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RECENSIONI DISCHI
Marzo 2017

VIRIDANSE
Hansel, Gretel e la Strega Cannibale
CD

Eccolo il nuovo Viridanse! Ad un solo anno di distanza dall'omonimo lavoro che aveva segnato un inaspettato ritorno discografico, i Viridanse pubblicano un coraggioso concept, "Hansel, Gretel e la strega cannibale". Con l'unica eccezione di Erik Nalin che sostituisce ai tamburi Fabrizio Calabrese, i Viridanse 2.0 sono la medesima band che suona insieme dal 2014: Flavio Gemma al basso, Enrico Ferraris alle chitarre, Gianluca Piscitello alla voce e Giancarlo Sansone alle tastiere. Anticipato dalla title track, il lavoro si presenta immediatamente forte, difficile e non disposto a facili compromessi. Le musiche di Flavio Gemma portano, fin dai primi secondi, un sound potente, energico e chitarristico, in cui le liriche di Gianluca Piscitello si sposano alla perfezione. Il video registrato presso il teatro comunale di Alessandria è il giusto e suggestivo incipit del futuro disco: le immagini caotiche che provano a rincorrere le musiche, insieme alla recitazione di Sara Siri e Francesca Mantelli, rappresentano un perfetto aperitivo violento. È hard rock scritto cinquanta anni dopo i classici; è grunge spontaneo come se ci trovassimo catapultati agli inizi degli anni '90; sarebbe proto punk condito di tastiere se ci trovassimo nel 1970 al tempo dei primi Stooges. Se già eravate rimasti shockati da "Viridanse", certamente rimarrete sconvolti dal brano d'apertura e dall'album tutto. L'antico ricordo di una band che suonava wave e che ebbe l'indiscusso merito di avere portato in alto un genere, fin dai primi anni '80, rimane proprio questo, solo un ricordo. Bello, ineliminabile (ed aggiungiamo sempre riascoltabile!), ma sempre e solo un ricordo. Dalle parole spese con il leader bassista Gemma, capimmo, già un anno fa, che il successore di "Viridanse" non poteva tornare indietro, ingentilendo le musiche in luogo di qualche ascolto radiofonico o commerciale in più, ma solo inasprire ulteriormente il sound. "Tutto ciò che ignoto sai" è il monito d'apertura di "Arkham", brano in cui l'elemento trascinante è la voce potente di Piscitello che sembra fare a pugni con il resto dei compagni per dimostrare tutto il suo virtuosismo, mentre le tastiere sul finale sono quell'elemento in più per dare una non banale interruzione melodica. Ancora tastiere acide per aprire "Alle montagne della follia" (uno dei pezzi meno "violenti" del lavoro) e con "Scomunica" le chitarre creano un suadente e alienante momento. Scorrono le canzoni per raccontare, con questo concept, il declino della civiltà attuale e gli aspetti devastanti della società in cui viviamo. Un tema evidentemente così sentito dal gruppo che non poteva esaurirsi in pochi minuti o in una sola traccia, per definirsi appieno all'interno dei sette brani. "Aria" (se possibile) è ancora più evocativa delle altre e mette in risalto la muscolosa batteria di Nalin; con "Il grande freddo" Enrico Ferraris sembra trasformarsi una volta di più nel compianto Ron Ashton e con la conclusiva "Madre terra" arriva il miglior congedo attraverso un brano che pare rallentare i ritmi forsennati, ingentilendo il clima cupo dell'intero lavoro. Ancora indovinato il booklet in cui i disegni di Antonio De Nardis ed AEno non sono che la prolunga artistica di un album che ha anche la pretesa di andare ben oltre il discorso musicale. Un album da ascoltare ad alto volume (come suggerito dalla band) e noi aggiungiamo nel rispetto del vicinato. Perché questo è un lavoro che sa stordire.
(Gianmario Mattacheo)
ATARAXIA
Deep Blue Firmament
CD (Sleaszy Rider Rec.)

Ataraxia" dal Greco antico significa assenza dell'agitazione, tranquillità; "la perfetta pace dell'anima che nasce dalla liberazione della passione". Ci troviamo davanti al nuovo capolavoro di questi grandi musicisti, che dopo più di 25 anni di produzione musicale e ricerca mantengono il significato del loro nome, facendoci assaggiare ogni volta le nuove sfumature del suono e della parola. Questo è "Deep Blue Firmament", uscito nel Settembre 2016 per SLEASZY RIDER RECORDS, Grecia. 'Deep blue' è il blu profondo, e 'firmament' secondo la cosmologia biblica è quella struttura sopra l'atmosfera come un duomo creato da Dio per separare le acque sopra la terra dalle acque sotterranee. Un'altra volta ci troviamo davanti a un prodotto dove niente è casuale nonostante la linearità dell'ascolto, la semplicità delle note naturali e dei suoni che impregnano la mente e l'anima, c'è una complessità di pensiero e di ricerca nel lungo percorso al raggiungimento dell'ideale, della perfezione e del sublime. Oramai la libertà di espressione musicale è cosi ben consolidata che anche dalla semplice improvvisazione può nascere una musica che segue uno stile unico ed inconfondibile, un pensiero e un messaggio. La copertina in colore blu profondo e ghiacciato, contiene anche il fuoco arancione vivo, una connessione verticale che lega le profondità del mare e della terra ai cieli più alti. Ed eccoci che penetriamo in questo mondo dove una divinità antica tiene in mano il fuoco che brucia, "la natura cura, dall'oscurità la tua luce sarà nata". Sembrano dei canti sacri dove il fuoco rappresenta il risveglio, la rinascita, suoni che sembrano divini accentuati dall'uso di diverse lingue.
I. DELPHI : Parte la musica con un introduzione a carillon, si aprono i sipari con dei suoni dolci, i tamburi di Riccardo Spaggiari, la doppia voce di Francesca Nicoli, in una lingua che sembra quasi sconosciuta. L'arpeggio della chitarra di Vittorio Vandelli e il violoncello di Totem Bara, rendono il suono molto lirico e romantico. "Delphi" è un importante sito archeologico della Grecia antica, nei tempi antichi era considerato il centro del mondo. Non per caso il punto di partenza di questo album è proprio un brano dedicato a questo sito. Le connotazioni sono tante; la Dea Terra e il serpente Pitone, in epoca classica, il Tempio di Apollo, il teatro, la fiamma, l'olimpiade, la fiamma eterna, "conosci te stesso" (ripreso da Socrate).
II. MESSAGE TO THE CLOUDS: Il secondo brano prosegue sul testo del poeta irlandese William Butler Yeats, con una voce divina lontana, misteriosa, sussurrante, sempre in una lingua che sembra antica, sembra un suono nel vento. Un dolce canto celtico molto poetico in un dialogo tra le voci e la chitarra, le voci maschili e le tastiere sono di Giovanni Pagliari.
III. GREENER THAN GRASS : Un altro testo di William Butler Yeats, si prosegue con i suoni lontani nel tempo e nello spazio. Il nostro cerchio si chiude anche quando le profondità della terra e del mare sposano il cielo. Questi suoni non possono non creare un ambiente immaginario, è inevitabile il paesaggio visivo, pittoresco che accompagna questi suoni e ci fa sognare da svegli, dove tutto diventa etereo e surreale. Le note sono sempre alte, le voci si raddoppiano, la chitarra, i tamburi, creano una danza come un attività sacra nella processione per evocare la natura, riti antichi che ci collegano con le divinità antiche, il ballo nella notte.
IV. MYRRH : Le musiche diventano sempre più spettacolari e drammatiche, un rituale, la lingua diventa quasi irriconoscibile per rendere il mistero ancora più profondo, suoni gravi, sotterranei, una processione in profondità nell'oscurità alla ricerca della luce. Le lingue pure antiche, voci divine e liriche, celestiali, un risveglio verso il cielo, un richiamo. "Omnia, sogna…" . La mirra conosciuta già dai tempi dell'antico Egitto, quella resina sacra e profumata dal sapore amaro che proviene dall'albero, suoni molto tenebrosi e oscuri, voci liriche e gravi sovrapposte con i cori maschili che ampliano il ritmo, poi parte l'arpeggio della chitarra che fa cullare il brano in un romanticismo, il canto in lingua francese, "la musica delle foglie che mi sveglia", un sogno, si mischia il francese con l'inglese, con la lingua sconosciuta iniziale , come per uscire dalla materialità e toccare l'immateriale, tutto ciò che non si può imprigionare, la libertà di espressione, la libertà del suono, tutto vola libero come il vento, i suoni, le note, il sogno, l'ubiquità, essere dappertutto, "qualcuno scrive per me delle note sconosciute nel cielo". I suoni sono magici, anche noi siamo trasportati in questo sogno, in questo viaggio.
V. ALEXANDRIA PT.1: Un altro testo di William Butler Yeats che accompagna i suoni divini. "Alexandria" la città antica dell'Egitto, rappresenta forse il ciclo della vita e della morte.
VI. ROSSO SANGUE: Chitarra e violoncello accompagnano la voce doppia lirica e grave "solamente il nostro rosso sangue può dare al rosaio nuovi fiori e piante", elementi naturali; il mare, l'aria, la pietra , "sotto una roccia spezzata gridi il tuo segreto alla pietra stendi la tua mano affinché possa giungere là dove io sono, stendi la tua mano le foglie sono molte la radice è una". Il grido, il dolore, forse il sangue si riferisce alla guerra e alla morte, ma dopo la morte si rinasce …
VII. GALATIA: Cambia l'ambiente, suono e stili; suoni caldi e mediterranei resi affascinanti dalla lingua spagnola, c'è anche la sabbia in questa visione insieme all'acqua, "Galatia" è l'antica città dell'Anatolia, la voce ricorda Diamanda Galàs.
VIII. MAY: Un altro testo di William Butler Yeats, l'arpeggio della chitarra, il violoncello, i sussurri, le voci, le tastiere e le percussioni si uniscono in una processione in armonia, un ballad neofolk, una poesia, un canto lontano senza tempo.
IX. VERTICAL: Il nono brano è una lirica, un ambient nostalgico con i cori e l'uso della lingua divina come uno strumento antico lontano. Forse "vertical" è proprio quella linea che lega le profondità della terra e del mare al cielo.
X. UBIQUITY: Sotto il mare o sopra il cielo ci sono delle anime perse, immobili, pietrificate … Un bellissimo brano, dove voci ed eco si sovrappongono nell'etereo, il suono si sposta, il suono viaggia ed è ovunque, come suggerisce il nome del brano, si trova negli abissi profondi della terra, del mare, sopraelevato nel cielo più alto, un brano "wave" e le onde rendono l'idea. X
I. PHOEBE: L'ultimo brano di questo viaggio mischia le lingue proprio per continuare l'ubiquità e libertà dai limiti. Suoni che accarezzano l'ascolto, tutto in armonia; il neofolk e il classico, i cori non mancano e la musica è libera. Nella religione greca antica, "Phoebe" è la figlia della terra e del cielo, associata alla luna. La voce maschile e femminile, cori, note alte e voci gravi, tenebrose, basse; è l'unione … e il viaggio continua …
(Rita Tekeyan)
STYLE SINDROME
Far
CD (XX92 / distribuzione Goodfellas)


I veterani ricorderanno sicuramente i romani Style Sindrome, attivi nei primissimi anni '80 e presenti col brano "Waving In The Dark" nella leggendaria compilation "Gathered" pubblicata per Rockerilla/Electric Eye (ristampata su CD dalla Spittle). La formazione è tornata da qualche anno sulle scene e dopo l'uscita dello splendido LP (edito poi anche in CD) "A Mysterious Design", che raccoglie i demo-tapes degli '80, e la ripresa dell'attività live, tocca finalmente a un disco in studio completamente nuovo. "Far" riprende il discorso iniziato più di 35 anni fa con un piglio attuale che non porta mai ad una sensazione di revivalismo: le coordinate della band sono sempre un post punk /dark wave ricercati con venature psichedeliche, ma come allora il suono è sempre estremamente personale e gli Style Sindrome di oggi sono una versione evoluta degli Style Sindrome di ieri. Nove brani ben prodotti ed arrangiati dove si sprigionano come in un caleidoscopio la voce avvolgente di Anna, ritmiche essenziali e tribali, chitarre sognanti, inserti elettronici mai invadenti e qualche parte di sax. Il livello del disco è sempre elevato, ma personalmente ho trovato davvero straordinari "Angel", con melodie da brivido sopra giri di basso tanto lineari quanto fondamentali, "I Had A Strange Dream", con i suoi arpeggi di chitarra stranianti, "Moonlight", serrata e dolcissima nello stesso tempo, e la conclusiva "Far Far", davvero ipnotica grazie a un bel basso in evidenza e un cantato particolarmente ispirato. Non aggiungo altre parole per descrivere un lavoro come "Far", che tiene alto il vessillo della scena oscura nostrana e farà la gioia dei suoi vecchi e giovani sostenitori. Un gioiello anche da possedere grazie alla sua bella confezione cartonata apribile.
Bentornati Style Sindrome!
Sito web: www.stylesindrome.it

(Fabio Degiorgi)
SIMON BALESTRAZZI
Early Recordings (1979-1982)
CD (Azoth)

Nel corso del 2015 Balestrazzi compie una scoperta eccezionale: durante una delle sue consuete visite alla mamma presso la vecchia casa di famiglia a Parma, ritrova una manciata di cassette custodite in una scatola di giochi per bambini. Inizia così l'appassionante avventura di 'Early Recordings', vero scrigno di archeologia industriale che raccoglie una notevole mole di materiale risalente alla prime sperimentazioni giovanili operate dal fondatore dei T.A.C. Consigliatissima la lettura delle note interne, nelle quali Simon riporta alla luce i ricordi di quel periodo entusiasmante in cui - giovanissimo - mosse i primi passi nel campo delle più intransigenti e spregiudicate alchimie soniche, alla prese con un arsenale di supporti che oggi definiremmo perlomeno 'vintage'. Registratori portatili ed a bobina (i mitici Geloso!), rudimentali microfoni alla ricerca dei primi 'field recordings', ed ancora campioni presi dalle collane di vinili della mitica 'Cramps': questi erano i mezzi dell'epoca, che grazie all'inventiva ed alla voglia di 'andare oltre' di pionieri come Balestrazzi si trasformarono nei nove episodi assemblati con cura in questa raccolta di oltre un'ora di durata. 'Early Recordings' è diviso idealmente in due sezioni: l''Album Nero', che include le prime cinque tracce (tra le quali le lunghissime 'Implacabile Crivelllo' e 'Autoritratto con Teschi'), con materiale collocabile nel periodo 77/80, ed 'Early Experiments', comprendente i restanti quattro brani risalenti ad una finestra temporale più ampia ed assemblata, probabilmente intorno al 1984, nei preziosi nastri rinvenuti nella dimora parmense. Trattandosi di ruvide e pionieristiche sperimentazioni l'ascolto non è ovviamente dei più facili, ma proprio nell' 'artigianalità' rigidamente analogica del lavoro sta l'innegabile fascino di questo disco, testimonianza fedele di quei tempi e di come con pochi e rudimentali 'hardware' si potesse dar vita ad una proposta musicale per l'epoca assolutamente avanguardistica. Coadiuvato da Alessandro Bocchia che si è occupato del riversamento in digitale dai nastri originali, il disco si avvale in un paio di episodi di strumentazione che Balestrazzi prese in prestito da Andrea Azzali, che alcuni di voi ricorderanno certamente come futuro compagno di avventura nel progetto che di lì a poco avrebbe monopolizzato gran parte delle energie di Simon: Tomografia Assiale Computerizzata. 'Early Recordings', licenziato in Cd digipak sotto l'egida della label proprietaria Azoth, riporta in vita un tassello imprescindibile della nostrana epopea industriale. Recuperatelo senza indugio, facendo sin d'ora un po' di spazio nello scaffalino accanto a TAC ed MB!
Info: https://azothrecordings.bandcamp.com
(Oflorenz)
GOLDEN APES
Malys
CD (Af Music) G

I G..A. sono una band di Berlino con quasi 20 anni di carriera, si sono formati nel 1998 ed hanno prodotto fino ad oggi ben 9 album e un mni-cd.
I membri fondatori sono Peer Lebrecht (voce), Christian Lebrecht (basso) e Eric Bahrs (chitarra). Dopo vari cambi di formazione sono rimasti solo i due fratelli Lebrecht ai quali si sono aggiunti, nell'ultima line-up, i chitarristi Aris Zaraka e Dirk Wildenhues insieme al tastierista Gunter Büchau. "Malvs" è composto da 13 brani ben amalgamati tra di loro. La voce di Peer Lebrecht ricorda un po’ quella di Ian Curtis ma con un'impronta più neoromantica. Il sound vira tra il gothic rock e la dark wave.
Tra i brani che mi hanno colpito di più "Verity", "Drown", "Missing" in cui è ospite Froxeanne dei Frozen Autumn,
Dedicato agli amanti del gothic rock che vogliono qualcosa in più dai soliti clichè del genere.
Sito web: http://www.goldenapes.com/
(Nikita)
DUST FEAR OF LOVER
Dust fear of lover
CD (Autoprodotto)

Tornano Deathboy e Buffy con un nuovo full length ancora una volta senza titolo, o con titolo omonimo. Come di consueto si stende davanti all'ascoltatore una mescolanza di indie rock e new wave dai toni vagamente malaticci: brani brevi dall'attitudine rock, suoni scarni e distorti e la voce di Buffy che arriva da altri mondi, soave o scanzonata a seconda della necessità. Emerge ancora una volta la pesante influenza dei Chrisma e di gruppi come Siouxie And The Banshees e Sisters Of Mercy, questi ultimi molto presenti in "Inside the silence". Due cover sorprendenti, "Throw Aggi Off The Bridge" dei Black Tambourine e "Cha cha Che Guevara" di Ivan Cattaneo, interpretate in maniera personale, scevre da volontà celebrative quanto piuttosto pervase dallo stesso impeto sperimentatore e dal vasto raggio di azione della loro musica.
Sito web: https://soundcloud.com/dustfearoflover
(M/B'06)
WORDS AND ACTIONS
Pensieri di nessuno
Tape (Detriti Records)

Davide Lace torna col suo progetto uscendo, nuovamente su cassetta limitata a 40 copie, sotto la sua etichetta. "Pensieri di nessuno" è una raccolta di emozioni e sprazzi di vita, rigorosamente cantati in italiano, narrati attraverso la ripresa degli stilemi della synth/coldwave francese. Sono ormai passati cinque anni dal travolgente esordio "Life of farewells" sempre su cassetta, che aveva gettato un alone di oscurità totale sulla scena esistente, con quelle atmosfere estremamente cupe e quella voce dagli echi catacombali. Da quel mini, l'evoluzione c'è stata ed è passata per una rielaborazione e personalizzazione della wave anni ottanta, approdando a quello che i WAA sono oggi. A giudicare dalle sue pagine su cui ci sono pochissime notizie anche solo biografiche, Davide sembra una persona di poche parole, ed ogni qu alvolta ne viene richiesto non spende più di un paio di frasi sui suoi lavori, che rispecchiano perfettamente tale attitudine essendo brevi, ma densi di idee ed efficacia musicale. Questo è un gruppo che ormai è stato giustamente consacrato tra quelli di riferimento della wave moderna, capace tra i pochissimi di dire ancora qualcosa in un genere che si arrotola su se stesso ormai da decenni, e va semplicemente supportato.
Sito web: https://www.facebook.com/wordsandactions
(M/B'06)

TUNNELS OF ÂH
H - Surgical fires
CD (Cold Spring Records)

Stephen Burroughs, ex Head of David, arriva al terzo lavoro coi suoi Tunnels of ?Ãh. Almeno in apparenza, questo costituisce l'unico vero progetto in cui Burroughs fa confluire tutte le sue energie: i brani, fatti di complesse tessiture industrial/drone dai toni esoterici, sono paesaggi sonori arcani ed i riverberi taglienti richiamano le profondità della Terra percorse da tunnel ed abitate dai custodi dell'antico sapere di Agarthi. "Mind as corpse bearer" ricorda il debutto omonimo di Josef N, con armonie vagamente orientaleggianti e sonorità come di antichi artefatti mossi dal vento del deserto.
La più quieta "Release of the burning mouth" e "Black air (exhale)" testimoniano l'aria viziata che si respira in questi brani catacombali, mentre nella penultima traccia "My love to the lordly cobras", Burroughs si avvale del supporto di Anji Cheung con la sua voce sussurrata, introdotta da vibrazioni malate degne dei Control di Thomas Garrison. Abby Helasdottir si occupa come al solito dell'ottima veste grafica. Non ci sono grandi variazioni rispetto ai lavori precedenti, la qualità rimane alta, i brani monolitici.
Sito web: https://www.facebook.com/TheTunnelsOfAh
(M/B'06)

ROULETTE CINESE
LP (EllePi)
Mini CD (Soter / distribuzione Believe Digital)

Il nuovo CD dei vercellesi Roulette Cinese è un mini album diviso in due facciate ideali come un vinile: il lato "Elle" e quello "Pi", dove i titoli delle tracce iniziano sempre con la lettera della rispettiva facciata, e cui testi rappresentano un momento specifico di un percorso personale del cantante e compositore Joe Raggi. Se nel complesso il lavoro può essere sbrigativamente catalogato come "electro pop", i sei brani presenti hanno una varietà stilistica notevole ma sempre coerente, segno di un progetto pienamente maturo e con una propria precisa personalità. L'iniziale "Labile" entra melodioso e progredisce come una marcia trionfale. Il seguente "Logical" è un brano killer perfetto come ogni disco dovrebbe avere: accattivante e di presa immediata, ma anche di grande spessore, tanto che è stato giustamente scelto come singolo digitale (vi invito a guardarne il videoclip). "Lol" ha un testo multilingue e un andamento più nevrotico e spezzato. "Lunare" allenta la tensione dei momenti precedenti con un ipnotico arpeggio di chitarra e la voce recitata di Betty Cembrola. "Pop" è l'altro brano forte del CD, diversissimo da "Logical" e con un ritornello fantastico, anch'esso perfetto nella sua studiata semplicità, ed è stato composto da Raggi insieme a Luca Urbani, che qui si è occupato di programmazione, synth e della seconda voce. Chiude lo strumentale "Polari", sei minuti di ambient wave di grande atmosfera composti e interamente suonati dal collaboratore dei R.C. Giampaolo Diacci.
"LP" si conferma quindi un'opera riuscitissima, grazie all'appassionata ispirazione di Joe e al grande lavoro di cesellamento dei suoni e degli arrangiamenti, un percorso di ricerca e svuotamento per arrivare all'Essenziale al quale hanno contribuito tante altre persone che trovo giusto menzionare: gli altri due membri della band Eugenio Nicolella (chitarra, synth e programmazione) e Emanuele Peluffo (basso), più i numerosi collaboratori, i già citati Cembrola, Urbani e Diacci, ai quali si aggiungono Edo Gennaro e il noto Cristian Milani, il quale ha coprodotto artisticamente il disco insieme allo stesso Raggi.
Contatti: roulettecinese@yahoo.it
(Fabio Degiorgi)
MAGNETICA ARS LAB / DK5600
Final Muzik CD-Singles Club 10
CDr (Final Muzik)

Questo ottimo split che sancisce un ideale incontro sull’asse Cagliari/TriesteRoma rappresenta la decima uscita nell’ambito della cosiddetta ‘Singles Club 10’, serie di CD/Ep inaugurata dalla label di Gianfranco Santoro nel 2014 con lo scopo di dare spazio e visibilità a progetti italiani appartenenti all’area post-industriale ed elettronica sperimentale in genere. Il progetto isolano di Arnaldo Pontis (già a utore nel 2013 di una interessante collaborazione con Maurizio Bianchi, ‘LoopKlängeNoise’), ci propone i dieci minuti di ‘Ground Control’, vera mini-suite spaziale ove i testi cantati da Alberto Belli ed ispirati a ‘Space Oddity’ di Bowie (altri campioni vocali provengono invece dal documentario ‘Notre Siècle’ del regista armeno Pelešjan) veleggiano su aperture sinfoniche di ampio respiro, destinate a disintegrarsi lentamente in un crescendo di clangori esplosivi per riemergere nuovamente nei minuti finali. Matteo Casula, con le sue chitarre trattate, completa la formazione di M.A.L. in azione su ‘Ground Control’. Di DK5600, duo per metà triestino e per metà romano animato da Paolo ‘Circum Liver’ Bono e Rosanna ‘ARS A.V.I.’, ci eravamo già occupati l’anno passato in occasione dell’ottimo esordio di ‘Distanza Katrias 5600’, futuristico concept incentrato su immaginifiche forme di vita aliena popolanti il remotissimo pianeta Katrias. L’elettronica glaciale di ‘DK5600’ trova piena continuità in ‘Punto Zero’ e ‘Uscire dallo spazio curvo’, le due tracce che completano questo decimo episodio dei ‘Singles Club’: le robotiche voci di Rosanna suonano come codici cifrati incasellati su alienanti cluster elettronici, ed insieme all’iniziale traccia dei compagni di avventura di Magnetica Ars Lab danno vita a quella che potrebbe essere una splendida soundtrack per pellicole a tema fantascientifico. Ricordiamo che nel 2016 sono usciti, per la medesima serie, anche i due split Cropcircle/Testing vault e Svart1/Nihil Impvlse. Un’iniziativa meritoria da parte di Final Muzik ed una collana molto interessante da seguire con attenzione.
Info: www.finalmuzik.com
(Oflorenz)
GOPOTA
Music for primitive
Tape (Luce Sia)

Arriva alla seconda uscita limitata a sessanta copie, questo insano combo italo-russo frutto della incidentale fusione delle menti di Antonio Airoldi e Vitaly Maklakov, il primo attivo col suo progetto parallelo Empty Chalice, nato sulla scia delle derive industrial di gruppi black metal scandinavi degli anni d'oro come Mysticum e Diabolicum, ma anche dei più sperimentali Aborym e MZ.412, il secondo, col suo prolifico gruppo Obozdur che vanta già oltre cinquanta uscite e poco più di dieci anni di vita. Incidentale perché, non essendo andato a buon fine il contatto con la Naked Lunch Records per la pubblicazione dell'esordio di Empty Chalice, Antonio fu costretto a cercare un'altra etichetta e si imbatté appunto in Vitaly, con la sua Torga Amun Records: il feeling e la successiva collaborazione furono quasi automatiche, con un debutto, "Knots of fear", che riscosse da subito buone recensioni. "Music for Primitive", prosegue sotto Luce Sia questo discorso, virando su scenari industrial/ambient rispetto al noise estremo degli esordi: ne nascono quattro lunghe suite introdotte da un breve strumentale a base di synth che ricorda anche qui gli intermezzi che solitamente pervadono gli album black metal. Clangori ed echi lontani caratterizzano "Meaningless", la successiva "Summa liturgica" fa emergere cori estatici da un pesante sottofondo noise, mentre "Attitude" è una sapiente mescolanza di glitch e fredde ambientazioni. Chiude "Empty eye" che sembra fondere le tre tracce precedenti unendole in maniera più che mai disturbante. La grafica è eloquente: russi che vagabondano nelle periferie a caccia della maniera meno noiosa di trascorrere la giornata, in un certo senso come moderni uomini primitivi che, perduta l'esigenza di procacciarsi il cibo attendono il tramonto quasi come una conquista nella lotta per la sopravvivenza. Sono appunto i cosiddetti "gopota", termine russo che definisce i delinquenti dei più malsani strati sociali, non solo come figura sociale, ma soprattutto come attitudine e mentalità, che prendono forma attraverso le ambientazioni di Vitaly ed Antonio.
Sito web: https://emptychalice.bandcamp.com/album/music-for-primitive
(M/B'06)
HURZ
Hurz
CD (Le Mat Records)

Debutta questo terzetto romano, che propone un particolare ambient rituale che in realtà prende le mosse dagli Ain Soph di Kshatriya, dai Runes Order di Disco Nero e dai Goblin, mescolandoli con prog rock, wave e krautrock, generi propugnati dai Tiresia Raptus, band di cui fanno parte i due Nicola, Irace e Rossi, quest'ultimo attivo anche come cantante dei Doomraiser. Questi hanno condiviso il palco con la prog rock/doom metal band Sesta Marconi, di cui fa parte Sergio Oriente, terzo elemento degli Hurz. Dopo "il nodo", che riporta l'enigma della Sfinge menzionato nella Saga di Edipo, ed ha il sapore di un macabroed arcano rituale in cui sussurri di voci disumane vengono scandite su un tappeto elettronico, viene il momento di "san giorgio e il drago", opera nell'opera divisa in tre atti, riletta partendo dal concetto di eterna lotta tra bene e male. Il breve strumentale "Illuminazioni della metropoli" conclude Tragoedia, prima delle due parti in cui si divide l'album per lasciare spazio alla seconda Symbolum, introdotta da "l'amoreux - l'heure de la chouette" pervasa da chitarre riverberate e soffici beat, a cui segue "la scelta" posta graficamente sul retro del digipak a cavallo tra le due parti definite dagli sfondi alternati rispettivamente di bianco e nero. In "todestrieb - vargtimmen", viene ripreso il percorso musicale di "l'amoreux - l'heure de la chouette", spogliandolo dell'elettronica e lasciando spazio alla chitarra e alla batteria in un mantra marziale che pare interminabile. Chiude "1+1=3", alternanza di discorsi marziali che evocano gli anni trenta, non solo per l'utilizzo del termine Führer, ma anche per l'apparente chiave di lettura, e fredde atmosfere. Buon viaggio a coloro che si metteranno all'ascolto.
Sito web: https://www.facebook.com/HVRZPROJECT
(M/B'06)
NATI NELLE TENEBRE
Dentro la morte
Tape / Digital download (Neve Micro)

Il mastermind della label aretina Neve Micro (ex Invisible Eye) non è nuovo ad uscite di taglio ‘cinematico’, che nel corso della sua attività hanno completato le ricche produzioni partorite sotto l’egida del main project esoteric-dark ambient Ouroboros e di alcuni side-projects tra i quali i più noti Permafrost e Snowfade. Ricordiamo a tal proposito il tributo allo sceneggiato televisivo cult ‘A come Andromeda’ del 1972, celebrato con una cassetta nel 2008 poi esaurita e ristampata successivamente da Marco in CDr. ‘Nati nelle Tenebre’ vuole essere un tributo alla migliore cinematografia horror d’antan, in particolare quella risalente all’ epoca d’oro 70/80 italiana che sin dalla sue manifestazioni maggiormente underground é riuscita nel tempo a costruirsi un’aura di autentico culto. Le due lunghe tracce, di circa venti minuti, anticipano sin dal titolo la cappa d’oscurità che attende l’ascoltatore: ‘Dentro la Morte’ ed ‘Ancora dentro la morte’ farebbero egregia figura in qualità di colonne sonore per raccapriccianti pellicole d’oltretomba, grazie ad un efficace mosaico di oscure trame elettroniche condite con un nutrito arsenale di effetti perfettamente a tema. I primissimi secondi dell’opener ci immergono immediatamente nell’incubo, tra echi di carillon incrinati dallo stormire di uccelli e tappeti tastieristici da cui emergono lontanissime voci di fanciulli; o forse, chissà, si tratta solamente dei loro fantasmi, o delle loro anime. ‘Dentro la morte’ é quanto di più prossimo ad una serie di fotogrammi horror trasposti in musica, vera delizia se nella vostra videoteca fan bella mostra di sé i classici di Fulci o quelli di Argento, e se ancora sussultate al pensiero de ‘La Tomba di Ligeia’ o la mitica la serie di ‘Belfagor’. Recuperate una copia del nastro direttamente presso l’autore, vi consiglio di riporlo nello scaffale accanto a ‘The art of scare and sorrow’ di Runes Order! ‘Noi siamo nati nelle tenebre, una bara come culla, e le ossa dei morti come giochi’.
Info: www.facebook.com/nevemicromusic1
(Oflorenz)
THE TAPES
A touch of despair
Tape (Luce Sia)

Continuano gli scavi archeologici ad opera del duo elvetico di Luce Sia, che in moltissimi sperano porti alla sacrosanta riesumazione dell'intera inestimabile ed introvabile discografia dei fratelli Drago. Terza uscita sotto questa etichetta, su cassetta limitata a sessanta copie come tradizione, con cui viene compiuto un ulteriore passo indietro nel tempo: da "Glasaugen" del 1988, passando per "Falso Movimento" del 1987, fino appunto a "A touch of despair" del 1986. Giancarlo Drago l'ha definito il più sperimentale degli album realizzati sotto questo moniker ed in effetti siamo di fronte a due lunghe suite in cui si trovano già le caratteristiche dei lavori futuri in stato embrionale. Questo non significa che il lavoro sia meno evoluto, piuttosto lancia la visione verso lidi atmosferici fino a quel momento mai toccati, mescolandoli con loop vocali e so norità di ampio respiro, precursori di certo industrial/ambient moderno. E sono proprio le voci iterate e distorte a caratterizzare maggiormente questa uscita, uniti ad una elettronica meno sognante rispetto a "Falso movimento" e più morbosa, specie nella seconda parte del lato b, dove converge un mantra maestoso ed inesorabile, quasi ad anticipare il morboso death industrial di Atrax Morgue. Ancora una volta, capolavoro.
Sito web: https://it-it.facebook.com/LUCE-SIA-168848936784613/
(M/B'06)

VINCI
Music for hyperspheres
Tape (Luce Sia)

Uno come Cyril Adam, che definisce il questo progetto come "french dilettante post-industrial project", quando sono oltre vent'anni che fa musica, avendo anche gestito la tape label specializzata Exprel ed essendo il mastermind dietro l'associazione audio-visiva Godsandbeasts, dimostra già la sua buona dose di auto-ironia e quindi di intelligenza, ma soprattutto chiarisce l'intento straniante e disorientante che si cela dietro al moniker Vinci, entità nata nel 1993 con la raccolta "Musique qui questionne", disponibile in una sola copia (sic) secondo quanto riporta il sito discogs, ed ibernata due anni dopo. Il team di Luce Sia, facendo la cosa che gli riesce meglio, ossia recuperare gemme sepolte nel passato, è entrata in contatto con Cyril ed insieme hanno ripreso un lavoro iniziato nei primi anni novanta: infatti, le nove tracce presenti in questa cassetta da circa mezz'ora, nate in quel periodo, sono il risultato di questa lunga gestazione ed alcune di esse furono già incluse nella cassetta "Gil-Galad" del '95 nella loro forma embrionale, quale risultato dell'utilizzo di registratori quattro piste, loop reel-to-reel, sintetizzatori analogici e pedali multi-effetto. Tra il 2002 ed il 2006 le tracce furono rilavorate digitalmente ed alcune di esse sono state inserite in varie compilation tra il 2007 ed il 2011. Quest'anno, in occasione dell'uscita per Luce Sia, sono state completamente rimasterizzate, grazie al lavoro di Saphi dei Nocturne: il risultato è eccellente, i singoli brani presentano un suono ineccepibile, pieno ed arioso, che ben accoglie le molteplici variazioni e contesti in cui si muovono, dall'ambient a base di loop di Biomass, al drone di Rituate, passando per l'opprimente industrial/noise di Obscr, fino alle celestiali aperture di pianoforte di Priano.
Sito web: http://v.i.n.c.i.free.fr
(M/B'06)

MULO MUTO, SSHE RETINA STIMULANTS
Tutti I colori del buio / Colloidal semantika sessions vol. 2
Tape (Luce Sia)

L'inedita accoppiata tra gli svizzeri Mulo Muto (Joel Gilardini e Attila Folklor) e Sshe Retina Stimulants (Paolo Bandera) dà il via a questo split in cui i rispettivi attori si prendono un lato a testa della cassetta per proseguire i loro rispettivi percorsi: i primi con una mezz'ora di musica dedicata al celebre film "Tutti i colori del buio", i secondi proseguendo il discorso iniziato sempre per Luce Sia nel 2015 con "Colloidal semantika sessions vol. 1". Mulo Muto crea una sorta di affresco del suddetto film in cinque episodi, con tanto di riferimento alla relativa scala di colori normalizzata, con brani in cui abbondano estratti sonori delle scene culminanti del film sapientemente coadiuvate dalle chitarre di Joel e dalle oscillazioni rumoristiche di Attila, a metà tra drone e industrial/noise, che riportano in auge le inquietanti atmosfere del capolavoro di Sergio Martino. Il secondo lato ad appannaggio di Paolo Bandera racconta invece tutt'altra storia, concentrando le energie sull'evoluzione del precedente episodio che era orientato e basato sui campionamenti vocali e le relative rielaborazioni, discorso che anche in questo caso prosegue lasciando però grande spazio all'usuale devozionale tributo di Paolo al rumore evoluto ed alle mille sfaccettature che solo lui è in grado di dargli.

Sito web: https://www.facebook.com/MuloMuto; http://colloidalsemantika.blogspot.it
(M/B'06)

MONOID
Crisis culture
Tape (Luce Sia)

Dieci anni fa l'ultimo full length dei Monoidh, se non si cosiderano l'ep "Forced evolution" ed il doppio singolo con Catgirl del 2013: e da lì riparte Martin Steinebach rilasciando materiale inedito composto nell'intervallo di tempo intercorso tra il 2004 ed il 2016. Quasi sessanta minuti di musica per l'alter ego di Conscientia Peccati, che ripercorre i difficili anni di un'Europa falcidiata dalla crisi economica, dalle ondate migratorie, dal terrorismo e dalla radicalizzazione degli estremismi, veicolando tutto questo attraverso una sapiente mescolanza di generi, dal dark ambient al rhythm n' noise, passando per l'industrial più classico. E così dopo "Crisis culture" pervasa da linee dilatate di basso, si alternano i breakbeat di "Punk", l'originale electro mescolato ai rumori del traffico di "Streets of Bangkok" ed il quasi industrial metal di "Deserve", si arriva a "Slowacid", che ricorda da vicino colonne sonore come quelle della serie televisiva "Supercar". In generale l'approccio di Steinebach alla costruzione dei brani si divide in due: uno basato su linee di basso e chitarra, l'altro puramente elettronico. Entrambi mantengono il comune amore per la struttura tipica della forma canzone, a parte nel caso della opener, pur indulgendo nella manipolazione dei suoni elettronici che occupano una parte preponderante nell'economia dell'album.
Sito web: https://it-it.facebook.com/LUCE-SIA-168848936784613/
(M/B'06)

PRIEST
Nothing feels natural
CD (Sister Polygon)

"Nothing feels natural" è l'esordio sulla lunga distanza per i Priest, quartetto americano innamorato del vecchio, sano ed immediato punk. Dopo una serie di EP, la band capitanata da Katie Greer è finalmente pronta per entrare nel mondo dei grandi con dieci tracce fatte di un robusto rock capace di flirtare con l'ironia e la cultura musicale nata nei tardi '70. È la batteria garage di "Appropriate" ad aprire il disco, cui fa seguito il cantato della Greer; una voce volutamente sguaiata che ben si sposa con i semplici, ma efficaci riff delle elettriche. Con "JJ", invece, i Priest fanno ancora un passo indietro, diciamo di un decennio (garage surf). È lì che siamo proiettati ascoltando la seconda canzone, mentre in "Nicki" (ed ancora nella successiva "Lelia 20") le chitarre e, soprattutto, la parte vocale ci riporta ai migliori Banshees. Una delle migliori risulta assolutamente "No big bang" in cui il cantato della Green abbandona l'appena ritrovata melodia per recitare sopra un muro di chitarre monocordi. Se ci sforziamo (ma neppure tanto, in effetti) ci pare di sentire un vecchio disco dei Sonic Youth, in cui Kim Gordon incantava semplicemente parlando dietro muri di feedback creati dai signori delle distorsioni. La title track non è una delle canzoni che ci pare possano lasciare il segno, mentre la porzione finale del lavoro riporta alla tipica immediatezza post punk. È in questa chiave che si leggono "Pink white house", "Puff" (riecco la riot girl) e la conclusiva "Suck" che inizia con un basso ed una chitarrina funky, inaspettati quanto piacevoli diversivi. Insomma, pare un disco vero questo dei Priest. È suonato, è sporco quanto basta, omaggia senza fare delle mere fotocopie ed è un lavoro in cui l'odore della cantina è ancora forte. Mica poco.
(Gianmario Mattacheo)
ORCHESTRA ESTEH ABACINABRADHYDRAKONIRVM
Rebirth of a dead volcano
CDr (Orchestra Esteh)

Avevamo conosciuto Orchestra Esteh, veicolo artistico espressivo del partenopeo Vinz Notaro, in occasione dell’ottimo ‘Dreamworking’ del 2012, suo quinto lavoro uscito insieme al prezioso volumetto ‘Suono Sacro Sogno’ incentrato sulla sacralità del rapporto tra sogno e suono e dunque dei nessi esistenti tra la sfera onirica dell’uomo e l’elemento sonoro inteso come musica ma anche, e soprattutto, ‘non-musica’. Immagino che le origini napoletane di Vincenzo abbiano avuto un ruolo importante nell’ispirazione che sta alla base di questo lavoro nuovo di zecca, dal momento che il Vesuvio é uno dei vulcani attivi più importanti dell’intera Europa continentale, e storici sono rimasti i suoi fenomeni eruttivi, da quello tragico del 79 D.C. (che distrusse Ercolano e Pompei) sino all’ultimo di un certo rilievo datato 1944. ‘Rebirth of a dead volcano’ si presenta come il precedente lavoro in una veste accattivante sin dal package, proposto in 121 esemplari numerati sotto forma di elegante digipak artigianale ed in 11 box autografati e numerati comprendenti anche una t-shirt ed una ‘Mala’ (una sorta di equivalente buddhista o induista del nostro rosario) composta di pietre laviche ed ossa vertebrali di serpente. Affascinante dunque il concept del disco, incentrato sulle diverse fasi ‘vitali’ di un vulcano, perfetto esempio di magnifica quanto terrificante manifestazione naturale e nello stesso tempo ciclo alchemico di nascita-morte-rinascita destinato in molti casi a ripetersi negli anni e nei secoli in un temibile e misterioso continuum. La forma di traccia unica, per circa quarantatre minuti di durata, risulta congeniale allo scopo, quasi a replicare idealmente il succedersi delle attività legate al ciclo di vita del vulcano, dai primi segnali di risveglio alla violenza dell’eruzione, sino al lento procedere verso uno stato di ‘sonno’ e di cristallizzazione della materia lavica. Composizione, ricerca ed utilizzo dei molteplici strumenti antichi di natura rituale presenti sul disco fanno capo esclusivamente alla mente di Vinz, mastermind unico di Orchestra Esteh capace ancora una volta di stupirci con questa composizione di lunga durata in grado da fare da vera e propria colonna sonora ad un viaggio immaginario tra le viscere della natura più estrema. Proprio l’utilizzo di tali strumenti non convenzionali (gopi yantra, dbang dung, tammorra muta per citarne solo alcuni) pare recitare un ruolo primario soprattutto nella prima metà del lavoro, senza essere sopraffatto dal pur presente elemento elettronico bensì integrato ed armonizzato in maniera assolutamente congeniale. E quando i synths riescono ad emergere in un costante crescendo tastieristico foriero di una folata di ‘kosmische schule’, lasciano comunque spazio alla finale chiusura di corde, fiati e percussioni che danno vita ad una arcaica orchestra non convenzionale: l’Orchestra Esteh!
Info: www.estehimperat.com
(Oflorenz)
DESUITE
Desuite
CD (Autoprodotto)

Debutto autoprodotto su cd limitato a 100 copie numerate nel segno della new wave anni ottanta per questo duo mantovano composto da Marco Grazzi (chitarra, voce) e Claudio Mori (basso), entrambi tra i membri fondatori della band dark rock Sinezamia, coadiuvati da Nunzio Bisogno, tastierista anche per "Lef" e "Il nero", band quest'ultima in cui milita Gianluigi Cavallo, già cantante dei Litfiba per lo spazio di un album, aggiunge un ulteriore contributo a questa celebrazione di un verbo mai dimenticato. Le quattro tracce dell'ep per una durata di circa diciotto minuti, pur pagando un forte contributo alla band fiorentina con notevoli somiglianze sia dal punto di vista musicale che dell'approccio vocale, non sono sicuramente una mera scopiazzatura, ma riescono ad avere un'impronta personale dettata anche dalla già lunga esperienza dei musicisti e richiamano le meravigliose atmosfere di Desaparecido, introducendo nuovi elementi. La copertina ed il retro riportano le tormentate opere di Bernardo Duccio Costantino, originali e perfette per questo esordio.
Sito web: https://www.facebook.com/desuiteofficial
(M/B'06)