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con OTTODIX

intervista by Nikita / Rosa Selvaggia

Per festeggiare i 10 anni di vita discografica come Ottodix Ë uscito prima il libro (CD accluso) "I Fantasmi di Ottodix" e poi la raccolta/tributo "Remakes Ottodix". Raccontaci come Ë nata questa idea di celebrare la tua carriera del tuo progetto musicale, e perchË la scelta di non fare una semplice biografia, ma di aggiungere anche 4 racconti e il CD.
L'idea originaria era un book fotografico in cui raccogliere tutti gli artwork e le molte sessions promozionali, che riteniamo essere dei tratti distintivi di questo progetto, magari accompagnata da una breve biografia e la raccolta in CD allegata. Ho coinvolto la 001 Edizioni di Torino che già ci seguiva per una partnership legata al nostro album precedente e un romanzo "affine" (sulla generazione Goldrake). Ho scoperto che un giornalista nostro sostenitore, Alessandro Di Nocera, era l'editor di questa casa editrice ed è grazie a lui e al suo entusiasmo dimostrato nei confronti dei miei testi, che la cosa ha preso una piega più letteraria. Mi è stato chiesto di inventarmi una sorta di biografia romanzata, ma che avesse attinenza con la produzione Ottodix di questi 10 anni da celebrare. L'unica cosa che mi è venuta in mente per far quadrare tutta l'operazione è stata quella di rivisitare i concept ispiratori dei 4 album pubblicati finora e di costruirci a posteriori dei racconti, di volta in volta metafisici, noir o fantascientifici, a seconda dell'album a cui erano ispirati. Questi 4 racconti, per complicare ulteriormente la cosa, hanno me come protagonista e molte vicende davvero accadute, mescolate con fatti surreali e immaginari. Il protagonista si imbatte in suoi alter ego, in percorsi di vita paralleli che si scontrano creando paradossi e stimolando teorie sulla predestinazione e sulla ramificazione a frattali dei destini. Ne è uscita una metafora sulla mia scelta di avere voluto essere più cose in arte, contemporaneamente, sdoppiandomi ad ogni bivio, piuttosto che scegliere di abbandonare strade stimolanti a favore di altre.

I quattro racconti dei "I Fantasmi di Ottodix" mi sono piaciuti molto, sembri molto a tuo agio a scrivere delle storie fantastiche. Pensi che in futuro tu possa scrivere ancora, magari un romanzo oppure pensi che è solo un episodio isolato?
Ho letteralmente goduto scrivendoli. Il mio modo di stendere una canzone, rigoroso nelle assonanze, nella sintassi e nelle metriche, prevede un grande e frustrante lavoro di taglio, su questo non transigo mai. La frase deve avere una valenza poetica, metaforica, deve avere ritmo, scorrere e possibilmente essere consequenziale a quella precedente pur potendo vivere di vita propria come una sorta di "slogan". Con questo sistema di scrittura scarti 90 e tieni 10. Quindi se hai 120 pagine da riempire di colpo, godi immensamente. le parole uscivano da sole. Quest'estate ricomincerò a scrivere un lungo racconto legato al prossimo album, nella speranza di poterlo pubblicare entro un paio d'anni.

Con quale criterio hai scelto i brani del CD "O.dixea best of..." allegato al libro?
Semplice: ordine cronologico dall'ultimo singolo inedito (2013) al primo pubblicato e in coda un altro brano inedito del 1999 riarrangiato per archi. Quindi si crea una vera "OdiXea" a ritroso. In tutto 17 singoli. E il CD più generoso mai pubblicato da Ottodix, se si aggiunge che le versioni sono le radio edit non incluse negli album e che sono allegate a un libro di 140 pagine al prezzo di un CD.

Sei anche un artista, con esposizioni in varie parti d'Europa. Vuoi parlarci di questa tua attività?
Ho fatto studi artistici, Accademia compresa, quindi sono cresciuto con questa "missione". La musica, semmai, è stata la folgorazione sul mio cammino. Mi ha fatto allontanare dall'arte appena finiti gli studi, per poi farmici rientrare gradualmente attraverso la cura degli atrwork, l concept album che si sviluppavano con mostre, i videoclip curati in un certo modo eccetera. Quando ho tempo riesco a portare il mio lavoro in Italia e anche fuori. Ora è un bel momento, il mio tipo di ricerca a cavallo tra concettuale e figurativo espressionista (inconcepibile per il mercato delle gallerie di oggi) sta cominciando a essere compreso in modo più profondo.

"Chimera" Ë il tuo ultimo progetto che prevede dieci installazioni in dieci città diverse. Puoi descriverci in dettaglio questo interessante progetto artistico?
E' una messa in scena di una decina di utopie fallite, di mostri e di zavorre generate dal '900, delle quali dovremmo sbarazzarci per affrontare meglio questo nuovo secolo di crisi di sistema generalizzato. Il mettere in piazza il mostro, dargli forma, è liberatorio, perché puoi avere più consapevolezza nell'evitarlo o nel distruggerlo. le dieci "Chimere" che metto in scena saranno distrutte alla fine di ogni mostra. Ne conserverò solo le teste per un'undicesima mostra fotografica riasuntiva dove le esporrò come trofei di una sorta di esorcismo portato a compimento. L'album "Chimera" di Ottodix, previsto per ottobre, è dedicato a questi temi e auspica nuovi utopisti e nuove utopie.

Di questi 10 anni di carriera cosa rimpiangi di non aver fatto? E cosa non rifaresti?
Di essere maturato musicalmente un tantino dopo la fine del sistema discografico "redditizio" anche per la musica di qualità. Chi si è infilato per tempo in quel mondo, prima che crollasse, ha usufruito di visibilità mediatica tale da potersi permettere uno zoccolo duro di aficionados molto più ampio di chi è partito dopo. Cosa non rifarei? Le notti in bianco a bere, fumare, a fare il dandy e a scrivere cazzate che il giorno dopo cestinavo. Sono molto più produttivo ora che sfrutto il cervello nelle prime ore del mattino.

Oltre al libro hai fatto uscire una raccolta "Remakes Ottodix", con quale criterio hai scelto i brani della tracklist e le bands partecipanti?
L'idea era quella di riproporre un pugno di duetti importanti e collaborazioni passate un po' inosservate col terzo album "Le Notti Di Oz" (2009). Erano bonus track. Ce n'erano ben tre con Madaski, G. Kalweit (ex voce dei DeltaV) e Luca Urbani e Garbo. Visto il feeling che ultimamente c'è tra noi Ottodix e alcune band della "Neo Wave", tra cui ci sentiamo tra i più anziani, ho pensato di proporre loro di reinterpretare altri brani per dare una forma di album a quei primi duetti. La regola era quella di non scegliere singoli (appena ripubblicati nella raccolta), ma altri brani del repertorio dai 4 album. Il risultato in termini di entusiasmo e di qualità mi ha sorpreso davvero, oltre che lusingato enormemente. Presenteremo l'album e la "Neo Wave" con la benedizione di Garbo il 31 maggio allo Shelter a Milano.
Venite.

Hai collaborato con molti diversi artisti, tra cui Garbo, Madaski, Luca Urbani, Delta V. Con quali artisti ti piacerebbe collaborare?
Non inizio a elencarti gli stranieri altrimenti non finirei più. Mi piacerebbe lavorare con Tying Tiffany, che già è una mia cara amica, ma anche con personaggi come Teo Theardo e musicisti lontani dall'elettropop; estranei al mio ambito, ma che ne rispettino la provenienza. Troppo spesso in questo ambiente tutti se la tirano per niente. Sto iniziando una collaborazione con Eleonora Beddini, pianista di classica contemporanea e sperimentatrice, con la quale c'è stima ed entusiasmo reciproco. Abbiamo fatto un esperimento live con il resto dei "Dix" e con un terzetto d'archi che mi ha molto galvanizzato. Vi faremo sapere presto cosa ne uscirà.

Il progetto Ottodix viene da lontano, per 10 anni si Ë chiamato Otto Dix (dal 1993/2003). Tu li definisci due episodi separati. C'è però un anello di congiunzione che lega Otto Dix a Ottodix?
Beh, io. La formazione è cambiata molto. Si cantava in inglese una sorta di wave un po' progressive e io ero alla batteria, ma già scrivevo i brani e li componevo, quindi una band ha generato l'altra. Quando io e l'allora cantante Carlo Rubazer ci siamo trovati in duo a fine corsa, abbiamo deciso di resettare il progetto. Il primo album degli odierni Ottodix è uscito con la sua voce e il mio apporto ai synth e come autore. Poi ha lasciato anche lui e il progetto in studio, da allora, è un mio lavoro solista, mentre dal vivo con Mauro Franceschini e Antonio Massari, torno nella dimensione della band che più amo, rivedendo i brani in chiave più aggressiva e d'impatto.

Cosa ti piacerebbe fare nei prossimi 10 anni?
Niente! Ma non posso permettermelo. Scherzi a parte, mi piacerebbe portare la mia musica in ambiti più estremi, sia in un senso "classico" da una parte, che di sperimentazione elettronico-rumoristica dall'altra. Vorrei lavorare molto di più sul concetto di spettacolo. Ma la situazione dei club e dei posti adatti a ricevere progetti simili è abbastanza drammatica in Italia. Mi piacerebbe dedicarmi di più anche alle arti visive, ma già so che sarà il mio piano B per la vecchiaia. 1

Ti ringraziamo dell'intervista e in bocca al lupo per le tue molteplici attività ;)
Grazie a voi!