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PLACEBO
@ Palazzina di Caccia, Stupiningi, 11 Luglio 2023


Testo e foto 
Gianmario Mattacheo
 
Non posso fare a meno di iniziare queste righe di commento partendo con la più banale delle frasi sullo scorrere del tempo: “Ma come passa veloce … ecc. ecc.”.
Non mi riferisco alla durata del concerto (non sono ancora arrivato alla cronaca vera a propria), ma alla mia personalissima esperienza con i Placebo. Già, perché controllando i vecchi tagliandi che conservo, mi rendo conto che sono trascorsi 17 anni dall’ultima volta che li vidi in azione e, come è facile comprendere, il 2006 mi sembra passato da poco più di cinque minuti!
Un grazie lo riservo sempre a Red Ronnie. Fu lui (con “Help”, gioiello di trasmissione su Videomusic) che mi fece scoprire questo gruppo e ricordo, mentre partivano le note di “You don’t care about us”, l’emozione per quelle note che mi stavano portando a capottarmi dalla poltrona e gridare: “Questa sarà la nuova “Inbetween days o la nuova “Boys don’t cry” degli anni 2000!”.
Ok, finita la fase nostalgia, possiamo tornare a noi. I Placebo portano in tour il loro ultimo album e, nel farlo, scelgono una location difficile da eguagliare in quanto a bellezza. Il Sonic Park di Stupinigi ha il pregio di tenersi, infatti, di fronte ad una delle più affascinanti costruzioni di Torino, ovvero quella palazzina di caccia, storica residenza sabauda, meta costante di visitatori in ogni periodo dell’anno.
Dopo la performance dei Bud Spencer Blues Explosion, i due Placebo (in completo bianchissimo) fanno l’ingresso, accompagnati da ben quattro turnisti.
“Forever Chemicals” è il pezzo d’apertura, esattamente come lo fu dell’ultimo lavoro in studio, assoluto protagonista dei concerti di quest’anno. Di fronte ad un pubblico numericamente discreto, ma ben lungi dal rappresentare un qualsivoglia sold out, il duo appare subito in palla e, con la bellissima “Beautiful James”, loro accendono la corrente e noi stacchiamo la spina per un’ora e mezzo di divertimento.
La resa sul palco è quella che ci aspettiamo, ovvero un sound dominato da chitarre, ma, prima ancora da un’elettronica sempre presente, capace di fare da collante con la caratteristica voce un po’ nasale di Molko.
Nella porzione centrale apprezziamo una “Happy birthday in the sky” (dimessa, per non usare la parola triste) che parte tranquilla, prima di accendersi sul finale e, soprattutto, quella che sarà l’unico estratto dall’album d’esordio, ovvero una coinvolgente “Bionic”.
Poi Brian Molko la mette in politica: “Giorgia Meloni, fascista e razzista … Vaffanculo!” Ma sì, ci sta, come darti torto. Peccato soltanto che le sue riflessioni socio politiche non abbiamo avuto il tempo di esprimere interessanti punti di visti sul Dragone e sul Conte; certo avremmo imparato di più su cosa significa fascismo da chi ci vede dall’estero.
La parte più coinvolgente della serata si ha quando i Placebo tirano fuori un trittico particolarmente centrato: “For what is worth”, “Slave to the wage” (premio canzone della serata) e song to say goodbye”, portano ai primi veri balli in platea, prima di “Infra red”, scelta per chiudere il set.
La partita, per essere conclusa definitivamente, ha bisogno dei bis. “Shout” dei Tears For Fears è accolta benissimo dal pubblico e “Running up that hill” trova una seconda e abbastanza scontata giovinezza, dopo che “Strangers things” ha rimesso sulla cartina geografica musicale il nome di Kate Bush.
La note negativa, almeno per chi scrive, è quella di non avere neppure un estratto dall’album che considero il loro capolavoro, ovvero “Without you I’m nothing”. Questo è un vero peccato.