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BRACONIDAE
Magnetic Reel
Cassetta (Luce Sia, Swiss Dark Nights Exp)

Dopo i trascorsi come tastierista nel gruppo goth rock Yabanci, Emiliana Voltarel ritorna sulle scene in maniera più attiva e personale, prima col debutto l'anno scorso del progetto Bazalt in coppia con Valerio Lovecchio, già compagno d'avventure negli Yabanci, poi con questo suo nuovo progetto solista di nome Braconidae, uscito su cd per Swiss Dark Nights Exp e su cassetta per Luce Sia, entrambi limitati a sole 100 copie che, sebbene rappresentino una bassa tiratura per un cd, sono invece piuttosto alte per gli standard della tape label svizzera. La cassetta include quattro tracce, due per lato per circa 18' di musica, che anticipano la prossima uscita del full length, e che vedono la collaborazione di nomi storici della scena sperimentale italiana come Gerstein e i DsorDNE, nonché gli SKR Project. Dai brani emerge un interessante e promettente approccio alla musica ambient, che di fatto apre un nuovo ciclo nella carriera musicale di Emiliana, fatto di ambientazioni tetre e fredde e sonorità astratte e avvolgenti.
Sito web: https://www.facebook.com/Braconidae
(M/B'06)
CORAZZATA VALDEMONE
Canzoniere Strafottente
CD (Hau Ruck! SPQR)

Bel Laccio
7” (Hau Ruck! SPQR)

A distanza di tre anni dall’ultimo, ottimo ‘Stornellando in grigioverde’, ritorna in grande stile la Corazzata Valdemone guidata come sempre dal nostro Gabriele Fagnani, peraltro attivo in tempi recenti con il progetto noise-industrial Solco Chiuso. Ritorno in pompa magna si diceva, con un album nuovo fiammante ed un 7” limitatissimo (solamente 25 copie) destinato a diventare presto preda di feticisti e collezionisti. Il coinvolgente (neo)folk della title-track ‘Bel Laccio’ (dalla coda goliardica che vi lascerò il gusto di scoprire da soli!), e la riuscitissima cover del celeberrimo brano di De André ‘Il Bombarolo’ (che qui diventa ‘Il Buon Barolo’, dal testo esilarante) costituiscono l’ossatura del singolo, con il quale avrete anche quattro ulteriori tracce bonus in digitale; tra di esse una reinterpretazione del famoso ‘Inno della X MAS’, ed una cover del successo di Fusco ‘Signorine non guardate i marinai’. Se Il singolo ci regala un gustoso antipasto, é con il full-lenght ‘Canzoniere Strafottente’ che ci rituffiamo ancor più a fondo in dodici episodi legati alla storia ed all’estetica del Ventennio, come da tradizione per il progetto isolano. Con gli anni l’aspetto melodico, una certa forma ‘cantautorale’ ed il gusto per la rima hanno preso il sopravvento sul martial-industrial più radicale degli esordi, conferendo al lavoro di Gabriele quel sapore d’antan che effettivamente non guasta considerando l’epoca di riferimento del nostro. Congeniale anche la riproposizione di ‘traditionals’ del passato, proprio come l’iniziale, intensa canzone di trincea ‘Tapum’, che nella versione della Corazzata ben trasmette la tensione e la drammaticità della vita al fronte nel corso della Grande Guerra; brani d’epoca anche le successive ‘Serenatone’ e ‘La canzone dei picchiatelli’, risalenti al compositore Rodolfo De Angelis attivo intorno agli anni ’30 e ’40, con l’ultima resa a mo’ di allegra marcetta militare dall’effetto trascinante. Anticipato dal video di ‘Canto del deserto’, dove Gabriele ed il suo manipolo di fedelissimi rinverdiscono fotogrammi ispirati ad episodi della Campagna d’Africa, il nuovo lavoro della Corazzata vede come in passato l’intervento di alcuni ospiti esterni, in particolare la voce di Sonnenkind nella marziale ‘Bist du nun frei’ e la performance - anch’essa in lingua germanica - della brava Valentina di Der Feuerkreiner in ‘Radio Ambaradam’, mentre il basso di Diego Banchero e la voce di Marcello Fraioli impreziosiscono rispettivamente ‘Bel Laccio’ e ‘Africanella’ (quest’ultima uno dei bonus del singolo). Non mancano richiami ai suoni più abrasivi e marziali tipici di CV, in particolare la strumentale ‘Marcia d’Annunziana’ ne é esempio calzante, mentre il motivo tradizionale della Seconda Guerra Mondiale ‘Gira l’elica’ richiama idealmente un immaginario di Futurista memoria. I due minuti terminali de ‘Il Tango del manganello’ pongono fine alle danze, ancora una volta in maniera brillantemente goliardica, in perfetto stile Valdemone!
Info: https://corazzatavaldemone.bandcamp.com
(Oflorenz)
The CURE
Torn Down
LP (Fiction Records Ltd.)

È vero. È vero. Una compilation non potrà mai essere equiparabile ad un album in studio. Se non proprio una minestra riscaldata, i vari progetti finiscono per essere un insieme di canzoni che gli appassionati hanno assimilato, digerito e rimangiato triliardi di volte.
E' vero. Ma quando un album in studio manca all'appello da dieci anni, ogni scusa è buona per considerare una compilation come la vigilia di Natale. E, quindi, è con questo spirito che ci accostiamo a "Torn down" che, ad essere sinceri, proprio una pigra e svogliata raccolta NON è. Non lo è a cominciare dal fatto che il remix dei pezzi (16 in totale) è esclusiva opera di Robert Smith e, per volontà del grande leader della Cura, i brani non sono i "soliti" singoli già proposti in raccolte passate. Inizialmente Robert Smith pensò di affidare i remix ad artisti scelti, ma l'ambizione del progetto spinse (dall'agosto del 2017) il leader a provarci in prima persona. È sempre Smith ad aiutarci a capire la genesi di "Torn down", sostenendo che "galeotta" fu la versione dub di ''Pictures of You'' creata da Brian Chuck New: "Appena l'ho ascoltata ho cambiato i miei piani. Ho sviluppato una nuova ambizione: volevo un album che fosse contemporaneo ma senza tempo, immediato ma non ovvio, ritmicamente eccitante e con un suono grandioso". Se, poi, aggiungiamo che l'uscita in vinile di "Torn down" coincide con il "record store day" 2018, ovvero la grande festa del disco celebrata in tutto il mondo da qualche stagione a questa parte, e che, infine, questo RSD combacia con il compleanno di Robert Smith … beh, ci sentiamo di vivere la nuova uscita ufficiale dei Cure come un episodio di valore. "Torn down", oltreché nella versione in vinile a tiratura limitata per il RSD, sarà parte integrante della Deluxe edition di "Mixed up", triplo cd che comprende l'album di remix del 1990, rarità del periodo e la raccolta oggetto di queste righe di commento. La parte grafica è vincente. Una bella copertina, insomma.
Tra scritte che ripetono i fonts di "Mixed up" si staglia un primo piano di Robert Smith, un ritratto dipinto a olio, risalente all'estate del 1990 e originariamente concepito come copertina di "Mixed up". Dopo "Disintegration" e "Bloodflowers" è, a conti fatti, la terza uscita discografica che mette in primo piano il solo ed unico leader: beh, facile constatare, allora, quanto "Torn down" si trovi in buona compagnia! (i più pignoli vorranno aggiungere anche la copertina del "Gretatest" del 2001, ma era talmente brutto quell'episodio grafico che ho preferito concedermi un attimo di amnesia). Attraverso voci ufficiali, si apprende come Smith abbia scelto brani significativi/preferiti in luogo dei soliti singoli, volendo illustrare la varietà del catalogo Cure, in un modo ancora inesplorato. E poi? Poi le canzoni, secondo una scelta che vuole prendere un brano a campione ed in ordine cronologico tra i lavori sulla lunga distanza lanciati sul mercato dalla band, per un viaggio lungo quattro facciate in cui riscopriamo canzoni fondamentali del catalogo rivestite a nuovo, senza per questo vederle trasformate o depauperate dell'antico fascino.
Con l'apertura di "Three imaginary boys" e la successiva "M" (robotica e glaciale e, se possibile, ancor più anni '80 dell'originale) non possiamo che esaltaci nella bontà del progetto. "The drowning man", parte con i soli tasti in primo piano e finisce per essere il remix più minimale di "Torn down" (così vincente da farci dimenticare che "Faith" non trova alloggio tra gli estratti del lavoro), mentre "A strange day" è il brano dove il quid pluris rispetto all'originale è inferiore rispetto agli altri. Si pesca da ogni uscita sulla lunga distanza, come si diceva; e così anche la raccolta di singoli "Japanese Whispers trova accoglienza in "Torn down" con "Just one kiss" (quindi in "panchina" "The walk", "Let's go to bed e via enumerando); facile leggere "Shake dog shake" quale estratto di "The top", mentre "A night like this" (ma quanti fiati in apertura!!!) è il pezzo che ha l'onore di rappresentare l'album del 1985. "Like cockatoos" per il "Kiss me album"? ecco forse è questa la leggerezza di Robert nella scelta dei 16 magnifici della compilation, anche se il remix ne esalta un percorso onirico e quasi fantascientifico. Il leader non può sbagliare con "Plainsong" quale testimonial di "Disintegration": chi conosce la band sa che cosa vuole dire questo pezzo ed era l'unica veramente obbligata presenza di "Torn down". Il vestito nuovo che le confeziona il suo padre padrone è affascinante perché le consente di modernizzarsi mantenendo proprio tutti i suoi antichi pregi (facile immaginare la puntina del giradischi logorata tra i solchi del vinile, nei lunghi e ripetuti viaggi "sull'orlo del mondo"). "Never enough" ha un incedere più rilassato rispetto alla versione tradizionale, non certo una love song, ma un brano dalla cadenza meno sincopata. "From the edge of the deep green sea" parte con la voce di Robert Smith, pulita e nitida è scelta in modo da sovrastare tutti gli altri strumenti, e "Want" (il doveroso estratto da "Wild mood swings") presenta un incedere una tacca più lenta rispetto all'album in studio. Da "Bloodflower" il capitano sceglie "The last day of summer" (ed il nome scelto per il remix è un azzeccatissimo 31st august mix") in cui dolcezza e malinconia create dai tasti si fondono con chitarre lacrimose che non lasciano speranza anche ai cuori più duri; "Cut here" (in effetti non dona più di tanto sia a"Torn down", sia alla sua prima versione), lascia il finale per gli ultimi due brani, in rappresentanza di "The cure" e "4.13 dream". "Lost" era la canzone migliore del lavoro di inediti del 2004 e facciamo un plauso al sig. Smith per essersene ricordato (qui, le aggiunte di suoni percussivi rendono quasi tribale il brano), mentre un po' di amaro in bocca rimane per non poter ascoltare il remix di "Underneath the stars", sicuramente la gemma dell'ultimo in studio dei Cure. "It's over", tuttavia, di quell'album è seconda solo alla sopraccitata canzone ed il remix di Smith ("Whisper mix") ha il pregio di rendere ancor più trascinante la cavalcata. Sarà l'entusiasmo del momento, sarà una certa mancanza di obiettività, ma mi pare di avere pochi dubbi nell'affermare che "Torn down" è la migliore tra le compilation partorite dai Cure.
(Gianmario Mattacheo)
DEATH BELLS
Standing At The Edge Of The World
LP (Avant rec.)

S'intitola "Standing At The Edge Of The World", l'ultima fatica disografica dei Death Bells, dieci trace corpose di sonorità vagamente anni ottanta e che fanno sognare per chi, in quei periodi viveva quelle sonorità miscelate tra post-pank, dark e new wave.
Un ottimo prodotto, dunque, che ti tiene incollato dal primo all'ultimo brano e tecnicamente ben fatto e con una voce che ben si adatta ai generi sopracitati.
Per il pubblico giovane può essere tranquillamente una bella novità, per quelli un po' più "attempati", un bell'integratore per l'anima e la mente. Utilizzo delle chitarre, basso, batteria e synth pressoché perfetto, che creano uno struggimento emozionale invidiabile.
http://avantrecs.bigcartel.com/product/death-bells-standing-at-the-edge-of-the-world-lp
(Maurizio P.)
DIE SONNE SATANS
Metaphora
Download (Annapurna)

Nell'anniversario dei venticinque anni dalla prima ed unica uscita su cassetta nello split con Runes Order, Annapurna mette a segno uno dei suoi colpi ristampando il debutto del progetto di Paolo Beltrame, una delle realtà dark ambient storiche italiane più interessanti, che lacerò la scena dei primi anni novanta con un passaggio purtroppo effimero della durata di tre anni, con la successiva uscita di due compilation che raccoglievano in maniera disordinata quasi tutto quanto uscito tra full length e compilation. La doppia uscita su cd adesso e vinile nei mesi a venire, oltre al lavoro di restauro, rimasterizzazione e rivisitazione a quattro mani tra Beltrame e Maurizio Pustianaz, quest'ulitmo noto per il suo progetto Gerstein e per le molte collaborazioni con artisti della scena elettronica, rende inoltre giustizia dal punto di vista dei suoni e delle atmosfere a questo lavoro, finora mai abbastanza celebrato. Un tetro cicaleccio introduce "The Garden of Hydra" avvolgendo l'ascoltatore in un turbine ribollente di frequenze e atmosfere notturne e boschive, che non lo abbandonerà più fino alla fine. La successiva "Body Snatcher", che beneficia delle linee sonore di base di Claudio Dondo, ossia Runes Order, è semplicemente un capolavoro con i suoi paesaggi sonori visionari ed annichilenti a un tempo, mentre "Spiritwood" coglie forse meglio di tutti gli altri brani gli intenti di Beltrame. Dopo la sognante "Source" arriva la monolitica "Orbis" seguita da "The venerable", fatta di loop di cori liturgici alternati a suoni di campane, tanto semplici quanto efficaci. "Advent" chiude l'album, introducendo le due successive bonus track, ossia la versione rivista di "Pleutoromaria", brano uscito per la prima volta nella compilation "Ars Obscura" del 1992 e "Cheopys", uscito per la Slaughter Productions di Marco Corbelli nella celebre raccolta "Death odors" del 1994. Un piacevolissimo tuffo nel passato con la speranza che sempre più artisti così ritornino a popolare la scena.
Sito web: https://www.facebook.com/1d9s9s1
(M/B'06)
DØDSMASKIN
Fiende
CD (Cyclic Law)

I norvegesi Dødsmaskin ritornano a distanza di appena un anno dal loro ottimo debutto sotto Malignant Records con questa nuova uscita.
Cinque tracce per totali quaranta minuti, dove si intrecciano frequenze urticanti e ritmiche pesantemente industrial, retaggio del precedente album, qui portate ad un livello più evoluto ed emozionale, grazie anche all'ottimo lavoro in fase di registrazione ad opera di Rafael Anton Irisarri presso i Black Knoll Studio di New York. Le tematiche attingono alla tendenza autodistruttiva del genere umano ed al percorso apparentemente irreversibile che la prossima Industria 4.0 ed il forte sviluppo nell'uso dell'intelligenza artificiale stanno accelerando notevolmente, verso una destinazione di apparente progresso, ma allo stesso tempo di grande incertezza e disorientamento. Caos e devastazione si alternano a pause quiete e solitarie in cui l'ascoltatore, ma anche l'individuo moderno ritornano col pensiero alla loro esistenza ed al lavoro alienante nelle fabbriche, come fu già per i lavori di Maurizio Bianchi che funsero da ispirazione per la successiva generazione di musicisti e che qui vengono ancora una volta e con autorevolezza riproposti.
Sito web: https://www.facebook.com/Dodsmaskinofficial
(M/B'06)
MAYUKO HINO
Lunisolar
CD (Cold Spring)

L'ex moglie di Hiroshi Hasegawa, nonché ex porno attrice bondage, un tempo in connubio col marito Hiroshi Hasegawa, Fumio Kosakai e Ryuichi Nagakubo nello storico gruppo C.C.C.C., arriva al secondo lavoro solista che, dopo il debutto dai toni più sperimentali, vira più sfacciatamente su scenari nettamente più rumoristici. La regina del noise giapponese non tradisce le sue radici e rilascia spessi strati di rumore senza compromessi, disumani come vuole il più fervente credo japanoise, dimostrando le sue notevoli capacità sia di esecuzione, che di fabbricatrice di strumenti appunto autoprodotti, ma anche di avere ottimi fornitori, visti gli oscillatori a base di sei theremin, fabbricati da Ryo Araishi, ossia Ichion, che utilizza. Due suite da circa venti minuti l'una costituiscono il substrato di questo viaggio psichico, dove l'annichilimento dell'ascoltatore la fa da padrone, non tanto nello stile di connazionali come Merzbow che è solito erigere un vero e proprio muro sonoro durante i suoi concerti, quanto piuttosto nella direzione di repentini cambi di direzione sempre nel segno del caos e della non-musica.
Sito web: https://www.facebook.com/mayuko.hino.3
(M/B'06)
HOLiDAY INN
Torbido
LP (Avant! records)

Nei giorni scorsi ho avuto il piacere di ascoltare "Torbido", l'album degli Holiday Inn, nove tracce ipnotiche di ottimo minimal synth punk da non farti respirare a lungo che grazie all'utilizzo di una voce acidissima dal cantato inglese che ricorda molto artisti di indubbio valore internazionale. Il progetto particolare e creativamente molto produttivo formato da Gabor (Aktion / Metro Crowd) alla voce e Bob Junior (Trans Upper Egypt / Bobsleigh Baby / Hiss) alla tastiera e drum machine, ha dato ottimi frutti che danno l'idea della situazione ambientale in cui vivono la loro quotidianità. I loro ritmi incalzanti dall'inizio alla fine dell'album ti trattengono a si lamentano anche grazie ad un'ottima padronanza tecnica dei due musicisti che vien fuori ad ogni nota. Un lavoro discografico, quindi, che non lascia indifferenti e che per gli amanti del genere è una vera chicca, e per altri un ottimo antibiotico per l'anima.
Sito web: https://avantrecords.bandcamp.com/album/torbido
(Maurizio P.)
LYKE WAKE
Crawling Through The Abyss Of Pain / Symphonic Noise
CDr (Aseptic Noise)

Onde sinusoidali minacciose si alternano alle cristalline aperture sinfoniche tipiche di Lyke Wake nei primi minuti della mastodontica suite di settanta minuti che apre la nuova opera di Stefano Di Serio, rendendo peraltro pieno merito al termine di ‘Symphonic Noise’ contenuto nel titolo. Un concetto, quello di ‘rumore sinfonico’, che sintetizza meglio di ogni altro il DNA del progetto capitolino, oserei dire unico nel suo genere: nato nei primi anni ’80 nel contesto dell’area industriale/sperimentale italiana dell’epoca, LW ha in realtà maturato nel tempo un tratto stilistico che riflette appieno il background poliedrico e non comune di Stefano, radicato anche nel prog-rock e non solo in quello tipicamente seventies, bensì anche nell’ondata che proprio nei primi ’80 seppe rinverdire i fasti dei padri fondatori, con gruppi quali Citizen Cain, IQ, Anekdoten ed Änglagård. Questo vero e proprio maelström creativo emerge di continuo nel corso di ‘Crawling Through The Abyss Of Pain / Symphonic Noise', lunghissima traccia in forma di suite (tratto comune con pressoché tutti i lavori del nuovo corso di LW iniziato nel 2011) che consente all’autore di esprimersi al meglio delle proprie potenzialità. Il novello ascoltatore non si lasci intimidire dalla durata eccezionale del brano, le continue aperture melodiche e gli arabeschi sintetici disegnati da LW su di un soffuso tappeto di effetti rumoristici ci trasportano in un baleno al ventiquattresimo minuto, dove un attacco tastieristico maestosamente epico e marziale porta la fantasia verso immaginifiche scene di cavallereschi scontri tra oscure armate provenienti da epoche remote. L’afflato epico della musica targata LW é particolarmente presente in quest’ultimo lavoro, sovente pervaso da una certa vena di oscurità e disagio, come peraltro il titolo stesso del disco ci suggerisce. Per l’intera durata ‘Crawling’ stupisce e sorprende più volte, alternando momenti ambientali più soffusi a improvvise aperture di synths che in alcuni casi si ricollegano ai motivi precedenti, generando frammenti sonori di bellezza ed effetto non comuni. Verso i tre quarti del viaggio, intorno al minuto quarantacinque, aliti di vento si perdono nell’ennesima, ariosa apertura tastieristica, questa volta dall’imponente sapore liturgico, mentre la sezione finale, introdotta dal tocco di campane a morto che si odono in secondo piano verso lo scoccare della prima ora di ascolto, si perde progressivamente tra le onde disturbate che avevano aperto il lavoro, per un ultimo, azzeccato elemento di ciclicità. Chiude il Cd la reinterpretazione di un brano che ha fatto epoca, la floydiana ‘Set the Controls for the Heart of the Sun’, cavallo di battaglia nei live della band inglese nel periodo di transizione fra gli anni ’60 e ‘70, sin dalla magnifica versione della storica performance di Pompeii. Stefano ne propone una personale versione di circa sei minuti, declinata in chiave completamente elettronica, che rende assolutamente onore all’originale di studio apparsa su ‘A Saucerful of Secrets’. Un lavoro ambizioso che conferma Lyke Wake per quello che é: una diamantina Cattedrale del Suono.
Info: https://soundcloud.com/lyke-wake
(Oflorenz)
Nothing:Always:Works
In it
Promo CD Single (Schlemiel)

Il portoghese Alessandro Abrunhosa ci invia il suo promo single contenente la traccia ‘In it’, manifesto programmatico condensato nei soli quattro minuti di questa song di elettro-industrial muscolare e ritmata.
Con un caleidoscopico passato da DJ ma anche membro di svariate formazioni in qualità di cantante e polistrumentista, il ragazzo di Porto cura in maniera particolare il packaging del promo, custodito in una jewel case massacrata da graffette, nastro telato ed inserti metallici che ricorda maggiormente una produzione casalinga ‘do it yourself’ più che una discreta tiratura in mille copie come quella che abbiamo tra le mani. ‘Everything of me in it, blood, sweet, tears and more’, recita il manifestino allegato al dischetto: auguriamo il meglio ad Alessandro, che pare più che mai coinvolto nel suo nuovo progetto.
Una traccia non é molto per farsi un’idea minimamente esaustiva, lo attendiamo al varco con le sue prossime mosse!
Info: http://www.narks.org
(Oflorenz)
OTUR BOYD
Deadalean
CD (Luce Sia, Show Me Your Wounds)

Quarta uscita per la creatura di Moreno Padoan, la seconda per Luce Sia, coadiuvata questa volta dall'etichetta gemellata SMYW, limitata a 190 copie. Moreno vira verso un approccio non più brutale come nel passato, ma via via più estremo, concentrando i suoi sforzi verso lidi di abstract noise sperimentali e isolazionisti. Il titolo dell'album suggerisce le sensazioni che prova l'ascoltatore costretto a muoversi tra oscillazioni irrequiete e disorientanti in cui non ci sono riferimenti ed ogni traccia spazza via le poche certezze che possono formarsi con la precedente. Nove brani per quaranta minuti di musica, in cui non si può far altro che rassegnarsi a perdersi, con la consapevolezza che la claustrofobica prigionia può risultare un sublime piacere per i flagellanti del rumore più radicale.
Sito web: https://www.facebook.com/oturboyd
(M/B'06)
SHAME
Songs of praise
CD (Dead Oceans)

Da Londra, i poco più che ventenni Shame, dopo aver pubblicato qualche singolo, si buttano nell'avventura dell'album di debutto e con "Songs of praise" provano ad osare. Abbiamo letto nei mesi scorsi di come il loro sound pare essere fortemente ispirato alla scena punk e post punk di qualche anno fa. Tuttavia, l'inizio di "Songs of praise" ci porta una band che ha un certa melodica distorsione assimilabile ai più rozzi Soni Youth. È così che leggerei "Dust on trial" e (almeno per la parte introduttiva) nell'ancora più efficace "Concrete".
Questa band nata e formatasi attorno al Pub "Queen's head" di Brixton ha decisamente un atteggiamento poco incline agli stereotipi che il mondo musicale ci propina quotidianamente. Da interviste lette o, ancora, dai testi emerge una posizione di scontro, un NO deciso (e schifato) urlato per rimarcare una differenza. Così, basta citare le parole che aprono "One rizla" per capire il sopraccitato assunto "Le mie unghie non sono curate, la mia voce non è la migliore che hai sentito, e puoi scegliere di odiare le mie parole, ma me ne frega un cazzo"! Disgusto sociale, ma anche sensibilità politica per gli Shame, se uno dei bersagli preferiti è la Premier May, colpevole di fare gli interessi di pochi eletti e a cui la band aveva dedicato un singolo (non compreso nel lavoro sulla lunga distanza). "Tastless" purtoppo mi puzza di un certo plagio, anche se il padre del pezzo continua a sfuggirmi dai ricordi (maledizione perché non riesco a fare quest'ultimo sforzo mnemonico). L'immagine della band è molto punk, se per punk intendiamo qualcosa che sia contro e non massificato dal sistema. Dal front del cd, ci piombano davanti cinque anonimi ragazzi (alla Feelies, direi) e sarà sufficiente accostare gli abiti che i cinque londinesi sfoggiano nella copertina alle parole pronunciate in un'intervista dal cantante Charlie Steen, per capire la loro linea di pensiero: "Penso che l'idea della giacca di pelle che indossa la rockstar, insieme al binomio donna e droga, debba essere bruciata". Ci piace "The lick" con un cantato/parlato che ci dona una sorta di spoken post punk songs; "Friction" nasce più corale rispetto alle altre ed il finale di "Angie" è un incontro tra un recitato ed un'apertura melodica non disprezzabile. Proviamo una certa simpatia per la "Vergogna", almeno perché sentiamo parecchia genuinità. In merito al discorso più prettamente musicale, rilancio le loro parole con le quali il gruppo chiudeva una recente intervista: "Musica? Non ne sappiamo nulla. Non ne abbiamo mai sentito parlare.".
Sito web: https://shamebanduk.bandcamp.com/album/songs-of-praise
(Gianmario Mattacheo)

SONOLOGYST
Silencers (the Conspiracy Theory dossiers)
CD (Cold Spring)

Dopo circa due anni di silenzio, forse la pausa più lunga dall'inizio della produzione musicale come Sonologyst, ritorna il progetto di Raffaele Pezzella, che per l'occasione si dedica ai "silencers", ossia gli uomini in nero, agenti federali o chissà cos'altro che vedono la loro figura legata indissolubilmente ai misteri di CIA e FBI relativamente ai presunti contatti alieni da Roswell in poi o forse anche prima, riprendendo una tematica non così frequente in questo ambito musicale e che crea un'associazione quasi automatica, almeno per chi scrive, coi tedeschi Galerie Schallschutz, silenti ormai da un decennio. Pezzella, oltre ad essere il gestore dell'apprezzata etichetta Unexplained Sounds, votata alla ricerca ed allo studio della scena musicale underground mondiale, si dedica attraverso Sonologyst alla sperimentazione elettronica ed elettroacustica, focalizzandosi sulla manipolazione di riverberi e segnali distorti, che sembrano provenire da altri mondi, ispirandosi a progetti come Arecibo, Bad Sector o i primi Inade. La teoria della cospirazione sembra quindi un passaggio pressoché obbligato e sostanziale, in un apparente eterno oscillare tra atmosfere astratte ed ambientazioni da fantascienza anni cinquanta, che produce toni minimalisti e talvolta dissonanti e crea uno spaccato misterioso ed affascinante dell'America di quegli anni.
Sito web: https://soundcloud.com/sonologyst
(M/B'06)

The SPIRITUAL BAT
Your Own World - And The Vision Of Sound
CD (Danse Macabre)

N ei giorni scorsi mi è capitato di ascoltare e scoprire l'album dei The Spiritual Bat, dal titolo "Your Own World - And The Vision Of Sound", nove tracce coinvolgenti ed impreziosite da una voce visionaria e calda, trasmettitrice di magia e misticismo. Simile ad una sirena, riesce a catturarti e farti scoprire i mondi, l'oscurità e lo struggimento di un simposio musicale e tecnicamente evoluto che negli anni di trasformazione ha raggiunto una maturità invidiabile, frutto di una carriera iniziata negli anni novanta e che li ha visti protagonisti sui palcoscenici di tutto il mondo.
Mi risulta riduttivo catalogare questa band in generi specifici, amo pensare che vada oltre tali barriere e racchiude storie e sfumature di sonorità si gotiche che si mischiano sapientemente in altri ambienti musicali. Un lavoro discografico, dunque, che va gustato momento per momento ad occhi chiusi, facendosi trasportare senza resistenze e che vi stupirà.
Buon ascolto!
(Maurizio Piccirillo)
TALK TO HER
Home
MCD (Shyrec)

Profumi fragranti di ‘eighties’ traspaiono dalle quattro tracce proposteci da questo giovane quartetto veneto, attivo in sede live sin dal 2015 ma giunto solo ora all’esordio discografico.
I sedici minuti di ‘Home’ sono più che sufficienti per inquadrare l’elegante stile dark-wave alla base del DNA di Talk To Her, sin dall’iniziale ‘Zodiac’, basso pulsante e ritmica trascinante che ci riportano all’epoca d’oro in cui il post-punk regalava i suoi primi gioielli. ‘Forest’, ‘Nightfall’ e la terminale, più riflessiva ’Burning’ gli altri tre validi tasselli di un mini ben suonato e prodotto con cura, anche nel package minimale dall’effetto ‘optical’.
Per rivivere al meglio lo spirito originario di The Sound ed Echo and The Bunnymen, evidentemente mai sopíto!
Info: https://talktoher.bandcamp.com
(Oflorenz)
TAPHEPHOBIA & KAVE
Monuments
CD (Cyclic Law)

Il norvegese Ketil Søraker, mastermind del progetto Taphephobia e gli olandesi Kave uniscono le forze sul terreno a loro più congeniale, accasandosi presso la Cyclic Law, etichetta di proprietà di Frédéric Harbour, noto per i suoi Visions, che hanno molto in comune con le sonorità di questo split e che trovano la loro descrizione ideale nella copertina, grigia e desolata come le rappresentazioni di Kittelsen della peste, priva di colori e sgranata, come quando l'oscurità è ormai prossima a chiudere il giorno.
Due suite da venti minuti ciascuna, una a testa: iniziano i Taphephobia, con un brano malinconico in crescendo e quasi liturgico coi suoi archi dilatati e le sue aperture che lasciano filtrare una tenue luminosità. I Kave invece portano l'ascoltatore in un viaggio su ritmi lentissimi e maestosi, dove rumori sotterranei arrivano all'orecchio come tsunami ancora lontani, ma cha fanno già intuire la loro portata devastante chiudendo in un finale privo di speranza alcuna. Niente di nuovo sotto il sole, ma di sicuro interesse per gli amanti del genere e di questa etichetta.
Sito web:
https://www.facebook.com/Taphephobia-196425420397858;
https://kave.bandcamp.com
(M/B'06)
TAPHEPHOBIA
Ghostwood
CD (Cyclic Law)

Ketil Søraker ritorna con un nuovo lavoro profondamente introspettivo sempre sotto Cyclic Law che fa coppia col contemporaneo split a quattro mani coi Kave. Dieci tracce di ambient freddo e desolato, a base di suoni di chitarra immersi in dilatate astrazioni sonore, che riprendono musicalmente il precedente "Escape From The Mundane Self" uscito nel 2013, e che questa volta collocano l'ascoltatore in questo immaginario bosco fantasma.
Come la musica trattata, anche l'evoluzione di Taphephobia è molto lenta e quasi impercettibile, focalizzata principalmente sul suono, apparendo più una sorta di tappa interiore quieta e contemplativa, più che un'apertura o un invito a percorrere un viaggio insieme.
Digipak limitato a 300 copie con l'artwork a cura di Nihil, questo cd è un altro pezzo del puzzle di dark ambient monolitico, costruito in questi anni dall'etichetta del canadese Harbour.
Sito web: https://www.facebook.com/Taphephobia-196425420397858
(M/B'06)
UNCODIFIED
Comunidad
CD (Old Europa Café, Luce Sia, Elettronica Radicale Edizioni)

Torna il progetto di Corrado Altieri supportato congiuntamente da tre etichette di tutto rispetto come la storica Old Europa Café, la giovane ma già imprescindibile Luce Sia e la devota Elettronica Radicale Edizioni. Sin dal primo momento si assiste ad un salto in avanti piuttosto netto rispetto alle passate uscite: la musica non è più un assalto frontale ed immediato come nel passato, ma una più cerebrale e raffinata battaglia a colpi di marce inesorabili e frequenze abbacinanti, condotta con grande personalità, pur sulla scia di gruppi fondamentali come i Control di Thomas Garrison, specie nelle efficacissime "Kingdom of nothing" e "Puppets next door". In generale Altieri indugia molto in suite piuttosto brevi e strumentali, con minimi contributi vocali, a cavallo tra industrial/noise e power electronics, chiarendo senza giri di parole che nulla dell'attitudine senza compromessi è smarrito, ma al contrario è diventato più consapevole e diretto con questo lavoro focalizzato sulla sempre peggiore situazione internazionale politica ed economica di cui ne può essere ideale colonna sonora.
Sito web: https://www.facebook.com/Uncodified23
(M/B'06)

VISIONS & PHURPA
Monad
CD / LP (Cyclic Law)

Frédéric Harbour, fondatore della Cyclic Law, celebra la centesima uscita della sua etichetta con uno split congiunto, edito sia su cd che su vinile entrambi limitati rispettivamente a 500 e 200 copie, tra il suo principale progetto dark ambient Visions ed i prolifici russi Phurpa. Harbour riesce a domare ed incanalare la potenza dei rituali tibetani della formazione capitanata da Alexy Tegin, nelle maglie della tela ordita dalle maestose sonorità che da sempre caratterizzano il suo progetto: il canto di gola dei Phurpa funge da vero e proprio strumento aggiunto coi suoi riverberi che fanno da contraltare sotterraneo unito alle funeree percussioni, alle trame disegnate da Visions, che puntano alla vastità del cielo e dello spazio che sovrasta le nostre teste. Il risultato è quanto mai inaspettato e originale, trascinando l'ascoltatore verso l'origine dell'universo, dove il tempo scorre più lentamente e frequenze soverchianti dettano legge.
Sito web:
https://visionsambient.bandcamp.com;
https://phurpa.bandcamp.com
(M/B'06)

RICHARD VON SABETH
The king of nothing
CD (Rehab Records, Believe Digital)

Debutto solista per Riccardo Sabetti, cantante e fondatore degli Spiral69, sotto lo pseudonimo di Richard Von Sabeth per Rehab Records, ma anche in forma liquida per la Believe Digital. Va detto subito che l'album non porta novità o innovazioni che stravolgeranno il mondo della musica da qui in avanti, tuttavia Sabetti riesce in pieno a dare sostanza al suo talento naturale di far emozionare chi lo ascolta con nove brani assolutamente indovinati e con la freschezza di chi questi pezzi se li tiene dentro da diversi anni e finalmente li può rivelare al mondo, segno di una notevole vena creativa.
Viscerale wave/gothic rock, fatto di ballate decadenti dall'incedere travolgente attraversate da venature folk negli arrangiamenti, accompagnati da una vera orchestra, sogno nel cassetto di Sabetti da molti anni, coronato in occasione di questa uscita.
Tutti i brani sono semplicemente eccellenti nei suoni, nella resa e nelle strutture, e anche se in qualche modo sfruttano il revival della new wave, sarebbero emersi comunque col loro stile ibrido, unico ed inafferrabile.
Sito web: https://it-it.facebook.com/vonsabeth
(M/B'06)
45LB
New real toy / Dub
7" (Luce Sia)

Il duo svizzero di Luce Sia debutta per la prima volta anche su vinile con questo interessantissimo 7" del progetto 45LB, limitato a 90 copie, dietro al quale si nasconde il compianto artista svizzero Leo Beeli, scomparso prematuramente nel 2006. Le due tracce di synth-pop sperimentale che risalgono a circa vent'anni fa sono probabilmente tra le pochissime testimonianze del suo lavoro che sono arrivate fino a noi attraverso un cd danneggiato, poi rimasterizzate nel 2017 da Marcello Malatesta e testimoniano una interessante visione musicale, che si può purtroppo solo immaginare come sarebbe potuta evolvere negli anni a venire.
Due brevi brani di circa tre minuti l'uno, semplici ed efficaci, che richiamano le strutture dei The Tapes, pur con un approccio meno sognante e basato su ritmi cadenzati e vivaci.
Sito web: https://www.facebook.com/LuceSiaLabel
(M/B'06)