ATARAXIA
Synchronicity Embrced CD (Sleaszy
Rider Records)
Synchronicity Embrced, è il nuovo album degli
ATARAXIA, è uscito in ottobre 2018 per la Sleaszy
Rider Records, è un “Viaggio Alchemico Del
Pellegrino Nella Frequenza in 432Hz – 8Hz – 1Hz”. La
copertina è di Nicolas Ramain, l'immagine è di Norma
Gombok. Sono 8 canzoni, 8 è il simbolo
dell'Infinito.
Come dicono gli Ataraxia
stessi : “La nostra musica da sempre è un viaggio
dimensionale, apre porte di cui ogni ascoltatore
possiede la chiave. L’input che offriamo è quello di
lasciarsi andare all’incanto del suono e partire.
(…) Antica Grecia, abbazie cistercensi, monasteri
nel giallo dei prati, erba tagliente, fasci di luce,
scogli d’alabastro, la porta dei tempi e la mistica
rosa, un passato di più di duemila anni si dipana
tra riti Kabiri, tridimensioni alchemiche, danze
pagane nella terra d’Albione, di lontano la sacra
lira d’Apollo scandisce lo sciabordio delle onde
d’oro fino al presente. (…) Ci purifichiamo nello
spirito dell’acqua che tutto salva poiché l’acqua
parla e lenisce le pene d’amore. (…) Abbi fiducia
nel tuo cuore, e guarda solo per un momento lo
specchio che i demoni ti mettono davanti, le radici
e i rami sacri lavorano nella terra e nei cieli. (…)
La sincronicità si è messa in moto. Volete
incendiarvi e splendere? La vibrazione incalza…. E’
un disegno d’una estrema bellezza e di straziante
dolore e d’indicibile scoperta…. Apparente caos …
Onde del movimento circolare … E il sacro 8 vibra,
questo è il codice d’accesso … E la coerenza
dell’infinito 1 … Noi sotto le nuvole … Le nuvole
sotto il cielo … Il cielo sotto le stelle … Le
stelle sotto l’oscurità … Noi sopra l’oscurità”.
Entriamo in questo
“viaggio spirituale e artistico”, attraversando “lo
spazio-porta rotondo” ad ascoltare gli 8 brani:
Oenoe: è una ninfa natura,
con la voce di Francesca Nicoli e la chitarra di
Vittorio Vandelli, la canzone parla di stelle del
mare e i colori, “il mio nonno era un marinaio” , si
sentono lontani fischi, segna l’inizio di un viaggio
alla ricerca della direzione, dell’orientamento,
caratterizzato dal silenzio e la gravita, con i
synth e i percussioni di Riccardo Spaggiari e le
melodie folk.
Sikia:
è villaggio antico greco, sentiamo un canto antico
stile gregoriano con voci gravi accostate alle voci
angeliche dolci di Francesca, arricchite dai timpani
e i percussioni, con cantati in lingua italiana e
inglese, il ritornello in italiano parla della sacra
terra, dell’infinito del cielo, ci sono anche i
cori, il ritornello si ripete più volte come una
specie di mantra … per dare quell’idea dell’infinito
con influenze di musica classica.
Ieros:
è l’unione, l’amore tra maschio e femmina, la voce
sottile è accompagnata dalla chitarra, “nascerà un
fiume”, il canto è in italiano , “il sole scalda”, è
un tributo alle forze della natura, caratterizzato
dall’arpeggio di chitarra, i canti sono ispirati
alla natura e dedicati alla natura; al cielo, al
vento, al tempo, è un dolce canto, un infinito
amore, si ripete la parola “infinito”.
Prayer of the
Arcangel: sentiamo le tastiere di
Giovanni Pagliari, i sospiri, in francese che danno
sensualità al brano, una preghiera dove c’è dolore e
sofferenza, “per splendere devi bruciare”, c’è
armonia tra i vari strumenti; la chitarra, le
tastiere, le batterie, i cori e le parti di violino
e poi ci sono i parlati, parte un coro con voci
sovrapposti a cori bassi, la musica inizia a
ripetersi, diventando più ossessivo e presente,
ripetitivo, unificato sta esplodendo, passa dalla
lingua francese alla lingua inglese, inizia e
termina con suoni di pianoforte, poi la lingua
italiana, “anima inquieta, la luce del sole, le
stelle, le strade del mare, la notte, dolce suono,
ringrazia la natura ma anche prega, vibrazioni di
metalli puri, le parole del maestro nella carne,
delle stelle accese, le lacrime …, si apre il
portale, uno che unisce esplode”.
Rose of the Wild Forces:
dedicato alla donna, alle forze contraddittorie
della violenza, tradimento, abbandono, protezione,
la voce è bassa e grave, poi parte qualche acuto, la
musica è da sceneggiatura, ci sono degli echi che
rendono il brano etereo, come un sogno, la voce è
accompagnata dalla chitarra elettrica, ogni tanto in
profondità ci sono Ie voci angeliche, che
contrastano i suoni gravi, si sentono anche voci
maschili e tastiere, “violence, betrayal,
protection, abandon”, alla fine sembra che il brano
finisca, ma poi va avanti dopo un silenzio, e
cambia, “I’ve lost you, I’ve trusted you”, influenze
di musica folk e progressive.
Chiron Quartz: Chiron è un
centauro, dalla mitologia greca, ancora troviamo i
suoni e canti gregoriani con voci gravi e suoni
acuti, voci angeliche, in cori, chitarra elettrica e
batterie, c’è una lingua misteriosa e poi c’è la
lingua italiana e la lingua latina. L’utilizzo di
varie lingue è anche un modo per rendere il brano
universale e divino.
La Vista del
Bardo: “la spada, bilancia, tempo
senza tempo, io sono un cavaliere”, è un canto che
racconta una storia, “ascolterò con gioia i
pentimenti”, ci sono voci maschili, è come una
poesia recitata parlata e voci acuti, è una musica
spirituale, la fine della canzone ci sono suoni
della natura, del vento, l’armonia dei suoni
enfatizzata dalla lingua latina.
Synchronicity
Embraced: è il lungo track-title,
inizia in francese con tastiere, batterie e voci
sovrapposte, voci gravi e acuti, insieme a voci
maschili, “refusion, protection, abandon” ripete,
passa dal francese all’ inglese, voci e strumenti
sono in sincronia e abbracciano la terra, poco dopo
metà del brano, un'altra apparente fine, ma poi
continua, con un canto stile gregoriano, spirituale
e in italiano, i suoni cosi antichi e lontani sono
interrotti da una voce effettata che quasi viene dal
futuro e rende il momento surreale, l’ultima parte
del brano cambia completamente stile, in questo
brano cogliamo influenze wave, metal sinfonico e
musica classica.
Synchronicity Embraced non è solo musica, è anche un
pensiero, un invito a meditare, a trovare
quell’armonia che esiste nella natura, cercare di
capire i misteri del mondo che vanno avanti dai
tempi antichi. Le influenze musicali vanno dal neo
classico, al dark ambient, al gotico, neo folk e
abbraccia tanti suoni del mondo.
Troviamo anche ispirazione
al Druidismo al rispetto e la venerazione della
natura. Sincronismo abbracciato è un pensiero
continuo che porta avanti il lavoro degli Ataraxia e
lega questo album agli album precedenti come Deep
Blue Firmament uscito nel 2016 dove troviamo il
mare, il cielo, le montagne, l’universo, l’acqua,
l’infinito…
Line-up:
Francesca Nicoli– vocals
Vittorio Vandelli –
Electric, classical and acoustic guitars, bass
guitar, back vocals
Giovanni Pagliari –
Keyboards, piano, back vocals
Riccardo Spaggiari – drums
Totem Bara – cello
(Rita Tekeyan) |
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BECUZZI, LYKE
WAKE, NOISEDELIK, SSHE RETINA STIMULANTS, UNCODIFIED
A poisonous, black &
white iridescence across dangerously amorphous urban
landscapes
Download (Unexplained
Sounds Group)
L’album in questione è
uscito su supporto fisico la prima volta nel 2014
per Swiss Dark Nights, label quest’ultima dedicata
principalmente a progetti in ambito
darkwave/electro: probabilmente il fatto di uscire
per una etichetta meno focalizzata sul genere qui
trattato ha fatto sì che questo interessante lavoro
in ambito industrial sperimentale passasse in
sordina, senza riscuotere l’interesse dovuto, pur
avendo ricevuto numerose recensioni positive
all’epoca. La Unexplained Sounds di Raffaele
Pezzella tenta di rimediare al fattaccio,
rivitalizzando questo episodio tramite una versione
digitale, mettendo sul piatto anche cinque tracce
inedite una per ognuno dei partecipanti, più un
remix ad opera di Simon Balestrazzi di una traccia
frutto di un lavoro congiunto dei cinque attori
coinvolti. Ripercorrendo questo album dal titolo
straniante, nello stile tipico di Bandera, troviamo
quindi le cinque tracce dalle atmosfere quiete, dal
suono pulito e dall’attitudine isolazionista, con le
tastiere che aprono di volta in volta scenari di
ampio respiro a bilanciare rumori di sottofondo, i
quali prendono il sopravvento in inquiete pause che
rievocano i Nurse With Wound. I successivi inediti
partono invece dall’approccio dei singoli artisti, a
partire da Uncodified, che conferma di aver trovato
una via musicale più riflessiva e meno radicale,
seguito da Sshe Retina Stimulants, col suo consueto
noise da un’altra dimensione. Becuzzi con “V03”
porta l’ascoltatore in un mondo claustrofobico e
deflagrante, mentre i Like Wake di Di Serio tirano
fuori un pezzo sinfonico a base di organo dal sapore
epico e coinvolgente. Noisedelik riporta tutti in
lande infernali e desolate coi suoi suoni lugubri,
seguito dal remix di Balestrazzi che è una sorta di
“The great in the small” dei Current 93 fatto cogli
inediti precedenti, ossia una stratificazione delle
precedenti tracce, questa volta però con un intento
molto più strutturato e molto meno mistico e
visionario di quello che fu il lavoro di Tibet.
Sito web:
https://unexplainedsoundsgroup.bandcamp.com/album/a-poisonous-black-white-expanded
(M/B’06)
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BOW GAMELAN ENSEMBLE
Great
noises that fill the air
CD
(Cold Spring)
Il Bow Gamelan Ensemble fu un gruppo londinese
fondato nel 1983 da Anne Bean, Paul Burwell e
Richard Wilson. Similmente e leggermente dopo gli
Einstürzende Neubauten e prima dei nostrani Officine
Schwartz, questo trio diede vita ad una esperienza
dinamica che coinvolgeva non solo la musica fatta
per lo più di strumenti autoprodotti, ma anche luci
e performance, trascendendo letteralmente il
concetto di musica come era visto all’epoca e
portandolo ad un livello superiore con il
coinvolgimento di pari passo coll’aumento del
successo, di una orchestra estesa di elementi e di
maestri di fuochi d’artificio come Wilf Scott o El
Diablo, ma anche di poeti come Bob Cobbing e molti
altri artisti, tra cui il percussionista Z’Ev che
qui compare in “Whistles“ e “Black
Betty/Pyrotechnics”. La ristampa su cd del secondo
storico lavoro datato 1988, illustra molto bene,
anche se solo limitatamente all’ambito sonoro, il
profondo sperimentalismo che pervadeva la scena
inglese dei tempi, già profondamente scossa da
gruppi come i Throbbing Gristle o i Test Dept., solo
per citarne alcuni. L’album è pervaso da un
rumorismo diffuso e minimale, le percussioni e la
manipolazione di oggetti metallici come lastre e
tubi la fanno da padrone, in una cacofonia di
difficile assimilazione al giorno d’oggi,
figuriamoci trent’anni fa, ma è indubbiamente un
recupero della lezione fondamentale di Luigi
Russolo, che si perpetra ancor oggi ed ha raggiunto
ormai una forte diffusione nella quasi totalità
della musica moderna.
Sito web:
https://www.dundee.ac.uk/cooper-gallery/exhibitions/bowgamelanensemblegreatnoisesthatfilltheair
(M/B’06)
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BUZZ KULL
New kind of cross
LP
Avant!)
La Avant! è sempre un passo avanti quando si tratta
di scoprire nuovi talenti in ambito wave, ed il
progetto dell’australiano Marc Dwyer, al secolo
Marcel Whyler, non fa di certo eccezione. Dipanando
le sue strutture minimal/darkwave di straordinaria
efficacia, con un sound che riporta l’ascoltatore
prepotentemente negli anni Ottanta, Dwyer tira fuori
dal cilindro un album come non se ne sentivano da un
pezzo. Ritmi oscuri ed ossessivi, voce filtrata,
synth, tastiere e drum machine, in un tutto tanto
semplice quanto eccellente, perfetto incontro tra
l’ebm degli esordi di gruppi fondamentali come Front
242 e Nitzer Ebb, e la synthwave, con alternarsi di
pezzi incalzanti e dalle atmosfere quasi giocose
come “Time”, con altri più tetri nei modi e nei
testi come “Avoiding the light”. Uscirà solo su
vinile, limitato a 250 copie per ciascuna delle tre
etichette coinvolte ossia, oltre all’Avant!, la
Burning Rose per l’Australia e l’americana Funeral
Party, quest’ultima con vinile bianco.
Sito web:
https://www.facebook.com/buzzkull
(M/B’06)
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COBER ORD
Le chant des ruines
Download (Cyclic Law)
Il duo formato da Yann Hagimont (Habsyll, “O”, Ecce
Homo) e Yann Arexis (La Breiche, Stille Volk, Ihan)
arriva al terzo album: nati su coordinate
drone/musique concrète, i Cober Ord hanno segnato
nei loro pochi anni di vita un’evoluzione del loro
suono approdando ad un dark ambient misto a field
recording di natura oscura e rituale. A far da
sfondo questa volta sono i Pirenei, luogo natio per
i francesi che ne incarnano perfettamente la forza
distruttrice ed indomabile, ma anche gli antichi
segreti, custoditi in anfratti, grotte e luoghi
sacri dimenticati. Le otto tracce, nei loro quaranta
minuti, sono un viaggio insieme interiore ed
esteriore, nel tempo e nello spirito, attraverso le
rovine di un’era che non esiste più, ma che è pronta
a rivivere in colui che presta orecchio ai suoi
criptici messaggi. Le sonorità sono minimali, fatte
di fruscii e declamazioni subliminali, stucchevoli
nelle loro dissonanze, quasi a voler creare una
barriera che tenga a distanza i profani e incanali
le vibrazioni nella giusta direzione amplificandone
l’arcano messaggio.
Sito web:
http://coberord.blogspot.com/p/band.html
(M/B’06)
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DATE AT MIDNIGHT
Reverse Resilience
MCD (Manic Depression)
A
distanza di due anni dall’ultimo full-length ‘Songs
to Fall and Forget’, il quartetto capitolino ritorna
in studio proponendoci questo mini di sei tracce che
esce in elegante digipak a tre pannelli per la Manic
Depression, label indipendente transalpina
specializzata in area goth, dark-wave e post-punk.
Tutti ingredienti presentissimi nella miscela
proposta da DAM, che si rivela al meglio sin
dall’oscurissima intro atmosferica di ‘Reverse XXI’,
pronta a stemperarsi velocemente nell’attacco
gothic-rock di ‘Lights Off/Lights On’, potente
cavalcata tra Xymox e Rosetta Stone. Il ritmo cala
nella più riflessiva ‘Low’, per riprendere quota
alla grande con il basso pulsante tipicamente
post-punk di ‘Traumland’, riproposta anche in coda
al lavoro nel remix dei No More, chiamato ‘kraut’
remix non tanto per le sonorità ma in onore –
immagino – al paese di provenienza della coppia
teutonica. ‘Surrendering to Memories’ pone fine alle
danze con il suo incedere avvolgente, memore di
quell’ estetica che appartenne a grandi nomi del
passato come ad esempio And Also The Trees. Un
disco, in definitiva, che non teme affatto di
svelare il grande amore della band romana per
l’epoca d’oro della dark-wave, riprendendone con
perizia gli stilemi e facendone rivivere, a distanza
di ormai quattro decadi, la nera fiamma.
Info:
https://facebook.com/dateatmidnightband
(Oflorenz) |
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DEATH IN JUNE
Essence!
CD/LP/TAPE (NER)
Cosa aggiunge il nuovo ‘Essence’ a trentacinque anni
dallo storico esordio di ‘The guilty have no pride’
e a cinque dall’ultimo, incolore ‘Snow Bunker
Tapes’? Poco, in senso oggettivo ritengo abbastanza
poco. Ma stiamo parlando di un progetto leggendario,
che da solo seppe di fatto creare un genere, il
neo-folk, facendo da apripista per una vasta schiera
di gruppi in grado di animare un’intera scena che
trovò massima realizzazione verso la metà degli anni
’90. Periodo nel quale DIJ partorì classici come
‘But, What Ends When the Symbols Shatter ?’ e ‘Rose
Clouds of Holocaust’, opere al quale in qualche
maniera l’ultimissimo ‘Essence!’ stilisticamente si
ispira, nel tentativo di dare continuità a quella
vena tipicamente (neo)folk che caratterizzò il
progetto di Douglas successivamente agli esordi
post-punk degli eighties. Le undici tracce del
novello DIJ sono quindi necessarie per ogni die-hard
fan di Douglas Pierce, meno per chi sia
semplicemente alla ricerca di spunti realmente
originali nell’ambito di una materia che
probabilmente (anche grazie alle passate e sopra
citate opere dello stesso DIJ) ha già detto tutto
ciò che doveva e che poteva. Ciò premesso, risulta
innegabile che rispetto alle più recenti, ed
onestamente opache, uscite della Morte in Giugno, il
nuovo opus sappia regalare qualche emozione in più,
con un suono che torna ad essere più pieno e
coinvolgente grazie al ritorno della chitarra
elettrica, di qualche episodico inserto della mitica
tromba (‘What Will Become of Us’) e ad una spruzzata
di sperimentali effetti elettronici, come nella
breve intro ‘Welcome to Country’ o nella ambientale
‘My Florida Dawn’. Meglio dunque, se prendiamo come
metro di paragone ‘The Rule of Thirds’ piuttosto che
‘Peaceful Snow’ (poi riproposto in chiave non
pianistica con ‘The Snow Bunker Tapes’), dischi
giocati su uno scarno minimalismo cui non corrispose
un’ adeguata ispirazione della vena
melodico-creativa.
‘Essence!’ è proposto in
formato CD, vinile colorato, picture ed anche
cassetta, per soddisfare i vari palati della folta
schiera di fans e collezionisti che tradizionalmente
seguono da oltre trent’anni le vicissitudini di
Mr.Pearce. ‘Essence!’ é per loro, soprattutto per
loro.
Info:
http://www.deathinjune.net
(Oflorenz) |
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STEFANO DE PONTI
Malagrazia_______Landfall
CD (Luce Sia)
Stefano De Ponti, milanese di 38 anni è un artista
multimediale con alle spalle studi in chitarra
classica e musica elettronica presso la Scuola
Civica di Milano ed una laurea in multimedialità
all’accademia di Belle Arti. A partire dal 2007, la
sua ricerca si concentra sull’uso drammaturgico del
suono arrivando talvolta, come in questo caso, a
sonorizzare opere teatrali. L’opera in questione è
“Malagrazia”, messa in scena dalla compagnia Phoebe
Zeitgeist con la regia di Giuseppe Isgrò. L’album,
uscito su cd in formato digipack limitato a 190
copie, è sicuramente un episodio a sé stante nel
panorama musicale, in quanto pervaso fortemente dai
dialoghi dell’opera teatrale, benché lo spazio
riservato alla musica sia preponderante e si snoda
su due lunghe suite da oltre venti minuti, seguite
da altrettanti brevi componimenti: il primo brano,
“Entomologia della grazia”, dopo una breve
introduzione parlata, prende una via rumoristica,
innescata da un rumore di sottofondo, che decolla
fino a smorzarsi progressivamente, lasciando
nuovamente spazio ad altri brevi dialoghi surreali
degli attori teatrali, che si alternano molteplici
volte ad una nuova fase musicale più atmosferica a
cui contribuisce la tavola armonica di Antonio
Tonietti. Il successivo “De diligendo Deo”, è
guidato dall’organo di Eleonora Pellegrini su voci
stridule e distorte, mentre il successivo “Insula” è
un lungo viaggio, quasi del tutto strumentale,
scandito dalla batteria di Guillame Fuzz Lachat e
pervaso dal violoncello di Stefano De Ponti. Chiude
“Homo Homini Lupus”, pezzo solamente recitato,
declamato integralmente in siciliano da Aldo Isgrò.
De Ponti porta la musica ed il suo modo di
affrontarla in una nuova dimensione, senza scordarne
le radici, ma rielaborandole ed integrandole
magistralmente con il teatro, forma di espressione
potentissima per antonomasia, che amplifica
inesorabilmente l’effetto del suo messaggio
Sito web:
http://www.stefanodeponti.it
(M/B’06)
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DESIDERII MARGINIS
Deadbeat
LP
(Cyclic Law)
Nell’occasione dell’uscita del nuovo eccezionale
album “Vita arkivet”, la Cyclic Law ristampa la
seconda uscita rimasterizzata per l’occasione del
progetto dello svedese Johan Levin. Seguito del
debutto “Songs over ruins”, “Deadbeat” riprende le
atmosfere maestose e malinconiche del precedente
lavoro, concentrandosi però nell’ottenimento di
suoni ancora più tetri e corposi, risultando in un
effetto di soverchiamento nei confronti
dell’ascoltatore che viene schiacciato da pesanti
cadenze industrial che si alternano a freddi loop di
rara bellezza in una sorta di incrocio tra i primi
Raison D’Être
e Lycia. Questa ristampa nella versione digitale e
su cd include inoltre due brani inediti,
“Execration” e “Unclean”, che si situano su versanti
più ritmati e sperimentali, piuttosto diversi da
quanto si è abituati a sentire da questo
straordinario artista. In parallelo, e senza i due
brani inediti, sono disponibili due versioni su LP,
una su vinile spatter rosso-nero limitata a 100
copie, l’altra su vinile nero limitato a 200 copie.
Sito web:
https://www.facebook.com/Desiderii-Marginis-172940436056471
(M/B’06)
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DESIDERII MARGINIS
Vita arkivet
CD
(Cyclic Law)
Dopo ben quattro anni di silenzio Johan Levin dà
alla luce il suo nuovo lavoro che è l’ennesimo
capolavoro. Per chi non li conoscesse, e se già
bazzica territori dark ambient ciò è probabilmente
dovuto ad un’inspiegabile sottovalutazione di questo
progetto, che affligge una parte degli addetti ai
lavori da ormai più di vent’anni. Gli scenari
proposti sono come sempre maestosi, ricchi di
sfumature e assolutamente coinvolgenti, in linea con
i Raison d’être
al loro apice, questi ultimi ormai incapaci da anni
di raggiungere tali vette senza essere banali quando
non triti e ritriti, come peraltro gran parte della
scena odierna, pervasa da una staticità da cui i
Desiderii Marginis non sono mai stati afflitti.
“Vita” è “bianco” in svedese, ma anche e ovviamente
“vita” in latino, quindi “archivio bianco” o
“archivio della vita”: le cinque tracce, quattro
lunghe suite ed un breve intermezzo centrale, sono
forse appunto una metafora della vita o del ricordo
di essa una volta giunto il momento del trapasso:
quattro brani, come le stagioni, divisi da un breve
intermezzo spartiacque. L’iniziale “Capsule”, quasi
un mantra, lascia spazio a cori ed aperture
liturgiche ed ariose nella successiva “The
scattering”. La nebbia scende su “The passing bell”,
a creare un confine netto che isola i brani
successivi: il primo, “Vertigo” ha sonorità che
richiamano il gelido “Hlidskjalf” di Burzum, anche
se con tessiture molto più corpose. Chiude “Eulogy”,
probabilmente il pezzo più intimo e solenne, epilogo
sublime di un album che rappresenta un’esplorazione
interiore ad opera di un artista di altissimo
livello.
Sito web:
https://www.facebook.com/Desiderii-Marginis-172940436056471
(M/B’06)
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EVI VINE
Black light white dark (Solemm Wave Rec.)
Una nuova realtà della
nuova musica oscura? Non siamo ancora pronti per
sbilanciarci a tanto. Certamente Evi Vine e la sua
arte dei suoni non sono esattamente quel prodotto
musicale stereotipato che le radio lotteranno per
accaparrarsi i pezzi.
Per l’etichetta “Solemn
wave records” sembra piombarci addosso un’ondata di
tristezza, inquietudine e tenebre capace di
catturare. “Black light white dark” è questo il
titolo del lavoro sulla lunga distanza che la
giovane musicista (di stanza a Londra) ha pensato
per aprirsi le porte della notorietà; un lavoro
suddiviso in sette tracce in cui il leit motiv è
quello di una implosione triste ed al tempo stesso
violenta. La copertina pare già d’effetto: una sorta
di buco nero (o di un sole) ma visto come in
negativo, come se ciò che normalmente è raffigurato
buio è qui di un bianco splendente e, viceversa, ciò
che ci immaginiamo chiaro è solamente un contorno
dalle linee nere.
Quando un amico mi suggerì
l’ascolto di “Black light white dark”, lo fece come
si fa con il formaggio per i topi. “C’è una nuova
artista … ci suona pure Simon Gallup!!!”. Ed il topo
ci è cascato in pieno. Però partiamo subito con il
dire che, qui, i Cure non c’entrano proprio nulla,
nonostante la presenza dell’eterno compare di Robert
Smith. Ed allora, che suono sarà mai quello della
Evi Vine? L’aiuto (prima di accendere la risposta
sbagliata) arriva direttamente dall’artista, quando
indica, quali destinatari dell’album, i fan di
alcune note band tra cui Cocteau Twins, Swans, Faith
and the Muse, Portishead, tra gli altri.
Ci sentiamo di non
contraddire Evi Vine. Fin dal primo ascolto, abbiamo
proprio la sensazione di ascoltare qualcosa di molto
affine ai sopraccitati gruppi. Più di tutti i
Portishead, soprattutto sul versante vocale, in cui
è a tratti sorprendente la somiglianza con Beth
Gibbons.
Con “I am the waves” si
apre l’ascolto attraverso una canzone dominata da
loop chitarristici (opera della stessa Evi Vine),
colpi di tastiera che danno l’atmosfera adeguata,
giochi percussivi, quasi spettrali e, a galleggiare
sul tutto, una voce pulita ed ispirata. È uno dei
brani più coinvolgenti, in cui le trame profonde si
mescolano ad un cantato sofferto ed evocativo.
“Sabbath” è il singolo in
cui c’è l’ospitata di Simon Gallup, ancorché
apprezzabile, non ne ripete la medesima intensità.
Quasi post rock nel cambio di ritmo e nelle
successive esplosioni chitarristiche di stampo
heavy, è accompagnato da un video veramente violento
(con omaggi allo “Psyco” di Hitchcock), in cui
sangue che scorre a fiumi ed altre immagini cruente
ci fanno capire come Evi Vine non sarà mai la futura
reginetta di MTV.
Il resto dell’album
prosegue su questa falsariga; con una “My only son”
che si presenta con un incedere più sommesso, meno
aggressivo e triste; una transitoria “We are made of
stars”, dominata da effetti e dalla programmazione
ed una “Afterlight” in cui il cantato si trasforma
in un sussurro, abile a ritagliarsi spazi tra i
feedback di chitarra.
“Sad song no.9” chiude
“Black light white dark”; ancora post rock in un
brano dove, ad un inizio delicato, seguono loop
violenti che dialogano perfettamente con la
batteria, sempre in primo piano e capace di portare
il pezzo in un crescendo di intensità.
(Gianmario Mattacheo) |
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GarageVentiNove
Il Male Banale
CD (ODR)
I GarageVentiNove, nati nel 1991, sono una
band di Milano/Varese composta da:
Patty S. (voce e tastiere),
Brian K (voce e tastiere),
Ermanno Monterisi (chitarra e programming),
Claudio Fusato (basso) e Ciccio Nicolamaria (batteria e tastiere).
Nel loro background
musicale troviamo sia musica indie che alcune
influenze wave. Il loro sound mi ricorda i
gruppi anni '90 della famosa etichetta "I Dischi del
Mulo", fondata dai CSI, che all'epoca aveva in
scuderia band come EstAsia ed Üstmamò. I GVN
hanno all'attivo due album e tre mini.
Dieci sono le tracce presenti in
Il Male Banale. Alla voce si alternano Patty e Brian
che pur dando un'impronta personale al brano cantato
mantengono omogeneo il sound della band.
I testi per la maggior
parte sono in italiano tranne "Down the River" e
"Unwise Gods" che cantati in inglese hanno un
respiro internazionale.
I GarageVentiNove sono unn
band mossa dalla passione ed è questo il loro
punto di forza che rende la loro musica personale.
Il Male Banale può piacere ad un
pubblico vasto, ad un ascoltatore che ama l'indie e
la wave d'autore. Sito web:
https://www.facebook.com/GarageVentiNove/
(Nikita) |
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INSTITUTION D.O.L.
Our Love Can Destroy
This Whole Fucking World
CD/LP (TORM Ent.)
Il micidiale duo
composto da Matthias Beisl ‘Barbie B.’ e dalla
compagna Meta Dolor celebra alla grande il
ventennale dall’esordio di ‘(Cultural) Death By
Consumism/Die Macht’ con questa fiammante uscita dal
programmatico titolo di ‘Our Love Can Destroy This
Whole Fucking World’, ottavo capitolo assoluto del
progetto power-electronics austriaco. Disponibili in
formato CD digipak piuttosto che LP, le sette tracce
dell’opera hanno richiesto un triennio di lavoro,
con registrazioni che hanno avuto luogo, oltre che
nella natìa Austria, anche in Germania ed Italia.
La intro liturgica di
‘Invocation’, disturbata da sinistre
radio-frequenze, ci introduce nel vivo dell’opera,
pronta a decollare con il possente assalto all’arma
bianca di ‘We are The Black Ones’. Micidiali onde
sinusoidali e voci filtrate e distorte tributano i
seminali Whitehouse in ‘You Are All Lost’, mentre
urla laceranti spezzano il tappeto white noise di
‘Abschlachtung’ (Massacro), sorprendente
nell’aprirsi in microcosmi ambientali di grande
effetto che lottano per sopravvivere alle schegge
rumoristiche ed alle voci rallentate e distorte
sempre pronte a minacciarli. ‘Absolute Hell’
mantiene fede al suo titolo, sprofondandoci in un
‘maelstrom’ nerissimo di total-caos elettroacustico
che pare non lasciare scampo, per ridonare un
pizzico di speranza nella finale coda pianistica,
pur sempre infestata da proclami poco rassicuranti.
‘In Dust and Death’ conquista immediatamente con la
sua ritmica insistente e martellante, e ci conduce
dritti verso la finale title-track (resa con
l’acronimo ‘OLCDTWFW’), una lunga coda di oltre
dieci minuti le cui ariose aperture dilatate e la
rasserenante melodia di tastiera restituiscono un
filo di luce ad un disco nero come la pece. Anche se
la voce disperata e piangente delle ultime battute,
vuole forse suggerirci che questo spiraglio
luminoso, in fondo, è solo un’illusione. Lo stesso
autore aveva preannunciato il disco come il più
radicale e profondamente sentito mai partorito in
vent’anni di militanza: intenti programmatici
pienamente riusciti, ve lo confermo. Institution
D.O.L. dimostra più che mai di saper rileggere in
maniera convincente e personale il verbo elettronico
estremo di natura analogica, risultando tra l’altro,
nel momento in cui scriviamo, l’unico act
power-electronics operativo sul territorio
austriaco. Recuperate anche voi una copia del disco:
più saremo, e più il nostro amore sarà davvero in
grado di distruggere questo fottutissimo mondo in
cui viviamo. Parola di Institution D.O.L. !
Info:
https://www.facebook.com/barbie.bdot
(Oflorenz) |
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JETON HOXHA
Vowel
Download (Eighth Tower Records)
Dopo una comparsata nella compilation "2018 Balkan
experimental survey - Post industrial culture
series" della Unexplained Sounds Group, il
mastermind dell’etichetta Raffaele Pezzella, sempre
attento alle promettenti realtà musicali di paesi
meno tradizionalmente afferenti a queste sonorità,
ha pensato bene di farli esordire con un full length
presso la sussidiaria Eighth Tower Records. L’album
in questione è la registrazione live effettuata al
centro culturale
Braka Miladinov a Struga, in Macedonia, nel giugno
2018. Una unica lunga traccia, costruita basandosi
su field recording e sintetizzatori, con l’utilizzo
di opportuni filtri con l’obiettivo di ottenere un
album di puro ambient/drone dai contorni tetri: è un
suono che colpisce a freddo, in un crescendo che
assume toni devastanti man mano che si procede
nell’ascolto, come se si sprofondasse in una specie
di buco nero e ci si rendesse conto della cosa
progressivamente, in un’escalation di angoscia.
Frequenze a malapena udibili annebbiano la mente
dell’ascoltatore, facendogli perdere i punti di
riferimento, nello stile del magistrale progetto
Lustmord, portandolo in un viaggio senza ritorno
nella totale oscurità, che culmina con suoni di
campane durante le quali gli elementi sonori
precedenti spariscono progressivamente ed il suono
diviene scarno fino a scomparire, lasciando spazio
al solo rumore di fondo, che conclude la traccia.
Episodio interessante e vario, sorprendente per la
notevole maturità e personalità.
Sito web:
https://eighthtowerrecords.bandcamp.com/album/vowel
(M/B’06)
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MERZBOW / GENESIS BREYER P-ORRDIGE
A
perfect pain
CD / LP
(Cold
Spring)
La Cold Spring ridà alle stampe diciannove anni
dopo, la storica collaborazione avvenuta nel 1999
tra Masami Akita e Neil Andrew Megson ossia Genesis
P-Orridge, meglio noti coi loro gruppi,
rispettivamente Merzbow e Throbbing Gristle.
Entrambi non hanno bisogno di lunghe presentazioni:
il primo è stato uno dei pionieri della scena noise
giapponese e mondiale, il secondo è stato uno dei
fondatori della scena industrial, alzando
l’asticella dell’avanguardia e della provocazione
col passare degli anni con la creazione di nuovi
progetti e non solo, come il T.O.P.Y. e gli Psychic
TV, senza scordarsi la partenza dai seminali COUM
Transmissions, primordiale origine del tutto. Come
ci si poteva attendere, le cinque tracce di questo
album sono un episodio piuttosto sorprendente di
entrambe le discografie: il primo brano, “A perfect
restraint”, è una sorta di inquieto ritornello noise
sulla voce di Genesis, la successiva “Flowering pain
given space” vede ancora la stessa voce distorta
come protagonista, che lascia però spazio ai tipici
gorgheggi di frequenze di Merzbow durante le pause.
Il binomio si protrae nella lunga “Source are rare”,
intensificando ulteriormente il suo assalto, con la
distorsione vocale che diventa strumento aggiunto e
vera a propria “arma da taglio” impropria: muri di
rumore si ergono maestosi e sovrani del regno tipico
delle performance di Akita. “Kreeme Horn” è
rilassante rispetto alla precedente, coi suoi quieti
beat immersi però in un’atmosfera low-fi densissima.
Dopo un inizio che rievoca i fasti di “Venereology”,
la conclusiva “All beauty is our enemy” diventa un
brano sussurrato su intelaiature dissonanti e
claustrofobiche, che danno il colpo di grazia ai
temerari che sono giunti fin qui nell’ascolto. Esce
su cd, vinile nero e dorato, quest’ultimo limitato a
300 copie: attenzione che cd e vinile hanno una
lista tracce differente, con alcuni brani con durata
ridotta sull’lp: ciò è probabilmente dovuto alla
resa sonora del vinile che avrebbe risentito di
un’eccessiva lunghezza del disco, quindi rimane la
scelta all’ascoltatore, che ovviamente sarebbe
meglio optasse per il doppio o anche triplo
acquisto.
Sito web:
http://merzbow.net;
http://www.genesisporridge.com
(M/B’06)
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MOLOCH CONSPIRACY
The
cave of metaphysical darkness & lights
Download (Eighth Tower Records)
Il francese Julien A. Lacroix arriva al terzo
capitolo del suo progetto, il primo su supporto
fisico, limitato a sole 50 copie, esordendo con
l’etichetta Eighth Tower Records, sussidiaria della
Unexplained Sounds di Raffaele Pezzella,
quest’ultimo noto col suo progetto Sonologyst. Si
tratta di un affascinante lavoro in ambito dark
ambient, che ripercorre i miti mesopotamici
attraverso un percorso esoterico ed iniziatico: le
sonorità richiamano gruppi come Herbst9 ed i lavori
più arcani di entità come gli Urna di Gianluca
Martucci, traendo la forza dall’Enūma Eliš e dalle
divinità che lo compongono. L’album si sviluppa
attraverso sette tracce, che scandiscono l’accesso
ad una grotta, simbolico custode delle acque
sotterranee primordiali, impersonificate dal dio
sumero Apsû. Attraverso vari passaggi ed evocazioni
di entità come quest’ultimo ed il mostro mezzo pesce
Kulullû, generato da Marduk, tra echi sotterranei,
antichi strumenti a corda e voci femminili,
l’ascoltatore compie una discesa agli inferi: la
luce ed i rumori esterni spariscono, lasciando
spazio a sgocciolamenti, rumori di corsi d’acqua ed
antiche litanie recitate da oscuri sacerdoti. Il
tutto si compie in “The awful ritual”, dove
l’intensità cresce e tutto quanto sembra convergere
ed acquisire potere fino a raggiungere l’apice, per
poi silenziarsi improvvisamente. Nell’epilogo
conclusivo l’incubo sembra alle spalle, tuttavia le
atmosfere restano inquiete ed angoscianti, come se
qualcosa fosse irrimediabilmente cambiato e come
rotto per sempre.
Sito web:
https://eighthtowerrecords.bandcamp.com/album/the-cave-of-metaphysical-darkness-lights
(M/B’06)
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MONOFONIC ORCHESTRA + ODRZ
The end of the beginning / The beginning of the
end
7” (Luce Sia)
Maurizio Marsico, nome storico della scena
sperimentale anni Ottanta, e il duo ODRZ si sono
incrociati il 24 marzo 2018 per un live congiunto al
Reverso Festival a Milano: ne è nato uno storico
episodio di quello che la scena italica può offrire
come estrosità ed avanguardia e la svizzera Luce Sia
ha pensato bene di immortalarlo con un 7” che
raccoglie frammenti selezionati di quella
performance, con due brani in cui le filosofie dei
due progetti si fondono perfettamente: nel primo
lato un diluvio di frequenze scandite da ritmi
forsennati trascina l’audience per circa cinque
minuti, preparando il terreno per il lato b, più
sognante e astratto, ma sempre scandito da
incursioni noise/industrial abrasive. Single molto
interessante, che si auspica possa avere un seguito,
magari con uno split vero e proprio nei mesi a
venire.
Sito web:
http://www.odrz.org
(M/B’06)
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MZ. 412
Svartmyrkr Download (Cold Spring)
Ogni volta che Henrik Nordvargr Björkk esce con un
nuovo lavoro l’attenzione e le aspettative sono
sempre alte, visto sia il valore storico di questo
artista, che la sua discografia estremamente
variegata attraverso i suoi numerosi progetti, che
spaziano dall’ambient al black metal, passando per
EBM, noise e industrial. Quando poi, come in questo
caso si parla del suo progetto principale, che
rilascia il nuovo full-length dopo ben tredici anni
di silenzio, ma con un’attività live che ne ha
certificato la splendida forma, la curiosità è
davvero tanta. Innanzitutto, va detto che l’album è
assolutamente in linea con ciò che sono e sono stati
gli MZ. 412 finora: il suono è potente e oscuro,
permeato da taglienti rasoiate che squarciano le
pause più meditabonde di questa inquieta creatura.
Ancora una volta si parla di black industrial senza
esitazioni: il lavoro è dedicato all’inferno
norreno, l’Helheim, ed alla sua sovrana Hel, in una
sorta di discesa agli inferi come già fu “Domine Rex
Inferum”, che pareva registrato dal vivo
all’inferno. Non ci sono stravolgimenti nel classico
approccio sonoro di questo progetto, con le sue
marce e le sue orchestrazioni maestose, ma
sicuramente è un’opera eccellente che rappresenta un
ulteriore passo avanti rispetto al passato sotto
molti punti di vista, dal suono alla strutturazione
dei singoli brani alla visione nel loro complesso,
più omogenei e contestualizzati in quello che è una
specie di concept, anche se l’ispirazione che
permeava “Burning the temple of God” sembra un po’
sopita.
Sito web:
http://www.nordvargr.com
(M/B’06)
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RAISON D’ÊTRE
Prospectus I
LP
(Cyclic
Law, Old Europa Café)
La Cyclic Law, in collaborazione con l’Old Europa
Café si cimenta nel dare alle stampe la prima
versione su vinile dello storico album d’esordio dei
Raison d’Être,
uscito nel 1993, recuperandolo e registrandolo
nuovamente dalle sorgenti originali, con l’intento
di mantenere intatto il feeling del lavoro di
esordio, anzi di potenziarlo ulteriormente
attraverso un lavoro certosino sui suoni ed
inserendo quattro bonus track. Le edizioni in vinile
sono due, quella classica su vinile nero e quella
splatter grigio-nera, rispettivamente limitati a 300
e 200 copie. Non c’è molto da dire, Andersson è
stato ed è tutt’ora un artista di riferimento che
non si è mai adagiato su quanto fatto, esplorando
senza sosta nuove idee e sonorità facendo storcere
talvolta il naso allo zoccolo duro dei suoi fan per
le sue scelte, ma mai scendendo di livello in ciò
che ha fatto e continua a fare. Con le sue atmosfere
solenni e religiose, “Prospectus I” fu uno dei
lavori simbolo della scuola ambient scandinava degli
anni novanta e delle potenzialità della scuderia
Cold Meat Industry, sancendo il passaggio da pezzi
più ritmati ad altri più statici e contemplativi
come “Ordeal in chapel”, “Mourning” o “Mesmerized in
sorrow”, che furono poi il biglietto da visita del
suono dei successivi Raison d’Être.
Le bonus track qui incluse mostrano chiaramente le
notevoli differenze col passato, con la ricomparsa
prepotente di ritmi poderosi che si intrecciano con
melodie, archi ed aperture sinfoniche, loop vocali
ed un approccio talvolta marziale, che pur non
tradisce l’essenza di questo progetto, soprattutto
nel feeling spirituale e desolato.
Sito web:
https://raison-detre.info
(M/B’06)
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SHRINE
Celestial fire
CD
(Cyclic Law)
A due anni di distanza dal precedente acclamato
“Ordeal 26.04.86”, ritorna il progetto del bulgaro
Hristo Gospodinov, con un lavoro molto interessante
che si colloca sul versante del dark ambient di alto
livello. L’album prende le mosse dalla trama di
“Tomb Raider III” secondo cui, milioni di anni fa,
un meteorite si abbatté sull’Antartide, allora
localizzato ai tropici, e fu poi scoperto millenni
dopo dai primi polinesiani che vi sbarcarono: questa
roccia celeste ebbe però effetti nefasti sui neonati
che subirono mutazioni: i polinesiani decisero
quindi fuggire dopo aver seppellito la pietra
sottoterra sigillandola in una camera sotterranea
che poteva essere aperta solo con quattro chiavi
ottenute dal medesimo meteorite: questa storia verrà
poi riscoperta da un gruppo di esploratori del XIX
secolo capitanati da Charles Darwin. Le sei tracce
di “Celestial fire” tracciano questa ricerca
spasmodica del meteorite e della verità su genetica
ed evoluzionismo: il primo monumentale brano è una
sorta di pezzo dark industrial à la Deutsch Nepal,
pervaso da voci riverberate che emergono nella
seconda parte di esso, che ha un’atmosfera più
quieta e gioiosa, ripresa e stabilizzata nel
successivo “Element 115”. “The eye of Isis” si muove
su ariosi soundscapes, mentre “Ora Dagger” ha echi
tribali che rievocano gli Zero Kama. Sorprendente
“The lost city of Tinnos”, con reminiscenze del
rivoluzionario “Frozen Niagara Falls” di Prurient.
Chiude infine la title track “Celestial fire”,
stilisticamente sulla scia del precedente. Ottimo
lavoro, uno dei componenti più brillanti della
scuderia Cyclic Law.
Sito web:
http://www.shrine.me.uk (M/B’06)
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TREHA SEKTORI
The sense of dust and sheer
CD
(Cyclic Law)
Vincent Petitjean, grafico e art director parigino,
noto al mondo della musica ambient per il suo
progetto Treha Sektori, esce nuovamente per Cyclic
Law con una raccolta di brani in parte inediti, in
parte già usciti. La lunga suite iniziale che occupa
la prima metà dell’album, costituisce quanto già
rilasciato nel 2015 in un cd+libro dal titolo “The
sensation of being one of them”, in collaborazione
con “Mudh” e con Krystoffer Rygg degli Ulver alle
parti vocali. La successiva “Overth Emh” appartiene
invece al 10” uscito in collaborazione con Amenra,
fatta di percussioni potenti, alternate a echi
sconfinati e desertici, che caratterizzano il suono
dei Treha Sektori, permeando anche le successive
tracce ad esclusione delle ultime due più statiche
“Sahe Fernah” e “Ehiessieh”, che fanno invece parte
della colonna sonora del documentario “Lost and
found” diretto da William Lacalmontie. Le rimanenti
“Dehn Semteh” e “Severh Devrah” sono comparse
rispettivamente nello split con Innerwoud e nel
sampler della Cyclic per i suoi dieci anni.
L’edizione molto curata esce come digisleeve A5
limitato a 300 copie. Non è un lavoro nuovo, ma
piuttosto una buona occasione per recuperare alcune
tracce uscite non in digitale o in edizioni non più
disponibili per gli amanti di questo originale
progetto e per chi volesse avvicinarsi a questo
genere attraverso un artista interessante.
Sito web:
https://www.facebook.com/trehasektori
(M/B’06)
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VIDI AQUAM
Oberland
MCD (Rosa Selvaggia)
Mentre scriviamo sono passati ben venticinque anni
dalla nascita dello storico combo meneghino, correva
infatti l’anno 1994 e l'anno dopo la cassetta ‘Vidi Aquam’
licenziata da ‘L’Alternative Dramatique’ di Anthony
Duman (Weltschmerz, Monumentum) sanciva l'esordio
ufficiale
del progetto capitanato da Nikita.
Stabilizzatisi in maniera
definitiva dal 2006 nella formazione a tre che
include, oltre Nikita, anche Fabio Degiorgi e
Daniele Viola, Vidi Aquam dedicano il nuovo lavoro
ad una tematica piuttosto attuale, quella della
cosiddetta ‘gentrificazione’, rapportata nello
specifico alla metropoli berlinese. Termine oggi
ormai entrato nell’uso abituale, ‘gentrificazione’
deriva dal britannico ‘gentry’, parola che
identificava la piccola nobiltà inglese, ovvero con
il passare degli anni la cosiddetta borghesia. Così,
in nome di un’ ipotetica ‘riqualificazione’, intere
aree urbane sono state drasticamente snaturate, con
la costruzione di anonime zone residenziali
inaccessibili ai più, costellate in qualche caso di
nuovi locali ‘trendy’ in totale rottura con il
passato.
Berlino ha vissuto questo
processo in maniera più traumatica rispetto ad ogni
altra metropoli europea, soprattutto considerando il
passato e la forte tradizione artistica underground
della città sin dai tempi
del primo dopo-guerra, che raggiunse i suoi picchi
di eccellenza nell’acida epoca ‘Kraut’ prima (i
Cluster e lo ‘Zodiac’ Club!), nei primi ’80
successivamente, con il dilagante fenomeno delle
occupazioni di aree altrimenti abbandonate e
disabitate e nella loro trasformazione in veri e
propri laboratori artistici alternativi (fu l’epoca
di Neubauten e Malaria!). Fortemente influenzato
dalla recente esperienza di vita berlinese di Nikita
(Oberlandstrasse era la via dove abitava nel distretto di
Tempelhof, a pochi metri dal distretto di Neukölln ), il disco tiene fede stilisticamente al
marchio di fabbrica del gruppo, un post-punk
martellante ed a tratti paranoico. Così è sin
dall’iniziale
‘Gentrification’, introdotta
dal potente basso di Fabio, dove si parla di
Tacheles, una vera area-simbolo in tema di
gentrificazione, ed il tiro non perde un colpo anche
nella successiva title-track, probabilmente il brano
maggiormente auto-biografico scritto da Nikita.
Simbolica ‘Spielstadt’, dedicata alle bande
di ‘artistoidi’ hipster che ormai da tempo infestano
Berlino, città dal vecchio animo duro a morire che
viene celebrato nella successiva ‘Breathless’,
dall’atmosfera forse proprio per questo più sommessa
e malinconica. ‘Pass the Borderline’, dai
massicci muri tastieristici, ci ricorda chi – per
scelta o necessità – ha deciso di condurre
un’esistenza ai margini della società, del resto
Berlino fu la patria di ‘Christiana F.’, come
dimenticarlo. ‘Oberland’, ottavo sigillo a nome
Vidi Aquam, esce in tiratura limitata di trecento Cd
digipak, ed è abbellito dall’artwork di Camilla
Casalino, abile nel reinterpretare con un mood
inquietante gli scatti berlinesi di Nikita.
Ascoltatelo in viaggio verso Berlino, prima di
immergervi in lunghe passeggiate tra Prenzlauer e
Friedrichshein, per poi scendere in direzione
Kreuzberg. Vi aiuterà ad immergervi nel suo spirito
più vero, che nonostante tutto resiste, ed alberga
sempre nell’animo di chi ancora ha la voglia e la
forza di sognare.
Info:
https://vidiaquam.bandcamp.com/
(Oflorenz) |
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VV.AA. – Anthology of electroacoustic Lebanese music
Download (Unexplained Sounds Group)
Raffaele Pezzella, da sempre molto attento alla
musica sperimentale proveniente dal Medioriente con
la sua etichetta Unexplained Sounds Group, dà alle
stampe questa interessantissima compilation che
raccoglie quanto di meglio il Libano offre oggi in
termini di gruppi e di idee: sin dalla fine della
Seconda Guerra Mondiale, la scena libanese ed in
particolare Beirut si sono distinti quale punto di
riferimento culturale in quanto crocevia di
influenze ed elementi occidentali e orientali. Dopo
quindici anni di guerra civile ed il successivo
periodo post-bellico, negli anni 2000 alcuni
progetti musicali hanno iniziato a svilupparsi e
molti artisti interessanti hanno dato il loro
contributo. Tra questi sicuramente vanno citati
Charbel Haber e Toni Elieh fondatori della band
post-punk Scrambled Eggs e parte integrante
dell’ensemble avantgarde-jazz Orchestra Omar nonché
di altri progetti, ma separatamente, sempre in
ambito jazz, entrambi presenti in questa compilation
con quattro brani. Attorno a questi due nomi ed a
quelli di Fadi Tabbal, musicista, produttore e
ingegnere del suono, e Sharif Sehnaoui,
polistrumentista jazz, ruotano gli altri artisti qui
inclusi, una dozzina di nomi in tutto, la più parte
dei quali debutta in questa compilation, e rivelano
una sorprendente vitalità nelle loro proposte che
spaziano dall’ambient/industrial al drone, come i
Two Or The Dragon, Marc Codsi e Raed Yassin,
quest’ultimo qui con una collaborazione con Sharif
Sehnaoui e l’olandese Gert-Jan Prins. Ancora una
volta Pezzella dimostra un grande fiuto nello
scovare realtà impensabili ed inesistenti per noi
occidentali, ma invece di grande valore.
Sito Web:
https://unexplainedsoundsgroup.bandcamp.com/album/anthology-of-electroacoustic-lebanese-music
(M/B’06)
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VV.AA. – Decay death and darkness - Aural visions of
Beksiński's art
Download (Eighth Tower Records)
La Eighth Tower Records, rilascia una
interessantissima compilation dedicata al lavoro
straordinario dell’artista polacco Zdzisław
Beksiński (1929-2005), scultore, pittore,
disegnatore e fotografo, divenuto famoso negli anni
novanta per le sue opere truci ed oscure, che
ricordano per certi versi il lavoro di Hans Giger.
Decadenza, morte ed oscurità sono i pilastri su cui
si basa la sua poetica, che coincide con i caratteri
fondanti di molti artisti in ambito dark ambient:
Raffaele Pezzella ha pensato bene di riunirne una
piccola parte sotto l’egida della sua etichetta,
nell’intento di celebrarne l’opera a tredici anni di
distanza dal suo inspiegabile assassinio. I progetti
coinvolti, a parte i leggendari Cordis Cincti
Serpente, i Sonologyst dello stesso Pezzella, i
Nihil Impvlse ed i siberiani Psionic Asylum, non
hanno ancora debuttato su supporto fisico, ma in
maggioranza sono comparsi solo in alcune
compilation: tutti hanno però recepito in pieno il
messaggio che racchiude questa compilation e l’opera
di Beksiński, celebrazione cieca e devota della
malinconia e del nichilismo che attraversarono la
Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nonostante ciò che possano indurre a pensare le sue
opere, Beksiński non fu persona austera o crudele,
bensì ricca di senso dell’umorismo ed amante del
lato oscuro della bellezza, con una splendida
famiglia che purtroppo lo lasciò anzitempo per varie
vicissitudini: gli anni successivi a queste
fondamentali dipartite furono sicuramente i più
tristi per lui, ma anche quelli di maggior successo
artistico, ed a quelli si riferiscono i vari brani
qui contenuti. Si inizia con Nuno Veiga e il suo
augurio di “Boa morte”, dall’ambientazione rituale e
tribale. Segue il gelido messaggio di Adonai
Atrophia col suo “Winter” a base di freddissimi toni
di tastiera e cori da un’altra dimensione. La
collaborazione tra mKnoise e Visions of Abraxas
riporta ambientazioni care a gruppi come Herbst9,
mentre Nihil Impvlse, Deathwalk e Psionic Asylum
ricadono su versanti industrial/noise. Gli Occult
Odissey mescolano chitarra, lamenti laceranti e
maestosi echi catacombali, seguiti dai Dēofol che
chiudono con una lunga suite quieta che traghetta
l’ascoltatore in un lento incedere fino allo
spegnersi di questi ottimi settanta minuti di
musica.
Sito web:
https://eighthtowerrecords.bandcamp.com/album/decay-death-and-darkness-aural-visions-of-beksi-skis-art
(M/B’06)
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VV.AA. – Earthen – A Cold Spring sampler
Download (Cold Spring)
Nell’occasione dell’uscita del duecentocinquantesimo
album, l’etichetta britannica dà alle stampe una
cospicua compilation che include quanto di recente è
stato prodotto dalla stessa, con un brano inedito
dei Coil, “Spastiche (Trumpo)”, a fare da ciliegina
sulla torta. Si trovano quindi brani estratti dalle
ultime ristampe dello storico split Merzbow /
Genesis P-Orridge, di “Kondole” degli Psychic TV,
del debutto dei C.3.3., e ancora dei Coil con Zos
Kia e Marc Almond. Trovano spazio anche gli MZ.412
freschi del nuovo full length, NDE, Xerxes The Dark
ed i nostrani She Spread Sorrow e Sonologyst, per un
totale di oltre due ore di musica. Chiunque si
avvicini per la prima volta a questa scena musicale,
o sia comunque agli inizi potrà sicuramente trovare
in questo doppio cd un ideale compendio da parte di
una delle etichette più prolifiche e strutturate in
questo ambito, con proposte musicali che spaziano
non solo geograficamente, ma anche musicalmente dal
noise al rock, sempre con un piglio estremo e
sperimentale.
Sito web:
www.coldspring.co.uk
(M/B’06)
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VV.AA. – Electroframework
Download (Unexplained Sounds Group)
La Unexplained Sounds Group di Raffaele Pezzella
rilascia questa compilation solamente digitale:
ventun tracce per oltre due ore di musica
elettroacustica e concreta, fortemente sperimentale,
che sfocia a tratti nell’isolazionismo e nel glitch.
Tra gli artisti coinvolti, gran parte dei quali semi
sconosciuti, ma di ottimo livello, troviamo alcuni
nomi importanti che fanno parte della scena musicale
italiana, tra cui Giovanni Verga e Giorgio
Sancristoforo: il primo, berlinese di adozione, dove
lavora come sound artist, compositore e musicista
elettronico, è specializzato nel comporre musica
usando una grande varietà di fonti, come field
recording, feedback, nastri magnetici, frequenze
radio e così via, il secondo è un ingegnere del
suono, nato e residente a Milano dove lavora come
docente di sound design e sound synthesis presso il
SAE. Sancristoforo è autore di due nuove tecniche di
sintesi sonora, il Triple Axis Modal Synthesis
(TAMS) e l’Additive Tropical Synthesis, quest’ultimo
sviluppato insieme al matematico Cristiano Bocci, e
ha all’attivo la creazione di diversi software
concepiti per la musica elettronica sperimentale.
Dall’estero invece ci sono lo scozzese Michel
Bonaventure che propone un pezzo molto particolare,
che vede protagonista l’organo, strumento che è il
fulcro dei suoi lavori, ed il tedesco Stefan
Schmidt, chitarrista, compositore e sound designer.
È sicuramente un album di difficile ascolto, a
tratti cacofonico, basato sull’assidua ricerca di
nuove fonti sonore, che mette tutto il resto in
secondo piano, ma allo stesso tempo getta uno
sguardo visionario sul futuro della musica.
Sito Web:
https://unexplainedsoundsgroup.bandcamp.com/album/electroframework
(M/B’06)
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AAVV - Forest oh
Thorns - A Dornwald Compilation
Digital Download (Dornwald)
Ritorniamo con
piacere a parlare della Dornwald, label indipendente
fondata nel 2017 dall'attivissimo amico e
collaboratore Lorenzo Nobili. Proprio su queste
pagine ci eravamo occupati della precedente
compilation 'Messina 1908', dedicata al
'gemellaggio' italo-sovietico in occasione del
terrificante terremoto siculo di inizio secolo.
Questa raccolta nuova di zecca, in uscita sul sito
Bandcamp dell'etichetta il 25 di marzo, raccoglie in
sedici tracce l'attività di altrettanti artisti e
progetti provenienti da ogni parte del globo, ed
accomunati dall'attività di ricerca nell'ambito di
sonorità non conformi che spaziano dal
drone/dark-ambient al cosiddetto 'dungeon synth'. Lo
spirito del lavoro è ben rappresentato dal magnifico
artwork, uno scatto in bianco e nero di un
meraviglioso sentiero boschivo che conduce ad un
sito medievale abbandonato dell'ascolano, ove la
fitta vegetazione pare avvolgere il solitario
viandante come in un paesaggio incantato. Quattro
gli artisti inclusi nella raccolta che tengono alto
il vessillo italico, a partire da Giovanni 'Leo'
Leonardi che ben conoscerete in virtù della sua
storica attività in Siegfried, ma anche nei più
recenti progetti Carnera, Divisione Sensucht,
Senketsu No Nightclub e MHOLE. La sua 'The Breath of
A Dying Earth' é una mirabile dimostrazione di
rielaborazione di field-recordings, nello specifico
catturati da Giovanni nell’area protetta delle Salse
di Nirano, celebri per i loro interessanti fenomeni
eruttivi gassosi. Dall’Emilia di Leonardi ci
spostiamo poco più a Sud incontrando la Toscana di
Valerio Orlandini, altro protagonista di lunga data
della scena nostrana che ci propone la marziale ed
apocalittica ‘Modern World Understatement’, mentre
il meneghino Eugenio Mazza, in arte Pavor Nocturnus,
dedica alla raccolta la sua inedita
‘BassoprofondoO)))’, la cui trascrizione pare
tradire la passione per certi SunnO)))…! Eugenio
appare anche nell’ultimo progetto italiano
coinvolto, questa volta a fianco del boss di Toten
Schwan Records Marco Valenti: la loro ‘Megiddo’,
sotto il moniker di Cameraoscura, è un concentrato
tanto breve quanto potente di drones industrial e
linee di synths che donano al tutto un afflato di
elevata drammaticità. A proposito dei progetti
stranieri schierati per la compilation, come si
diceva la provenienza è quanto mai estesa e
variegata. Pur senza togliervi il piacere di
scoprirli uno ad uno tramite l’ascolto, mi piace
citarvi la coppia cilena degli Humanofobia, la bella
Mist Spectra e Sàbila Orbe, che esplorano i misteri
del paranormale con la sinistra ‘The Ghost of Rebeca
Matte’; da Norwich abbiamo CrAwE, one-man project
che lavora processando chitarre elettriche e
relativi pedali per un finale soundscape molto
prossimo alla miglior dark-ambient. La lunga
‘Foundations’ è farina del sacco di Poetry of Thorns
(pare quasi un richiamo al titolo della raccolta),
niente di meno che da Città del Messico: nove minuti
neri come la pece all’insegna di una ottima ambient
ferale. In rappresentanza del blocco est-eurpeo vi
cito il progetto ukraino Anamnesis, fondato da
Norwind, già batterista dei black-metallers Berkana.
Il background atmospheric-black di Berkana riemerge
nella eterea ‘Cold Endless Void’, non lontana –
sotto certi aspetti – dalle produzioni minimali di
Burzum del periodo ‘Daudi Baldrs’. Molteplici le
sfaccettature, come avrete inteso, di questa
poliedrica compilation, che vi invito ad esplorare
nella sua completezza visitando la pagina Bandcamp
di Dornwald. Scoprirete così le restanti gemme
provenienti da Polonia, Repubblica Ceca,Canada ed
Australia, che completano un vademecum sonoro in
grado di regalarci uno spaccato rappresentativo
dello stato dell’arte in materia di sonorità
sintetiche ed industrial-ambient a tutto tondo.
Info:
https://dornwaldrec.bandcamp.com
(Oflorenz) |
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ZENI GEVA & STEVE ALBINI - Maximum Implosion
Doppio CD (Cold Spring)
Il duo K.K. Null – Tatsuya Yoshida, si ritrova con
Steve Albini in occasione di questa ristampa a
sedici anni di distanza del live “All Right, You
Little Bastards!” registrato a Tokio e Osaka,
includendo questa volta nel primo cd i brani in
studio di “Nai-Ha” e gli ultimi due tratti
dell’ultra-limitato 12” “Superunit”, masterizzati
appositamente da Denis Blackham. Siamo di fronte ad
un massivo doppio cd di noise rock distorto e
dall’incedere lento, quasi doom, con interessanti
break di chitarra e batteria che cambiano il ritmo
in un incrocio di assoli destabilizzanti: il suono è
pesantissimo, denso di riff compressi, feedback
perfettamente combinati con la trascinante voce di
K.K. Null, accompagnata dalla chitarra di Steve
Albini. Zeni Geva costituisce da sempre una sorta di
tentativo di fondere la cultura giapponese in un
suono che sembra ritrovare le sue radici nel rock e
nel grunge americani, cosa che ha da subito
procurato a quello che inizialmente era un trio, uno
zoccolo duro di fan che l’ha portata ad essere una
delle prime band giapponesi a fare un tour negli
Stati Uniti. Questo doppio cd è una testimonianza
straordinaria delle potenzialità di questo progetto
e del balzo in avanti in termini di energia e
adrenalina che è in grado di compiere quando si
trova su un palco per un’esibizione dal vivo.
Sito web:
http://zenigeva.jpn.org;
https://www.electricalaudio.com
(M/B’06)
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