PEACHES
5 Settembre 2009 @ Estragon,
Bologna
testo
by Gabrydark
fotografie by Giancarlo Donatini
Peaches : tutt’altra musica ovvero l’oltraggio Il 5 settembre
all’Estragon di Bologna si è esibita Peaches, pseudonimo di
Merril Beth Nisker una cantante di origine canadese, che si
presenta come una personalità eclettica, trasgressiva, che
fa electroclash, suonando, cantando e producendo ciò che lei
stessa compone.
Il personaggio m’ incuriosiva , soprattutto per questa fama
di autrice , che non ha peli sulla lingua, ma quel poco di
desiderio, che avevo di ascoltarla si spegne da subito: infatti
i suoi pezzi, di cui non vale la pena di citare nemmeno un
titolo, sono tutti poveramente uguali, ritmo sincopato, qualche
rif di chitarra o di basso banale e senza energia, tastiere
in primo piano ripetitive, voce da bambolina meccanica . Eppure
ha riunito un pubblico di tutto rispetto, che va in visibilio
all’inizio di ogni pezzo.
L’arcano è subito svelato: la signorina basa il suo spettacolo
sulla forza scenica … si presenta con una strana giacca a
sbuffi color ciliegia, un cappuccio, mascherina, gambe nude
e stivali, poi inizia a togliersi gli abiti, uno ad ogni canzone
fino a rimanere in succinto costumino, che trattiene a stento
le natiche rotonde.
Ma il massimo delle ovazioni lo ottiene quando si accinge
a camminare sulle mani del pubblico, mostrando una vera abilità
a rimanere in equilibrio, ragazze che urlano, maschietti dall’ormone
ipertrofico che si agitano in solluchero, o quando si arrampica
sugli altoparlanti a lato del palco, continuando a snocciolare
le quattro semplici note della sua voce monocorde.
Che dire? Assistiamo qui al kitsch più volgare e bieco osannato
e chiamato a torto musica, mentre band di tutto rispetto e
bravura riescono faticosamente a trovare un luogo dove esibirsi.
C’è qualcosa che non funziona nel mondo della musica, ma non
è difficile capire che anche in quell’ambito, come nel quotidiano,
l’apparenza, la furbizia e il nulla assoluto ammantato di
lustrini hanno la meglio sulla cultura, sulla professionalità
che per loro natura rifuggono dal becerume.
Nulla mi è rimasto di quella serata, se non un po’ di amaro
in bocca e la certezza che quei suoni sono un vero oltraggio
per chi fa vera musica.