltatore al termine della prima
cassetta, che viene suggellata dai due brani che costituiscono
il lato B del mini "T????" (Typhoon), ossia la strumentale "The
Sadness of a big liar mouth stuck in a cruel pile of mud". "Suck
harder" è invece una raccolta di pezzi, dei quali i primi tre
fanno parte di "A kindly method of living", uscito nel 1992,
che ospitava anche le prime quattro tracce di "Sucker", queste
ultime significativamente diverse dai primi, che hanno uno stampo
decisamente più wave/post punk. Le successive quattro invece
tornano a sintonizzarsi su ballate a base di voce e pianoforte
e non solo; i brani della seconda parte invece risalgono al
'99-2001 e sono i più tetri dell'intera raccolta a metà tra
la electro/wave ed il minimalismo disumano degli Haus Arafna.
Pezzo di storia musicale nostrano imprescindibile.
Sito web: http://noisebrigade.net
(M/B'06) |
DER
HIMMEL ÜBER BERLIN
Emesys
EP CD (Autoprodotto)
Torna il combo triestino con questo EP contenente
5 tracce gothic rock con sfumature postpunk.
La nuova formazione "Il cielo sopra Berlino"
ha dimostrato di essere una delle migliori nuove bands della
scena italiana ma anche europea, visto la moltitudine di concerti
oltreconfine.
Apre l'EP "The Chosen Ones" con classiche
atmosfere goth, brano ben equilibrano e potente; segue "Kafka
Motel" molto ben arrangiato, che dimostrata tutta
la maturità che ha saputo acquisire
la band. La terza traccia è "Poison on your
Tongue" seguita da"Dead Cities"
che continuano le atmopsfere dei primi due brani, buona
anche la quinta e ultima traccia "My rubber queen",
ottimi anche qui gli arrangiamenti ed è il brano che
preferisco, molto pieno di pathos.
Consigliato a tutti gli amanti della dark wave.
Sito
web:
https://derhimmeluberberlin.bandcamp.com/releases
(Nikita)
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ANTICHILDLEAGUE
Holy Ghost
CD (Hagshadow)
La
nostra connazionale Gaya Donadio, residente a Londra oramai
da anni e compagna di Patrick Leagas, riprende le ostilità
con il suo personale progetto power-electronics ACL, operativo
sin dal 2001 con un nastro e due compact disc all’attivo,
oltre ad alcune illustri collaborazioni su mini-cd e 7” (Con-Dom,
Silent Abuse e Schrage Musik, progetto quest’ultimo dello
stesso Patrick).
Impegnata di recente nell’attività live a fianco di Leagas
nei mitici 6Comm, Gaya si rimette all’opera nel campo che
le è maggiormente congeniale, quello della heavy-electronics
più violenta e dissacrante che è stata marchio di fabbrica
non solo dei precedenti lavori (l’ultimo era “The Son” del
2014) ma anche dei potenti live-shows come quello del Moritzbastei
di Lipsia che ebbi occasione di seguire in occasione del Gotik
Treffen di qualche anno fa. “Holy Ghost” si presenta come
“atto estremo” sin dalla grafica, inequivocabile e senza compromessi
come da tradizione di ACL, e non da meno sono i titoli di
alcune delle tredici tracce (“Dick Funeral”, “Penis Dead”)
che vanno a riprendere il raccapricciante concept di copertina:
un sofferente membro maschile aggredito da un nugolo di insetti,
immagine che richiama scenari di morte ed abbandono. I salmi
sacri della iniziale title-track si perdono ben presto nell’assalto
all’arma bianca di “I hate you”, titolo che non fa prigionieri,
proprio come le rasoiate sparate dai synths analogici su cui
Gaya vomita testi carichi di rabbia. Un mood aggressivo che
prosegue in “Ice Heart” e rallenta leggermente nelle due differenti
versioni di “Weak Seed”, ove lascia campo ad un’atmosfera
malata, malsana e soffocante. La voce di Gaya tocca in alcuni
frangenti picchi di insanità di tutto rispetto (“Penis Dead”),
ed i layers elettronici non sono affatto distanti da quelli
della vecchia scuola di Con-Dom e Whitehouse, ovvero la migliore
“british old school”. L’attacco di “Guilty women” resta il
mio prediletto, seguito dal loop percussivo di “In the shadow”,
e son pronto a scommettere che i nuovi bordoni di “Holy Ghost”
renderanno al meglio in sede live, dove progetti come ACL
riescono ad esprimere al meglio la loro carica violenta e
nichilista. “The Father”, 2008, “The Son”, 2014, ed ora a
distanza di otto anni il cerchio si chiude con “Holy Ghost”.
Un trittico dal contenuto decisamente critico verso l’ipocrita
morale dei dogmi religiosi pre-costituiti e dal potente messaggio
anticlericale. Più che mai di attualità, purtroppo.
Info: www.hagshadow.net
(Oflorenz)
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DECA
Mater Frequentia
Tape ((Luce Sia)
Per questa settima uscita l’elvetica LUCE SIA compie una meritoria
opera di recupero di una rarissima registrazione risalente al
lontano 1993, uscita in sole 20 copie
autografate e numerate a mano dal savonese Federico De Caroli
per la sua Warp Art. Una chicca pressoché irreperibile che ridiventa
disponibile (seppur in sole sessanta copie, per cui affrettatevi)
in un package del tutto analogo all’originale, impreziosito
dagli scatti sperimentali di Federico siglati originariamente
“Deca Warp Art”. Vero e proprio alchimista sonico dal 1986,
Deca non si è mai posto barriere nel suo approccio alla materia
elettronica (ricordo ancora con piacere la bella esibizione
al Destination Morgue di due anni or sono), trattandola, rielaborandola
e destrutturandola sapientemente a dimostrazione di grande abilità
nel trovarsi a proprio agio nella cosmica di settantiana memoria
così come nella musica concreta ed ambientale. “Mater frequentia”
è una manifestazione d’intenti sin dal suo stesso titolo, e
se grandi minimalisti come l’Eno degli inizi piuttosto che lo
svedese C.M. Von Hausswolff hanno pensato di dedicare lavori
interi agli aeroporti, questa si rivela l’ideale soundtrack
per una estraniante megalopoli in ore notturne. Frequenze elettriche
che sconquassano textures di droni ambientali e ritmi di battito
cardiaco richiamano visioni alterate di skylines metropolitani,
luci fuori fuoco, sensi di alienazione, solitudine e freddezza.
C’è qualcosa del Lagowski di “False Dawn” in questa cassetta,
e molto altro, perché effettivamente sarebbe riduttivo ricondurre
“Mater Frequentia” ad un genere predefinito. Un esempio su tutti?
“Aq uaradar”, quarta traccia del primo lato: minimalismo pionieristico,
cold-electro e parentesi di soundtracks cinematiche alla Dario
Argento condensate in 5 minuti e 42 secondi. E non è certo l’unico
capitolo della cassetta a riservare continue sorprese e cambi
di tempo, il lato B con “Norbena” e “Plasma Mater” assume addirittura
toni epici, per concludersi infine nella riproposizione di “Spectralon
Frequentia” e della caleidoscopica “Aquaradar” in chiave “remixed”.
Per chi scrive tra le migliori proposte in assoluto, ad oggi,
dalla premiata scuderia elvetica.
Info: https://www.facebook.com/LUCE-SIA-168848936784613/
(Oflorenz) |
A
SILENT NOISE
Zeitmaschine
7" (Agoge Records)
Dopo il successo ottenuto col crowfunding del precedente Kaleidoscope,
i nostrani "A Silent Noise" ci riprovano e sfornano due tracce
che faranno da colonna sonora del dvd con la video-storia
musicata "Zeit Maschine / Un Viaggio nel tempo" e che costituiranno
il 7" limitato a 200 copie, dedicato ai fund raiser, a cui
si accompagnerà anche un cd di bonus track e remix.
ASN è un progetto che mescola e rielabora la wave anni '80,
la musica cosmica tedesca anni '70 e le colonne sonore dei
film di fantascienza e queste due tracce lo sintetizzano perfettamente,
in un travolgente turbine malinconico di suoni morbidi, beat
elettronici ed emozionali, dove convergono Joy Division, The
Cure, Litfiba e la sci-fi anni ottanta.
Sito web: http://www.asilentnoise.it
(M/B'06)
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CONSCIENTIA
PECCATI
Confusio Solis
Tape ((Luce Sia)
Dietro Conscientia Peccati si cela dal 1994 il tedesco Martin
Steinebach, autore in questo ventennio di una decina di uscite,
calcolando i nastri iniziali
degli anni ’90 ed i successivi Cdr. Grazie all’attenta opera
di recupero del formato analogico operata dall’elvetica Luce
Sia, Martin ritorna a puntare sull’amato supporto magnetico,
proponendoci queste dieci tracce nuove di zecca in tiratura
limitata a sessanta copie numerate. La bella grafica di copertina
ed i titoli dei brani di “Confusio Solis” tradiscono la passione
di Martin nei confronti delle antiche grandiose civiltà del
passato, egizia e assiro-babilonese in particolare, passione
peraltro di vecchia data dal momento che la totalità delle sue
uscite hanno sempre trattato tematiche storiche, religiose ed
esoteriche, a partire dall’esordio del 1994 che verteva sul
“Malleus Maleficarum” del XV secolo, testo tedesco redatto all’epoca
in chiave anti pagana ed anti eretica. Musicalmente parlando
le arie di “Confusio Solis” tessono una tela invisibile che
lega l’oscurità dei primi Ataraxia (l’iniziale “Return”) alla
mistica dei connazionali Herbst9 (in particolare quelli di “Usumgal
Kalamma”), come nella misteriosa “Issiq Nurlari”. Lavoro sostanzialmente
strumentale, le voci assumono in brevi frangenti un taglio prettamente
recitato, che legato ai ricorrenti tappeti percussivi in stile
“pagan folk” rimandano vagamente al caro vecchio Allerseelen.
Un ottimo artista che personalmente scopro solamente con quest’ultimo
lavoro, la cui proposta si colloca idealmente in un territorio
di confine tra la ambient di marca più rituale e quel dark-folk
che proprio a partire dai primi anni ’90 (periodo dell’esordio
di CP) si giocò le sue carte migliori.
Info: martin.steinebach@t-online.de
(Oflorenz) |
SYMBIOSIS
Mikrokosmos
CDr (Autoprod.)
Abbiamo trattato più volte in passato le produzioni uscite a
nome Valerio Orlandini, ci occupiamo ora con piacere - per la
prima volta - del suo progetto Symbiosis, attivo in realtà da
una decade ed autore, ad oggi, di una nutrita serie di Cdr e
nastri anche in collaborazione con altri progetti (Uruk-Hai,
Winterblood e Keji Siratori tra gli altri). L’universo di Symbiosis
affonda le sue radici nelle suggestioni e leggende legate alla
natura più selvaggia ed incontaminata, del resto i titoli dei
precedenti lavori parlano chiaro: “Slavine”, “Crepuscoli spirituali”,
“Spiriti di neve e foreste”,
ed anche il nuovissimo “Mikrokosmos” sembra proseguire questo
viaggio di taglio isolazionista sin dall’artwork del suo package
formato A5, pressoché monocromatico grazie al candore dei solitari
paesaggi innevati. Otto le tracce del dischetto, semplicemente
numerate e senza titolo, quasi a volere dar spazio esclusivamente
al suono senza ulteriori, superflui dettagli. Se il progetto
fiorentino si abbevera in origine alle fonti di un’oscura ambient
di matrice black-metal, l’attacco iniziale del novello “Mikrokosmos”
lancia ruvidi fendenti tipicamente industriali, che si stemperano
però rapidamente in liquidi soundscapes ambientali memori della
lezione di grandi “impressionisti” del genere, Tor Lundvall
su tutti. Proprio le sospese note di piano tipiche di alcuni
lavori del bravo pittore-musicista americano paiono rivivere
anche in “II”, disegnando mosaici di grande bellezza che Valerio
è assai abile nel costruire mattoncino su mattoncino, drone
dopo drone. Ideale il legame dei soundscapes di Symbiosis con
l’immaginario foto/grafico cui accennavamo sopra (ascoltate
i sette minuti di “IV”), legame che effettivamente tesse un
invisibile filo tra il primigenio black metal che diviene acustico/sinfonico
da un lato (si pensi a Vinterriket), ed il microcosmo di etichette
quali la nostrana Glacial Movements dall’altro, intente a tramutare
in suoni l’isolazionismo delle lande più estreme del pianeta.
“Mikrokosmos” è come un piccolo scrigno di segreti ancestrali,
da ascoltare in inverno, circondati solamente dal buio e dal
calore della propria dimora. Ricordiamo che la produzione a
nome Symbiosis è a disposizione in download su Bandacmp, per
quanto sia ovviamente altamente consigliato l’acquisto del supporto
fisico, atto che non solo supporta il musicista ma vi consente
di custodire con il tempo una collezione di “quadretti” sonori
con una storia da raccontare, ed una propria anima.
Info: http://symbiosis.altervista.org
(Oflorenz) |
OTUR
BOYD
Ten Hot Injections
Tape ((Luce Sia)
Autore
di due uscite in forma liquida sulla label proprietaria Xonar
nel corso del 2014, Otur Boyd (al secolo Moreno
Padoan) esordisce su supporto fisico con questa bella cassetta
licenziata dalla svizzera LUCE SIA, etichetta tra le più attive
in questi ultimi tempi nel recupero di interessanti proposte
legate fondamentalmente alla grey area italiana, ed alla loro
produzione tassativamente in formato analogico su nastro.
“Ten hot injections” mantiene pienamente fede al proprio titolo,
proponendoci dieci tracce al vetriolo che spaziano tra le
varie “sfumature di grigio” della materia industrial-ambient
a tutto tondo. Supportato dalla crema dell’attuale scena italica
di settore, OB concentra alcune tra le tracce più hard sul
lato A (dove appaiono come ospiti Subterranean Source, Le
Cose Bianche, Satanismo Calibro 9, Gianluca Favaron ed Uncodified)
abbassando relativamente il tiro sul B, ove è coadiuvato da
TSIDMZ con Gregorio Bardini, Noisedelik, Thysanura e Valerio
Orlandini. Le interferenze che disturbano i drones in basse
frequenze di “Vritra” ci introducono nel vivo del primo lato,
come si diceva alquanto violento con i picchi più radicali
nel noise angoscioso di “White matter” (vi troverete immersi
nei fragori di un incidente stradale) e la musica concreta
di “Bod-Y”, che ci riporta ai Nurse With Wound più ostici
dei primissimi lavori epoca “Chance meeting…”. Le soffuse
influenze pan-etniche della coppia TSIDMZ/Bardini in “Death
of Indra” rendono più morbido l’approccio al secondo lato
del nastro, che prosegue avvolto nei meandri oscuri di “Sweet
Slow Collapse” (qui è Noisedelik ad intervenire) prima di
rianimarsi nelle ruvidezze di “Never (Enough)” e “How to end
it all”. Ma è proprio la coda ambient di quest’ultima, con
Valerio Orlandini, ad introdurci nel lungo e rarefatto finale
di “Surrender”. Un lavoro vario, ricco di ospiti d’eccezione
ed assemblato davvero bene da Moreno, ed un’ennesima, valida
scoperta da parte dell’etichetta ticinese.
Info: https://www.facebook.com/oturboyd
(Oflorenz)
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MULBÖ
Mulbö
CD (I Dischi del Minollo)
Esordisce
questo quartetto dell'area torinese, con trentacinque minuti
di musica strumentale a cavallo tra rock, noise e jazz in
un tripudio di programmata follia, come loro stessi la definiscono,
ed una confezione da urlo. Follia ma con classe, sia ben chiaro:
i ragazzi tengono il profilo basso, non prendendosi troppo
sul serio e questo gli permette di tirare fuori un album semplice,
immediato e trascinante, condito dalla giusta dose di ironia.
Sotto tali auspici nascono le prime due tracce, "Humbaba"
nella sua malinconia fatta di perenne transizione e "Noun"
in un mantra vagamente industrial rock, che introducono "Kobe",
dove i fraseggi di chitarra diventano preponderanti, ancora
molto insistenti e ripetitivi, ma anche accattivanti. La quarta
"Marno Edwin" confuta tutto ciò che è stato fatto finora sfiorando
momenti techno (sic) e facendo da introduzione perfetta per
quello che è il pezzo che traccia il solco, ossia "Thallium
case" dove, esagerando un po', si può dire che i Nirvana più
pacati incontrano il groove del sassofono, ed è forse un peccato
che non ci sia una parte cantata a sovrapporsi. "Szen Ji"
è un cocktail di elettronica, field recording e musica tribale,
"Xagalka" è un inebriante pezzo glitch che evolve in noise
rock, mentre la conclusiva "Reamut" è forse il pezzo più normale
di tutto l'album, caotico rock/jazz.
Sito web: http://www.mulbo.it
(M/B'06)
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SKAG
ARCADE & meanwhile.in.texas
Fernweh
Tape ( (Luce Sia)
Due
progetti italiani nuovi di zecca che di fatto esordiscono (Skag
Arcade ha all’attivo un lavoro in digitale del 2015) con questo
ottimo split per l’attivissima label svizzera Luce Sia, molto
attenta sia nel recupero di progetti storici che nelle nuove
proposte “Made in Italy” in ambito ambient/industrial ed annessi.
One-man project romano il primo, brindisino il secondo, Skag
Arcade e meanwhile.in.texas si dividono equamente il nastro
con una lunga traccia a testa, lasciando al primo l’apertura
delle ostilità con i quindici tellurici minuti di “The Silent
Crater of the Abyss”. L’attacco monolitico si/ci immerge nel
giro di un minuto scarso in un vero e proprio “maelstrom” che
pare non avere alcun spiraglio di luce, con un muro sonoro che
va ad arricchirsi lentamente e progressivamente di nuovi elementi;
se un paragone può tornare congeniale a rendere l’idea, Skag
Arcade riprende al meglio alcuni magmatici elementi che potete
ritrovare nella vasta discografia di Sshe Retina Stimulants,
concentrandoli sapientemente in una mini-suite che rende pienamente
onore al proprio titolo. La coda finale del brano stempera progressivamente
le ruvidezze dei minuti precedenti dissolvendosi in un avvolgente
e rassicurante drone ambientale, quasi a darci una speranza
che il cratere dell’abisso possa essere riconquistato alla disperata
ricerca di una via d’uscita. La traccia di Skag Arcade trova
adeguato sequel nei venti minuti di “Santa Teresa (Across the
Dark Field of Bleakness)”, dove tocca a meanwhile.in.texas mettersi
in gioco. La complementarietà dei due brani è notevole, con
la suite del lato B che impiega poco più di due minuti a decollare
(occhio al crescendo del minuto 2:09 !) facendoci a nostra volta
precipitare in un nuovo abisso senza fine. Analogamente alla
traccia di Skag Arcade, “Santa Teresa” lievita con il passare
dei minuti in un crescendo lento quanto inarrestabile, andando
a raggiungere nel suo apice centrale quello che potremmo a buon
titolo definire un vero e proprio “symphonic noise wall”. Gli
ultimi frangenti atterrano lentamente verso un’ agognata quiete,
ma la voglia di riavvolgere e premere nuovamente “play” non
tarda a farsi sentire! Info: https://www.facebook.com/LUCE-SIA-168848936784613/
(Oflorenz) |
MADEMOISELLE
BISTOURI
Spaltung
Tape (Craneal Fracture Record)
Dietro
il delizioso moniker di Mademoiselle Bistouri si cela il bresciano
Claudio Frassine, attivo dal 2011 ed autore ad oggi di tre
Cdr, tra i quali l’esordio (un concept dedicato a Tesla) in
condivisione con Daniele Santini. Dopo le tre uscite digitali
ecco il battesimo analogico con questa C30 che esce per Craneal
Fracture, giovane label iberica devota ai suoni più estremi
ed oltranzisti; ed estreme si rivelano in effetti – e senza
mezze misure – le due tracce di “Spaltung”, termine teutonico
che sta per “taglio” o “fenditura”, come quello inferto dall’affilato
bistouri della nostra Signorina. Denominate semplicemente
“Part I” e “Part II”, le due tracce della tape sono due vere
rasoiate (mai termine fu più appropriato) di power-electronics
interamente strumentale che rasenta nella sua interezza la
dimensione dell’ harsh-noise totale senza compromessi, ispirandosi
alle produzioni più radicali della nostrana vecchia scuola
industriale di marca analogica. Se invero non si toccano gli
estremi assoluti delle produzioni di label come Signora Ward
(pensate ai “total walls” alla The Rita), “Spaltung” non è
comunque lontano dai picchi più violenti rintracciabili nei
lavori de Le Cose Bianche piuttosto che SShe Retina Stimulants,
senza dimenticare la probabile influenza della sempiterna
scuola british stile Broken Flag. Una simpatica nota goliardica
per finire: pare che in occasione dei primi invii a taluni
affezionati contatti, la cassetta sia stata personalizzata
con i più svariati gingilli, e che ad alcuni fortunati sia
toccata addirittura qualche non ben definita traccia organica…!
Attendiamo in redazione conferme o smentite dai diretti interessati
nel caso fortunato stiano leggendo queste righe, nel frattempo
una cosa é certa: Mademoiselle Bistouri è una dama letale
e non fa prigionieri, siete avvertiti.
Info: https://soundcloud.com/m-bistouri
(Oflorenz)
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MARIO
GRÖNNERT AND COMMONSEN5E
Nightmares and dreamscapes: silhouettes of Urbia
CD (Audiokult)
L'austriaco Mario Grönnert e lo statunitense di Portland Mason
Metcalf, aka Commonsen5e, uniscono le forze in quello che può
essere considerato, a detta dello stesso Mario, come un viaggio
sonoro e sensoriale in una città post-apocalittica alla ricerca
di un segnale positivo che lasci intravedere una tenue speranza
per l'incerto domani. Le stagnanti tastiere e le atmosfere a
metà tra chill-out e drone/ambient portano un vento di gelida
desolazione, che scatena sensazioni analoghe al trovarsi in
un cantiere abbandonato in aperta campagna in una fredda giornata
invernale: in quei momenti si trova il tempo per rallentare
e fermarsi a riflettere su se stessi e sul mondo ascoltando
i pochi segnali della natura che non è in letargo. E così è
per la prima lunga suite da oltre ventidue minuti, "Breathing
in the ash", a cui succede una più movimentata "Sky full of
crows", dove sprazzi di un krautrock rumoroso e mistico si mescolano
a palpitazioni industrial. Riverberi lo-fi di un pianoforte
caratterizzano "Station 17", pianoforte che assurge a impalpabile
protagonista della successiva "Journeys calling". Questa traccia
dà la stura all'ultima parte più downtempo, che ricorda i lavori
di Fjernlys, chiusa dall'ultimo pezzo, "The World rewinded",
dai toni più maestosi. In conclusione un lavoro non straordinario,
in un ambito sovraffollato, eseguito e prodotto in maniera dignitosa.
Sito web: https://www.facebook.com/MarioGroennert;
https://www.facebook.com/CommonSen5e
(M/B'06) |
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